Aggiornamento in Reumatologia: Dolore al ginocchio nei pazienti con osteoartrosi e sovrappeso o obesità
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Lupus eritematoso sistemico
L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’efficacia e la sicurezza di Upadacitinib ( Rinvoq ), un inibitore della Janus chinasi ( JAK ), nei pazienti con spondilite anchilosante attiva ( A …
Rinvoq ( Upadacitinib ) è stato approvato dalla Commissione Europea per il trattamento della spondiloartrite assiale non-radiografica ( nr-axSpA ) attiva negli adulti la cui risposta ai FANS risul …
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Lo studio SELECT-AXIS 2 nr-axSpA ha dimostrato la capacità di Upadacitinib di migliorare in modo significativo l’attività di malattia, il dolore, la funzione e la qualità di vita dei pazienti con spondiloartrite assiale non-radiografica ( nr-axSpA ) rispetto al placebo, dimostrando un favorevole profilo di sicurezza.
La Commissione Europea ha approvato Upadacitinib ( 15 mg, una volta al giorno ), una terapia orale per il trattamento della spondiloartrite assiale non-radiografica, nei pazienti adulti con segni oggettivi di infiammazione, come indicato dall’innalzamento dei livelli della proteina C-reattiva e/o dalla risonanza magnetica per immagini ( MRI ), con risposta non-soddisfacente ai farmaci antinfiammatori non-steroidei ( FANS ).
Upadacitinib ha inoltre ricevuto un’estensione d’uso nell’Unione Europea per l’indicazione già approvata della spondiloartrite assiale radiografica ( spondilite anchilosante ), al fine di includere dati su pazienti con spondiloartrite assiale radiografica attiva che hanno presentato una risposta inadeguata ai farmaci biologici antireumatici modificanti la malattia ( bDMARD ), sulla base dei risultati dello studio clinico di fase 3 SELECT-AXIS 2 AS bDMARD-inadequate response.
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Upadacitinib ( Rinvoq ) è un inibitore selettivo della Janus chinasi ( JAK ) per via orale per il trattamento dell’artrite reumatoide. L’efficacia e la sicurezza di Upadacitinib rispetto ad Abatacep …
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Il fattore stimolante le colonie di granulociti-macrofagi ( GM-CSF ) è un mediatore chiave di segni e sintomi nei modelli preclinici di artrosi. Sono state esaminate l’efficacia, la sicurezza e la …
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Il 27.9% dei regimi immunomodulatori o immunosoppressivi è stato modificato nel periodo della vaccinazione COVID-19, con i pazienti responsabili della maggior parte delle modifiche.
A causa dei timori sulla alterazione immunitaria e sull’immunosoppressione, i pazienti con malattie reumatiche sistemiche potrebbero modificare i propri farmaci al momento della vaccinazione COVID-19 per ottimizzare la loro risposta immunitaria e mitigare gli effetti collaterali del vaccino.
Per esaminare i cambiamenti del trattamento al momento della vaccinazione COVID-19 tra i pazienti con malattia reumatica, Barbhaiya e colleghi del Hospital for Special Surgery di New York ( USA ) hanno inviato tramite e-mail un questionario a 7.505 persone che erano state visitate almeno una volta in un grande Centro di reumatologia a New York tra il 1 aprile 2018 , e il 21 aprile 2020.
L’indagine ha raccolto dati sui farmaci immunomodulatori e immunosoppressivi durante la vaccinazione COVID-19, comprese le informazioni sul fatto che le dosi fossero state assunte prima del previsto, ritardate o saltate del tutto. Agli intervistati è stato anche chiesto chi avesse avviato il cambiamento: un reumatologo, un altro medico o loro stessi.
Tra i 2.753 individui che hanno risposto al sondaggio a marzo, un totale di 1.852 ha riferito di aver ricevuto almeno una dose di vaccino e ha fornito risposte complete alle domande sulla modifica del farmaco, e sono stati quindi inclusi nell’analisi corrente.
Secondo i ricercatori, al momento della prima dose di vaccino c’erano 1.373 segnalazioni di uso di immunomodulatori o corticosteroidi.
Prima della prima dose di vaccino, è stato modificato il 15.7% dei programmi di trattamento. Tra questi, 41 ( 19.1% ) farmaci sono stati assunti prima del previsto mentre 174 ( 80.9% ) sono stati ritardati o saltati.
