INCANTI

 

The big picture: gardener of Eden | Photography | The Guardian

Quando il fotografo Robbie Lawrence si mise in viaggio per visitare i Linn Botanic Gardens situati sulla penisola di Rosneath, Jim Taggart, che se ne prendeva cura fin dal 1971, aveva già superato gli ottant’anni. Alle spalle una storia straziante quanto bella: suo figlio Jamie, che da un certo punto in avanti lo aveva sostituito nei viaggi all’estero alla ricerca di nuove piante, era scomparso nella regione montuosa a nord del Vietnam. Il corpo fu ritrovato molti anni dopo, e Taggart decise che i giardini avrebbero continuato a vivere e prosperare in memoria del figlio.

Jim Taggart è morto cinque anni fa. Robbie Lawrence ha trasformato l’esperienza vissuta in quell’eden riscaldato dalla Corrente del Golfo in un libro, A Voice Above the Linn, arricchito da alcune poesie di John Burnside.

Snapshot: 'A Voice Above the Linn' by Robbie Lawrence

A Voice Above the Linn by Robbie Lawrence - Document Scotland

Robbie Lawrence travels the dark backwaters of the Deep South

A Voice Above the Linn by Robbie Lawrence - Document Scotland

Robbie Lawrence and the magic of a secluded botanical garden

STORIE BREVI

Simon Kuper: "Parigi la Grande, tra nuove ambizioni e vecchi difetti" - la Repubblica

E mentre il tormentone di Annalisa e Tananai non vuole proprio lasciarmi in pace, e banalmente (anche questo un tormentone, ma avverbiale) penso: però hanno ragione questi due quando cantano tutti sono al mare e noi no, con la parmigiana che mi scruta impassibile – ma sotto traccia mi dice che non sono stata mirabile -, ecco che tra le decine di foto che ho trovato sul settimanale che leggo solo a metà, una cattura la mia attenzione. E dai caratteri minuscoli della didascalia tiro fuori il nome dell’autore, un certo Guillaume Lavrut che non posso lasciare andare così, come farei con un video di TikTok. E allora scorro la sua gallery e le foto mi piacciono tutte perché le trovo essenziali e per questo perfette. Come una suite del Bristol Paris o come l’orologio di Amaury Guichon. Il contrario, insomma, del tormentone di Annalisa e Tananai che però è funzionale al rumore di fondo di un’altra estate da vivere sotto il segno di un imperscrutabile straniamento. E di tutto questo faccio un post che una sola persona leggerà con un po’ di attenzione. Una persona che, giocosa com’è, dal testo di Storie brevi mi canterebbe questi versi:

Va’, che bella luna hollywoodiana
Io e te, quattro mura
Una persiana chiusa, chi ci ammazza?

Jardin des Tuileries #1

Perception

Le Bristol Paris - an Oetker Collection Hotel, Parigi – Prezzi aggiornati per il 2024

Bristol Paris

Chocolate clock cake piece by pastry master Amaury Guichon | Chocolate, Cake, Delicious chocolate

The clock del pâtissier Amaury Guichon

Timeless Time

Vincent Peters. Timeless Time, mostra a Palazzo Bonaparte | 16 maggio-25 agosto 2024

Monica Bellucci

In effetti su un punto si può concordare: la bellezza non ha tempo. Ma quella umana, perché sia eternamente tale, necessita di restare impigliata nella realtà aumentata di una foto. Perfetta nella sua alterità. Che proprio in virtù del suo essere altro, è irreale. Una mise en abyme il cui effetto ultimo è lo straniamento dell’osservatore.

Vincent Peters: Charlize - CAMERA WORK

Charlize Theron

Rome, Vincent Peters' timeless visions on display at Palazzo Bonaparte

Vincent Cassel

Michael Fassbender by Vincent Peters - British GQ. | Michael fassbender, Michael, Beautiful men

Michael Fassbender

Vincent Peters : Light Within - The Eye of Photography Magazine | Christian bale, Vincent, Black and white photography

Christian Bale

Art Department - Photography - Vincent Peters

Adriana Lima

Father and Son

Father and Son - Photographs by Valery Poshtarov | Essay by Magali Duzant | LensCulture

Untitled. Batak, Bulgaria, 2022

Un padre e un figlio che si tengono per mano ben oltre i limiti anagrafici. Un gesto rivoluzionario perché assente dalla grammatica che regola una delle più belle relazioni che umanità conosca. Se n’è occupato in qualità di fotografo Valery Poshtarov. Ma anche la letteratura c’ha messo del suo inquadrando a tutto tondo le conflittualità padre-figlio senza dimenticare, come nel caso di McCarthy, certe sfumature simbiotiche che tuttavia restano relegate a quel periodo della vita in cui per un bambino l’unico vero eroe è il suo papà.

