LIBERI E UGUALI IN VALLE SCRIVIA

Come preannunciato, ieri, sabato 17 febbraio, vigilia della prima Domenica di Quaresima, sono venuti in Valle Scrivia alcuni candidati di <Liberi e Uguali> nelle elezioni politiche del 4 marzo. Non poteva mancare l’On.le Luca Pastorino candidato nel collegio 5 (Genova-Rapallo) della Camera dei Deputati, definito seguace di Giuseppe Civati, detto Pippo, segretario di “Possibile”, entrambi tra i primi a sfilarsi dal Pd renziano e ad intraprendere la lunga marcia nel deserto per poter vedere le Destre all’opposizione di una maggioranza socialdemocratica in un Paese più unito e più uguale.

Insieme a Luca Pastorino ex Sindaco di Bogliasco una candidata di sicuro spessore amministrativo: Laura Canale per il collegio 3 del Senato della Repubblica, già responsabile dei programmi e dei progetti europei in Regione Liguria, tanto di giustificare il lusinghiero giudizio che si è onestamente attribuito ad LU avendo trovato oltre a dei cuori anche dei cervelli. Del resto visitando l’elenco dei candidati di < Liberi e Uguali> nella nostra Regione si ricava il convincimento che la selezione effettuata dagli Organi deputati a farla, nel relativamente breve periodo di vita del Partito, che si onora della Presidenza di Pietro Grasso, sia stata rigorosa, per quanto riguarda la moralità,  selettiva per ciò che concerne il radicamento sul territorio e la professionalità. E’ convinzione di vecchie volpi della politica nella nostra Valle Scrivia e di altre collegate che <Liberi e Uguali> otterranno qui nell’entroterra genovese molti più consensi di quelli loro attribuiti dai sondaggisti ufficiali. E non sembra neppure, ad altri paesani, che dovranno poi ringraziare le emittenti televisive, neppure le quattro reti Rai a pagamento, scientificamente e costantemente applicate nell’ oscurare la presenza di una entità politica che se non altro ha il merito (sulla particolare qualità sorge un dubbio!) di non avere inquisiti o condannati nelle proprie liste.

Il 17 di <Liberi e Uguali> in Valle Scrivia è iniziato ad Isola del Cantone con la presenza di un’altra candidata: Daniela Tedeschi, consigliere metropolitano e, appunto, candidata al collegio 2 (Savona-Arenzano) per la Camera dei Deputati che ha avuto la sensibilità di essere della partita nel Paese di confine che le ha dato i natali. In realtà Isola del Cantone  appare politicamente contendibile anche per la ragione che l’Amministrazione Comunale e la popolazione si erano recentemente opposti in modo intransigente ad un impianto di riciclaggio dei rifiuti urbani, detto biodigestore,  la Regione Liguria aveva fatto marcia indietro, non convintamente, con talune riserve, lasciando gli amici isolesi di fronte ad un interrogativo amgoscioso.

Gli incontri sono proseguiti, nella uggiosa giornata del 17, con una pioggerellina leggera e nubi basse, ma una buona disponibilità al dialogo, a Ronco Scrivia.  Successivamente, senza uscire dai confini ronchesi, a Borgo Fornari ospiti del ristorante “Toscano” dove qualche anziano del posto, si sa come  i vecchi guardano spesso indietro,  ricordava le cene (anni 70) del Senatore Pippo Macchiavelli, l’avvocato di Torriglia che quando doveva salutare gli operai che stavano scavando un cunicolo a fianco della strada scendeva Lui nel buco. Sembrano inutili aneddoti, ma servono a ricostruire un tessuto che è fatto anche di ricordi, di personaggi che non vanno solo esaltati, ma che comunque, nel bene e nel male, hanno contribuito a lasciarci questa pesante eredità.

A Busalla, centro nevralgico della Valle, i <Liberi e Uguali> avrebbero dovuto rimanere almeno una settimana per organizzare incontri sistematici con le varie categorie in via di dissolvimento, per proporre loro soluzioni da sottoporre al giudizio di un Paese che sta soffocando nel nulla. Un provvidenziale incontro è avvenuto, viene riferito, presso la sede della P.A. Croce Verde Busallese, il cui Presidente, si deve ammetterlo, appare sempre disponibile a discutere sui problemi sanitari in Valle e a proporre iniziative positive. A Savignone, vecchia roccaforte della Democrazia Cristiana, con un tessuto sociale composto prevalentemente da una borghesia benestante, con qualche problema di reinserimento nel circuito turistico anche per relativo cedimento delle strutture alberghiere e il doloroso crollo dei valori immobiliari, del resto comune a tutta la nostra Regione. Anche Casella era tra gli obiettivi di <Liberi e Uguali>, bel centro che sembra aver fatto un patto con il “Meteo,” ottenendo il sole, anche nei giorni  che vedono  il cielo coperto in tutti  Comuni della parte  nord dello Scrivia.  Casella è lo snodo di accesso alla magnifica Valbrevenna, ai piccoli insediamenti urbani  che raccontano la storia di popolazioni laboriose attaccate alla loro terra e fanno cornice al Parco dell’Antola , ma che per ragioni ovvie hanno problemi di vivibilità in particolare nelle stagioni più infelici.. E qui, come a Vobbia, i cortesi amici di < Liberi e Uguali> dovrebbero venire più spesso, con calma, per rendersi conto che la Liguria è fatta di coste assolate, di centri balneari molto belli, ma anche di campagne verdi e montagne, polmoni salutari, da conservare e proteggere.

