#testdrive tutta digitale la nuovissima Hyundai Bayon

Confort a lunga percorrenza grazie all’elevata automazione digitale

Sui tratti autostradali conferma la sostenibilità di questo sistema ibrido

Viaggiare in autostrada con un’auto ibrida di ultima generazione significa potersi affidare a una guida autonoma di livello 2. Ovvero, lo stress e la tensione alla guida sono cancellate dall’elettronica dell’auto che ormai sa fare quasi tutto da sé. Per esempio, una volta impostato il cruise control, l’acceleratore non serve più, perché fa tutto lei: una volta impostata la velocità desiderata la raggiunge da sola, la mantiene se possibile, altrimenti si adegua alla condizione del traffico, cioè rallenta se il mezzo che ci precede lo fa, riaccelera quando riprende velocità, si ferma se si arresta e attende che sia lui a ripartire per riprendere la marcia. Il sistema di comando del cruise control è al volante, come i comandi audio. Così vi potete esercitare a guidare con il pulsantino per modificare la velocità, per esempio nei sorpassi autostradali, e poi lasciare che l’auto ritorni da sola alla velocità impostata. Lungo il tragitto Bayon segue perfettamente le carreggiate, che

asseconda pennellando alla perfezione le curve seguendo il loro 

andamento, il raggio e le eventuali irregolarità. Questo, mantenendo il centro della carreggiata. I fari sono full led separati dalle luci diurne, che le conferiscono un look particolare. Ma ritorniamo al viaggio: i sedili sono comodi e avvolgenti e ci premettono di apprezzare ancor di più gli automatismi della guida, sono rivestiti in tessuto mentre volante e pomello del cambio sono rivestiti in pelle. Il motore della Bayon, che è il nome di una nota località della costa basca, è piccolo e sostenibile, quanto basta per assicurarle prestazioni adeguate.

Si tratta di un 1.0 cc tre cilindri in linea T-GDI Hybrid,

perché alla parte endotermica abbina un motore elettrico da 48 V. Il cambio è meccanico a sei marce con trazione anteriore. Un motore che assicura fluidità e scorrevolezza di marcia, che apprezziamo soprattutto nel percorso autostradale, sul quale si confermano i consumi, intorno ai 20 km/l, il sistema di mantenimento attivo della corsia, quello di riconoscimento attivo dei limiti di velocità, quello, eventualmente, di assistenza alla frenata di emergenza, e sulla lunga distanza quello di rilevamento della stanchezza del conducente. In caso di coda è di aiuto anche l’avviso di ripartenza. Sappiate, che in città è attivo il sistema di riconoscimento dei pedoni e dei ciclisti e l’auto, se teme una collisione, si arresta improvvisamente, ma non senza avervi preventivamente avvisato. Ora si va verso l’imbrunire, e così divengono gradevoli le luci d’ambiente, mentre, nel frattempo, il nostro cellulare si sta ricaricando nell’alloggiamento dotato di wireless, il tutto mentre in WI-FI si è connesso sia che si tratti di un Iphone che di un telefono android. Il viaggio sta terminando, così, anche per oggi, la nostra missione di test drivers è compiuta. Dove siamo arrivati? Lo scopriremo la prossima settimana.IMG_6591 IMG_6595 IMG_6605 IMG_6599 IMG_6608 IMG_6635 IMG_6930 IMG_6938 IMG_6945 IMG_6962 IMG_69641

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#testdrive #Hyundai Bayon qualche anno fasarebbe stata solo una concept car

L’aspetto innovativo si presenta con una interessante qualità:

è tra i consumi più bassi

Frattanto proviamo lo stereo hi teck

Cambiare auto come passare da un soprabito al cappotto pensate sia facile? Un esempio che può sembrare un paradosso, ma non lo è. A volte calza a pennello. Come avete visto in questi mesi abbiamo percorso diverse fasce di prodotti dell’automotive di diversi continenti. Con propulsori endotermici, aspirati, turbocompressi, elettrici, a gas, siamo passati dall’evoluzione di icone del passato a vetture con le portiere che se non fosse per le sicure, oramai arrivate allo stadio evoluto di ‘certe’ (è un gioco di parole) non capiresti da che parte aprirle. Per poi scoprire che il risultato era intuitivo e aiuta ad amplificare confort e comodità. Così accettiamo questa nuova proposta di test drive, anche perché la curiosità passa al di sopra di ogni dubbio e perplessità. L’approccio è facile, anche in questo caso. Anche se il lock a prima vista ci farebbe pensare a un mezzo tecnico. In realtà la nuovissima Hyundai Bayon lo è, anche se pian piano ci permetterà di scoprire che tutti i suoi contenuti sono studiati accuratamente per farti sentire a tuo agio e ridurre l’eventuale disagio, anche di spostamenti lunghi. Come sempre, per facilità logistica iniziamo il test nella metropoli. Innanzitutto è un veicolo ibrido, anzi,

Mild Hybrid con motore da 1000 cc T-GDI e uno elettrico da 48v IMT X

Class. Quindi, non ha bisogno di essere allacciata alla rete elettrica ma la corrente se la fa da sé, e anche se l’elettricità per l’automotive non ha ancora raggiunto costi stellari, con i tempi che corrono è meglio così, per questioni di praticità. Perché è più semplice trovare un distributore di benzina che cercare una colonnina di ricarica, e trovarla libera. Viene proposta come un Urban SUV. Ma come vedremo può dare molto di più. La parcheggiamo in città e ovviamente è molto maneggevole. Facile da parcheggiare con uno schermo e telecamera ben definiti. La linea nuova viene messa in risalto dalla colorazione di questo esemplare che è azzurro mare con il tettuccio nero. Il bagagliaio si riduce un po’ per lasciare il posto alla batteria supplementare, ma volendo, si possono abbattere i sedili e la capacità di carico si amplifica esponenzialmente. Parliamo del clima: molto efficace, e salubre, non eccessivo. Il cruscotto digitale cambia aspetto e colorazione a seconda delle funzioni del motore che abbiamo impostato. I cerchi da 17’ in lega, oltree a darle un tono più aggressivo, la rendono più accessibile ma quello che ci intriga di più è la sua sostenibilità. Finora abbiamo provato auto ibride, ma non sempre era facile giustificarne il costo superiore. In questo caso, i consumi di benzina E5 dichiarati sono davvero bassi:

si parla di 4 litri per 100 km, ovvero di 25 km/l.