Untitled. Blagoevgrad, Bulgaria, 2023

Anche se di mio padre dirò questo: quando tornò dal teatro di guerra e smise di essere l’agente della morte che fischiando cadeva giù dal cielo – era il 1945, l’anno in cui nascemmo mia sorella e io, nel Michigan, alla base Wurtsmith di Oscoda – forse era, come molti soldati americani, nella stretta di una grande, imprecisata gravità. Lottando contro questa gravità, passò il resto della vita cercando di essere positivo e di stare a galla, prendendo decisioni sbagliate che per un attimo sembrarono giustissime, ma in definitiva non comprendendo il mondo in seno al quale era tornato e lasciando che questa incomprensione diventasse la sua vita. Dev’essere stato così, ripeto, per milioni di ragazzi, anche se lui non l’avrebbe mai capito e non avrebbe ammesso che era vero.” Richard Ford, Canada

Untitled. Shipka, Bulgaria, 2023 © Valery Poshtarov

Quello non era un posto sicuro. Adesso che era giorno dalla strada li si poteva vedere. Il bambino si rigirò nelle coperte. Poi aprí gli occhi. Ciao papà, disse.

Sono qui.

Lo so.

Un’ora dopo erano sulla strada. Lui spingeva il carrello e avevano entrambi uno zaino in spalla. Negli zaini c’erano le cose essenziali. Casomai avessero dovuto abbandonare il carrello e fuggire. Alla maniglia del carrello era attaccato un retrovisore da motocicletta cromato che l’uomo usava per tenere d’occhio la strada dietro di loro. Si risistemò lo zaino sulle spalle e scrutò la terra devastata in lontananza. La strada era deserta. Sotto di loro, nella piccola valle, la serpentina grigia e quieta di un fiume. Precisa e immobile. Lungo la riva un ammasso di canne morte. Tutto bene?, chiese l’uomo. Il bambino annuí. Poi si incamminarono sull’asfalto in una luce di piombo, strusciando i piedi nella cenere, l’uno il mondo intero dell’altro.” Cormac McCarthy, La strada

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Untitled. Dobrich, Bulgaria, 2021

Il mese scorso sono venuto a trovarti nella cittadina del Nord in cui vivi adesso. È una città brutta e grigia. Il mare è solo a pochi chilometri di distanza ma tu non ci vai mai. Non ti vedevo da diversi mesi – è stato tanto tempo fa. Quando mi hai aperto la porta non ti ho riconosciuto.

Ti ho guardato, provavo a leggere sul tuo viso gli anni passati lontano.

La donna con cui vivi mi ha spiegato più tardi che non puoi quasi più camminare. Mi ha anche detto che di notte hai bisogno di un macchinario per respirare, altrimenti il cuore si ferma. Non può più battere senza assistenza, senza l’ausilio di una macchina, non vuole battere più. Quando ti sei alzato per andare in bagno e sei ritornato, l’ho visto, i dieci metri percorsi ti hanno lasciato senza fiato, ti sei dovuto sedere per l’affanno. Ti sei scusato. Le scuse da parte tua sono una novità, devo abituarmici. Mi hai spiegato che soffri di una forma di diabete grave e di colesterolo, che avresti potuto avere un arresto cardiaco in qualsiasi momento. Mentre mi spiegavi questa cosa ti mancava il respiro, il torace ti si svuotava di ossigeno, come se ci fosse una perdita, perfino parlare era uno sforzo troppo grande, troppo intenso. Ti vedevo lottare contro il corpo ma cercavo di far finta di niente.” Édouard Louis, Chi ha ucciso mio padre