I <Liberi e Uguali> ritornano infine a Busalla dove sono attesi per una presentazione più puntuale dei candidati e di un sintetico programma presso il rinnovato <Café Lumière >, già bar Centrale che, sembra opportuno ricordarlo,  negli anni 70 era condotto,  da uno dei mitici barman busallesi  il “Marin”,  proprio  quando il locale era, tra l’altro, usufruito  da  eterogenei frequentatori  e appassionati giocatori di boccette.

Così la storia si mescola con l’attualità perché le idee, le passioni di allora e anche molto prima di allora, sono presenti e si rinnovano in un continuo alternarsi di prospettive.

CB

UNA MODESTA PROPOSTA

Una comprensibile apprensione sta accendendo di nervosismo la campagna elettorale a poco meno di tre settimane dal voto. Si sa che l’ansia e l’assillo portano al tormento anche gli uomini più saldi, esenti normalmente dall’affanno, ma incapaci di contrastare eventi imprevedibili che possono arrecare loro un educativo, ma doloroso e inevitabile patimento. Tutto in chiave di sofferenza, purtroppo, è certo che uomini e donne salde, si capirà poi di quale sfortunata parte politica, in stato di viva angoscia, dovrebbero cercare una saggia profilassi per un evento tanto parzialmente inatteso quanto per loro doloroso.

Nel giorno di San Valentino, incombente il termine che una legge fissa per il divieto di rendere pubblici sui media i sondaggi elettorali di ogni tipo, il M5S viene accreditato- malgrado una virulenta polemica innestata dalla mancata restituzione da parte di eletti Stellati della quota della propria indennità a favore della piccola imprenditoria- di una percentuale di possibili votanti intorno al 28/29 %, non scalfita perciò dagli attacchi alla sua credibilità oltre che alla sua originalità, nel composito sistema dei tradizionali Partiti e partitini testimonianza o specchietti per fessacchiotti. Di per sé questa constatazione che si trae da un complesso di Istituti d’indagine demoscopica metodologicamente avanzata, liberi da pesi e condizionamenti, almeno così dicono loro, non dovrebbe indurre la Destra Economica associata con la Lega e i Fratelli, valutata con altri Cespugli, circa intorno al 37% e perciò, come Coalizione, gratificata con un consistente numero di Parlamentari, dopo il 4 marzo prossimo.

Sennonché, anche non trascurando un possibile apporto parziale da una invocata attuale corrente di indecisi, che, come un branco di merluzzi impazziti dalla paura tenta di sottrarsi alla caccia spietata della balena affamata, potrebbero entrare in gioco e non votare, se non in minima parte per la Destra nel suo complesso, si tende ad escludere che la Squadra di Berlusconi possa aver dopo il 5 marzo la maggioranza necessaria per formare e sostenere sistematicamente un Governo.

Una maggioranza parlamentare potrebbe invece coagularsi intorno al M5S se il Pd, prendendo atto di una scontata, ma dura sconfitta  elettorale, avviasse rapidamente, anche nell’interesse del suo residuo elettorato, prevalentemente operaio e impiegatizio, una dignitosa riesamina delle ragioni più evidenti di una sua marginalizzazione, con tutte le conseguenze inevitabili sull’organico parlamentare frastornato e rissoso non tanto per la perdita dei valori  ideali,  quanto per la drastica riduzione delle poltrone. Sarebbe anche l’occasione, ma  ci si rende conto della problematicità dell’operazione, per un riavvicinamento con <Liberi e Uguali> ( In Valle Scrivia sabato 17 febbraio prossimo) intorno, per esempio, ad un programma di Governo che potrebbe essere definito tranquillamente di Salute Pubblica che, anche se, così definito,  richiama, alla mente certe fasi e certi personaggi della Rivoluzione Francese del 1789, potrebbe rispondere alla esigenza che l’Italia ha di  un Esecutivo affronti prioritariamente e urgentemente i problemi del lavoro,  della giustizia, della scuola.

