23 Marzo 1980: calciatori con la palla al piede (ma non di cuoio)

 

Quarant’anni fa.

Il 23 marzo 1980 il calcio mostrò uno dei suoi lati nascosti, o meglio che forse fino ad allora era riuscito a nascondere abbastanza. Un lato che non gli faceva certo onore, fatto di intrighi, di marciume, di comportamenti da far rivoltare nella tomba il barone De Coubertin.

Da sempre i tifosi si esaltano, soffrono, gioiscono e incitano i loro idoli, in tv o allo stadio. Quel giorno si scoprì che, per quanto riguardava alcune partite di Serie A e di Serie B, avrebbero tranquillamente potuto farne a meno. Come mai? Semplice: d’accordo con scommettitori clandestini del Totonero, alcuni calciatori le avevano truccate prima ancora di scendere in campo.

Il 23 marzo 1980 fece sgomento vedere alcuni divi della pedata nostrani venire condotti in galera. Lasciò  esterrefatti vedere Bruno Giordano, che l’anno prima aveva vinto la classifica dei cannonieri e che ormai stava entrando nel giro della Nazionale, finire in manette per aver truccato delle partite. Fece scalpore vedere arrestato Ricky Albertosi, autentico “mostro sacro”, colui che circa dieci anni prima difese la porta della Nazionale nella più emozionante partita della storia, quell’Italia-Germania 4-3 che dopo cinquant’anni fa ancora battere il cuore quando (come l’altra sera) viene ritrasmessa in tv.

Si è detto e scritto tanto in questi anni, a proposito di questa faccenda.

Tutto cominciò quando due scommettitori clandestini romani, Alvaro Trinca e Massimo Cruciani, denunciarono (autodenunciandosi) dei calciatori di Serie A e Serie B, rei di aver truccato insieme a loro alcune partite al fine di vincere al Totonero, ovvero le scommesse clandestine (allora non erano legali) sul calcio. I due scommettitori lamentarono inoltre che alcuni calciatori, sebbene fossero stati da loro corrotti e avessero accettato da loro denaro, non mantennero i patti e causarono loro consistenti perdite economiche. Per questa ragione Cruciani e Trinca si rivolsero alla Magistratura, la quale dopo aver accertato che i fatti descritti dai due scommettitori erano ricchi di fondamento, decise i clamorosi arresti.

Tutti ovviamente si chiesero perché calciatori superpagati si fossero venduti e si fossero prestati ad una simile truffa.

Come abbiamo scritto, si è detto tanto su questa vicenda, ma vi sono ancora oggi interrogativi che non hanno avuto risposta. Come mai?

Perché, ad esempio, se la partita Avellino-Perugia fu truccata, l’unico calciatore avellinese squalificato fu Stefano Pellegrini?

E’ vero che furono trovati assegni di Cruciani a favore suo e della moglie, ma come poteva aver truccato, Pellegrini, quella partita da solo, senza almeno l’approvazione di qualche suo compagno? Soprattutto come poteva Pellegrini aver truccato da solo quella partita, quando non la giocò neppure, perché infortunato?

Paolo Rossi, che successivamente al 23 marzo 1980 fu raggiunto anch’egli da comunicazione giudiziaria, venne squalificato per due anni. Non si è mai avuta prova che il suddetto abbia incassato una lira (a differenza di altri calciatori, cui furono trovati assegni e denaro). Giorgio Morini, il calciatore del Milan che consegnò 20 milioni (da parte del suo Presidente Felice Colombo) a Cruciani al fine di recapitarli ai calciatori laziali affinché  perdessero contro i rossoneri (quindi con responsabilità più precise e più gravi) venne condannato solo ad un anno e tre mesi. Anche qui: perché? Il discorso non quadra naturalmente.

Ma soprattutto: come mai, alcuni calciatori avevano stretto accordi con Trinca e Cruciani per concordare dei risultati e poi non hanno tenuto fede alla parola data? Perché? Cosa li spinse a non mantenere i patti? Dubitiamo una crisi di coscienza, perché se così fosse, non avrebbero accettato immediatamente le proposte (e in alcuni casi il denaro anticipato) dei due “truffatori-truffati”. Mai nessuno si è degnato di indagare a tal proposito e a questo punto crediamo che mai nessuno lo farà. Peccato. Sarebbe stato bello saperlo.