
Conservo ed espongo con fierezza, nella libreria che segna il passaggio dalla zona giorno alla zona notte, il saggio monumentale di Giuseppe Montesano. Monumentale anche fuor di metafora data la pressione a cui sottopone i polsi di chi s’avventura a leggerlo per più di mezz’ora. Comunque. Durante la lettura random di Lettori selvaggi, a Montesano è andata la mia gratitudine di lettrice sempre alla ricerca di voci nuove, laddove per nuove è da intendersi anche antiche. Anzi, forse soprattutto antiche, perché se penso a molti contemporanei è un attimo gridare al loro indirizzo di fare una ricerca che possa essere rivelatoria, ancor prima che didattica, dell’esistenza di autrici e autori col dono della precisione di scrittura e dell’incantamento affabulatorio. Ma tornando a Montesano, grande è il suo amore per la letteratura e lo si evince una volta di più dando una scorsa al suo ultimo libro pubblicato per Bompiani. Lunga vita a chi ancora, e nonostante tutto, trae ispirazione dalle nuvole. Che sono un precipitato di beatitudine anche quando cariche di pioggia. O di neve.
Io sono vivo! Io sono vivo! Io sono vivo! E voi? Voi siete tutti morti… Mi parli così, di notte, quando mi sveglio con un sussulto, e l’ansia morde… Che vuoi dirmi? Perché gridi che sono morto? Sei tu che sei morto, e tanto tempo fa, non io… Io sono vivo, come tutti – o almeno così credo… Che cosa vuoi dirmi, Monsieur Baudelaire? Mi rimproveri? Mi avverti? Che cosa hai già visto negli anni profondi? Via, va’ via, fantasma, dissolviti nell’aria! Ma non te ne vai, parli dalla grondaia che gocciola, parli nel buio, nella pioggia, nell’afa… Io sono sveglio nella notte e ho paura, ho paura, e il buio della vita mi opprime…[…] Come dicevi, tu? “Ho chiesto spesso a vini ingannevoli di addormentare per un giorno il terrore che mi insidia, ma il vino rende l’occhio più acuto e l’orecchio più sottile! Ho cercato nell’amore il sonno dell’oblio – ma l’amore per me è solo un materasso di aghi…” Hai ragione, l’amore senza amore rende più amara la mente, e la grazia del sonno non arriva… Sì, tu le conosci fino alla feccia le notti oscure, Charles, quando tu, che non credevi in niente, tentavi di pregare per tenere lontana l’angoscia, le notti in cui ti rifiutavi di dormire perché quando cadevi esausto in un sonno ansioso arrivavano sogni più tremendi della veglia… Eppure! Eppure tu sei vivo, e parli a chiunque abbia ancora voglia di non abbandonarsi alla morte in vita, e quando riesco a dimenticare la mia ansia, per qualche attimo, allora in un lampo capisco finalmente che cosa mi dici, capisco che cosa hai davvero chiesto alla poesia quando hai detto: “Si può stare anche tre giorni senza pane ma nemmeno un giorno senza poesia!” Alla poesia hai chiesto quello che tutti chiediamo ai giorni, hai chiesto quello che tutti vogliamo ma non riusciamo a dire, nemmeno nella solitudine e nel silenzio della notte: vivere senza paura… Come risuonano abissali, queste parole: vivere senza paura… Liberi nonostante tutto e tutti, contro i demoni meschini della vita comprata e venduta, contro la noia orribile che ci piega nella ripetizione, ci consuma nell’abitudine… Ma è possibile, questo? Come è difficile ricominciare! E abbandonare le paure! Forse bisogna diventare come il tuo enigmatico straniero?
“Che cosa ami di più, uomo enigmatico? Tuo padre, tua madre, tua sorella, tuo fratello?”
“Io non ho né padre né madre, né sorella né fratello.”
“I tuoi amici?”
“Ti servi di una parola il cui senso mi è rimasto ignoto fino a oggi.”
“La patria?”
“Ignoro sotto quale latitudine si trovi.”
“La bellezza?”
“La amerei volentieri, dea e immortale.”
“Il denaro?”
“Lo odio come tu odi Dio.”
“Eh! Ma allora che cosa ami, straordinario straniero?”
“Amo le nuvole… le nuvole che passano… laggiù… laggiù… le nuvole meravigliose!”
Giuseppe Montesano, Tre modi per non morire