I farmaci, coinvolti nel cambiamento, includevano: farmaci biologici, farmaci antireumatici modificanti la malattia sintetici convenzionali( csDMARD ), Idrossiclorochina, corticosteroidi e piccole molecole.
Tra queste categorie, le più comuni alterazioni hanno riguardato gli inibitori del TNF ( 22.8% ) e il Metotrexato ( 26.5% ) e avevano maggiori probabilità di essere ritardati o saltati intorno alla vaccinazione COVID-19, piuttosto che presi in anticipo. Pazienti e medici erano ugualmente responsabili delle modifiche alla prima dose di vaccino.
Alla seconda dose, il 27.9% di 899 regimi di trattamento è stato alterato. Tra queste modifiche ai farmaci, il 41.8% è stato ritardato o saltato tra la prima e la seconda dose di vaccino, il 16.3% è stato assunto prima del previsto e il 41.8% è stato ritardato o saltato dopo la seconda dose di vaccino. Gli inibitori del TNF hanno rappresentato il 16.3% delle alterazioni mentre il Metotrexato ha rappresentato il 33.5% delle variazioni intorno alla seconda dose di vaccino.
I pazienti erano responsabili del 49.4% delle modifiche alla seconda dose, rispetto al 46.2% raccomandato da un reumatologo e al 4.4% da un altro medico. Tra i farmaci immunosoppressivi o immunomodulatori assunti prima della seconda dose di vaccino, il 73.2% è stato iniziato dai pazienti. Nel frattempo, i reumatologi erano responsabili del 52.4% dei trattamenti ritardati o saltati dopo la seconda dose di vaccino.
Fonte: The Lancet Rheumatology, 2021
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Lo scopo dello studio è stato quello di determinare se l’inizio della terapia con glucocorticoidi nei pazienti naive ( mai trattati ) agli steroidi con artrite reumatoide aumentasse il rischio di eventi cardiovascolari ( CVE ) in modo dose- e durata-dipendente nel breve periodo.
Sono stati analizzati i dati del Registro CorEvitas ( ex Corrona ) RA. I ricercatori hanno raccolto dati tra il 1° ottobre 2001 e il 31 marzo 2018, identificando 48.535 adulti arruolati.
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Nello studio clinico completato ( A3921133 ) su pazienti affetti da artrite reumatoide di età pari o superiore a 50 anni con almeno un fattore di rischio cardiovascolare aggiuntivo è stata osservata un’aumentata incidenza di infarto miocardico con Tofacitinib ( Xeljanz ) rispetto ai pazienti trattati con un inibitore del TNF-alfa.
Lo studio ha rilevato con Tofacitinib rispetto ai pazienti trattati con un inibitore del TNF-alfa anche un’aumentata incidenza di neoplasie maligne ( escluso il cancro della pelle non-melanoma ), e in particolare cancro al polmone e linfoma.
Tofacitinib deve essere usato solo se non sono disponibili alternative terapeutiche adeguate in pazienti di età superiore a 65 anni, in pazienti fumatori o ex-fumatori, pazienti con altri fattori di rischio cardiovascolare e pazienti con altri fattori di rischio di malignità.
I medici prescrittori devono discutere con i pazienti i rischi associati all’uso di Xeljanz, inclusi infarto miocardico, cancro al polmone e linfoma.
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WARNING FDA: più alta incidenza di reazioni avverse cardiovascolari maggiori ( soprattutto, infarto miocardico ) e di cancro ( soprattutto, tumore al polmone ) con Xeljanz ( Tofacitinib ) versus inibitori del TNF nell’artrite reumatoide
L’obiettivo principale dello studio era valutare la sicurezza di Tofacitinib ( Xeljanz ) a due dosi ( 5 mg due volte al giorno e 10 mg due volte al giorno ) rispetto a un inibitore del TNF ( TNFi ) in pazienti con artrite reumatoide di età pari o superiore a 50 anni che avevano almeno un fattore di rischio cardiovascolare aggiuntivo. ( Fonte: Pfizer, Link: https://lnkd.in/dz9BxJ8 )
Versione in italiano: https://reumatologia.net/articolo/i-risultati-degli-endpoint-co-primari-dello-studio-post-marketing-sulla-sicurezza-di-xeljanz-in-pazienti-con-artrite-reumatoide
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