CB

GLI INCONVENIENTI DELLA GIUSTIZIA SOCIALE

Nessuno crede, almeno si spera, che vi sia un reale bisogno di difendere la società, in cui ci troviamo a vivere, dall’aspirazione o, peggio, dall’ansia di instaurare una qualche forma di maggiore giustizia sociale, Che poi , semmai vi fosse un fermento di tal fatta, sarebbe necessario capire cosa si deve intendere per giustizia sociale, almeno per quella che nel nostro Paese non si è mai potuta realizzare.  Ben più modesti gli scopi che qui ci si pone con un superficiale, senza pretese, esame degli esperimenti vissuti nella nostra democratica Italia,  dopo aver conseguito l’Unità, quando forze politiche, movimenti, sindacati hanno acquisito il seguito popolare necessario per  rivendicare almeno una parvenza, una quota di giustizia sociale, nei vari momenti storici in cui era assente o indisponibile.

Tralasciando le ricette della così detta Destra Storica di Ricasoli, Cavour, Quintino Sella, sino ad Einaudi, che solo al verificarsi di taluni,  rarissimi e sporadici eventi insurrezionali, ha dovuto mostrare una faccia feroce, come nell’arcinoto caso della brutale repressione del Generale Bava Beccaris, ha avuto quantomeno il merito di perseguire una problematica unificazione tra regioni che sembravano appartenere a Continenti diversi. Nessuno può credere che qui si stia magnificando una teoria sulla inevitabilità che certi eventi della storia si ripetano meccanicamente, quasi vi fosse un deterministico filo conduttore che annullerebbe la volontà dell’ uomo, i suoi ideali, la sua Fede.

Certo che se si guarda alla nascita del Fascismo in Italia negli anni 1919/1922 e ci si inchina di fronte alle opere monumentali di eccezionali uomini di cultura, storici insigni e politici illuminati, si ricava la convinzione che, dati per buoni tutti i fattori che hanno concorso alla sua nascita ed affermazione, largamente evidenziati appunto dalla storiografia moderna, si deve riconoscere che il Fascismo ha potuto usufruire dell’appoggio indiscutibile dei Latifondisti, dei nascenti Industriali, di un ceto medio benestante in crescita, tutti impauriti dalla disordinata attività dei Socialisti che reclamavano giustizia sociale, ma non avevano  sostanzialmente l’organizzazione, le idee chiare, la forza per superare tanti e pericolosi ostacoli, gli uomini fidati e incorruttibili necessari. La vertiginosa formazione delle squadre fasciste, la tolleranza indiscutibilmente evidenziata delle loro spedizioni da parte di certe forze dell’ordine e di una frangia cospicua della Magistratura stanno a dimostrare in modo esemplare come il Governo, la Monarchia e, spiace doverlo ammettere per un Cristiano/Cattolico, le Gerarchie Ecclesiastiche, cioè la composita classe dominante del Paese intendesse utilizzare il Fascismo per mettere in ginocchio qualsiasi  tentativo di sconvolgere i piani del Governo e di affrontare concretamente il tema delle grandi disuguaglianze sociali, dello sfruttamento del lavoro manuale e intellettuale, di ammettere al voto le donne, di dare dignità ai bisognosi.

Tutto ciò realisticamente, anche se superficialmente considerato, deve far volgere l’attenzione alla situazione politica attuale caratterizzata da un rigurgito fascista che forse non ha precedenti in Italia, nel periodo che va addirittura dalla Liberazione e dalla entrata in vigore della nostra Costituzione. La possibile, non certa, affermazione del M5S che potrebbe trovare in Parlamento una qualche sponda in altra formazione e  proporre, in chiave moderna, una situazione sicuramente diversa, per carità, da quella del 1919/1922, ma comunque tale da preoccupare, e già se ne vedono inconfondibili segnali, anche nei mezzi di comunicazione tutt’altro che imparziali, compresi quelli della RAI, la classe industriale e finanziaria, quella media benestante, che detengono il 75% della ricchezza nazionale, incoraggiandoli forse a osare per impedire un salto così vistoso nell’incertezza generale e nella pericolosità per i loro privilegi.

A prima vista, questa semplicissima analisi potrebbe essere giudicata troppo azzardata e priva, forse, di quegli elementi di prova degli assiomi qui esposti da apparire financo strumentale. Si potrebbe obiettare che i così detti poteri forti, intravvisti sostanzialmente nei grandi finanzieri e negli industriali, avrebbero per il Governo del Paese, dopo le elezioni del 4 marzo, altre soluzioni a disposizione  più tranquille,, come quella del Centro-Destra, per altro non così solido e credibile come negli anni 90, dovendo lamentare cavalli bolsi e macchiati da segni indelebili, da stanchezze inevitabili.

