Inginocchiarsi per un delinquente: la resa della civiltà

Ave Socii

Spesso i gesti simbolici valgono più di mille parole. In questi giorni, tutto il mondo è attraversato da proteste e manifestazioni contro il razzismo. E, soprattutto, il mondo sembra unirsi in un unico gesto: quello di inginocchiarsi nel ricordo di un uomo inerme, ucciso per mano di un poliziotto. Che l’evento sia accaduto negli Stati Uniti, patria dei diritti e delle libertà, fa certamente riflettere. Che quell’uomo sia un nero rende ancora più simbolico il gesto di inginocchiarsi (non certo per la stupidità dei “razzisti”, semmai per la propaganda degli “antirazzisti”). Ma che quell’uomo abbia molteplici precedenti penali, se permettete, fa riflettere ancor di più.

Un tempo ci si inginocchiava dinanzi a Dio, a un sovrano, a un signore… Ben poche erano le categorie di soggetti dinanzi ai quali era chiesto di inginocchiarsi. E, soprattutto, erano categorie di soggetti rappresentanti un qualche potere, terreno o ultraterreno che fosse. Poteri espressione di un ordine sociale verso cui i popoli erano chiamati a rispodere, dunque a tendere. Beh, oggi ci rendiamo conto (ma forse non è una novità) che valori sociali e poteri tradizionali sono stati sovvertiti. Se un tempo ci si inginocchiava dinanzi alla legge e all’ordine, oggi ci si inginocchia dinanzi all’eversione.

Che il Presidente Trump abbia arginato, nonostante COVID-19, la crescita della disoccupazione negli Stati Uniti passa in secondo piano, dinanzi a maree umane inginocchiate nel ricordo di un pluripregiudicato afroamericano. E poco importa se, durante queste manifestazioni, si verificano assembramenti, scontri e tafferugli: sono manifestazioni “per i diritti”, quindi provengono dai “buoni” della società. Poco importa se il mondo è dilaniato dal coronavirus e dalla crisi economica: l’importante è inginocchiarsi per un delinquente. Poco importa se in Italia la crisi morde più che in altri Paesi: l’importante è inginocchiarsi per un delinquente.

Soprattutto nelle società progredite, è diffusa l’idea che ogni persona abbia diritto a sempre nuove possibilità. Stranamente, l’idea che arrivati a un certo punto dare nuove possibilità sia inutile sembra stridere col concetto di “libertà” che tanto ci piace sbandierare. E allora, nell’immaginazione, diventa tutto possibile. Come in un romanzo moralista, il nemico deve diventare per forza amico. Non esistono più differenze e culture diverse, tutti si amano senza alcun pregiudizio. Buono e cattivo si confondono, con buona pace della giustizia, delle fondamenta del diritto e della stessa civiltà.

Mai come oggi il buonismo è l’oppio dei popoli. Ma dopo lo sballo, bisogna fare i conti con la realtà. Se gli immigrati commettono, in proporzione, più reati dei cittadini autoctoni, forse un problema di culture e di radici esiste. Forse chi è forzosamente trapiantato in altre culture ha maggiori probabilità di “reagire male”, dinanzi alla cultura che dovrebbe accoglierlo. Pur di non farci un bel bagno di realtà e ammettere che la totale integrazione è solo un bel sogno, preferiamo farci di buonismo e sognare un mondo senza differenze e divisioni. Oggi l’oppio che offusca il mondo si chiama “mettersi in ginocchio”. Attendiamo solo che il suo effetto finisca…

Vostro affezionatissimo PennaNera

Colonizzazione cinese in Europa, ai tempi del COVID-19

Ave Socii

Dopo esser stati considerati “appestati” dall’Europa e dal resto del mondo per giorni, noi italiani cominciamo ad essere “in buona compagnia”. Il coronavirus si è diffuso praticamente in ogni continente. Tanto che l’Oms ha decretato lo stato di pandemia.

La Cina, intanto, inizia a sperimentare i frutti delle sue misure draconiane. E addirittura invia negli altri Paesi personale medico e presidi sanitari. L’Italia, ovviamente, non può non approfittare degli aiuti del Celeste Impero. Le circostanze ci spingerebbero ad esclamare a gran voce “Grazie Cina!”… E i ringraziamenti sarebbero pure opportuni, ma questo non deve farci dimenticare i silenzi che il regime comunista cinese ha perpetrato per settimane. Se non avesse taciuto, probabilmente ora il coronavirus non si sarebbe diffuso in questa misura.

