Ideologie by Libreria Aiace Roma Montesacro

Lenin

Marx: Il Capitale

Il Capitale ( Das Kapital ) è l’opera maggiore di Karl Marx, considerata il testo-chiave del marxismo e una delle opere principali per la filosofia marxista. Il Libro I del Capitale fu pubblicato quando l’autore era ancora in vita ( l’11 settembre 1867 ), gli altri due uscirono postumi. Il Libro II ed il III uscirono a cura di Friedrich Engels rispettivamente nel 1885 e nel 1894, mentre il Libro IV venne pubblicato ( 1905-1910 ) da Karl Kautsky con il titolo di Teorie del plusvalore. Il Capitale non può essere considerato soltanto un trattato di economia in quanto – parlando del sistema economico – Marx espone anche le caratteristiche generali della società capitalistica e dei rapporti che ci sono tra i suoi componenti.  Alla base del Capitale c’è la tesi del materialismo storico, che si propone di spiegare attraverso la Dialettica, considerata come metodo, le condizioni e le caratteristiche della vita materiale attraverso le contraddizioni a cui danno luogo.  Secondo Marx inoltre le condizioni e le caratteristiche della vita materiale, incidono inevitabilmente sugli altri aspetti della vita sociale, in quanto esiste una struttura, che è costituita dall’economia, che determina varie sovrastrutture, che da questa dipendono. Marx analizza il sistema capitalistico per capire come questo sia nato, in modo particolare come si sia sviluppato e evidenzia le contraddizioni insite in questo modo di produzione. L’Autore è convinto che le caratteristiche delle diverse società storicamente esistite dipendano essenzialmente dai mezzi di produzione e dalle tecniche produttive utilizzati, nonché dei rapporti sociali di produzione. Per rapporti sociali di produzione si intendono i rapporti tra le varie classi che si fronteggiano nel processo produttivo. Per esempio il sistema schiavistico era basato sullo schiavo non libero e su un rapporto del tutto dispotico tra padrone e schiavo. La società feudale invece aveva sciolto questo vincolo ferreo, ma pur tuttavia le classi sfruttate erano tenute a effettuare prestazioni lavorative ( ad esempio le corvé ) per le classi dominanti in virtù di vincoli determinati da leggi, da regole religiose ecc. In sostanza neppure nel medioevo gli uomini erano tutti uguali di fronte alla legge. Con le rivoluzioni borghesi, invece, nelle società evolute si è affermato il modo di produzione capitalistico, in cui gli uomini sono tutti uguali davanti alla legge. Pur tuttavia i proletari sono costretti a lavorare per i proprietari dei mezzi di produzione a causa di una dipendenza che è tutta economica. Infatti la concentrazione della proprietà dei mezzi di produzione e dei mezzi di sussistenza dei lavoratori nelle mani di alcuni, costringe chi non ha niente a dover vendere le sue prestazioni lavorative per poter sopravvivere e mantenere la famiglia. ( Wikipedia )

 

Rinascita: la rivista fondata nel 1944 da Palmiro Togliatti

La rivista, che uscì a Salerno nel giugno del 1944, per trasferirsi a Roma nell’ottobre dello stesso anno, portava nel n.1 il titolo di testata “La Rinascita”. Per i primi decenni la periodicità della rivista fu mensile, fino alla primavera del 1962 quando si trasformò in settimanale. Fondata dal leader comunista Palmiro Togliatti si presenta come lo strumento per aprire la strada italiana al socialismo. Le linee del disegno togliattiano appaiono subito chiare dal “Programma” che esce sul primo numero: “Il nostro scopo principale è di fornire una guida ideologica a quel movimento comunista il quale, stretto alleato del movimento socialista, è parte integrante ed elemento dirigente del moto di rinnovamento profondo che sempre più tende oggi a manifestarsi e affermarsi in tutti i campi della vita del nostro paese (…) Le dottrine di Marx e di Engels, di Lenin e di Stalin, devono diventare nel nostro paese patrimonio sicuro dell’avanguardia proletaria e delle avanguardie intellettuali (…). Non siamo capaci di elevare barriere artificiose od ipocrite tra le sfere diverse dell’attività – economica, politica, intellettuale, – di una nazione. Non separiamo e non possiamo separare le idee dai fatti, il corso del pensiero dallo sviluppo dei rapporti di forza reali, la politica dall’economia, la cultura dalla politica, i singoli dalla società, l’arte dalla vita reale (…) E come la rinascita del movimento operaio è inizio e sarà nei suoi sviluppi fonte sicura di rinnovamento di tutto il paese, così la ripresa di un movimento di pensiero marxista non può non significare inizio di rinnovamento in tutti i campi dell’attività nostra intellettuale e culturale”. “Rinascita” ha rappresentato nel 1944, con la sua presenza costante nel dibattito politico-culturale italiano, lo strumento di elaborazione e diffusione della politica culturale del PCI. Fin dal primo numero apparve sulle pagine della rivista la pubblicazione delle Lettere dal carcere di Gramsci che continuò negli anni seguenti e comparvero i primi articoli di polemica della letteratura e cultura del ventennio fascista. Nell’agosto 1989 Rinascita sospese le pubblicazioni per riprenderle cinque mesi dopo ( gennaio 1990 ), sotto la direzione di Alberto Asor Rosa, con una nuova numerazione ed un nuovo formato, fino al 18 febbraio 1991 quando uscì in edicola il numero conclusivo di Rinascita. ( Wikipedia )

