40) Massoneria a Bologna

40) Un occhio attento può scoprire una ricca simbologia massonica nell’urbanistica e nell’architettura del centro città, perfino all’interno della basilica di San Petronio o sul fronte del monumento a Ugo Bassi, lungo la via Emilia. Alla loggia Rizzoli, approvata dal Grande Oriente d’Italia nel 1881e attiva per pochi anni, appartennero Quirico Filopanti, Aurelio Saffi, il rettore Magni, il sindaco Gaetano Tacconi, Giosuè Carducci e Giovanni Pascoli, poi affiliato alla loggia Propaganda, alla cui iniziazione il 22/4/1882 partecipò Carducci stesso, amico e collega di laurea e di poesia, uno dei più prestigiosi massoni dell’epoca come Garibaldi, di cui il Pascoli era ammiratore. Anche il forlivese Aurelio Saffi, docente universitario a Bologna dal 1877, fu legato alla massoneria. Il politico imolese Andrea Costa, iniziato in massoneria a Roma nel 1883, ricoprì la carica di Grande Maestro Aggiunto del Grande Oriente d’Italia e raggiunse i vertici del Rito scozzese antico e accettato. Sembra appartenesse alla massoneria anche il barnabita centese Ugo Bassi, fucilato a Bologna senza processo la sera del 7/8/1848 e traslato dagli austriaci nel cimitero della Certosa, anche se qualche storico ne dubita. Il politico e sindacalista Giuseppe Massarenti, originario di Molinella, il 17/3/1911 fu iniziato in massoneria nella Loggia Otto agosto di Bologna, di cui divenne Maestro massone. Non ha mai negato l’affiliazione alla massoneria Fabio Roversi Monaco, per 15 anni Magnifico Rettore dell’ateneo bolognese, presidente della fondazione Carisbo, dell’ente Fiera e titolare di numerosi altri incarichi. Ha aderito alla Loggia bolognese Zamboni-De Rolandis, appartenente al Grande Oriente d’Italia, costituita da eminenti professori universitari tra cui Mario Zanetti, direttore dell’ospedale Sant’Orsola e dell’agenzia sanitaria regionale per quasi un ventennio. La massoneria compare ripetutamente anche nei fascicoli processuali della strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna in cui morirono 85 persone e oltre 200 rimasero ferite. Numerosi iscritti alla P2 risultano coinvolti in vario modo nelle indagini, a partire dal gran maestro Licio Gelli, condannato in via definitiva con sentenza della Cassazione del 23/11/1995 per depistaggio delle indagini.

39) Pasolini a Bologna

39) Una targa in via Borgonuovo ricorda che anche il friulano Pier Paolo Pasolini (come la romagnola Raffaella Carrà) è nato a Bologna. Una delle vie più importanti di Bologna, che dalle torri porta nel cuore della cittadellla universitaria, è dedicata a un giovanissimo martire partigiano quindicenne. Una targa in piazza del Nettuno lo ricorda. Come si collegano le due targhe? Anteo Zamboni nasce a Bologna da una famiglia di tipografi, dissero di simpatie anarchiche. Si disse anche che il padre aderì poi al fascismo per sopravvivere. Il pomeriggio del 31 ottobre 1926 Mussolini è a Bologna per inaugurare lo stadio “Littoriale”. Mentre rientra alla stazione su un’automobile dall’angolo spunta Anteo, con una pistola in mano. Cerca di avvicinarsi più che può. Spara un colpo. Un maresciallo dei carabinieri presente gli colpisce il braccio all’ultimo istante. Il proiettile sfiora il duce e si infila nella portiera. Per pochi centimetri non va a segno. Anteo tenta la fuga, ma viene bloccato da un militare. Subito due squadristi si impadroniscono del giovane. Sputi, insulti, botte, quattordici coltellate. Un colpo di pistola. Anteo Zamboni muore così, con il rammarico di non aver sparato un attimo prima. La repressione si aggrava. Vengono dichiarati decaduti i deputati non fascisti. Si ripristina la pena di morte e il confino per i dissidenti. Il militare che lo aveva preso in consegna e lo lasciò al linciaggio degli squadristi era Carlo Alberto Pasolini, padre di Pier Paolo.

