Arte by Libreria Aiace Roma Montesacro

Vaticano CappellaSistina

Giuseppe Viviani pittore e incisore

Giuseppe Viviani ( 1898-1965 ), pittore e incisore pisano, divenne professore di incisione all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 1948, che avvenne alla matura età di cinquant’anni, prima della quale la sua abilità, soprattutto incisoria, non era sconosciuta ai collezionisti cittadini, ma che raggiunse fama nazionale solo con l’attività universitaria presso la cattedra già di Giovanni Fattori. Soprattutto nell’incisione raggiunse risultati eccezionali, tra i maggiori del Novecento italiano ( accanto a Giorgio Morandi e Luigi Bartolini ), trasformando in originali immagini la sua personale visione del mondo, con una particolare predilezione per la vita del litorale pisano che ben conosceva. Visse infatti lungamente a Marina di Pisa, e alla morte, seguendo le sue ultime volontà, le lastre originali delle sue opere furono gettate in mare al largo della piccola località costiera toscana. La vita di Viviani non fu facile: perse infatti il padre all’età di due anni e dovette trasferirsi insieme alla madre presso il nonno, un ortopedico che fabbricava arti finti, oggetti che devono essersi impressi nella memoria dell’artista bambino, tanto che poi li inserì in molte sue opere. Fino alla Seconda guerra mondiale svolse numerosi e diversi lavori, senza mai però abbandonare la sua attività artistica. È sepolto nella chiesa di San Francesco a Pisa. L’arte di Viviani è improntata ad una visione malinconica e decadente della vita, ed allo stesso tempo ad un grande amore per la vita stessa. Con un segno lineare ed essenziale ed una raffinata perizia tecnica, l’artista si è mosso tra un ingenuo immaginario popolaresco e la meditata ricerca di immagini della memoria, ricreando un mondo venato di profonda emotività e percorso da aperture metafisiche ricche di allusioni, suggestioni e significati. ( Wikipedia )

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Sociologia dell’arte. Dialettica del creare e del fruire

Le opere d’arte sono segmenti di esperienze e, come tutte le prestazioni culturali, sono dirette a scopi pratici. Solo con particolare sforzo e in particolari condizioni storico-sociali l’arte si lascia strappare al nesso di vita in cui è radicata, dalla prassi alla noesis universale con cui è intrecciata, ed esercitare e giudicare come attività autonoma, seguente proprie leggi e valori. Essa non si separa affatto dalle esperienze pratiche e della conoscenza teoretica nella maniera radicale che si suole ritenere. Nella misura in cui entrambe, arte e scienza, si occupano della soluzione di problemi che risultano dai compiti, dalle cure e dalle necessità della vita e hanno a che fare con la lotta per l’esistenza, costituiscono piuttosto una unità salda e in ultima analisi indissolubile. ( Tratto da Filosofico.net )

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Architettura Italiana nell’Era Fascista

L’architettura italiana nel periodo fascista comprende una serie di stili e correnti. Esaurito lo slancio teorico dell’architettura futurista con la scomparsa di Antonio Sant’Elia, negli anni venti e trenta in Italia si svilupparono varie correnti architettoniche:

a) l’architettura razionalista ( Movimento Moderno e Razionalismo italiano ) che rappresentava il movimento più moderno, in sintonia con le tendenze europee del funzionalismo;

b) il Movimento Novecento, che rappresenta una tendenza di “ritorno all’ordine”, con il rifiuto sia delle avanguardie del primo novecento ( liberty, futurismo, cubismo ) sia della nuova tendenza razionalista, con un riferimento al neoclassicismo lombardo ottocentesco e un linguaggio semplificato ed austero, in assonanza con la pittura metafisica di De Chirico. Principali esponenti ne furono Giovanni Muzio, Giò Ponti, Paolo Mezzanotte;

c) il monumentalismo o “neoclassicismo semplificato”, che media tra le tendenze razionaliste d’avanguardia e il conservatorismo dell’accademia, facendosi linguaggio architettonico di regime, teso a diffondere gli ideali fascisti tra le masse e trasmettere l’idea di grandezza del regime, e che privilegia la realizzazione di edifici monumentali e con forte caratterizzazioni scenografiche. Maggiore esponente ne fu Marcello Piacentini. ( Wikipedia )

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La raccolta 8 per 10 di Cesare Zavattini