Qualcuno accusa la Cina di essere stata troppo imprudente… In tal caso, gli aiuti dati al resto del mondo sarebbero un modo per farsi perdonare. E il “Grazie Cina!” ci starebbe pure. Proviamo invece a ragionare in senso opposto… E se la Cina avesse previsto tutto? E se la Cina avesse diffuso intenzionalmente il virus, così da creare una pandemia tale da mettere in ginocchio l’economia mondiale? Certo a caro prezzo, perché la stessa economia cinese non ne è stata certo immune… Intanto però quell’economia si sta riprendendo, mentre il resto del mondo è nel bel mezzo dell’emergenza.

Se la Cina abbia agito in maniera imprudente o intenzionale, saranno le sue prossime mosse a chiarircelo. Intanto questa sua propensione verso l’Italia dovrebbe farci drizzare le antenne. Allo scoppio dell’epidemia del COVID-19 in Oriente, fummo noi i primi a chiudere i voli diretti dalla Cina. Perché ora i cinesi aiutano proprio noi per primi? Per semplice spirito di solidarietà? Perché proprio noi, che siamo stati i primi a “tagliare i ponti” con la Cina?

Ragionando in maniera un po’ più sistemica, dobbiamo ricordarci che ci troviamo nel bel mezzo di una guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti. La Cina ha affrontato un periodo duro dal punto di vista economico, per via dei dazi di Trump alle sue esportazioni. Questo ha necessariamente ridotto i commerci del mondo con il Paese del Sol Levante. In tal senso, gli aiuti al resto del mondo potrebbero essere uno strumento per “riallacciare” i rapporti (anche commerciali) con gli altri Stati.

A voler essere ancora più “duri”, l’atteggiamento proattivo della Cina potrebbe prefigurare una politica aggressiva in ambito commerciale. Verso quei Paesi, in particolare, maggiormente in difficoltà e magari con problemi economici strutturali. E l’Italia, purtroppo per noi, ne rappresenta un prototipo perfetto. Il coronavirus inevitabilmente spazzerà via moltissime imprese. Magari queste imprese rinasceranno, è vero, ma forse saranno di proprietà cinese e non più italiana.

Quella della Cina, a questo punto, potrebbe esser vista come una vera e propria colonizzazione ai danni dell’Europa. E dell’Italia in particolare. Mancanza di sovranità nazionale, mancanza di ideali comuni, mani legate in termini di politiche monetarie per i singoli Paesi… L’assetto dell’Unione Europea sembra fatto apposta per consentire alle potenze straniere di colonizzarci. Mantenere una politica monetaria a livello nazionale, invece, impedirebbe ad esempio allo spread di toccare livelli esorbitanti e alla Borsa di perdere quanto ha perso negli ultimi giorni.

Se tutto questo ragionamento fosse vero, la Cina sarebbe dunque solo all’inizio di un inesorabile processo di colonizzazione. E, con ogni probabilità, la nostra Italia sarebbe la prima nazione a soccombere a questa colonizzazione. Da Stato libero, ci troveremo ad essere la provincia di una dittatura. D’altronde non era questo il progetto dei Cinque Stelle, quello di trasformarci in colonia dell’impero cinese della cui bandiera, fra l’altro, portano pure le stelle?

Vostro affezionatissimo PennaNera

Cina, un impero dai piedi d’argilla

Ave Socii

La storia del Celeste Impero è stata per lungo tempo una storia di successi. Dal punto di vista sia politico che economico. Impresa ardua coniugare una dittatura comunista con l’economia di mercato e l’apertura al mondo. Eppure la Cina è riuscita in quest’impresa. E già qualcuno la ipotizzava come valida alternativa al modello propugnato dall’Occidente, Stati Uniti in testa. Cina: da Paese in via di sviluppo a una delle economie più sviluppate a livello mondiale, seconda solo a quella statunitense. Poi è arrivato il coronavirus… E di colpo la Cina ha incominciato a mostrare tutte le sue fragilità.