CB

UN DILETTANTESCO SONDAGGIO A BUSALLA

Siamo seri. I sondaggi politici sono una ricerca che ha il rango della scientificità. Sempre che non siano contraffatti per deprimere una parte o per illudere qualche altra. Adulterazione che viene giudicata dagli esperti come non del tutto estranea al sistema dei sondaggisti accreditati nella campagna elettorale in corso. Che non al nobile campo della ricerca speculativa andrebbero ascritti, in tal caso, ma a quello dell’illusionismo che acceca, alimenta paure, sottovaluta i  pericoli di un comodo immobilismo,  svia le aspettative, tende a spostare consenso verso chi ha i mezzi per acquistare tale sottile contributo alla propria causa. Una necessaria  premessa, quella delle obiettive difficoltà e dei possibili involontari errori,  di chi intende con pochissimi ascolti utili di sondare, in un ambiente estremamente limitato, quello di Busalla-Sarissola, oltre che persone delle  sparute frazioni, con qualche fortunata puntatina indiretta in Valle, attraverso elettori residenti nei vari Comuni,  avvalendosi di un campione altrettanto ristretto di cittadini elettori,  per verificare sostanzialmente chi di loro, credibilmente,  intenda, allo stato, esercitare il diritto di voto e chi invece sembra escludere convintamente per il 4 marzo prossimo tale fondamentale  esercizio, avanzando le più svariate ragioni ed accampando motivazioni non sempre coincidenti con quelle di altri così detti negazionisti del voto-dovere.

Sono proprio questi ultimi che suscitano un comprensibile interesse per le ragioni che forse appariranno sufficientemente chiare durante l’esercizio dell’ascolto e dell’interpretazione. Tale dilettantistica, per quanto interessante attività non deve essere considerata un vero e proprio sondaggio fatto secondo le norme che disciplinano la loro liceità e riservatezza, per altro garantita anche qui in ordine alle considerazioni di persone capaci di intendere e di volere, e quindi non interdette o inabilitate, non troppo avanti negli anni (oltre i 90 ) e neppure affette da gravi patologie.

Emerge con buona evidenza che la stragrande maggioranza dei rifiuti del voto viene da cittadini/e appartenenti ad un ceto popolare, a basso reddito, di limitata istruzione generale, carichi di problemi di ogni genere, sfiduciati e intontiti. Si constata invece che tra chi appartiene ad un ceto medio, magari benestante, che sente di dover difendere i propri privilegi, non provando alcuna solidarietà per i meno fortunati, generalmente ostile a qualsiasi ideologia e Fede Cristiana, segue distrattamente la campagna elettorale, non ha bisogno di incoraggiamenti, perché non vede l’ora di entrare nella fatidica cabina per votare uno dei Partiti o Coalizioni che garantiscono lo status quo.

Che pensionati, per giunta al minimo, e lavoratori dipendenti, professionisti spesso senza incarichi, che si rubano il lavoro, operatori commerciali gabbati da anni  con leggi che hanno consentito l’apertura ad libitum di grandi punti vendita, anche stranieri, dipendenti pubblici con un contratto di lavoro fermo da anni, che tutti costoro ritengano di esprimere il loro disgusto disertando le urne o annullando la scheda sembra assolutamente incomprensibile, illogico, autolesionistico. Sembra piuttosto come il darsi una martellata su qualche parte sensibile del corpo per aggiungere il doloro alla beffa. Non tanto per la classica considerazione che costoro vengono meno ad un dovere e lasciano che altri decidano anche per loro un futuro che potrebbe essere deprecabile come il presente. Ma soprattutto perché evidenziano l’esistenza in Italia, poco importa se il fenomeno astensionistico è presente anche in altri Paesi, una fetta di circa il 30% della popolazione degli aventi diritto, al netto degli impediti non supportati, che rinuncia a dare una libera e dignitosa indicazione con un voto che sarebbe tra l’altro  utile anche alla porzione della comunità che loro stessi sentono, è quasi inevitabile, vicina nei bisogni, nella delusione, se non addirittura nell’indigenza. A molti questa scelta estrema, il non voto, sembra una espressione di grande egoismo, specialmente se supportata da una medio-bassa cultura, da una non conoscenza assoluta dei meccanismi istituzionali, da precedenti pessime esperienze elettorali.

Naturalmente vanno considerati a parte coloro che vengo spinti lontano dai seggi perché anche chi fa incredibili, mirabolanti promesse non si fida di loro al punto da temere che una volta entrati nel segreto dell’ urna votino come hanno sempre votato, e comunque senza tener conto delle avvilenti promesse. Viene in mente che Napoleone Bonaparte, dopo aver tradito gli ideali rivoluzionari, si era convinto e lo aveva sbandierato che i popoli sono come banchi di sardine che fluttuano: basta spaventarli o blandirli.

CB

A SAMO’ UN RICORDO DI FRANCESCA MONTAIUTI

Qualche giorno dopo  la nostra sistemazione nel padiglione Italia del Centro di Accoglienza, si decide di esplorare , di buon mattino, una prima parte della parrocchia di Bonoua che, ci viene ricordato, è estesa quanto una diocesi italiana, comprendendo quarantanove grossi villaggi disseminati nella brousse e abitati da ivoriani di etnie differenti.  Senza alcuna incertezza incoraggiamo la nostra giovane sherpa, Miriam, a dirigersi con la solita Honda color oliva chiaro, patente di guida italiana plastificata, verso il villaggio di Samò, sulla strada che, svoltando verso levante, porta in Ghana e che si avrà l’opportunità di ripercorrere, durante il soggiorno, per altre interessanti destinazioni. Ci aveva fatto scegliere Samò il desiderio, ereditato da una lunga consuetudine durante viaggi analoghi dal 1997, di visitare il mercato dei frutti e dei prodotti della terra caratteristici di quella parte della Costa D’Avorio.