questo primo trasferimento con gli spostamenti è stato breve, ma sembra confermare questa tesi. Frattanto, mentre la grande città si lascia percorrere agevolmente, perché siamo in estate e molti milanesi sono in ferie, come faremo noi in queste settimane, ci godiamo l’impianto di info traitment. Ha subito fatto felice il mio ‘naviga’ perché oramai sanno come prenderlo per la gola: o con i CV o con un super stereo. E qui ci siamo perché la Bayon monta un Bose. In questo primo approccio, traffico urbano, d’accordo direte voi, sei abituato a chiedere il massimo del rendimento o del risparmio alle auto in prova, ma siamo andati al di sotto dei 20 km/l. in questo caso, l’autonomia della Bayon si aggirerebbe su oltre 660 km con i 40 lt di benzina presente nel serbatoio. Ok, si fa sera, e prima del trasferimento più lungo ci dobbiamo rifocillare.IMG_2120 IMG_2125 IMG_2126 IMG_2115 IMG_6992 IMG_6876 IMG_6608 IMG_7170

#charlieinauto3/243

#testdrive maneggevole con la coppia giusta per salire lungo la Valsaisera

Dacia Sandero Steepway il modello del rilancio della Casa boema

Confort affidabilità prestazioni adeguate : SUV adatto a gite in montagna

Andar per monti, in auto, significa potersi godere il paesaggio, l’ambiente, un ecosistema che se fosse lasciato a se stesso, sarebbe, almeno in parte, sostenibile. Ma anche potersi divertire al volante dell’auto lungo strade che presentano, per la morfologia del territorio, caratteristiche spesso complesse, ma proprio per questo più suggestive. Così, stavolta, per farvi conoscere un sito che è l’icona della montagna friulana, e per percorrere strade che rilasciano suggestione, curva dopo curva, andiamo nella Valcanale,

nel Tarvisiano, da Camporosso a Valbruna, fino dentro la Valsaisera.

C’andiamo d’estate, per gustare un’area che è imperdibile anche quando è completamente ammantata dal biancore della neve. È in quel periodo che si possono infilare gli sci da fondo, per risalire l’intera vallata da Camporosso fino alla malga del Tedesco, un ristoro esposto al sole dove riprendere fiato per risalire fino alla polveriera, e al cuore della valle, ai piedi del maestoso Jof Fuart. Un anno, qualche anno fa, partito dal fondovalle ero risalito fin nella parte alta della vallata, spingendo sugli sci, allora si correva a passo alternato, non era ancora stato introdotto il passo pattinato, in tratti tra il bosco e il torrente, quasi sempre irrorati dalla luce solare. Finché mi sono infilato nell’ultimo tratto, meno di un km, in ombra. Non è che fin lì il clima fosse stato temperato,

si andava dai – 8 a fondovalle, fino ai – 15 in malga.

Allora lo spirito agonistico era prevalente, e si era passati da poco dagli sci con il fondo liscio da sciolinare, con paste di cera di colore diverso a seconda del grip che potevano assicurare nei diversi tratti del percorso, che si stendevano con il fornello a gas e la fiamma puntata sulla soletta dello sci. Spalmandole nella sequenza che, con il consumo progressivo dovuto all’attrito sulla neve, poteva permetterci di arrivare con quella più appiccicosa dove il fondo era più ghiacciato e scivoloso, più scorrevole dove era necessario spingere sui cristalli di ghiaccio ma anche scivolare più velocemente. Così, dopo una pausa corroborato da un piatto di goulash suppe, ho insistito verso la base della montagna. Risultato che finito improvvisamente all’ombra mi sono sentito entrare il freddo fin dentro i polmoni, e subito formare il ghiaccio ai lati della bocca e all’estremità degli occhi. Niente paura, ho accelerato il passo e sono ripartito ritornando alla malga, per darmi una riscaldata prima di ridiscendere a valle. Lì dentro il gestore mi ha avvisato di non salire fino in cima (da dov’ero appena arrivato), perché due ore prima

i militari avevano registrato la temperatura di -27…

Troppo tardi, o comunque, niente paura, shock superato. Così sono ripartito per scendere verso Valbruna e intraprendere il secondo giro (allora percorrevo la Saisera per due volte, circa 40 Km), che però ho tagliato alla Malga per rientrare a valle. Lo stesso scenario, gli stesi paesaggi delle Alpi Giulie, dominati dal Santuario del Lussari, in versione verde, non perdono la loro suggestione. Ah già, dimenticavo, la strada? Con la Dacia Sandero Steepway ci siamo divertiti a risalirla. Ha confermato la maneggevolezza ma anche l’affidabilità.

Di supporto a prestazioni inaspettate per un 1000 tre cilindri da 101 CV,

ci sono la stabilità e la tenuta di strada assicurata dalle ruote da 18′. Assieme a un ottimo rapporto tra la curva di coppia del motore, il peso non eccessivo di un SUV comunque robusto e capace di affrontare un fuoristrada impegnativo, la potenza sufficiente e i 6 rapporti del cambio manuale ottimamente calibrati. Un impianto frenante rassicurante ci permette infine di affrontare velocemente anche la discesa della Saisera. ma non va dimenticata la sostenibilità garantita dalla doppia alimentazione bi-fuel. Due serbatoi, uno da 40 lt per la benzina, e uno 50 lt per il gas GPL portano l’autonomia della Sandero a 1300 km. Ma soprattutto, ci permettono, utilizzando il gas, di andare in gita anche su distanze impegnative come in questa occasione, quasi 240 km andata e ritorno, spendendo meno 10 euro di combustibile. Missione completata dunque, e test drive, assieme al test road, con esito positivo.