Zavattini avverte la pittura come mezzo ideale per esprimersi, la pratica e la colleziona. Interpreta il collezionismo come un atto di amore verso la pittura degli altri. Già nel 1931, a Milano, chiede un disegno su un pezzo di carta ad Arturo Martini. Nasce così una delle più straordinarie raccolte d’arte italiane nel Novecento: la Collezione minima, iniziata nel 1941 dopo aver ricevuto in dono un mini dipinto di Campigli e due schizzi di Aligi Sassu su un pacchetto di sigarette. Composta da millecinquecento esemplari di formato 8×10 ne fanno parte i nomi più celebrati dell’arte italiana e internazionale come Fontana, Burri, Balla, De Chirico, Savinio, Capogrossi, Severini, Rosai, Casorati, Sironi, Mafai, Soffici, De Pisis, Campigli, Afro, Consagra, Depero, Guttuso, Sassu, Manzù, Leoncillo, Melotti, Marini, Schifano, Vedova, Rotella, Festa, Munari, Pistoletto, ma anche le opere di letterati ed intellettuali. Il piccolo formato è dovuto alle ristrettezze economiche ma, secondo Za, è nella piccola dimensione che l’artista concentra il meglio della sua cifra stilistica. Zavattini commissiona ogni opera ma lascia libertà di scelta di materia, tecnica e soggetto.
Nel 1979 Zavattini vende, per ragioni economiche, questa “enciclopedia della pittura” che verrà smembrata. Oggi i due nuclei più importanti si trovano al Museo Magi ‘900 e alla Pinacoteca di Brera alla quale sono stati donati 152 quadretti, tutti autoritratti, dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia. ( Tratto da CesareZavattini.it )

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Libreria Aiace in via Ojetti 36 Montesacro Talenti – Roma

La libreria Aiace di via Ugo Ojetti 36, Roma, è un punto speciale per i lettori e le lettrici di Roma. Ci potete trovare saggi, romanzi, riviste, raccolte di poesie a prezzi incredibili, perché la caratteristica comune a tutti questi libri è che sono usati. Nessun imbarazzo, quindi: aprendo a caso una pagina o iniziando a divorare il testo non si ha la sensazione di profanare qualcosa di sacro che andrebbe conservato così com’è, bianco, immacolato e senza orecchie laterali. Qualcuno prima di voi ha già letto quel libro e lo ha già arricchito di quella patina antica che lo rende così prezioso.

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Libri per Persone Curiose – Proposte by Libreria Aiace Roma Montesacro

Valtellina

Arte Preistorica in Valtellina

Situato fra i comuni di Grosio e Grosotto, nella Media Valtellina, il Parco delle Incisioni Rupestri è la più importante testimonianza del passaggio delle antiche popolazioni in Valtellina. Sulle rocce del Parco sono incise oltre cinquemila figure, le più antiche risalenti alla fine del Neolitico, al quarto millennio Avanti Cristo! Scoperta nel 1966, la Rupe Magna risulta essere una delle più grandi rocce incise dell’arco alpino con oltre 5.000 raffigurazioni, databili tra la fine del Neolitico e l’età del Ferro (I millennio a.C.). Numerosi sono i temi raffigurati sulla Rupe Magna: dalle figure antropomorfe a quelle di animali, dalle figure geometriche alle coppelle, fino ad oggetti di vita quotidiana. Il simbolo indiscusso è l’incisione che rappresenta un uomo armato di uno scudo rotondo e di una spada o bastone.
Sulla sommità del colle che domina la Rupe Magna sorgono il castello di S. Faustino e il Castello Nuovo. Il primo, il più antico, ha tra i suoi elementi di spicco il campaniletto romanico, attiguo alla piccola cappella che conserva, al centro del presbiterio, due sepolcri medievali scavati nella roccia. Il Castello Nuovo, invece, è caratterizzato da una doppia cortina di mura e da una poderosa torre interna fortificata. ( Parco delle Incisioni )

 

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Le Notti di Chicago

Uno dei primissimi libri stranieri che Vittorini pubblicò ( 1954 ) nei Gettoni dell’Einaudi fu “Le notti di Chicago”, qui riproposto nella stessa traduzione. ll mondo di questi racconti è quello dei “losers”, i perdenti: puttane, vagabondi, giocatori d’azzardo, pugili di seconda categoria. ” I politici e gli intellettuali mi annoiano ” scrisse una volta Algren, ” mi sembrano irreali; la gente che frequento è quella che mi pare vera: puttane, drogati, ladri; sono gli unici rimasti con qualcosa da dire e nessuno a cui dirlo “.

Nelson Algren ( Detroit, 28 marzo 1909 – Long Island, 9 maggio 1981 ) è stato uno scrittore e poeta statunitense. Fu un narratore dello squallore dei bassifondi di Chicago abitati da pugili, giocatori d’azzardo, immigrati soprattutto messicani e polacchi. Si inserisce, assieme a James Thomas Farrell, Richard Wright e John Hersey nella corrente del Realismo americano iniziata da Theodore Dreiser.