Le bananette, quelle molto piccole, ricche, si certifica, di minerali vitali per l’organismo umano, e di sostanze che le rendono di facile digestione, vendute in caschi a prezzi per noi assai favorevoli, erano in cima ai nostri desideri. Con l’intenzione di fare anche una discreta provvista di ananas, meno coltivati da qualche tempo perché soggetti alla  forte concorrenza di altri provenienti dal Continente sud americano, papaie rosse mature, mango, avocado, frutti della passione, qui circondati, come risaputo, da una fama che potrebbe rivelarsi discutibile. Proprio quando ci eravamo convinti, e ne parlavamo assieme, che Samò era  sempre un buon mercato dei frutti esotici  e che saremmo ritornati al Centro con tanti acquisti alimentari per noi e per gli altri ospiti, in quel momento un gruppo di amici dell’ Associazione ” Hippocrate” di Borgo San Lorenzo  a Firenze, da depositare nella sala mensa dell’Accoglienza, un trabocco di pensieri colpì improvvisamente i due anziani della comitiva, Vilma ed io, ne convenimmo dopo, sollevando la modesta gita dalla relativa genericità consumistica sin qui caratterizzata  da quelli scopi limitati, con un ricordo molto nitido di Francesca Montaiuti.

Si fecero largo nella memoria di entrambi le letture di documenti e di testimonianze di Missionarri, come quella di Don Aldo Viti, di Volontarie ,come Lucia Precchia, oltre che chiare immagini della Montaiuti durante i brevi periodi trascorsi assieme alla Professoressa di Ovada nel Centro handicappati di Bonoua, quasi ogni anno, compatibilmente con le condizioni di incerta non belligeranza e di sicurezza esistenti, dopo il 1993. Ci si eve chiede, sembra del tutto logico anche per il lettore del brano, perché l’improvviso emergere della figura della Montaiuti, proprio a Samò. La parrocchia di Bonoua, intitolata a S. Pierre Claver, uno, forse il primo o il più importante Missionario Francese giunto nella zona, era stata ufficialmente acquisita dagli Italiani della Congregazione della Piccola Opera della Divina Provvidenza di Don Orione nel 1972.

La parrocchia si era gradatamente dotata di strutture che avevano una particolare prioritaria attenzione3 all’assistenza, alla scolarizzazione e alla prima formazione della  gioventù. Quindi si diede precedenza agli asili e alle scuole materne. A  Motobé  e a Samò vi fu l’intervento concreto, provvidenziale, assai generoso, di Francesca Montaiuti, tenuto in parte segreto per volontà della stessa benefattrice. Francesca Montaiuti , professoressa di ruolo in filosofia ad Ovada, presumibilmente la sua Città natia, era arrivata come volontaria al Centro handicappati di Bonoua nel 1993, dopo alcune esperienze in India e nelle Filippine che l’aveva comunque convinta di dover abbracciare la Congregazione del Santo Don Orione. Noi, Vilma ed io, l’abbiamo conosciuta nel 1997, l’anno del nostro primo, prudente viaggio in Costa D’Avorio, quando nella Missione c’era la cugina Anna Balbi, in Africa dal 1986,  il nostro Virgilio in terra Africana , organizzatrice di una scuola di cucito per handicappati, maschi e femmine, e poi di una sartoria che ha, bisogna lo si dica, usufruito negli anni del generoso aiuto del gruppo missionario di Busalla.  Francesca Montaiuti aveva già fama di volontaria animata da una dedizione radicale verso i poveri e gli ammalati, era nota la sua disponibilità verso gli altri, a volte sconfinante con il sacrificio personale e la mancanza di prudenza. Risultava chiaro che abbandonando l’Italia era venuta alla ricerca di una specie particolare di santità non riconosciuta come tale, ma non per questo da mettere in totale discussione. Colpiva la sua straordinaria magrezza giustificata da una accentuata continua disappetenza, il mettersi per le strade, tutt’altro che sicure, quasi fosse alla ricerca di persone in difficoltà, con ogni tempo, sotto il sole cocente dei tropici o con il vento e la pioggia insistente dei periodi dominati dai monsoni. Interessante l’articolo comparso su < Amici di Don Orione> del maggio 2002 scritto da Lei stessa al Villaggio della Carità di Camaldoli a Genova per testimoniare del suo incontro con Don Orione, con le sue Opere ed in particolare proprio con quel Villaggio. Era il 1985, a Natale, e Francesca, sola, senza forti legami familiari, insegnante metodica, dalla vita tranquilla, lo scrive Lei stessa e non si può dubitarne, decise di trascorrerlo dove un suo cugino, obiettore di coscienza, stava per finire il suo servizio ai Camaldoli. Qui si decise il suo futuro: quello di lasciare l’insegnamento, la sua Città, il suo mondo per un volontariato a tempo pieno. Purtroppo sono sempre mancate, o non sono state cercate veramente, informazioni sulla sua vita prima del grande passo,  le notizie che potrebbero completare una sua biografia.