38) La mortadella di Bologna

38) La mortadella ha origini antichissime, essendo menzionata da Varrone nel II secolo a.C. e  da Plinio il vecchio nel I secolo a.C. Il suo nome deriva o dal mirto, pianta aromatica che veniva anticamente utilizzata al posto del pepe dai latini per creare il “farcimen myrtatum”, antenato di questo insaccato o dal metodo di preparazione con il mortaio, come mostra una stele funeraria del I secolo. Nasce sicuramente a Bologna (non a caso nel nord Italia è chimata “la bologna”), dove il Cardinale Girolamo Farnese intorno al 1660 emana l’editto che ne disciplina la produzione. La corporazione (arte) dei Salaroli è severa custode della ricetta per secoli, fino a che Vincenzo Fanaro rende pubblica la ricetta autentica nel 1667. Presto si diffondono prodotti contraffatti a Roma e in Toscana, ben lontane dall’eguagliare l’originale. Nel XI secolo famosi pittori immortalano l’insaccato in celebri nature morte. Secondo l’antica tradizione contadina la conservazione avviene in vasi di ceramica riempiti di strutto fuso. La zona di produzione è oggi estesa, oltre che in tutta l’Emilia Romagna, al Piemonte, alla Lombardia, al Veneto, alla Toscana, al Lazio e alle Marche, anche se il cuore della degustazione è storicamente identificato nel quadrilatero tra le vie Orefici-Caprarie, Pescherie vecchie, Clavature e Drapperie. Al centro del quadrilatero della mortadella c’è il vicolo Ranocchi, con la storica osteria del Sole, attiva da 500 anni, in cui chi vuol mangiare è autorizzato a portarsi il cibo perché il gestore Luciano serve solo ed esclusivamente ottimo vino.

37) Cinema e teatri a Bologna

37) Non sono un grande frequentatore di cinema e teatri. Anche Bologna, ai grandi cinema multisala (Espace di viale Europa e al centro commerciale Meridiana di Casalecchio) preferisco i piccoli vecchi cinema di nicchia, di solito adiacenti alle parrocchie, che offrono proposte più culturali, come il Galliera sotto la chiesa del Sacro Cuore (dietro la stazione), il Nuovo Nosadella nel quartiere Porto, il centralissimo Jolly tra le vie Marconi e San Felice, il Tivoli presso la parrocchia di Santa Rita in fondo a via Massarenti, il Fossolo, presso il centro commerciale Fossolo 2 in via Lincoln e il cinema-teatro Dehon, sotto la chiesa di Santa Maria del Suffragio, in via Libia, di fianco alla ferrovia per Porto Maggiore. Tra i teatri, il teatro Duse, nel cuore del centro storico in via Cartoleria, è considerato tradizionalmente il teatro di Bologna per eccellenza. L’Europauditorium di piazza della Costituzione, sotto le torri delle fiere, è il più grande d’Europa. Molto suggestivo è l’Arena del Sole in via Indipendenza. Singolare è il teatro Celebrazioni, adiacente alla casa di riposo per artisti drammatici italiani Lyda Borelli, accanto al bel parco di villa delle Rose, subito all’interno dell’arco del Meloncello provenendo da porta Saragozza.

36) Pillole di storia di Bologna

36) La nascita del Comune di Bologna si fa risalire al 1116, quando già da qualche decennio era stata costruita la seconda cerchia di mura, quella intermedia, detta dei torresotti (porte a torre). Con la legge del 1257 chiamata Liber Paradisus il comune di Bologna liberò i 5.855 servi della città e delle campagne dai loro 379 padroni (tutti elencati, servi e padroni) con motivazioni ideali ed umanitarie, pagando ai proprietari 8 lire per ogni minorenne e 10 lire per ogni maggiorenne. Nel 750° anniversario, l’Archivio di Stato di Bologna ha prodotto un’edizione digitale. In realtà la motivazione fu anche economica: i servi non pagavano tasse, gli uomini liberi sì. Per cui molti servi rimasero vincolati ai loro padroni per poter pagare le tasse. Bologna appartenne allo Stato Pontificio dal 1540 – quando papa Paolo III scorporò la provincia di Bologna da Ravenna e ne fece un’autonoma Legazione pontificia – fino al 19 giugno 1796 – quando l’invasione napoleonica del nord Italia sottrasse la diocesi alla Santa Sede con la fuga a Roma del vescovo e l’inglobamento nella Repubblica Cispadana e dal 29 giugno 1797 nella Repubblica Cisalpina. Durante la seconda guerra mondiale Bologna venne a trovarsi subito a nord della linea gotica, la linea difensiva approntata dai tedeschi dal Lazio alla Romagna che divideva in due l’Italia e fu teatro di violentissimi scontri e feroci rappresaglie. Ne son testimoni il grande sacrario polacco che si trova lungo la via Emilia all’ingresso occidentale di San Lazzaro di Savena e il più grande cimitero tedesco in Italia che si trova lungo la vecchia Flaminia militare, nel percorso appenninico chiamato Via degli Dei. Bologna viene poi ricordata per la svolta della Bolognina, la fine del Partito Comunista Italiano, decretata dal direttivo del segretario del PCI Achille Occhetto il 12 novembre 1989 in via Pellegrino Tibaldi 17, in un locale oggi occupato da una concessionaria di automobili. La città rimase comunque sede della festa nazionale dell’Unità, poi della festa Democratica, che si tiene ogni anno al parco nord, spostata improvvidamente nei palazzi delle fiere solo nel 2018.