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#testdrive: crossover morbido e confortevole anche su salite impegnative

Dacia Sandero Steepway si conferma sostenibile nella versione bi-fuel

Ritorno sul Matajur tra ricordi lontani e l’incontro con Bottas al Giro Rosa

Quando si ritorna alla meta di una gita o di un’escursione che evoca ricordi o emozioni particolari, scatta il desiderio di condividerle con gli amici e chi ti segue. Così stavolta, il test road lo facciamo nelle Valli del Natisone. O meglio, sulla vetta delle Valli che è il monte Matajur. Fino a pochi anni fa, segnava quasi il confine con quella che era considerata la Cortina di Ferro: la cima e poco dietro il confine, che era sorvegliato a vista h 24. Ciononostante, in una giornata nella quale la nebbia ammantava l’intera pianura friulana, io vivevo a Udine, con tre robusti e dinamici amici decido di trascorrere la serata su una montagna vicina. Due di loro erano i ‘Gemelli’, preziosi elettrotecnici che mi avevano dotato dell’interfono per collegare il mio casco con quello del copilota nelle mie prime esperienze rallistiche. Era identico a quello che avevano realizzato pochi mesi prima per l’amico comune, il compianto Gigi Breggion, copilota di Claudio De Eccher, l’equipaggio friulano sulla Lancia Stratos Albarella. Per vedere dall’alto che cosa stava accadendo a Valle. È bene precisare che all’epoca, metà anni ’70, trascorrevamo le serate ad affinare le tecniche di guida sugli sterrati della periferia e dell’hinterland, e non solo. E allora, ce n’erano tanti. Il veicolo era il loro:

una Fiat 1500 (tanto ormai è del gruppo Stellantis) color bianco neve,

rigorosamente con il cambio al volante. Quado siamo arrivati al Rifugio Pelizzo, circa 500 m prima della vetta, le nuvole si sono aperte lasciando spazio alla luna piena, ma soprattutto permettendoci di lanciare lo sguardo su quell’incredibile manto di nuvole che ricopriva l’intera pianura, totalmente rischiarato dalla luce cinerea. Uno spettacolo indimenticabile. Soprattutto per la fase successiva: la salita, non arrampicata perché si trattava di un sentiero segnalato, e illuminato dalla luna, fino alla cima, all’immancabile Crocefisso che svettava quasi a contatto con il cielo. L’orizzonte si allargava a perdita d’occhio e vagava tra il Golfo di Trieste e la Laguna di Venezia. Uno spettacolo, come detto, con il brivido, perché a poche decine di metri c’era il confine guardato a vista dall’altro versante. Ma evidentemente, quello spettacolo se lo godevano anche i militari di guardia, e avevano capito le nostre chiare intenzioni. Molto più di recente,

ci sono salito in occasione del Giro ciclistico Rosa, Giro d’Italia femminile.

Ho parcheggiato nell’ultimo park riservato agli addetti ai lavori, contemporaneamente al patron, Enzo Cainero, che mi ha affidato il borderò e il canovaccio della premiazione. E sono salito verso il rifugio con lo zainetto, bibite, pc le carte di Enzo. Lasciato il rifugio sono ritornato verso il traguardo, perché le ‘Girine’ si stavano inerpicando sulle rampe della salita, e a un tratto ho scorto una fisionomia che mi era familiare. Mi avevano detto che si aggirava nella Carovana per seguire la compagna, impegnata nella Corsa Rosa:

era Vallteri Bottas, il pilota finlandese della F1 venuto fin quassù

con la sua biciletta stradale, tutt’altro che assistita elettricamente. Il tempo per un ‘selfie’ e quattro chiacchiere sulla F! e sulle prospettive della stagione della F1, ed è ridisceso per andare incontro alla sua ciclista preferita. Stavolta, invece, clima davvero estivo, sarà la Dacia Sandero Steepway a portarmi in quota. Dopotutto, la strada che porta verso l’attacco della salita è una speciale, anche se l’intera salita, quella che faremo noi, è la stessa che Bottas ha affrontato sui pedali, e sono 15 km.IMG_47181 IMG_4740 IMG_4742 IMG_4759 IMG_4762 IMG_4766 IMG_4775 IMG_4781 IMG_4793 IMG_4792 IMG_4802 IMG_4716 IMG_4063 IMG_4789 Bottas Morandini Matajur 2021 In cima lui è arrivato fresco come una rosa, evidentemente l’allenamento per la F1 è davvero intenso. Comunque, anche salire qui con la Sandero è stata come una passeggiata. Perché l’equilibrio tra rapporti del cambio, anche se manuale a 6 marce,

 

 

 

 

 

 

 

la spinta del motore da 120 CV pur di soli 1000 cc, la taratura dell’assetto

e le ruote alte non ci hanno fatto affaticare per arrivare in cima. Egli stessi passeggeri si sono dimostrati soddisfatti del test. Specialmente il mio ‘naviga’ in erba, coccolato dall’impianto di info traintment. A suo agio anche, lui, il dalmata del ‘naviga’, che appena sceso in cima al monte si è messo a sniffare la pista di qualche animale selvatico che ci aveva preceduti versa la cima. Così’ ho dovuto seguirlo. Ah! Anche in questo caso quasi 300 km e, nonostante la montagna, un costo di carburante di circa 10 euro: un miracolo del GPL.