La causa maggiore di queste fragilità è da riscontrare senza dubbio nel sistema politico cinese. Notoriamente un regime comunista, come del resto ogni regime, non lascia spazio ad un’informazione imparziale e accessibile… A non essere ostacolate sono solo le informazioni che non impensieriscono il regime. Ogni possibilità di dissenso è soppressa. Questo metodo, tuttavia, funziona solo finché le cose vanno bene. Tenere nascosto il rischio di contagio, invece, si è rivelato fallimentare per l’impero del Sol Levante.

Nessuno può dubitare che, nei giorni successivi, la Cina si sia comunque mossa per evitare ulteriori complicazioni. Costruire due ospedali in appena dieci giorni o poco più, non è certo un risultato di poco conto. Magari succedesse anche da noi… Eppure la Cina non può fare a meno di chiedere aiuti anche altrove. All’Europa, ad esempio. E di attaccare quelli che sembrano remarle conto. Come gli Stati Uniti, rei di aver alimentato solo paura nei suoi confronti. E’ evidente come le storiche rivalità tra Stati Uniti e Cina si riverberino pure in questa fase delicata.

C’è chi arriva a definire “razzismo” questa smodata paura per il contagio. C’è chi non perde occasione per trasformare una questione sanitaria in una questione sociale. Ma la gente, sia chiaro, non ha paura dei Cinesi, bensì del virus. Anche noi crediamo che questa paura sia più che legittima. Non c’è e non ci deve essere un problema di razzismo, perché non c’entra assolutamente nulla. I cittadini vogliono semplicemente che gli Stati nazionali li difendano, per quanto loro possibile, dal rischio di diffusione del contagio. Che poi il virus provenga proprio dalla Cina non è certo colpa dei Cinesi… E’ semmai responsabilità di chi li governa. Una società ingabbiata da un regime dittatoriale così oppressivo sentirà ben presto la necessità di liberarsi. Speriamo che anche i potenti del Celeste Impero lo comprendano presto. E che questa difficoltà si trasformi in una vera opportunità di cambiamento.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Venti di guerra ad inizio anni Venti

Ave Socii

Il decennio appena iniziato si è aperto sotto i peggiori auspici. Il Medio Oriente è in subbuglio, il mondo islamico in fermento, l’Occidente in confusione. L’ultima azione militare di Trump ha letteralmente spaccato l’opinione pubblica. Perfino negli Stati Uniti qualcuno è convinto che si sia gettata una dinamite in una polveriera. Soffiano venti di guerra minacciosi. Guerra in ambito non solo militare, ma anche economico. E’ incominciata la corsa ai beni rifugio e il petrolio ricomincia a salire velocemente di prezzo. I segnali di insicurezza sono più che evidenti.

In tutto questo, Italia ed Europa sono costrette a tentennare. A barcamenarsi da una parte e dall’altra. A dire che l’unico modo per risolvere le questioni è la diplomazia. A non assumere una posizione chiara e definita. Forse non per colpa loro. Questioni tanto delicate non si possono liquidare con semplici atteggiamenti di assenso o dissenso. La politica estera è complessa, costruita su molteplici rapporti di interdipendenza. Italia ed Europa non possono assumere posizioni nette, perché dipendono da altri Paesi. Nel settore energetico, ad esempio. Gli Stati Uniti possono permettersi di assumere le posizioni che vogliono: tanto dispongono a sufficienza di qualsiasi tipo di risorsa di cui necessitano. Noi no. Siamo certamente contenti che Trump abbia eliminato dei pericolosi terroristi islamici. Ben vengano ulteriori misure di questo genere. Ora però domandiamoci: quanto sarà feroce la vendetta islamica verso l’Occidente?

Esistono dei periodi storici in cui conviene essere aperti al resto del mondo. Esistono altri periodi storici in cui conviene, invece, difendere la propria sovranità. Crediamo che ora il sovranismo sia preferibile all’apertura incondizionata e all’abbattimento dei muri. Il modello di società aperta, nonostante qualche momento di tensione, ha funzionato piuttosto bene finora. Ma da un po’ di tempo a questa parte hanno iniziato a soffiare venti impetuosi, dinanzi ai quali non eravamo preparati. Due fra tutti: l’immigrazione di massa e il terrorismo islamico. Una volta per tutte, è necessario ribadire con forza che l’apertura non è sempre il bene assoluto e la chiusura non è sempre il male assoluto. Se l’identità nazionale è minacciata, è opportuno trovare soluzioni che la preservino dagli attacchi provenienti da certe culture aggressive.