 

Marx: Storia delle Teorie Economiche

Karl Marx ( 1818-1883 ) rielaborò le tesi di Smith e di Ricardo, sostenendo che il valore di scambio delle merci dipende dal tempo di lavoro necessario alla loro produzione e che è merce anche la «forza lavoro», remunerata col salario. Il capitalista, secondo Marx, impiega «capitale costante» e «capitale variabile». Il primo è costituito dai mezzi di produzione (impianti, macchinari, materie prime ecc.) e si limita a trasferire il proprio valore nel prodotto finito; il secondo è costituito dal lavoro umano, che genera valore. Ma il lavoratore, secondo Marx, è occupato per un tempo di lavoro superiore a quello necessario per riprodurre il valore dei beni necessari alla sua sussistenza; il capitalista si appropria del tempo di lavoro eccedente, del «pluslavoro», da cui ricava un plusvalore che è all’origine del profitto. In ciò, secondo Marx, consiste lo sfruttamento dei lavoratori da parte dei capitalisti. Al tempo stesso, Marx sosteneva che i continui investimenti in capitale costante ( impianti e macchinari ), diminuendo la quota del lavoro sul capitale complessivamente impiegato, avrebbero determinato sia una sempre maggiore concentrazione industriale, sia una riduzione del capitale variabile, quindi della base stessa dei profitti. Da ciò dedusse una legge della «caduta tendenziale del saggio di profitto». La concentrazione industriale, inoltre, avrebbe favorito l’organizzazione dei lavoratori come classe, al punto da consentire loro di appropriarsi dei mezzi di produzione e di dar vita ad un nuovo sistema economico, il comunismo. ( Wikipedia )

 

Storia del Socialismo Britannico

Verso la fine dell’Ottocento, insieme alla Germania, l’Inghilterra era lo stato in cui gli scioperi dalla classe operaia erano più numerosi e partecipati. Per eliminare questa malattia
cronica ( l’espressione è di Élie Halévy ) non si fece ricorso alla violenza, ma a un altro strumento, tanto subdolo quanto efficace. Durante ogni loro protesta, infatti, inevitabilmente
gli operai finivano per violare una o più norme pubbliche; a partire dal 1895, una legge
approvata dal Parlamento impose che toccasse al sindacato pagare tutte le ammende e le
sanzioni pecuniarie imposte dalle autorità a seguito di tali infrazioni.
Temporaneamente bloccate da questo micidiale stratagemma, le agitazioni ripresero
vigore nel 1905 ( l’anno della prima rivoluzione russa ) e nel 1911, allorché gli scioperi
furono diretti e organizzati da Ben Tillett (1860-1943) e Tom Mann (1856-1941). Tali
scioperi rivoluzionari coinvolsero soprattutto gli operai dei trasporti e i ferrovieri; per la
prima volta, ci furono anche espliciti appelli all’uso della forza e della violenza da parte
di alcuni dirigenti sindacali britannici. La tempesta proseguì nel 1912 ( sciopero dei minatori ) e nei primi mesi del 1914: e mentre gli operai dei trasporti, i ferrovieri e i minatori ricevevano dai loro avversari il nomignolo dispregiativo di Triplice Alleanza Industriale, i sindacalisti più radicali sognavano addirittura lo sciopero generale rivoluzionario e il controllo diretto sulle imprese industriali da parte della classe operaia. La guerra pose fine a questa ondata di proteste guidate da estremisti, che resta
comunque decisamente anomala. In effetti, anche in questo momento di tensione sociale
particolarmente acuta, i rivoluzionari veri erano un’infima minoranza. Persino tra coloro
che aveva aderito agli scioperi, la maggioranza non inseguiva utopie messianiche d’alcun
genere: semplicemente, si era convinta che la determinazione a non cedere, da parte dei
capitalisti, esigesse una forma di lotta eccezionalmente dura, che non poteva escludere a
priori la violenza. ( Sei Editrice )

 

 

Libreria Aiace in via Ojetti 36 Montesacro Talenti – Roma

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