#charlieinauto3/243

#testdrive Dacia Duster Steepway alla prova della montagna

La salita e il percorso forestale ed è sempre a suo agio

Il confort a bordo non cambia nemmeno nelle strade della foresta del Cansiglio

Quindi, un mini SUV con vocazione crossover. Ora vediamo se è vero. La gita ci porta dalle pendici del gruppo del Monte Cavallo, tra la parte friulana e quella veneta dell’altopiano del Cansiglio. Non è una novità, questa meta. Ma stavolta andremo un po’ oltre quello che ci era stato concesso di fare lo scorso inverno. Raggiungiamo Caneva, poi la strada di Sarone, dove venivo ‘qualche’ anno fa nella Pizzeria Rover per le premiazioni delle gare del campionato regionale di Biliardo, perché ho fatto anche il presidente del Comitato regionale di quella Federazione sportiva, la Fibis. Da lì è già un bel vedere verso la pianura del FVG, quella Veneta, se è limpido fin verso la Riviera friulana. Ma teniamo rilassato lo sguardo in attesa di salire ancora più in alto. Beh, andiamo anche a cercare un po’ di frescura, ma visto il percorso che abbiamo individuato, se ci dovessimo perdere nelle stradine dei boschi la temperatura comunque estiva ci sarebbe d’aiuto anche nel caso volessimo fare un’escursione a piedi. Saliamo sulle rampe verso il Cansiglio e la Dacia Duster Steepway si comporta molto bene. Sale aggredendo la pendenza senza incertezze. Come senza incertezze è lo stile di guida che ci induce a tenere. Tra l’altro, la comodità dei sedili e l’equilibrato rapporto tra l’assetto, il confort degli stessi, la tenuta di strada, lo sterzo, gli pneumatici, ci permette di viaggiare su questa strada di montagna con il beneficio di una corretta e sostenibile ginnastica lombare, determinata dal ritmico susseguirsi delle curve. La mancanza del cambio automatico non si fa sentire, anzi, il cambio a 6 marce ci permette di apprezzare ancor di più la guida dell’auto in salita. In seguito vedremo la discesa, ma in questo caso, una decina di km di strada che ha fatto innamorare anche i ciclisti del Giro d’Italia e le cicliste del Giro Rosa, sono già un test sufficiente per capire che si tratta di un’auto maneggevole, duttile.

Della sua sostenibilità, visto che si tratta di un bi-fuel, diremo alla fine di questa puntata.

Arrivati alla prima forcella, basta guardare indietro per avere un primo anticipo degli scorsi che si vedono da quassù, e d’altro canto c’è da aspettarselo visto che queste montagne si ergono all’improvviso dalla pianura, sono impagabili. Ora ci sorge un dubbio: la strada che vogliamo intraprendere parte da qui o dobbiamo cercarla sul pianoro? Sul pianoro ci arriveremo dopo visto che si tratta di una sorta di anello in mezzo al bosco. Quindi? Scegliamo la strada a mezza costa, fin qui lineare e percorribile, asfaltata, ben tenuta, poi si vedrà. L’unico accorgimento, chiedere a chi soffre di vertigini di non affacciarsi al finestrino verso valle, perché si potrebbe trovare a guardare verso il vuoto. Perché la strada, si chiama delle malghe perché ne collega diverse, nasce dalle esigenze dell’alpeggio, forse ancora in epoca romana. Ci infiliamo in un vallone chiuso, e scopriamo la splendida location della malga che, pandemia permettendo, ospita da anni incentive di ragazzi delle scuole medie curiosi della vita di montagna. Qui, a mezz’ora di automobile. Il pascolo è sul pianoro soprastante, ma il paesaggio già qui è fantastico. Dopo una sobria degustazione di prodotti alpini, riprendiamo il viaggio lungo la dorsale fino al punto di non ritorno. O meglio, al quadrivio che ci indica il percorso verso Piancavallo, l’altro,

l’anello delle malghe, che è la nostra meta.

Man mano che ci si addentra nel bosco la situazione si fa più complicata. La strada diviene quasi una pista forestale, perché il fondo ha risentito degli acquazzoni dell’estate, e dove non c’è fango, spuntano sassi, un tratto in pavé, ciottoli, canalette. Insomma, non manca niente di ciò che può appagare un fuoristradista. E la Dacia Duster Steepway risponde con fedeltà sia ai comandi, rimanendo docile anche sui tratti più complicati, che alle aspettative di confort. Che non svaniscono con le irregolarità del percorso. Lungo il quale raggiungeremo altre tre malghe, fino a ritornare al punto da dove eravamo partiti, la Malga del Titti, all’inizio della, ora discesa, verso Sarone di Caneva. Dacia promossa, tanto che decidiamo di regalarle una escursione verso Brugnera, e la splendida Villa Varda, sede di interessanti esposizioni ed eventi artistico. A Brugnera non poteva mancare una tappa alla particceria Citron, a trovare Bepi, maestro cioccolatiere e capo degli artigiani dell’arte dolciaria. Ah sì, del bilancio della gita estiva dimenticavo un piccolo particolare: il costo del carburante. La Steepway è bi-fuel, ovvero benzina-GPL. Il cambio di serbatoio in caso di esaurimento è automatico e non ci si accorge quando finisce la benzina e comincia ad andare a gas. Oppure si può scegliere di viaggiare direttamente a gas. Come abbiamo fatto noi. Così, a fine serata, abbiamo fatto il conto della spesa: circa 300 km dalla Riviera friulana e ritorno, giro in montagna compreso, spendendo circa 8 euro di GPL…

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#testdrive si sgancia dall’icona del passato e sfida il mercato europeo

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Dacia Sandero Steepway modello di sostenibilità

Rifiniture e dotazioni di classi superiori per il Crossover romeno

Finalmente una Dacia. Sì, perché se ne vedono sulle nostre strade. Alcuni di noi l’abbinano però ancora all’idea dell’auto che arrivava da oltre Cortina, quella linea di demarcazione politica, divenuta geografica, che separava l’Europa tagliandola a metà. Era realizzata in Romania forse sulla scorta dell’esperienza dell’auto del popolo che avrebbe tracciato la storia motoristica del primo dopoguerra. Come sarà per Dacia, fondata nel 1966 a Pitesti, la città dei tulipani, in Romania. Nata su base Renault, è ancora legata alla Casa francese. Un sodalizio che ha origine dalla visita del generale Charles De Gaulle in Romania. La prima Dacia, la 11500, era simile alla Renault 8. Infatti derivava da quel modello della Casa francese. E così gareggio nei rallies, pilota Nicu Grigoras, per mettere in luce le prerogative che la Renault riteneva di poter affidare a quell’auto con vocazione sportiva. Con quelle aspettative fu affidata anche alla polizia romena. Questa prima esperienza romena era dunque sviluppata su un’auto a trazione posteriore. Per passare alla trazione anteriore con la Dacia 1300, che derivava dalla Renault R12 della quale fu realizzata anche la versione Gordini.