Il mondo non può esistere senza le identità nazionali. Non può esistere un’unica “identità nazionale umana”. La cultura non è solo ciò che accomuna gli uomini, ma pure ciò che li differenzia. Per natura gli uomini aiutano i loro amici, ma combattono i loro nemici. Negare che esistano culture fra loro nemiche vuol dire fare il gioco delle culture più aggressive. E costringere le altre a soccombere. Noi non ci stiamo. Noi crediamo che una qualsiasi cultura abbia il sacrosanto diritto di difendersi, ogniqualvolta contro di essa spirino venti impetuosi in grado di minacciarne l’esistenza.

Ma difendersi non vuol dire solo annientare i nemici più pericolosi o chiudere i porti agli immigrati irregolari. Esiste un ambito che talvolta passa sotto traccia, ma che spesso sta alla base di molte condotte umane: quello economico. Il comportamento economico si fonda, in soldoni, sui bisogni degli uomini. Se gli uomini non avessero bisogni, non esisterebbero comportamenti economici. Più soggetti bisognosi generano rapporti economici, che nel lungo termine divengono vere e proprie interdipendenze. Ma l’interdipendenza dovrebbe fondarsi su un sostanziale equilibrio fra i bisogni dei soggetti. Al sopraggiungere di determinate circostanze, può subentrare uno sbilanciamento che inevitabilmente favorisce un soggetto a scapito dell’altro.

Come dicevamo, a livello energetico noi dipendiamo in larga misura da diversi Paesi. Alcuni di questi sono proprio in territorio islamico. Se la vendetta di questi Paesi dovesse colpire l’Europa e l’Italia, probabilmente il settore energetico ne sarebbe pesantemente influenzato. Forse è soprattutto per questo che non possiamo assumere una posizione chiara: per non rischiare di rimanere “a secco”. Ai petrolieri fa comodo così. Perché, tuttavia, dobbiamo essere condannati a dipendere da Paesi tanto instabili? Non sarebbe meglio promuovere una sorta di autarchia energetica, magari impiegando termovalorizzatori ed energia nucleare? Il messaggio sta lentamente incominciando a passare, per esempio attraverso l’economia circolare. Purtroppo ancora attendiamo che si realizzi in concreto.

Forse promuovere la sovranità e l’autarchia è solo uno slogan vuoto. Forse sono davvero troppi gli interessi che si andrebbero a smuovere e colpire. Forse nessuno vuole rinunciare a questi interessi. Forse dobbiamo subire passivamente i venti scatenati da altri, per timore di affrontarli. Noi vogliamo credere che non sia così. E vogliamo credere che un giorno l’Italia sarà in grado di risollevare la testa e competere orgogliosamente per la vetta del mondo.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Tasse basse = lotta all’evasione + lotta alla corruzione

Ave Socii

Lo sappiamo fin troppo bene: siamo uno dei Paesi con la più elevata pressione fiscale al mondo. Sappiamo anche che le tasse dovrebbero servire per pagare i servizi offerti dallo Stato. E’ allora ragionevole aspettarsi, in uno Stato dove si tassano anche le ombre, un livello di servizi pubblici almeno decente. Nonostante ciò, molti di questi servizi languono. Ma di essi il cittadino ha pur sempre bisogno. Poi non lamentiamoci se, per ottenerli, qualcuno ricorre anche a pratiche non proprio “cristalline”. E non lamentiamoci se, di conseguenza, gli unici a fare affari nel nostro Paese sono quelli che sguazzano nell’illegalità.

Forse bisognerebbe semplificare il nostro apparato burocratico e fiscale. Complicare le cose non garantisce sempre i migliori risultati contro l’illegalità e la corruzione. Ridurre le tasse potrebbe portare un po’ di respiro al sistema. Ed applicare un’unica aliquota, forse, semplificherebbe non poco la vita a famiglie e imprese. Secondo noi, tassa piatta e lotta alla corruzione viaggiano sullo stesso binario. Se la criminalità continua ad avvolgerci coi suoi tentacoli, forse il “merito” è pure dell’elevato livello di tasse che bisogna pagare. E che molti magari non pagano neppure, privando lo Stato di importanti risorse. Bisognerebbe attuare un vero e proprio “shock fiscale”, come ha fatto Trump negli Stati Uniti. Nello stesso tempo, ridurre il numero di aliquote porterebbe ad una semplificazione dell’intero sistema. Semplificazione massima, nel caso l’aliquota fosse unica.

