Pep: continua pure a farci del male!

Ieri  abbiamo appreso che dalle pagine del Corriere dello Sport viene data la colpa degli insuccessi delle squadre italiane a Guardiola e al fatto che lo si è cercato di copiare. Fin lì, è un’opinione (che noi non condividiamo) lecita, se non fosse che il mister spagnolo viene definito un “male”. Allora a questo punto, noi pensiamo che non solo si esageri, ma di più.

Vogliamo anche noi dire la nostra dunque, senza presunzione alcuna.

Un po’ di tempo fa Fabio Capello rilasciò le seguenti parole (proprio al Corriere dello Sport, nemmeno a farlo apposta): “Noi in Italia siamo arrivati in ritardo finanche nel copiare Guardiola. Ci siamo messi a scimmiottarlo quando lui era più avanti e stava cambiando. Abbiamo copiato non Guardiola ma l’ex Guardiola”.

Noi, quando si parla di calcio, Fabio Capello lo ascoltiamo sempre volentieri, con quello che ha dato al nostro amato sport prima come calciatore e poi come mister.

Quindi siamo d’accordo con lui quando afferma che mentre qualcuno copiava Guardiola, non si è accorto che il mister spagnolo aveva già cambiato sistema. Sono i fatti che lo dicono.

Ben non avesse modificato nulla, definire Guardiola e il suo calcio “Male” è semplicemente vergognoso.

Definire il suo Barcellona un male, semplicemente perché c’è chi cerca di proporre un calcio simile (cercando di produrne anche i risultati) non riuscendoci, vuoi perché a centrocampo non dispone di Xavi e Iniesta, vuoi perché non gli si dà il tempo necessario, oppure ancora perché  magari la società non lo supporta in tutto e per tutto, è un’ingiustizia clamorosa.

Per questo noi, amanti del calcio,  invece ringraziamo “Don Pep” e consideriamo il suo Barcellona, il suo Bayern e pure il suo City, un bene, non un male. Se però qualcuno lo considera un male allora sapete cosa diciamo?

Grazie a Guardiola e alle sue squadre, per averci fatto del male.

Grazie a Jurgen Klopp e alle sue squadre, per averci fatto del male.

Grazie a Zinedine Zidane e al suo Real, per averci fatto del male.

Grazie a Josè Mourinho e alle sue squadre, per averci fatto del male.

Grazie a Carlo Ancelotti  per averci fatto del male.

Grazie a Louis van Gaal e al suo Ajax, per averci fatto del male.

Grazie a Marcello Lippi per averci fatto del male.

Grazie a Fabio Capello e alle sue squadre  e grazie  perché la sera del 18 maggio 1994 ad  Atene, il suo Milan contro il Barcellona ci fece del male.

Grazie a Johan Cruijff per averci fatto del male.

Grazie ad Arrigo Sacchi per averci fatto del male.

Grazie a Nils Liedholm e al suo possesso palla, per averci fatto del male.

Grazie a Giovanni Trapattoni (poco spettacolare un fico secco! Guardatevi come giocava la sua Juve dei 51 punti, guardatevi Juventus-Bordeaux o Juventus-Aston Villa, guardatevi come la sua Inter dei record tritava gli avversari..) per averci fatto del male.

Grazie a Jupp Heynckes,  Ernst Happel, Brian Clough, Joe Fagan, per averci fatto del male.

Soprattutto (non ce ne vogliano gli altri, ma merita una menzione particolare): grazie a Rinus Michels per averci fatto del male.

Inoltre, grazie a Gian Piero Gasperini per il male che ci sta facendo con la sua Atalanta.

Grazie a Maurizio Sarri per averci fatto del male.

Anche se in pochi lo ricordano e purtroppo in tanti lo sbeffeggiano (ingiustamente): grazie a Gigi Delneri per averci fatto del male col suo Chievo.

Grazie a Zdenek Zeman e al suo Foggia per averci fatto del male.

Grazie a Giovan Battista Fabbri per il male che ci fece col suo “Real Vicenza”.

Potremmo andare ancora avanti, ci scusiamo se abbiamo dimenticato qualcuno, concludiamo ringraziando ancora il Corriere dello Sport perché,  se non era per loro, non avremmo probabilmente scritto questo post e ci saremmo dimenticati di ringraziare tutte queste persone per i “danni” che ci hanno arrecato.

18 maggio: due vittorie, due storie

Ieri era il 18 maggio, ovvero una data in cui sono state conseguite due vittorie rimaste scolpite nella storia del nostro calcio, a cui dedichiamo questo post.

Il 18 maggio 1977 la Juventus vinse il suo primo trofeo europeo, alzando al cielo la Coppa Uefa.

Quel successo però nacque ben prima di quella data, iniziò in effetti nell’estate del 1976, quando un mucchio di sapientoni contestò Giampiero Boniperti per aver ceduto Capello e Anastasi, acquistando al loro posto Benetti e Boninsegna.

Quei “professori” non capirono che stava per nascere una delle Juventus più forti e più belle di tutti i tempi, che avrebbe vinto lo scudetto conquistando 51 punti su 60 disponibili e avrebbe vinto appunto anche il suo primo trofeo internazionale, guidata in panchina da un giovane allenatore (che  si rivelò essere un’altra  scommessa stravinta da parte di Boniperti): Giovanni Trapattoni.

Era un periodo particolare, non si potevano tesserare calciatori stranieri e vedere quella Juve, composta tutta da calciatori italiani, trionfare anche all’estero fu motivo d’orgoglio per il nostro calcio. Lo fu senza dubbio anche per il primo tifoso bianconero: l’Avvocato Gianni Agnelli, giacché quella Juve tutta italiana, vincitrice di campionato e Coppa Uefa nel medesimo anno, fu quella a cui (per sua ammissione) rimase più affezionato.

Diciassette anni dopo, il 18 maggio 1994 ad Atene il Milan doveva incontrare il Barcellona allenato da Johan Cruijff  per la finale di Coppa dei Campioni.

Cruijff alla vigilia fece un po’ il gradasso dichiarando: “Noi abbiamo acquistato Romario, loro Desailly”.

Il Milan inoltre per quel match doveva fare a meno di Franco Baresi e Alessandro Costacurta, i due centrali difensivi “titolarissimi” (il primo poi senza dubbio il migliore al mondo in quel momento) e ciò destava naturalmente preoccupazioni (“Basterà Filippo Galli per fermare Romario?” era la domanda che tutti si facevano e che conteneva in sé palate di perplessità).

Fabio Capello, allenatore del Milan, mise a compimento un capolavoro tecnico tattico. La squadra che schierò in campo infatti annientò letteralmente i blaugrana.

Se mai vi è stata una partita perfetta, quella dei rossoneri in quella serata fu qualcosa che gli assomigliò in maniera tremenda.

Un Milan granitico, compatto, le suonò di santa ragione al Barcellona. Superiore in tutto e per tutto, rifilò 4 pappine alla banda di Cruijff che, dopo la sparata della vigilia, dovette assistere non solo al congelamento di Romario in campo da parte degli avversari, ma pure Desailly permettersi il lusso di andare in rete.

Rispetto al 1977 erano già altri tempi, i calciatori stranieri potevano essere tesserati (ma solo 3 ne potevano essere schierati in campo), ma quella vittoria fu (ed è ancora) un grande motivo di orgoglio per il calcio nostrano, proprio come quella conseguita 17 anni prima dalla Juventus.