Si è sempre pensato, forse saputo, che Francesca Montaiuti avesse sempre vissuto con Fede, sempre con disponibilità a privarsi di qualche agio per sopperire alle miserie altrui. Discutendo di tutto quanto si è poi ritenuto di dover riferire in un post,  considerando anche l’opportunità di avere notizie delle esperienze di vita della Francesca Montaiuti prima che diventasse Volontaria del Santo Don Orione, si fa ritorno al Centro Accoglienza perché Miriam è attesa dai bambini della Rieducazione che Lei intrattiene con la solita energia e passione.

Carmelo Dr. Balbi /Vallescrivia

Con la collaborazione di

Miriam Damonte / Lettere Moderne -Università Pavia

SOTTO TRACCIA LE COMUNALI A BUSALLA 2019

C’è chi ritiene che si possa immaginare qualche spicchio del futuro con estrosa fantasia e un pizzico di inventiva, avendo qualche esperienza dei periodi che hanno preceduto nel passato gli avvenimenti specifici dei quali s’intendono svelare le avanguardie, nonché la sensibilità necessaria per valutare l’ambizione e la credibilità delle persone coinvolte. Del resto, chi conosce il gioco degli scacchi, purtroppo sono pochi, riconosce che in talune fasi della partita ci si affida ad una intuizione che non è principalmente frutto del ragionamento, ma che si configura nella categoria della pura fantasia e genialità. Questo l’ onesto tentativo di convincere il lettore che si può leggere, sia pure con difficoltà, il futuro prossimo, per giustificare il tentativo di cogliere un fermento che a Busalla è già visibile intorno alle malcelate ambizioni di ricoprire la carica di Sindaco dopo le consultazioni del giugno 2019.

Si deve riconoscere che oltre la fantasia e l’immaginazione non possono essere trascurate le voci, sottili quanto necessario, per non essere confuse con le maldicenze, ma tali da fornire altri elementi di attendibilità. Intanto ci si chiede se il Sindaco Loris Maieron possa difendersi da certi attacchi già in atto ed essere confermato per il secondo ennesimo incarico. Gli astri non sembrano essergli del tutto favorevoli anche perché tra la popolazione serpeggia un certo malcontento che il navigato politico deve aver subodorato.  Pronto a sostituirlo, con regolari elezioni, s’intende, sembrerebbe, secondo le indicazioni contenute in una immaginaria sfera rabdomantica, Giuseppe Coniglio il vulcanico Presidente della Croce Verde Busallese , instancabile tessitore di tele, disponibile ad accordi con chiunque pur di migliorare l’esercizio della Sanità emergenziale in Valle. Delle interessanti fotografie, da interpretare,  esibite nel candido ambiente parrocchiale, mostrano Don Gianni, Parroco di Busalla capoluogo e di San Bartolomeo di Savignone, il Sindaco Loris Maieron e il Presidente della P.A. Croce Verde Busallese, prima o dopo, non sembra rivestire qualche importanza, l’udienza dal Sommo Pontefice. Si dice acutamente: una plastica rappresentazione di una pesante eredità che il silente Maieron lascerebbe al facondo Coniglio.

Il M5S è già stato gratificato a Busalla di un consenso che per altro non è stato maggioritario. Non ha un seguito visibile di attivisti, ma non si può escludere, specialmente se risultasse il 5 marzo prossimo primo partito in Italia,  che residenti nel nostro Paese si uniscano sotto la stellata bandiera per rivendicare il diritto di governare Busalla. Il PD busallese sembra invece che stia evaporando in attesa ansiosa di verificare la sua consistenza il solito 5 marzo prossimo e l’inevitabile resa dei conti degli scontenti e degli inevitabili trombati. La Sinistra, si chiami pure radicale, purché non la si confonda con Europa -Bonino tutt’altro che di sinistra, a Busalla, non sembra avere, almeno nell’immediato, il peso e l’influenza acquisita in un passato poi non troppo remoto, come si potrà valutare sempre il fatidico 5 marzo, dopo gli scrutini delle cruciali politiche.