Secondo alcuni, il modello della “flat tax” contrasterebbe con la Costituzione in quanto non informato a “criteri di proporzionalità”. Noi, tuttavia, non vediamo tutta questa incompatibilità con i dettami della Carta. Prevedere una “no tax area” (in pratica, aliquota 0%) per i redditi più bassi e uno scaglione unico (20% ad esempio) per tutti gli altri, non è forse un caso particolare di tassazione informata a criteri di proporzionalità? Se così non va bene, si potrebbe perlomeno ridurre il numero di scaglioni di reddito. E, contemporaneamente, mantenere una “no tax area” comunque meno ampia rispetto agli altri scaglioni. In questo modo si disincentiverebbero persone e imprese a dichiarare redditi minori, o addirittura inferiori al minimo tassabile.

La lotta all’evasione, fra l’altro, oltre che incentivando famiglie e imprese a pagare, si attua anche disincentivandole a non pagare. Ad esempio, tramite un inasprimento delle pene per evasori ed elusori. Così ognuno, facendosi due conti, in generale sarebbe portato a pagare il dovuto senza nascondere nulla al fisco. Gran parte del nero e del sommerso emergerebbe, colpendo più o meno indirettamente anche chi si arricchisce con gli affari illeciti. Forse colpirebbe perfino la criminalità organizzata. E lo Stato diventerebbe più forte, avendo più risorse a disposizione per implementare maggiori servizi ai cittadini e di miglior qualità. Guardate gli Stati Uniti di Trump… Ci hanno forse rimesso qualcosa dalla riduzione fiscale? L’economia americana non è mai andata così bene negli ultimi 50 anni… Questi sono i fatti. Il resto è chiacchiera.

Diminuendo le tasse e consentendo a tutti di pagare in base alla propria capacità contributiva, forse si ridurrebbero anche i casi di corruzione. In quanto sarebbe più facile ottenere legalmente quello che oggi alcuni cercano di ottenere illegalmente, sotto banco, corrompendo. Mantenendo tasse elevate, infatti, lo Stato riceve meno risorse di quelle che pensa di ricevere. E offre meno servizi di quelli che pensa di offrire. E dove non arriva lo Stato, arriva l’illegalità. L’illegalità conquista aree sempre più vaste, poiché lo Stato riesce a tutelarle sempre meno. E la criminalità organizzata continua ad arricchirsi, a fronte di uno Stato sempre più povero e debole. Per questo diminuire le tasse e semplificare il sistema della tassazione sarebbe un bene. E sarebbe un bene per tutti.

La riforma fiscale proposta dalla Lega (o meglio, da tutto il centrodestra) dovrebbe essere presa in considerazione da ciascun esponente dell’arco parlamentare. Significherebbe non solo dare respiro alla nostra economia, ma anche mandare un segnale forte contro la criminalità organizzata. Lo Stato dovrebbe essere l’unico a realizzare servizi pubblici. Ricorrere a pratiche illegali, o persino criminali, non dovrebbe essere la norma. Chi ricorre a tali pratiche dovrebbe essere punito con la massima severità. Ma ciò può esser fatto solo da uno Stato forte, cioè in grado di incentivare al massimo i suoi cittadini alla legalità. E la legalità si raggiunge anche attraverso un’ottimizzazione del sistema fiscale. Non in modo meramente moralistico, ma con provvedimenti reali e concreti. Non incrementando le tasse fingendo di sperare che tutti le paghino, piuttosto incentivando tutti a pagare anche riducendo le tasse. Perché i servizi e i diritti valgono per tutti i cittadini. E costano.

Da molte parti, proprio nei confronti della Lega, piovono critiche per presunti contatti con alcuni esponenti legati alla criminalità. In realtà più dal Pd che dai Cinque Stelle, ultimamente: forse i pentastellati, soprattutto dopo le ultime elezioni, hanno capito che maneggiare la spada dell’onestà non è poi così agevole. Specie se prima appoggi la candidatura al Ministero dell’Economia di un soggetto che ha patteggiato una condanna per bancarotta… E dopo, in campagna elettorale, fai lo scandalizzato perché proprio su di lui sono uscite delle intercettazioni “compromettenti”. Specie se poi nelle tue stesse fila risultano persone indagate per reati vari. Ovviamente anche il Pd dovrebbe pensare ai suoi indagati. A quelli legati alle vicende della Sanità in Umbria, per esempio… A quelli coinvolti nel “caso magistratura”… Certi ancora insistono a ricordare i 50 milioni di fondi non rimborsati dalla Lega… Però dei vecchi 150 milioni del Pd non parla più nessuno!