Da allora a oggi sono stati immessi sul mercato ben 25 modelli di Dacia,

sempre proposti a un prezzo sostenibile. Una caratteristica che mantiene ancor oggi. Però… Quando mi hanno proposto il test drive, ho pensato che finalmente avrei potuto sciogliere diversi dei dubbi che mi assalivano sul target di destinazione dell’auto, sulle sue potenzialità, sulla fascia di prodotto automobilistico nella quale poterla collocare. Stiamo parlando della nuova Dacia Sandero Steepway. Che come ci capita per forza di cose, abbiamo testato a scatola chiusa, ovvero senza riferimenti né informazioni a disposizione, perché ovviamente è nostro compito fornirle agli altri e ai nostri lettori e follower. Così, al ritiro, abbiamo provato la piacevole sorpresa di salire a bordo di un’auto completa, per il suo livello anche performante, capace di garantire le prestazioni attese rispetto alle aspettative che può generare. Ma andiamo per ordine. Il ritiro a Milano ci consente un approccio soft ma approfondito all’auto. A cominciare dal motore, che è di

1000 cc a benzina, ed eroga 100 CV perché è turbocompresso, e cela una sorpresa

. Il cambio è manuale a sei marce, e la guida di questo SUV è scorrevole e facile, anche in città in mezzo al traffico urbano. È anche un fuoristrada, ma questo lo vedremo in seguito. Gli interni sono ben rifiniti. I comandi di facile accesso. I sedili, sia anteriori che quelli posteriori, sono comodi. Mentre il bagagliaio è spazioso. La prima cosa che risulta evidente è il restyling, che ha generato un’auto dalla linea piacevole, giustamente aggressiva come dimostrerà di essere nell’affrontare i percorsi di montagna da crossover. L’elettronica è curata, con la guida assistita, l’avviso anticollisione sulla parte posteriore, l’avviso dell’avvicinarsi di un’auto da dietro, i sensori di assistenza al parcheggio. Il display centrale è touch, i fari sono a led, sia quelli anteriori che quelli posteriori, automatici come lo è il tergi. Quindi, come avrete capito, è superaccessoriata, e ciononostante mantiene un prezzo accessibile. Ma la parte più sostenibile sono i costi di gestione, perché si tratta di un’auto con alimentazione bi-fuel. Ma a questo dedicheremo una puntata a parte. Per ora, godiamoci la serata prima del rientro.

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#testdrive in città con la Mazda MX30 che si adatta alle condizioni del traffico

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Le rifiniture interne generano relax con similpelle chiara e sughero

Palette al volante per frenare e ricaricare od ottimizzare le prestazioni

Spunto bruciante e accelerazione morbida ma da 0-100 km/h in meno di 10”, velocità massima limitata a 140 km/h frutto di 147 CV di potenza. Nel contempo estrema maneggevolezza e guidabilità. Mazda Electric è tutto questo ma anche sostenibilità: fa circa 6 km con 1 kw di energia dal motore da 35,5 kw. Autonomia da citycar? Basta imparare a regolarsi su distanze da percorrere e uso del pedale dell’acceleratore, unico, assieme a quello più grande del freno e alla comoda pedana inclinata di metallo dove appoggiare il piede sinistro presente a caratterizzare il posto di guida e a disposizione dei nostri piedi. Su questa vettura elettrica proviamo finalmente una sensazione piacevolmente rilassante, ma insolita per chi ha provato qualche centinaio di auto e percorso diversi milioni di km. È generata dall’opportunità di

lasciare il piede sinistro placidamente adagiato sulla pedana di appoggio

con l’inclinazione appositamente studiata, che è sistemata al di sopra del passaruota sinistro. Ma, direte, accade lo stesso con i motori endotermici e il cambio automatico… Eh no, non è così, perché a parte condizioni particolari e forzate, mentre guidate un’auto con il cambio automatico, che solitamente è sempre ‘anche automatico’ avrete comunque l’attenzione rivolta, salvo siate noncuranti o irresponsabili, alla relazione tra motore e rapporti inseriti, tra rapporti e velocità, tra rapporti e coppia del motore. Perché lasciar fare soltanto al cambio automatico è certamente riduttivo, specie se vorrete richiedere qualche cosa di più alle performance dell’auto, o nel caso vi serva effettuare una manovra di emergenza. E comunque, non sempre il rendimento dell’auto con il cambio automatico coinciderà con le vostre aspettative rispetto ai consumi. Per aumentare l’autonomia della Mazda MX30, visto che come avrete capito i costi di gestione sono bassi ma ci può servire percorrere più km di quelli dichiarati, ci si può avvalere dei

comandi a paletta situati dietro al volante.

Servono a ricaricare l’auto, o a ottimizzarne il rendimento e le prestazioni. Azionando il massimo livello di rigenerazione della batteria, che coincide con il livello dell’effetto freno motore più alto scelto con questi comandi, accelererete la rigenerazione della batteria. La paletta di destra assicura invece un rendimento sportivo al motore. Quindi, quella di sinistra, a cinque posizioni come la gemella, come detto aumenta da 1 a 5 fino l’effetto freno-motore del comando ma nel contempo anche l’effetto di coppia nella ripresa, quella di destra alleggerisce il freno motore e migliora le prestazioni dell’auto. Il tutto per prolungare l’autonomia. Come vi ho già raccontato,

l’ho portata in Friuli da Milano con una tappa di ricarica.