Fare dunque delle previsioni sugli orientamenti dell’elettorato 2019, prima che il voto del marzo 2018 sveli il grado di maturazione, di partecipazione votando, della popolazione non è  agevole, potendosi, tra l’altro, interpretare i risultati 2018 in chiave puramente di politica generale, senza alcun riferimento, ancorché casuale, e sarebbe un grave errore, alle amministrazioni  che erogano servizi essenziali come quella del nostro problematico Comune, della neonata Città Metropolitana di Genova, della Regione Liguria, tutte passate di mano ad un Centro Destra vittorioso sulle rovine di esperienze di Centro Sinistra od altra non classificabile. Si può concludere con una nota positiva riferendo che ambienti degni di considerazione, cittadini legati al territorio della Valle Scrivia che considerano Busalla centro nevralgico della medesima, ritengono che puntare su un prossimo Sindaco Donna nel 2019 a Busalla sarebbe propedeutico  ad un risveglio del Paese e delle sue energie migliori.

Come previsione potrebbe apparire fantasiosa, quasi di colore,, ma anche allo stato delle incertezze  dominanti, delle pochezze in campo ora nei tradizionali partiti e purtroppo in Comune, dei veti incrociati che, si sa, esistono, può apparire del tutto lecito e sensato pensare concretamente ad una squadra di <salute pubblica> formata da persone animate dall’ambizione di portare al giudizio dell’elettorato una compagine ricca di esperienze varie, di persone professionalmente preparate che propongono una Donna a Sindaco di Busalla.

CB

I PROGETTI DI DON ALDO VITI

Don Aldo Viti ha dei progetti per sé e per il futuro delle iniziative, a ben guardare, condivisibili, da perseguire e sostenere da parte dei suoi molti benefattori, sulla ormai famosa Collina di Bonoua, intravvedendo una sempre più efficace diffusione della Fede Cristiana in quel Paese, una consapevolezza profonda dei bisogni di quei popoli e una reale disponibilità alla collaborazione in loco oltre che all’aiuto disinteressato per il superamento dei  loro più gravi problemi strutturali e sociali. Don Aldo, ritornando in Italia anche per una premurosa sollecitazione della sua Congregazione, si sta avvicinando al ragguardevole traguardo dei novantacinque anni con la lecita speranza , e purtroppo qualche dubbio, di ritornare in Costa D’Avorio dopo che, come avvenuto negli anni passati, siano trascorsi almeno sei mesi e la sua salute si dimostri idonea ad affrontare impegni nel clima equatoriale monsonico dell’area di sud est del Paese Centro Africano, collocato appunto a poco più di cinque gradi di latitudine nord, e dunque, lo si scrive a scanso di equivoci, nel nostro emisfero.

Non si capirebbe infatti lo sforzo di Don Aldo nel predisporre razioni riso ed altro per una esigua, di pura sopravvivenza,  alimentazione di persone indigenti residenti soprattutto nella delegazione, assai esplorata da Mirian Damonte, di Imperié, affidandole alla cura di Padre Jules Atabre, se non ammettendo che la continuità del benefico e caritatevole sostegno possa rappresentare il viatico di un suo ritorno a Bonoua. Don Aldo documenta scrupolosamente l’aiuto alla scolarizzazione 2017-1018 fornito a ragazzi poveri della scuola materna, di quella primaria, da noi definita elementari, sino a giovani dei collegi o dei licei e tecniche.  Si prende atto dai conti resi noti a noi che il totale delle forniture di materiale e delle iscrizioni ha richiesto un esborso di 1. 189. 000 Franchi. Altrettanto cospicuo risulta la documentazione delle spese relative alla salute, o meglio alla mancanza di salute, di casi di assoluta povertà verso i quali Don Aldo, Padre infermiere durante la seconda guerra mondiale, ha sempre dimostrato particolare attenzione e prioritario impegno. Le spese sostenute per le cure, le analisi e gli interventi chirurgici ammontano a circa 485.170 F., corrispondenti al cambio corrente a quasi 900 Euro. La somma delle spese di scolarizzazione, che gli hanno procurato un riconoscimento ufficiale da parte delle autorità scolastiche del Paese, e di quelle della salute risulta così pari, sono sempre dati che si ricavano dal supporto magnetico ricevuto, a 1.674.170 Fsf, circa 3000 Euro.

Da queste generose e mirate elargizioni si evidenzia lo spirito veramente Cristiano di Don Aldo e si capisce la stima e la fiducia delle quali gode in Italia, e non solo nel nostro Paese, come Missionario che diffonde la Parola stando vicino ai bisogni dei poveri, degli ammalati, dei giovani che attraverso l’educazione e lo studio possono dare un contributo al loro Paese Africano, restandovi con consapevolezza ed evitando avventurose fughe e dolorose esperienze verso miraggi europei e ulteriori sfruttamenti. Viene persino da pensare che, fatte le dovute proporzioni, Don Aldo abbia seguito una strada abbastanza simile durante tutto il suo lungo periodo Sacerdotale in sedi Italiane, guadagnandosi l’affetto di tanta gente semplice.