Strano che, soprattutto da sinistra, la “flat tax” sia osteggiata perché “fa pagare meno ai ricchi e più ai poveri”… Quando ultimamente, in Italia, proprio i governi di sinistra hanno favorito i ceti medio-alti più di quanto abbiano favorito quelli bassi. Ridurre le tasse, in questo momento, vorrebbe dire promuovere anche un minimo di giustizia sociale. Soprattutto a favore dei più bisognosi. Il marcio sta dappertutto, non esiste un partito dell’onestà e mai esisterà. Le politiche a favore dei poveri invece… quelle sì che ci aspetteremmo di trovarle da una certa parte! Storicamente la sinistra nasce come espressione dei bisogni delle classi meno agiate. Da tempo, tuttavia, pare che abbia preso l’abitudine di strizzare l’occhio al grande capitale. Poi non stupiamoci se oggi i grandi centri e i “quartieri bene” votano a sinistra, mentre le periferie votano a destra.

Quando votavano a sinistra, i ceti bassi erano considerati “poveri”. Ora che invece votano a destra, li si considera “primitivi” perché voltano le spalle al “progresso”. Ma i loro voti di certo non puzzano. E per riconquistarli si è disposti perfino a cambiare di nuovo maschera. Dicendo, ad esempio, che la tassa piatta favorirà i più ricchi… Son tutti bravi a pontificare, finché si sta all’opposizione del sistema!

Vostro affezionatissimo PennaNera

 

America first! Quanto può insegnarci la “dottrina Trump”?

Ave Socii

La maggior parte degli opinionisti affermava che l’America sarebbe andata a picco, se solo il magnate Donald Trump si fosse azzardato a metter piede alla Casa Bianca. Ora, a quasi tre anni dalla sua elezione a Presidente, l’economia degli Stati Uniti è ancora in corsa e la disoccupazione quasi nulla. Una bella e sostanziale differenza, rispetto alle catastrofiche previsioni degli opinionisti. Il segreto del successo di Trump? A nostro parere, la riscoperta del sovranismo americano.

“America first”. Questo è lo slogan che ha accompagnato tutte le principali misure adottate dall’amministrazione Trump. Forse era necessario che qualcuno risvegliasse il sovranismo americano, dopo la grande crisi del 2008. In linea generale chiudersi al mondo non è buono, ma farlo ogni tanto è tollerabile e persino auspicabile. In campo economico, ad esempio. “America first”, prima i prodotti americani. Prima i lavoratori americani. Prima le aziende americane.

Imporre dazi non è certo positivo, in un mercato globalizzato come quello in cui viviamo. Tuttavia nel breve termine può essere una strategia vincente. Specie se la bilancia commerciale pende ingiustificatamente a favore di certi Paesi. Imporre dazi alla Cina, scatenando guerre commerciali con chi vorrebbe imporci il consumo di beni taroccati e senza tutele, assume perfino un’aura di positività. Anche solo per cercare di ottenere condizioni migliori dal rapporto commerciale. Magari potessimo averlo noi, un potere contrattuale tanto influente!

L’America impone dazi alla Cina… E noi che facciamo? Stipuliamo accordi con la Cina. Eppure dovremmo sapere di che pasta sono fatti. Che magari fra “Made in Italy” e “Made in China” c’è un po’ di differenza. Pensiamo veramente di aver fatto una grande cosa, accordandoci con la Cina? Forse questa moderna “via della seta” sarà invece la “via della sottomissione” al gigante asiatico. Certi accordi dovrebbero essere attuati solo in una cornice europea. Sempre che l’Europa abbia interesse a tutelare il “Made in Italy”.

