C’era una volta Rai Sport…

Noi siamo cresciuti con Paolo Valenti. Era tifoso della Fiorentina, ma l’abbiamo scoperto solo il giorno in cui purtroppo ci lasciò.

Gianfranco De Laurentiis era juventino, ma nessuno se n’è mai accorto.

Non abbiamo neppure mai saputo che Bruno Pizzul tifasse Toro, l’abbiamo scoperto quando è andato in pensione.

Purtroppo durante questi Europei  è stato impietosamente confermato  quanto si sia abbassato il livello dell’informazione sportiva nella Tv di Stato.

Oggi abbiamo Enrico Varriale vice-direttore di Rai Sport, che praticamente fa il tifoso da curva.

Meglio di niente l’altro ieri si è dimostrato compiaciuto della sconfitta del Portogallo contro il Belgio ed è arrivato a definire quello di Ronaldo “Annus Horribilis”. Quaranta goal segnati in stagione, superati diversi record, due trofei vinti: “Annus Horriblis”? Perché è saltato in barriera contro il Porto e non ha rivinto l’Europeo (che nessuno pronosticava avrebbe rivinto)? Solo perché gioca nella Juve, squadra che a Varriale è risaputo non essere simpatica? Ma si può?

Oggi inoltre abbiamo Paola Ferrari che non azzecca un nome di un calciatore straniero neanche per sbaglio e in più (volendo emulare Sharon Stone in Basic Instinct) mostra la bignola in prima serata, scambiando una trasmissione sportiva per un programma erotico.

Ecco perché, tanto per dirne una, nell’intervallo delle partite e al loro termine,  giriamo subito canale giacché preferiamo guardare i simpatici commentatori di 7Gold piuttosto che restare sintonizzati sulla RAI (e non pensiamo di essere gli unici a farlo).

Preferiamo di gran lunga Tiziano Crudeli, che è milanista, ma obiettivo e non sparerebbe mai una vaccata come quella sparata da Varriale solo per il gusto di dar contro ad una rivale.

Noi, ribadiamo: siamo cresciuti con Paolo Valenti, Gianfranco De Laurentiis, Nando Martellini, Alfredo Pigna, Sandro Ciotti. Almeno in questo, ci riteniamo fortunati.

La Final Four di Coppa Italia da zero a dieci

Dallo scorso week-end è tornato il calcio giocato. Non ci si poteva attendere calcio-champagne, visto il lungo stop, ma si è giocato di nuovo e questo ci rende contenti.

A questo proposito, pubblichiamo i nostri voti, proprio come facciamo per le giornate di campionato, su questa particolare “Final Four” di Coppa Italia.

Il Napoli (6 contro l’Inter, 8 contro la Juve), ha vinto la Coppa Italia e l’ha vinta con merito. Conte (6, media di un 8 per come ha presentato la squadra dopo mesi di forzata inattività e la dichiarazione che commenteremo adesso, da 4) naturalmente ha subito fatto il giargianese dicendo che doveva passare l’Inter, dimenticandosi di una partita d’andata persa meritatamente, ma non sarebbe lui, sarebbe la buonanima di Liedholm se facesse il contrario.  Onore dunque agli azzurri e a Ringhio Gattuso (10), perché ha dimostrato il suo valore. Bravissimo tatticamente nelle due partite giocate, specialmente del fottersene delle mode e di ritornare alla cara e vecchia marcatura a uomo, come quella in pratica riservata da Koulibaly (9 sia con l’Inter che con la Juve, è di nuovo lui) a Lukaku (5), arginando l’unico pericolo interista, giacché Lautaro (4) si marcava da solo. Se il Napoli ha alzato la Coppa Italia è comunque anche merito di Ospina, bravissimo a livello psicologico. Dopo l’errore sul goal, sarebbe potuto andare in tilt, invece si è riscattato alla grande meritando un 8.

Gattuso ha alzato la Coppa mentre la dirigenza del Milan (2 per la lungimiranza) lo guardava in tv, dopo averlo esonerato per cercare di fare un salto di qualità (per la serie Paolo Fox al confronto è Nostradamus). La partita con la Juve, con una squadra con molte assenze, fa poco testo, a parte Repic (inclassificabile)  che forse ha visto troppi film di Bruce Lee.