Avvicinandosi il momento della partenza in aereo da Abidjan, fissato da tempo il 22 gennaio scorso, tarda sera, sembra necessario fare con Lui un breve inventario degli interventi necessari al completamento di opere già finanziate in gran parte da erogazioni di persone od Organismi, come il Lions di Tortona. L’ormai leggendario campanile del Santuario, ci piace ribadire: progettato con qualche sudore proprio sul post, dall’amico Architetto Paolo Granara, è al momento incompleto, addirittura delle cinque campane acquistate in Italia e del necessario sistema elettronico per sentirle suonare armonicamente in coro. Manca anche il serbatoio previsto all’ultimo piano della struttura per la raccolta dell’acqua e per  la distribuzione regolata a chiunque abbia bisogno di dissetarsi nella calura del luogo, magari all’ombra delle verdi fronde di alberi aventi il pregio di crescere velocemente in ragione della naturale combinazione del gran caldo, di in terreno ricco di minerali e delle piogge monsoniche, sempre o quasi sempre puntuali, dopo l’inverno o, per rimanere aderenti alla realtà, dopo che sia passato il periodo che va da novembre a marzo, dominato da un vento del deserto, l’harmatan, che trasporta polveri sottili nell’aria, elimina una parte dell’umidità, rinfresca, ma non va confuso con la nostra tramontana! Anche in Costa D’Avorio ci si lamenta constatando che il clima ha subito rilevanti modificazioni attribuendo la responsabilità alle grandi potenze mondiali compresa l’Italia. Per ragioni di opportunità si evita di contrapporre alle tesi degli amici Africani il rifiuto di poter includere l’Italia, paese notoriamente indebitato e mal governato da molto tempo, tra i Paesi che realmente potrebbero destinare alla tutela e al ripristino dell’ambiente una parte consistente delle loro spese. Senza trascurare la circostanza che spostandosi nel Paese si osservano continuamente dei falò di rifiuti che ardono e rilasciano diossina nell’ambiente, per confermare che , malgrado l’esiguità dei rifiuti africani rispetto a quelli di una società opulenta come la nostra, il problema esiste e andrebbe affrontato anche nel Continente Nero, se non altro perché la durata media della vita è qui più bassa e il sistema  sanitario carente quanto basta per essere riprogettato e non solo integrato con strutture, sia pure apprezzabili, come il Centro handicappati Don Orione ed altri assai noti di Associazioni benefiche.

Don Aldo espone un progetto che da tempo coltiva e che avrebbe già avuto una prima approvazione di massima dal Consiglio della Congregazione di Bonoua.  Si tratterebbe di una costruzione che partendo dalla spianata del Santuario, o meglio dagli uffici esistenti della segreteria e dal piccolo edificio dei servizi igienici, si espanderebbe in lunghezza sino all’inizio della strada sterrata dalla quale siamo saliti prima con Miriam al volante, per mettere al servizio dei numerosi pellegrini al Santuario stesso locali idonei ad ospitare dormitori, mense, sale di disimpegno, punti per comunicare che rendano sempre accessibile il Santuario di Notre Dame de la Garde  agli Africani della Costa D’Avorio, sarebbe già molto, ma non solo a quelli. Del resto, il gemellaggio praticamente  stretto nel 2009, all’inaugurazione,  con il Santuario della Madonna della Guardia di Genova, presente il suo Rettore Mons. Marco Granara, proiettava quello di Bonoua ad un livello di importanza ben superiore a quella di per sé attribuibile.

Don Aldo Viti si rende conto che molto è stato fatto e che altro rimane da fare affinché l’Opera della Congregazione di Don Orione non appassisca e prosperi come le bellissime rose di porcellana, un fiore diffuso  all’ombra di certe piante protettive. Don Aldo prova un ragionevole compiacimento perché è consapevole di aver fornito sulla Collina  un contributo di idee, prima al Noviziato dove si selezionano i giovani aspiranti Sacerdoti Africani, poi nel progettare il Santuario, la Statua della Madonna, anche convincendo i compagni della Congregazione a guardare coraggiosamente avanti. Non deve sorprendere che un ruolo importante nel assumere certi impegni di lavoro abbiano avuto anche le generose offerte ricevute da Lui, in gran parte dall’Italia, per la sua notorietà, acquisita durante il suo lungo percorso Sacerdotale in Italia e la comprovata onestà intellettuale. Don Aldo intende ritornare a Bonoua dopo che siano trascorsi i mesi di riposo e cura al Paveranodi Genova, circondato dalla attenzione del Direttore Don Alessandro D’Acunto e dai tanti amici che lo stimano.

E’ difficile non essere convinti davvero che Don Aldo ritorni in Africa, per continuare la sua Missione. Viene in mente, a volte proprio non si sa come, una canzone scritta da Mario Cappello, pare nel 1924, <Ma se ghe pensu>, con la quale il cantautore definito messaggero della canzone genovese nel mondo divenne acclamato interprete anche all’estero. Solo che Mario Cappello era genovese emigrante in Argentina e provava grande nostalgia per la sua Città, Genova, mentre Don Aldo Viti è un forte marchigiano che , si può scrivere quasi al contrario, ma con uguale intensità, pensa alla sua Missione in Costa D’Avorio, vicino ai suoi bambini.