E’ naturale che prodotti maggiormente controllati siano acquistati a prezzi più alti. Questo li espone al rischio di concorrenza sleale da parte di prodotti a basso costo ma privi di ogni controllo. E i prodotti cinesi non sono certo rinomati per essere quelli di migliore qualità in circolazione. Identico ragionamento per i lavoratori. Forse ci sono italiani che lasciano volentieri i lavori più umili agli stranieri. Ma non è detto che sia sempre così. Spesso gli italiani sono costretti a lasciare il posto agli stranieri, perché impiegare lavoratori stranieri è più conveniente. Imporre dei dazi, a livello europeo, su prodotti e manodopera in concorrenza sleale non significa prevaricazione. Significa semplicemente ristabilire un equilibrio commerciale che allo stato attuale manca. Come Italia, purtroppo, non possiamo fare granché in questo senso. Ma i Cinque Stelle non lo sapevano?

Accordarsi con la Cina significa assumersi il rischio di subire l’invasione di prodotti e manodopera privi di tutele. I bassi costi di produzione sostenuti dalle imprese cinesi, a lungo termine, relegheranno le imprese italiane sempre più ai margini del mercato. Il rischio è quello di impoverire il mercato dei beni e il mercato del lavoro italiani. La complessiva perdita di valore del “sistema Italia”, infine, consentirà agli stranieri di “comprarci” a prezzi per loro sempre più convenienti. In parte sta già avvenendo da tempo, ma attraverso la nuova “via della seta” non è da escludere che l’invasione dello straniero accelererà il passo. D’altronde non possiamo che aspettarci questo, da un movimento vassallo della Cina e prostrato alla sua bandiera a cinque stelle.

L’America sovranista di Trump intende bloccare anche altri tipi di invasione, oltre quella economica della Cina. Prima fra tutte, quella dei migranti dal Messico. La costruzione del muro va ovviamente in questa direzione. Ma l’idea del muro, ricordiamolo, venne inizialmente caldeggiata da Clinton… Il quale non è certamente un repubblicano, meno che mai di idee trumpiane. E’ bene che soprattutto i democratici se lo ricordino. E con loro tutti i fascio-buonisti che si professano “dalla parte dei deboli”. Se il Messico è crocevia di immigrazione incontrollata e narcotrafficanti latinoamericani, è sacrosanto che gli Stati Uniti si difendano. Anche per l’Europa dovrebbe essere così. Trump ha persino evocato la pena di morte per gli spacciatori… Pensate che affronto, per i poveri fascio-buonisti!

Se esistono dei deboli da tutelare, crediamo siano le vittime e non i criminali. In questo senso, l’America è molto più avanti dell’Europa. Il diritto alla legittima difesa è scolpito perfino nella Costituzione degli Stati Uniti. Le critiche alla diffusione delle armi sono altrettanto legittime, per carità. Purché non si facciano passare le vittime per carnefici e i carnefici per vittime. Chi si difende non è mai da considerare carnefice. Mai. E invece si inventano mille questioni morali.

Da noi si approva un testo sulla legittima difesa e subito i fascio-buonisti evocano il “far west”… Fino a prova contraria, la legittima difesa vale all’interno della proprietà. Nessun privato cittadino sarà mai legittimato a camminare per strada con una pistola in tasca. La legge non incita a sparare per strada, come forse qualcuno vorrebbe insinuare. A dirla tutta, la legge non incita nemmeno a sparare dentro casa. Un individuo, nella sua proprietà, dovrebbe essere libero di difendersi come vuole. Anche un coltello da cucina può costituire un’arma. Allora cosa dovremmo fare, per evitare il “far west”? Evitare l’acquisto di coltelli da cucina?

Dovremmo imparare molto dalla dottrina di Trump. Come Italia ma, soprattutto, a livello di Europa. Perfino in tema di ambiente, sul quale forse il Presidente assume le posizioni più controverse e meno condivisibili. Il successo dei Verdi alle recenti elezioni europee indica che Trump ha ancora molto da insegnarci. Se per tutelare l’ambiente bisogna bloccare l’economia, allora certamente non abbiamo capito nulla. Dietro ad ogni bella idea, in realtà, c’è sempre l’interesse di qualche particolare gruppo di influenza. La difesa dell’ambiente, talvolta, può anche costituire il tramite per la difesa dei privilegi dei soliti. Potrebbe sembrare strano… Ma un vero sviluppo sostenibile dovrebbe essere implementato nell’interesse di tutti. Non nell’interesse dei signori del petrolio.

Vostro affezionatissimo PennaNera