La Juve era la grande favorita. In due partite zero goal, occasioni create pochissime (il rigore col Milan è un’ingenuità di Conti), ha pagato la scarsa condizione atletica di Ronaldo (ci spiace, ma è 5), la fumosità di Douglas Costa (5) e un centrocampo in cui, a parte Bentancur (6, media tra il 7 col Milan e il 5 col Napoli), si fa fatica a creare gioco. Sono mesi che ci aspettiamo una verticalizzazione da Pjanic (4), inoltre i ricambi non si stanno rivelando determinanti: la mezz’oretta di Rabiot contro il Milan (3)  è stata roba da dissenteria. L’unica nota postiva è un De Ligt sempre più sicuro di sé (7), un buon segnale per il futuro.

Sarri, infine. C’era molta attesa. Doveva essere la sua partita ieri, è diventato il suo processo. Certo la delusione per lui sarà tanta, però onestamente: dopo 90 giorni di stop non ci si poteva attendere calcio-bailado, ma una squadra che creasse un minimo di pericoli agli avversari sì. Tutta colpa sua? Naturalmente no, noi un minimo di cultura sportiva ce l’abbiamo, sappiamo distinguere un allenatore da un giocatore della Playstation e sappiamo che il calcio è uno sport di squadra. Dunque il concetto che se si vince i giocatori sono dei fenomeni e se si perde l’allenatore è un asino, lo lasciamo volentieri esprimere agli altri. A lui diamo 5, come a tutta la Juventus intesa come squadra, giacché rifiutiamo di credere che, negli spogliatoi, prima della partita il buon Maurizio abbia detto ai calciatori di entrare in campo e di essere lenti e prevedibili.

Concludiamo con gli ultimi voti.

Un bel 3 alla RAI perché i replay si fanno vedere a gioco fermo, non a partita in corso, privandoci di potenziali altre azioni, lo sa pure un bambino dell’asilo, quindi tanta coreografia non serve a nulla se non ci fate vedere la partita in diretta.

Infine abbiamo un dubbio su Sergio Sylvestre. Non sappiamo se ha fatto l’imitazione di Enrico Pallazzo (chi ha visto il film Una Pallottola Spuntata sa di cosa parliamo), per la quale meriterebbe 9, o se (come probabile) non ha studiato, motivo per il quale meriterebbe 4.

Quando c’era lui…

nando

Quando iniziammo a seguire il calcio, all’inizio degli anni ottanta, le partite di cartello andavano quasi tutte in onda sulla RAI. Vi erano vari telecronisti all’epoca, ma il principale, il “Re”, era senza dubbio Nando Martellini. Mediaset (allora Fininvest) non potendo trasmettere in diretta, trasmetteva pochi incontri di calcio e a commentare essi vi era Giuseppe Albertini, storico telecronista della TV Svizzera, competente, che aveva la peculiarità di pronunciare correttamente tutti i nomi dei calciatori stranieri. Erano due “signori della telecronaca”, la facevano bene, senza bisogno di inviati a bordo campo (ad Albertini fu successivamente affiancato, quando smise la carriera di calciatore, Roberto Bettega, la cui competenza era fuori discussione), senza urlare ad ogni azione, senza usare aggettivi roboanti in continuazione.

Oggi non ci si capisce più niente. Abbiamo il telecronista, l’ex calciatore che commenta, l’inviato su una panchina, l’inviato sull’altra panchina, lo studio che commenta prima della partita, nell’intervallo e alla fine. Tutta questa gente a Martellini non serviva e non serviva neppure a noi che la partita ce la gustavamo benissimo comunque.

Per questo i telecronisti di oggi, con le loro urla, le loro improbabili considerazioni, i loro ancor più improbabili schemi (Sky fa vedere durante le partite al replay le azioni per spiegare la tattica, peccato che però facendo così, più di una volta ha fatto perdere ciò che realmente interessa allo spettatore: la diretta), non sono degni di legare le scarpe a Martellini, Albertini o Pizzul.

I quali, durante il minuto di silenzio, avrebbero fatto il minuto di silenzio, ovvero se ne sarebbero stati zitti, invece di fare quasi un rap come l’altra sera quello zulù di De Capitani.

Inoltre ai tempi di Martellini la RAI non mandava la pubblicità durante l’atteso ingresso di Eriksen in campo (è un mese che non si parla altro che della trattativa per portarlo all’Inter e quando sta per entrare in campo mandi la pubblicità).

Noi, lo abbiamo già segnalato in altri post, se abbiamo un po’ nostalgia del calcio di una volta è per questi motivi.

Anche allora il calcio non era tutto bello (anzi), ma vi era più umanità, più civiltà, più educazione, a cominciare dai toni usati da chi ce lo raccontava.