35) Gli etruschi a Bologna

35) La storia di Bologna ha inizio dagli etruschi, che la chiamarono Félsina, prima di essere ribattezzata Bononia dai romani. La città viene fondata infatti durante l’età del ferro (tra il 900 e il 700 a.c.) da un ceppo proto-etrusco. Ne sono la prova i reperti ritrovati nel corso di scavi archeologici condotti dallo studioso Giovanni Gozzadini a Villanova di Castenaso (periferia est di Bologna) fra il 1853 e il 1855, che portarono alla luce una necropoli di oltre 350 tombe, sepolture sia per incenerimento, sia per inumazione. Da qui il nome di civiltà Villanoviana. Le ricerche archeologiche proseguirono inizialmente con A. Zannoni ed E. Brizio e consentirono di recuperare molte migliaia di oggetti catalogati con criteri strettamente scientifici e di inaugurare nel 1881 il Museo Civico Archeologico, che presenta il materiale in maniera didattica nelle sale e costituisce un modello per altri musei italiani. La collaborazione del museo ha permesso nel 2004 di creare nell’area cortilizia di via Bentivogli 9, nel quartiere Cirenaica, adiacente alla nota via Paolo Fabbri di gucciniana memoria, una interessantissima esposizione di reperti etruschi, ben conservata ed aperta gratuitamente al pubblico. Proprio qui infatti nel 1913, nel corso di interventi di riqualificazione edilizia popolare, erano stati rinvenuti i reperti ora esposti. Altri scavi archeologici sono stati condotti a Casalecchio di Reno (periferia ovest del capoluogo emiliano) in via Brigata Bolero,  come ricorda un cartellone piantato nella zona. Nel corso di scavi nel Podere Tesorella infatti, lo studioso Raymond Bloch trovò importanti tracce di un abitato etrusco, a conferma delle scoperte ottocentesche dell’ing. A. Zannoni. Questo conferma anche Casalecchio come importante nodo di comunicazione delle civiltà preistoriche, come ribadito da scavi successivi dell’Ecole Francaise e della Soprintendenza regionale.

34) Hotel fantasma e caserma abbandonata

34) Girando per Bologna e paesi limitrofi capita di imbattersi in ghost hotel, alberghi fantasma che probabilmente hanno visto momenti di gloria, o almeno di clientela in relax, ma che ora sono solo desolanti e sinistri edifici abbandonati. Il più centrale è l’ex albergo con ristorante “La luna nel pozzo”, in fondo a via Lenin, al penultimo semaforo quasi sotto la ferrovia. La suggestione che crea questo casolare dalla struttura antica e circondato da un bel parco è armoniosa e ogni volta riporta un velo di tristezza. Dalle uniche voci reperite sembra sia stato abbandonato dal proprietario in crisi finanziaria per debiti di gioco. Diversa è la vicenda del “King Rose”, un albergo tre stelle sulla strada che conduce a Granarolo, all’ingresso del paese subito dopo il grande centro commerciale, confiscato a un defunto proconsole della ‘ndrangheta in Emilia una decina di anni fa, gli eredi hanno rinunciato all’eredità per non accollarsi gli ingenti debiti accumulati, gli enti locali non hanno intenzione di accollarsi una zavorra simile e nessun privato ha presentato offerte nell’asta che è stata bandita. Non ho notizie sull’ “Hotel Rally”, un albergo molto grazioso chiuso definitivamente, come recita il suo sito web, e in stato di abbandono, situato sulla sinistra arrivando da Bologna a Castel Maggiore, entrando in paese. Tra le strutture fantasma, merita una menzione la caserma dismessa di via Due Madonne, un triste rudere di cui la natura si sta di nuovo impadronendo.