Girare con un’auto elettrica significa infatti imparare a usare più consapevolmente l’auto. Una sorta di rieducazione e riqualificazione motoristica, perché occorre ripensare la gestione della propria mobilità. È necessario pianificare gli spostamenti che si faranno l’indomani, per raggiungere mete a portata di autonomia o punti di ricarica per amplificare il raggio dei nostri spostamenti, limitando percorsi inutili. Ora vediamo come funziona in città. Stavolta faremo un giretto a Udine, la mia città, nella quale il traffico scorre in relazione agli orari, alle giornate, al clima, al meteo. Ci rincuora il fatto che Mazda abbia deciso di installare un suono artificiale, morbido e quasi da sei cilindri, formato da frequenze facilmente udibili da passanti e ciclisti che si affianca a quello lieve ed etereo dell’e-skyactiv. Così, in tutta serenità proviamo un po’ di automatismi nella situazione viaria di metà mattina, mediamente trafficata: la risposta della Mazda MX30 Electric è del tutto soddisfacente. La maneggevolezza già riscontrata è confermata dalla sua agilità anche in mezzo al traffico. Parlavamo dell’autonomia. A parte colonnine accessibili al pubblico condizionate all’abbonamento con il gestore, due, gratuite dal tardo pomeriggio alle 8 del mattino successivo sono presenti nel park sotterraneo comunale della centralissima Piazza 1. Maggio.

Il tempo di fare un giro in centro e la Mazda ha rigenerato la batteria

quel tanto che ci basterà per rientrare a casa e per riutilizzarla di nuovo domani. Così, raggiungiamo sull’altro lato della piazza la mia ‘vecchia’ scuola: il liceo Classico ‘Jacopo Stellini’. Appoggiata al parapetto in pietra della rampa di accesso, ‘qualche anno fa’ lasciavo appoggiata la mia moto di allora, l’Aspes Hopy 125. Stavolta vi parcheggio accanto la Mazda, con la tentazione di scendere la scalinata con gradini bassi e lunghi che mi trovo davanti e che mi riporterebbe nella piazza, un grande ring che, dopo anche lievi nevicate, qualche decennio fa utilizzavamo per le prove di derapage controllato con le moto. Dò un’occhiata alla scalinata davanti a me con la telecamera di manovra presente sul muso, ma poi mi ricordo che l’auto non è mia, anche se è munita di tutti gli accorgimenti e coperture del caso. Così mi accontento di lasciarla ferma lì, all’inizio dei gradini, e di fare un po’ di foto. Allora, all’epoca dell’Aspes, l’auto elettrica la vedevo soltanto sulle illustrazioni dei fumetti o su qualche rivista scientifica… Riparto verso la periferia, perché voglio ritastare il sistema di autoricarica della MX30. La batteria anche in questa auto elettrica ha un volume importante, che non interferisce con la capacità di carico, e un peso significativo (310 km), mentre l’auto pesa circa 1600 kg. La batteria contribuisce alla stabilità dell’auto, e ci permette di guidarla, anche forzando l’andatura, come un go kart anche se è a trazione anteriore. Quindi? Mazda MX30 Electric promossa per una mobilità sostenibile.

#charlieinauto3/239

#Testdrive : come si guida un’auto elettrica

L’occasione la prova della Mazda MX30 Electric

Proviamo il collegamento alla colonnina:

una sensazione gradevole il costo ridotto della ricarica

Certo è che cominciare la giornata salendo su un’auto elettrica ci immerge in una sensazione particolare. Una condizione di benessere che proviamo salendo alla guida di un veicolo completamente diverso dopo averne provati qualche centinaio, e dopo oltre quarant’anni di patente. Una sensazione quasi liberatoria. Ovvero, partiamo per i nostri spostamenti quotidiani con una buona dose di stress in meno. Uno stress latente, al quale siamo abituati. Prodotto dalla necessità di tenere sotto controllo innumerevoli fattori nel nostro spostamento. Dall’accensione, la messa in moto, va o non va? Al rifornimento di carburante, al gesto ormai automatico di cambiare marcia premendo la frizione. Gesti ormai meccanici che perrò comportano una gestualità ripetuta e forse quasi involontaria, che accumula, a nostra insaputa e a lungo andare, delle tossine. A volte siamo preda e schiavi del rumore dell’auto che stiamo usando.

Rumore, da non confondere con il sound dell’8 cilindri di un’auto sportiva, del cinque cilindri di un motore asimmetrico, del tre cilindri di un motore che oggi va per la maggiore fino alle auto di media cilindrata. Nel caso dell’auto elettrica, il nulla. Anzi, sperabilmente soltanto il sibilo misto a ultrasuoni che serve a far percepire specialmente a pedoni e ciclisti l’arrivo della Mazda Electric. L‘abitacolo, come già accennato, è comodo e confortevole. Gli interni sono spaziosi. Sui sedili posteriori si ha la sensazione di essere seduti sul sedile di un piccolo, neanche tanto, aereo privato anche grazie all’elevato livello delle rifiniture. Il posto di guida è comodo ma anche adatto a trattenervi sul sedile nel caso insistiate con l’acceleratore e risparmiate i freni in curva. Il volante offre le condizioni per una presa rassicurante.

L’accensione? Un pulsante che rende il gesto facile come accendere la luce in una stanza. Poi? Si sblocca il freno di stazionamento schiacciando il grande pedale del freno, e si spinge sul pedale dell’acceleratore. Ovviamente, l’auto elettrica non ha bisogno del cambio, nemmeno di quello automatico. Le leve sul tunnel servono per regolare le funzioni e per i servizi a disposizione sull’auto. A prendere velocità ci pensa lei. Basta tenere schiacciato il pedale dell’acceleratore. Fa tutto lei. Evidentemente, ci vuole consapevolezza nell’utilizzare un’auto full electric, SUV, a vocazione sportiva. Perché istantaneamente anche alla minima pressione sul pedale dell’acceleratore. Quindi, i sorpassi sono facilitati, la guida in montagna è più scorrevole, l’andatura sul misto è appagante. Sappiate però che anche sulla Mazda Electric da 143 CV, vuoi per motivi di sicurezza, vuoi per fare in modo che la carica della batteria non venga prosciugata in poche corse folli su strada, il trimmer dell’acceleratore è limitato al raggiungimento dei 160 km/h.