 

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Volterra Magica e Misteriosa

L’avventura ha inizio all’indomani del Diluvio Universale e si svolge lungo un tragitto di quaranta secoli che si dirama in diecine di itinerari attraverso l’antico territorio volterrano, al confine fra storia e leggenda, fra sacro e profano, fra bene e male, in compagnia di dei e di ninfe, di papi e imperatori, di vescovi e tiranni, di artisti ed assassini, di ladri e di beati, di santi e di eroi, di umili e di potenti che completano il fascino di Volterra: dal genio dell’Ombra della Sera alla croce di Belforte, dalle formiche alate di San Michele alle streghe di Mandringa, dalla spada nella roccia al santo chiodo di Colle, dal drago di San Verano alla tunica della Madonna, dai proiettili del Duca di Urbino al nomignolo di Lorenzo dei Medici, dal cavallo di Neri Maltragi al fantasma di Michele Marullo, dal diavolo nelle Balze ai miracoli di Pio IX, dalle paure di Carlo Goldoni al debito di Gabriele d’Annunzio.
Con lo stile del giornalista, curioso ed attento,e con l’animo del poeta, sensibile e premuroso, Franco Porretti trasforma felicemente eventi nebulosi e lontani in palpitanti avvenimenti di cronaca, accompagnando il lettore in un mondo fantastico alla riscoperta di luoghi quasi dimenticati, di cose, fatti e personaggi imbiancati dalla polvere del tempo eppur sempre protagonisti della tradizione e dell’intramontabile mito di Volterra.
Quasi per assurdo, dunque, l’autore ripropone la leggenda come il modo più efficace per avvalorare la storia e come il mezzo più piacevole per far conoscere ed amare una città meravigliosa, ricca di fascino e di suggestioni: una città in cui la malìa del passato convive con la realtà del presente in un turbinio di immagini, di volti e di vicende che la rendono veramente magica e misteriosa. ( Ezio Biagi )

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Cosmogonie & Cosmologie

Cosmogonie e Cosmologie, nel gergo comune entrambe identificano la narrazione sull’universo, dalla parte scientifica si usa impropriamente il termine cosmogonia per individuare una teoria scientifica. I significanti attendono a due aree semantiche del tutto distinte:
a) Cosmogonia: la generazione del cosmo è un racconto mitologico, istituito da un “autoritas” che racconta come siamo stati creati e il perché dell’esistenza dell’uomo. La cosmogonia risponde alle domande: perché esiste l’uomo sulla terra, quale è il suo ruolo e il rapporto dell’uomo rispetto alal natura e agli dei.
b) Cosmologia: la parola logos, interna al termine, fa prevalere l’analisi della struttura del cosmo inteso come entità totale. ( Pietro Oliva )

Parmigianino disegnatore

Parmigianino fu un grande disegnatore, paragonabile ai più grandi maestri del Rinascimento. I suoi disegni sono spesso opere finite vere e proprie eseguite con abile estro e una felice vena creativa. Essi erano destinati ad essere venduti o regalati, e spesso facevano da fonte di ispirazione per pittori di minor inventiva. Oggi si conoscono circa mille fogli attribuibili all’artista, sparsi nelle maggiori collezioni mondiali. I soggetti spaziano dal sacro al mitologico, a volte di taglio dichiaratamente erotico, talvolta raffiguranti soggetti presi dal vero, come soleva fare Leonardo. La finitezza di molti fogli ne facilitava la traduzione in stampa attraverso l’incisione, tecnica per la quale si affidava a specialisti oppure anche in prima persona. Lavorò infatti prima su supporto ligneo ( xilografia ), passando poi alla più raffinata lastra di rame ( acquaforte ). Il pregio che tali sue opere avevano sul mercato è testimoniato anche da un incidente avvenuto a Bologna, quando il suo supposto amico Antonio da Trento lo derubò di disegni e lastre. Racconta Vasari che del ladro non seppe mai più niente, ma riuscì a riavere le lastre che erano state depositate in casa di un bolognese, mentre i disegni non furono più trovati. ( Wikipedia )

Garibaldi: l’Uomo il Comandante l’Eroe

Anche se Garibaldi non ricevette una formazione militare in senso stretto, le sue imprese sui campi di battaglia, nel ruolo di comandante, gli valsero la fama e il riconoscimento di compagni e avversari. Avvicinatosi alle idee di Mazzini, nel 1834 già si faceva notare come sovversivo, organizzando un ammutinamento, fallito, della flotta sarda su cui era imbarcato. Riparò allora in Sudamerica, e qui combatté in Uruguay, Argentina e Brasile. Qui conobbe Ana Maria – la celebre Anita –, la sfortunata compagna che, distrutta dalla fatica e al quinto mese di gravidanza, non riuscì a sopravvivere alla fuga successiva al crollo della Repubblica romana, nel 1849. La fama militare di Giuseppe Garibaldi, però, raggiunse l’apice grazie alla spedizione dei Mille, l’impresa quasi epica di un migliaio di volontari che, non privi di aiuti, riuscirono a rovesciare uno dei più potenti Stati del Mediterraneo, il Regno delle Due Sicilie. Consegnato il Sud a Vittorio Emanuele di Savoia, Garibaldi schierò le sue truppe – che, dai Mille iniziali, avevano ormai raggiunto le decine di migliaia di unità ( circa 50.000 ) – a Caserta, il 6 novembre del 1860, in attesa che il re le passasse in rassegna. Vittorio Emanuele II non venne: Garibaldi, il mazziniano che aveva accettato di servire la causa italiana pur tradendo l’ideale repubblicano, ne fu enormemente deluso.

Immagine 1 - G. GARIBALDI IL GOVERNO DEI PRETI ROMANZO STORICO KAOS ED. 2006, 11L21

 

 

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