33) Vie bolognesi dai nomi strani

33) Non poteva mancare un accenno alle vie dai nomi strani, che anche a Bologna non potevano mancare. Prima di addentrarci, è interessante vedere come alcune vie che penseremmo di trovare più facilmente vicino al mare o a corsi navigabili fanno riferimento all’antica vocazione ai trasporti via fiume: via del Porto, via Navile, via Riva di Reno. La maggior parte delle vie dai nomi singolari è in posizione centrale o comunque dentro le mura. Uno storico kebab si trova in via Centotrecento, che deriva da “cento trasende”, cioè cento paratie per regolare il flusso degli scarichi. Tra via D’Azeglio, vicino alla Casa di Lucio Dalla, e piazza Galileo si trova via Battibecco, così chiamata non perché vi nascevano alterchi, ma perché era molto stretta ed era facile battere il becco. La stessa origine aveva via Fregatette, traversa di via Nosadella (dove abitò Pasolini bambino) che ora si chiama via del Fossato. Fregatette non per motivi osé, ma perché stretta e curva, cosicché era facile che le carrozze sfregassero contro le tettoie. Singolare e senza spiegazione è la via Senzanome, traversa di via Saragozza che anticamente si chiamava col nome ancora più strano di Sozzonome. Via Battindarno, nei pressi di via Emilia Ponente, in cui abitava l’omonima famiglia, deve il suo nome ai detriti portati dal fiume, che rendevano poco fertile il terreno (battere indarno, ossia invano). Via Broccaindosso, che collega Strada Maggiore e via San Vitale subito all’interno delle porte, ha origine anch’essa dalla famiglia che ci viveva, evidentemente poco amichevole, visto il significato del latino bronchaleum, un pugnale che si nascondeva nella manica. Introvabile è l’origine della periferica via Due Madonne, al confine con San Lazzaro di Savena, ma è presumibile che vi si trovassero due edicole votive. Via Malpertuso, che collega i viali a sud con via Saragozza, in origine era una stretta via in cui si apriva una posterla. Quindi il significato sarebbe solo di difficoltoso pertugio. Molte vie sono dedicate ai nomi di battaglia dei comandanti partigiani. Una di queste è via Berretta rossa, traversa di via Emilia ponente nei pressi dell’ospedale Maggiore. La via che si trova sul retro di palazzo Accursio, girando da via Ugo Bassi, era chiamata via Fieno e paglia, perché vi si trovavano le bilance per la pesa di questi prodotti. Via Belmeloro, circondata dalle facoltà universitarie, deriva da un bell’alloro in un cortile, mentre via Azzoguidi, nei pressi dell’ospedale Sant’Orsola-Malpighi, non è un’imprecazione tra autisti, ma deriva dal cognome di un’antica famiglia.  Una menzione merita infine il quartiere ovest che riunisce con originalità via Azzurra, via Smeraldo, via Turchese e via Verde, riassunte tutte nella caratteristica cornice della multietnica Piazza dei Colori, all’estremo confine orientale  Castenaso.