Mazda ha rivelato che a breve sarà disponibile la versione della MX30 Electric dotata di un motore rotativo Wankel che avrà il solo scopo di rigenerare la batteria. Quindi, succederà il contrario di quanto avviene ora, anche in diversi modelli Mazda, sui quali un motore elettrico o un sistema elettrico vanno a sostenere le prestazioni del motore a combustione interna per renderlo più brillante e ridurre i consumi. Per ora, proviamo questa full electric. Ora però, dopo una bella giornata al mare a Lignano Sabbiadoro e la sosta sullo splendido terrazzo al Sabbiadoro Beach Bar & Restaurant si fa sera anche sulla Riviera friulana e ci sIMG_0569IMG_0558 IMG_05841 IMG_1204 IMG_12071 IMG_2003 IMG_22571 IMG_2004erve una colonnina di ricarica che assicuri un tempo di rigenerazione della batteria ragionevole. Ovvero che ce la rigeneri mentre siamo a dormire. La ricarica la potremmo fare anche da casa, ma per garantire la sicurezza dell’utilizzatore, gli accessori per collegare l’auto alla rete domestica sono dotati di una protezione sensibile, che se verifica che l’impianto della rete elettrica di casa non dispone di una messa a terra adeguata, si rifiuta di collaborare. Per fortuna ne troviamo una a poca distanza. Colleghiamo il cavo della colonnina ai connettori della Mazda e sul display dietro al volante ci segnala il tempo di ricarica su questa connessione: 6 h e 20’. Va bene, un tempo ragionevole. Domani alla ripartenza verificheremo se la ricarica è stata completa.

#charlieinauto3/240

Finalmente liberi da lockdown anche motoristici provata in casa la Ferrari Roma

#testdrive #Ferrari Roma l’approccio è riverente ma svela subito una inaspettata docilità

Ma anche questo #testdrive ci serverà una bella sorpresa

Ricordate? Prima della pandemia eravamo stati invitati a Modena da Ineco, tramite l’amico pilota udinese Stefano Ramon Gazziero, alla rivelazione della Ferrari Roma. Si trattava del primo evento in assoluto nel quale veniva mostrato in presenza, sia pure a un pubblico selezionato di giornalisti e clienti del Cavallino rampante, uno dei primi esemplari della Ferrari che vuole rilanciare il mito della Dolce vita della Capitale. In quell’occasione, la presentazione era statica e tecnologica, avevamo potuto apprezzare le caratteristiche, lo spazio, le scelte tecniche e tecnologiche, ma soprattutto la filosofia che ha ispirato questo modello che sintetizza la vocazione alla velocità con la mission di essere una vettura gran turismo di lusso e stradale. Anche se di stradale ha davvero poco visto che con il motore di

3.900 cc V8 sviluppa 620 CV alle quattro ruote motrici.

E vi avevamo raccontato tutto questo assieme alla descrizione tecnica e da driver di Favero, responsabile delle scuole di pilotaggio della Ferrari. Una potenza disumana? Oggi vedremo che non è così, e che la tecnologia può rendere docile anche questo cavallo imbizzarrito per renderlo alla portata, quasi, di un bambino. Proprio quella notte, al rientro da Modena, dopo avere visitato in serata la splendida e animata città, ascoltavamo alla radio il crescendo di drammatiche notizie che arrivavano da Vo, sui Colli Euganei accanto ai quali siamo transitati, che erano il prologo della pandemia. Sono passati diversi mesi, e tra lockdown, divieti, prescrizioni, non abbiamo ritenuto di forzare la mano, anche perché non avremmo trovato il feedback necessario per approfondire l’argomento. Noi, come nessun altro collega. Ma il nostro gancio in Ferrari ha funzionato ancora, e come avete visto accadere per la Ferrari ibrida, che siamo stati tra i primi a guidare su strada, così è stato, finalmente e sempre grazie all’amico Ramon, la Roma. È

bene premettere che, anche se a malincuore perché è forse l’unico dato positivo della nostra esperienza dentro l’emergenza da pandemia, il nostro impegno nel giornalismo dell’automotive ci ha consentito di viaggiare ugualmente per i test drive, e di poter provare le auto in piena sicurezza perché eravamo certi che le strade, ovunque, erano deserte. Di conseguenza, l’antica abilità al volante si è consolidata con l’esperienza al volante di decine di auto. Ho perso il conto, lo devo aggiornare, ma in quattro anni abbiamo provato oltre 170 auto di gran parte delle Case automobilistiche e di ogni livello e vocazione. Così, guidare una Ferrari, anche se è sempre emozionante, diviene parte della routine del test driver. Ciononostante, l’emozione, tensione, adrenalina prima di salirci a bordo è sempre importante.

Stavolta il test drive sarà su un circuito stradale di una quarantina di km, 40’ di guida, sul Collio. Il ritrovo nell’azienda vinicola Schioppetto a Capriva del Friuli. Incontriamo Ramon che ci apre la strada. Poi le verifiche anti pandemia di rito, e mentre i tecnici sanificavano l’auto, assieme ad altri tre fortunati automobilisti, tutti ferraristi, il breve corso, intensivo, degli istruttori Ferrari su come si guida la Roma e come si conduce la guida sportiva. C’era anche un modello Spider, ma a me viene assegnata una Roma berlinetta color verde petrolio. Ok, finalmente si parte e l’adrenalina comincia a salire. Anche perché sul sedile del passeggero prenderà posto un istruttore-accompagnatore made in Ferrari.

