Con un insignificante residuo di stanchezza per il viaggio dell’intero giorno prima da Genova, utilizziamo una vecchia vettura Honda colore oliva chiaro , qua e là tappezzata di stucco grigio, a nostra quasi gratuita disposizione, affidando la guida a Miriam Damonte, la più giovane della limitata comitiva, venuta per una coinvolgente esperienza in Costa D’Avorio e per fare da corte a Don Aldo Viti quando di lì a non proprio pochissimi giorni sarebbe ritornato assieme a noi tre a Genova per un meritato riposo al Paverano.
Percorso rapidamente dalla periferia est di Bonoua, dove sta il Centro handicappati fisici Don Orione, il primo tratto di quella che si potrebbe definire la via principale della cittadina, essendo in realtà traccia di una antica strada marittima da e per Gran Bassam e Abidjan, si supera un dosso molto pronunciato e si scorge sulla destra, ben visibile sopra la Collina, il Santuario Notre Dame de la Garde e il suo campanile progettato dall’Architetto Paolo Granara, giovane amico, conterraneo di San Bartolomeo di Savignone. Per Miriam, al felice esordio in questo Paese Africano, malgrado l’incombenza della guida della vettura, in un traffico caotico, è tutta una sorpresa, un succedersi di constatazioni da assaporare con gradualità e cautela . La forma del Santuario, per esempio, è per chi ne ha visti tanti in Europa, a dir poco originale: un cappello tuba disposto rovesciato sul terreno. E’ dato sapere che l’idea della sua forma ha risentito degli orientamenti estetici di un professionista del luogo e che, semmai sono emersi alcuni problemi strutturali, questi riguardano il necessario rifacimento del tetto, provvisoriamente costruito in lamiere.
Altra sorpresa è rappresentata dalla Statua altissima della Madonna bianca e azzurra con bambino, collocata non troppo lontana dal Santuario, sul crinale della bassa collina, sfiorata su tutto il versante nord dal grandee fiume Comoé e aperta sul lato opposto da una vasta, in parte abitata e coltivata, pianura che si estende a perdita d’occhio sino all’Oceano Atlantico del Golfo di Guinea. Si sta per abbandonare la trafficata strada asfaltata, sulla quale la guida è tormentata da frequenti buche, per dirigere l’Honda colore oliva su terreni sterrati di un piacevole tipico rosso amaranto, lacerati da solchi, più o meno ampi e lunghi, conseguenti alle violente piogge monsoniche; buche che scuotono i passeggeri e la vettura stessa messa a dura prova. Giunti sul crinale si può valutare meglio la consistenza e bellezza delle strutture realizzate e della natura che le circondano in una sorta di giardino perennemente curato; tutto il versante che scende sino all’antica strada per la vecchia capitale coloniale della Costa D’Avorio, Gran Bassam e per Abidjan, la metropoli e il grande porto marittimo del Paese, è splendidamente ricco di varie specie di palme, intrigante quella detta del viaggiatore perché disposta, se spezzata, a dare acqua potabile agli assettati, altre piante ornamentali e da frutto, su un declivio leggero e costante nella pendenza che ha consento la costruzione del Noviziato, la realizzazione di una sala polifunzionale per convegni ed incontri e sul quale ha trovato posto anche una concordata iniziativa della Congregazione del Santo Padre Pio. Alla fine della parte utilizzata del crinale, prima che un bosco di alberi da caucciù interrompa prudentemente, si sa che in Costa D’Avorio sono presenti diverse specie di serpenti velenosi come la vipera del Gabon, una eventuale escursione libera, sta la Casa del così detto Provinciale, che fortunatamente nulla ha a che fare con i successori della soppressa Provincia italiana, Capo, democraticamente eletto delle Missioni di Don Orione in Africa, Padre Basile Aka, nativo di Bonoua, e degli altri Missionari che collaborano con Lui nel gestire le risorse, fatte anche di donazioni e di lasciti, e nel decidere gli interventi da eseguire.
Alla Statua della Madonna si arriva, oltre che su strada sterrata partendo dalla spianata del Santuario, salendo un’ampia scalinata dalla base della Collina, vicina alla strada trafficata, dove sono stati trovati gli spazi per posteggiare i pullman durante i frequenti pellegrinaggi da ogni città del Paese. Sul plateau della Statua si recita ogni sera il Rosario con la straordinaria partecipazione di molti allegri bambini provenienti da Imperié, forse la delegazione più povera della città di Bonoua. Alla Madonna si svolge così ogni giorno un rito che dimostra tutto il carisma Orionino di Don Aldo Viti, sempre disponibile a confessare, pregare, ma anche a curare ferite, a lenire dolori e miserie, ad aiutare concretamente chi si offre nel dolore. Si è già scritto ampiamente che i Missionari hanno bisogno di simboli affinché la loro discreta opera di evangelizzazione proceda più spedita ed incisiva, con popoli che hanno una loro cultura, soprattutto una loro dignità, ma che sono tormentati da grandi bisogni e che si aspettano, siamo tra quelli che sostengono: legittimamente, di essere aiutati con opere di valenza sociale dopo aver spesso subito i pesi di una colonizzazione rapace. Si conferma così in ciascuna delle iniziative intraprese la volontà dei Missionari di seguire i principi del Santo Don Orione nel combattere la povertà, di essere sempre vicini alle esigenze dei bisognosi, dei malati, degli emarginati, in qualunque società vi siano difficoltà a realizzare pace e giustizia. In questo contesto africano dove si tendono a perfezionare le opere già realizzate, almeno parzialmente, sul canovaccio di una rigogliosa natura così diversa dalla nostra, non si deve pensare che possano sfuggire all’immediata attenzione, sia di chi viene qui per la prima volta, si di chi, come VIlma e l’autore dello scritto, sono ormai veterani di questo viaggio senza clamore che potremmo definire dell’accoglienza ricevuta e del sostegno dato, i primi attori, almeno quelli più conosciuti, del bel film che ci scorre velocemente sotto gli occhi.
Ci si incontra subito con Don Aldo Viti, 95 anni ad aprile prossimo, volontà granitica di spendersi, idee e programmi ancora lucidamente coltivati. Poi l’incontro con Don Antonio Jeranò, altro ultraottantenne deciso a rimanere in Africa, confessore dialogante di grande umanità. Molto più giovane dei primi due troviamo Padre Jules Atabre, uomo di sicura intelligenza e affidabilità che Don Aldo gratifica della sua fiducia per l’esecuzione delle incombenze predisposte per il periodo della sua assenza. L’intesa con i tre Sacerdoti è stata immediata , come del resto spontanea e rassicurante era stata l’accoglienza da parte di Padre Angelo Girolami, direttore del Centro handicappati, con Père Benjamen e Père Attanase, la sera prima, quaando, stanchi del viaggio, avevamo avuto un’ ottima sistemazione alla Accoglienza da Lucia Serra, esperta volontaria, da lungo tempo a Bonoua e dalla sua attiva collaboratrice Mabel, nel centro residenziale satellite indispensabile per i visitatori e per le famiglie che accompagnano adulti e soprattutto bambini sottoposti ad interventi chirurgici o trattamenti fisioterapici che richiedono una certa permanenza al Centro.
Carmelo Dr. Balbi /Vallescrivia Libero blog
- Con la collaborazione di:
- Miriam Damonte /Lettere Moderne – Università di Pavia