32) Bologna in cronaca nera

32) Bologna nella storia recente, ossia dal secolo scorso, è stata colpita da disgrazie che hanno lasciato ferite indelebili nel cuore della città. La più pesante è la strage che la mattina del 2 agosto 1980, alle 10,25, uccise 85 persone ferendone gravemente più di 200, a causa di un attentato in cui una valigia carica di esplosivo fu lasciata nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione centrale. Accertato che si tratta di un attentato dell’estrema destra, sono ancora oscuri i mandanti. La strage segue a 6 anni esatti di distanza l’attentato della notte fra il 3 e il 4 agosto 1974, in cui un ordigno fu fatto esplodere sul treno Italicus mentre percorreva la galleria di San Benedetto Val di Sambro, sull’Appennino bolognese. 12 furono i morti, alcuni arsi vivi, e 48 i feriti. Il timer era programmato per detonare al centro della galleria, provocando più vittime, ma a causa di un’accelerazione del treno per recuperare il ritardo l’esplosione si verificò a 50 metri dall’uscita. Anche qui la matrice è neofascista. Ancora più agghiacciante è l’interminabile serie di delitti della banda della Uno bianca, capeggiata dai fratelli Savi, di cui due poliziotti e uno non ammesso in polizia per un difetto di vista, che tra il 1987 e il ’94 uccise 24 persone e ne ferì 102 in 103 azioni criminali, compiute con una ferocia e una potenza di armi da fuoco incredibili. Tra i più efferati delitti compiuti a Bologna dalla banda viene ricordata la strage del quartiere Pilastro, in cui raffiche di mitra sterminarono tre carabinieri che seguivano l’auto dopo una rapina. Stupisce la sicurezza con cui i criminali agivano, a viso scoperto, usando sempre lo stesso mezzo e freddando ogni testimone involontario, con la possibilità di sapere sempre in anticipo in quale direzione si svolgevano le indagini. La metà del XX secolo aveva fatto scalpore l’uccisione del giovanissimo Anteo Zamboni, che a 15 anni voleva attentare al Duce in visita a Bologna, bloccato dal padre di Pier Paolo Pasolini, tenente di fanteria. La cronaca recente ha toccato anche il circondario. E’ il 2017 quando le campagne del nordest della provincia sono terrorizzate dal killer di Budrio, Igor il russo, al secolo Norbert Feher, che uccide un barista il 1° aprile e una guardia giurata l’8 dandosi alla macchia, prima di venir catturato in Spagna a dicembre. A sudovest è invece Casalecchio di Reno a essere coinvolta in un grave lutto il 6 dicembre 1980 quando un aereo in avaria e senza pilota (il tenente aveva attivato l’espulsione automatica) si schiantò contro l’istituto scolastico Salvemini causando la morte di 12 persone, quasi tutti studenti della 2^ A, e il ferimento di 88. Il processo si concluse senza nessuna responsabilità. Triste e insoluta è la vicenda di Gianfranco Tonello, vincitore dello Zecchino d’oro nel 1963, che a soli 33 anni, divenuto allevatore di cani e rimasto sempre amico di Mariele Ventre, venne ucciso con un colpo sparato al volto a Luminasio presso Marzabotto. Il cadavere fu trovato nella sua auto incendiata.

31) Film e telefilm ambientati a Bologna

31) Come le maggiori città d’arte, anche Bologna ha dato le sue location a numerosi film e telefilm, nonostante qualche default, come aver negato la disponibilità per girare le scene di Bar Sport, di Stefano Benni, che pertanto ha dovuto traslocare a Sant’Agata Bolognese, a nordovest del capoluogo. Gli adolescenti nati intorno all’80 ricordano con nostalgia le pedalate sui colli bolognesi del film Jack Frusciante è uscito dal gruppo, del 1996, tratto dal romanzo di Enrico Brizzi che lanciò il giovanissimo Stefano Accorsi. Il bolognese Pupi Avati non poteva evitare di ambientare un suo film famoso a Bologna, anche se bisogna aspettare il 2008 per vedere la città nel film Il papà di Giovanna, per cui Silvio Orlando fu premiato col leone d’oro al festival di Venezia. Pochi sanno che il friulano Pier Paolo Pasolini nacque a Bologna, in via Borgonovo 4 (e pochi sanno che il padre, tenente di fanteria, fece arrestare e assassinare un giovanissimo eroe della Resistenza, appena 15enne). A Bologna Pasolini dedicò un cammeo rappresentando la scenografica piazza di Santa Maria dei Servi, con il suo colonnato e il portico più largo di Bologna, nel film Edipo re del 1967. Carlo Lucarelli, parmigiano di nascita, non ha mai nascosto la sua simpatia per Bologna, ma per ora il suo romanzo Almost blue, del 1997, ambientato tra i portici, non è stato trasposto in un film. Telefilm invece in cui traspare tutto l’amore dei Manetti Brothers per la città, che la mostrano in lungo e in largo, sono gli episodi dell’Ispettore Coliandro, che ha l’abitazione (ben visibile e riconoscibile per i fan di passaggio) esattamente all’incrocio tra via Massarenti e via Donatello, va a fare spesa esattamente dal fruttivendolo che chiama Sandokan (la bottega esiste veramente, proprio sul crocevia tra via Massarenti e via del Parco) e va a lavorare nel commissariato di piazza Malpighi (dove in verità hanno sede gli uffici dell’Intendenza di Finanza).