Quindi, mi sentirò sotto esame. Per cominciare, farò lavorare il mio passeggero da subito, perché per uscire dall’azienda occorre superare un dosso con ghiaia che, immagino, nonostante i controlli elettronici elevati, con una semplice sgommata avrei colpito le Ferrari parcheggiate ma anche i presenti nel piazzale. Così l’ho fatta salire con un filo di gas, al limite del far imballare il motore. Ci sono riuscito, anche perché, nonostante quello che potremmo ritenere, la Ferrari Roma, come ci ha fatto verificare l’accompagnatore, la Roma è capace di viaggiare con la guida autonoma e automatizzata a 50/60 km/h inserendo da sola l’ottava marcia. E continuando alla stessa velocità senza inciampamenti… ora arriviamo sull’asfalto, mi indica di andare verso sinistra lungo il saliscendi delle colline e finalmente posso aprire il gas. Un approccio morbido, perché di recente avevo provato la Ferrari ibrida da 1000 CV, la SF90 Stradale. Ma è già il rumore del V8 Ferrari IMG_1520 IMG_1542 IMG_1544 IMG_1552 IMG_1549 IMG_1485 IMG_1487 Schermata 2021-11-01 alle 01.45.14 Schermata 2021-11-01 alle 01.46.58 Schermata 2021-11-01 alle 01.47.23 Schermata 2021-11-01 alle 01.47.50 Ferrari Roma volante Ferrari Roma bluche fa atmosfera.  

Charlieinauto3/237

 

#testdrive #Mazda MX30 Electric sicura anche sullo sterrato

L’auto giapponese di carattere sperimentale ma in vendita.

#testroad tra le pianure del medio Friuli e Villa Manin di Passariano

Come stiamo a corrente? Bene, fatto il pieno in una colonnina di ricarica a poca distanza da casa, al Marina Punta Faro, dove due Case, la prima antesignana nella mobilità elettrica, l’altra leader dei motori sportivi raffreddati ad aria, hanno installato le colonnine ancor prima del lock down e dell’avvio delle politiche green sull’energia. Ma anche nel nostro caso, la ‘marca’ di quest’auto ha curato anche i dettagli per lo sfruttamento ottimale di un mezzo performante e sostenibile. Si, perché, che rigeneriate la batteria da casa o sulla colonnina, la spesa per una ricarica, che equivale a un pieno, va dai 7 ai 10 euro.

Il che significa che equiparando un pieno di un’auto tradizionale, che ci consente mediamente un’autonomia di 600 km, spendiamo tra i 21 e i 30 euro. Evidentemente, siccome al momento i costi di ricarica dalla colonnina si equivalgono al costo di una ricarica dalla presa di casa, e il trasformatore-accessorio necessario e relativo cavo sono a bordo in dotazione, possiamo dedurre che la gestione della Mazda CX 30 Electric è davvero sostenibile. Certo, la batteria in dotazione di questo modello, che permette al motore di erogare l’equivalente di 143 CV di potenza, consente circa 200 km di autonoma, un range che per un impiego normale anche su strade extraurbane, potrebbe essere limitato. Certo è che se sulla Mazda CX 30 monteranno una batteria di maggiore capacità, ovvero, in parole povere, più grande, quest’auto sarà ancora più appetibile.

Abbiamo detto degli spazi interni, generosi, della struttura, decisamente solida, del confort, elevato. Tutto fa presupporre vi siano potenzialità da sviluppare con un propulsore ancor più potente e performante. Da gestire in tutta sicurezza. Anche la guida assistita di questa Mazda è bene all’altezza della tradizione della Casa giapponese. Che rende ancor più sicuro un mezzo già di per sé sicuro. Chissà se un giorno ci faranno provare una Mazda realizzata con questa struttura e 100/200 CV in più. La prima considerazione è che l’auto reggerebbe bene l’incremento di potenza. E potrebbe mantenere inalterato il livello di sicurezza della MX30. In ogni caso, già i duecento CV di questo modello sono sufficienti per una esperienza di guida d’alto livello. E visto che le cose stanno così, andiamo a provarla dove si conviene, ovvero, su terra.

Questo SUV è molto eclettico, e vista la struttura e le dotazioni è certamente affidabile in ogni condizione del percorso che intendessimo affrontare. Ovviamente il test sarà soft, a portata di ogni automobilista. Anche se le performance della MX30 Electric sono notevoli, a cominciare dall’accelerazione. Ecco uno sterrato liscio ma non senza ghiaino verso la banchina. Secondo voi in questi casi che cosa si fa? Certo, si spinge a fondo sul pedale dell’acceleratore. Questo SUV è di medie dimensioni, lungo 440 cm, largo 180, alto 157. Il motore elettrico eroga subito la potenza che gli chiediamo. Ricordatevi di questa prerogativa delle auto elettriche quando ne proverete una: schiacciando a fondo il pedale dell’acceleratore avrete già a disposizione la massima potenza, progressiva, in costante incremento fino a quella massima, alla velocità massima, che di solito è controllata dal limitatore di potenza. Facciamo così, ma dobbiamo fare i conti con la parte elettronica, che inibisce anche il minimo slittamento delle ruote anteriori, perché la trazione è anteriore. Il che su una strada bianca, per uno che ha cominciato con l’anteriore su terra, è una garanzia, purché si conoscano le dinamiche dell’auto e gli effetti della trazione. Ma non è questa la sede per insegnarvi come si fanno i testa coda o le derapate. Di fatto,

la MX30 procede senza incertezze o alcun comportamento che possa mettere in crisi la serenità del conducente. Proviamo anche un paio di staccate, ma tutto procede per il megio. Anche la nostra Mazda Electric. Siamo passati dalla Riviera friulana al Medio Friuli, e bivio dopo bivio sbuchiamo accanto alla Villa Manin di Passariano. Dove dormì Napoleone quando giunse fin qui per firmare il Trattato di Campoformido. Una dimora storica, che fu realizzata dal Doge di Venezia Manin, e che ospita eventi e rassegne. Stavolta ospiti sono le ragazze della Pallavolo, in procinto di partire per una tournée internazionale. Così, parcheggiata la Mazda, ci godiamo l’evento.

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