#testdrive A un passo dalla guida autonoma

IMG_6390Negli ultimi modelli le auto adeguano il cruise control ai limiti di velocità

Una funzione su Hyundai che si attiva automaticamente

Abbiamo visto che La nuova Hyundai Kona Electric ci ha confermato l’autonomia rassicurante che la contraddistingue. Mantiene questa sua prerogativa importante, visto che solitamente è una delle principali criticità dei veicoli elettrici, anche se le chiediamo di regalarci qualche emozione in più. I 204 CV erogati dal suo motore elettrico consentono a questo SUV crossover di ultima generazione di viaggiare in piena sicurezza gestionale, anche se cerchiamo di sfruttare il motore con la guida sportiva: in ogni situazione ci permette di cavarcela serenamente, rispondendo con immediatezza alle richieste che le poniamo. Ci attende però ancora una sorpresa. Per avere un’ulteriore conferma delle qualità dell’auto, che in questa nuova versione ha indossato un look ancora più esclusivo e armonico, siamo tentati di raggiungere nuovamente le strade di montagna, con il fondo stradale molto sdrucciolevole per la neve e il ghiaccio, e magari trovare anche il famigerato ‘verglas’, come lo chiamano i protagonisti del Rally di Montecarlo, ovvero quel sottile velo di ghiaccio che pare un vetro. Inoltre, le temperature rigide ci consentiranno di vedere se il rendimento delle batterie in tali condizioni cambia o resta inalterato. Per andare in montagna però, ci attende un tratto di autostrada, il classico trasferimento.

Rassicurati dalle conferme sull’autonomia della Kona Electric,

considerato che all’inizio dell’inverno da noi le giornate sono piuttosto corte, per fare prima e poter disporre delle luci dell’imbrunire per concludere il nostro test con foto e video adeguati, imbocchiamo l’autostrada. Per comodità, inserisco il cruise control, e consapevole del fatto che solitamente le indicazioni fornite dal tachimetro di bordo sono leggermente più ottimistiche rispetto alla velocità reale, lo imposto su 135 km/h. Perché, considero ragionando a voce alta, la velocità reale sarà molto vicina al limite che qui è di 130 km/h: a confermarmelo è il navigatore dell’applicazione attivata sul telefonino. Pochi km dopo però, tra i due orologi virtuali del cruscotto digitale, l’indicazione della velocità che avevo impostato sul cruise control cambia da sola. Improvvisamente, senza che io abbia fatto niente, compare la nuova velocità di crociera che sarà mantenuta dal cruise control: 130 km/h. Questa indicazione è preceduta dall’acronimo

HDR che appare assieme al nuovo limite e si colora di verde

come la scritta ‘130 km/h’. Quindi? Per un lungo tratto non cambia nulla e la Hyundai mantiene la stessa andatura, rallentando autonomamente quando si avvicina a un altro veicolo e per riprendere la marcia alla velocità precedente dopo averlo superato. Forse intuiamo l’arcano: poco più avanti ecco il nuovo limite di velocità, che scende prima a 110, poi a 80 km/h. E la nuova Kona Electric, da sola si posiziona proprio a 80 km/h. E’ sufficiente pazientare ancora un po’, per dedurre, senza la necessità di dover consultare il libretto d’uso dell’auto, che la vettura aveva adeguato la sua velocità ai limiti che leggeva sui cartelli stradali, probabilmente dopo averli confrontati con quelli memorizzati e segnalati sulle mappe che trova nel web. Ora però è giunto il momento di disattivare il cruise control e di riprendere il pieno controllo dell’auto. aiutati dal semi-lock down, le strade sono semideserte e viaggiamo in piena sicurezza anche quando la strada si fa divertente e inizia a salire, a cominciare da Castello d’Aviano, suggestiva località castellana affacciata sulla pianura pordenonese. Poi l’attacco della salita, segnalato dal grande cartellone con l’immagine di Marco Pantani in Maglia rosa. Quella maglia che il campione aveva conquistato al Giro d’Italia con una funambolica impresa, proprio salendo al Piancavallo.

Da lì fino in cima la guida è puro divertimento.

La Kona è a trazione anteriore, ed è sufficiente dosare l’acceleratore e aiutarsi con le palette al volante, quella di sinistra aumenta la capacità frenante del sistema che rigenera la batteria, ed è come, anzi, direi, meglio, che guidare una vettura con il cambio automatico, perché la precisione nella decelerazione e in frenata assicurata da questo sistema è molto elevata. E soprattutto non dipende dalla pressione del piede sul pedale del freno. Pedale, che si può tranquillamente trascurare per dedicare l’attenzione all’acceleratore. Finalmente arriviamo alle strade innevate e l’elettronica ci assiste alla grande, anche se, a mio avviso, anche rinunciando a parte della guida assistita, eccetto ovviamente la funzione antislittamento, non avremmo avuto grossi problemi a guidare in piena sicurezza anche in queste condizioni. Così proviamo la Kona sul misto, poi in discesa: non ci ha impensierito nemmeno per un istante. Una sosta di ristoro per una bevanda calda e una fetta di torta al cioccolato, per capire se il freddo influirà sulla durata della carica della batteria, perché nelle auto elettriche e ibride, la batteria per essere efficace deve raggiungere una temperatura minima. Un processo che viene solitamente garantito da un sistema di riscaldamento automatico che comunque costa corrente elettrica. In realtà, l’autonomia e il livello di carica della batteria indicati dagli strumenti di bordo non è cambiato, e la conferma dell’autonomia l’avremo al termine della gita-testdrive. Ora, finalmente, ci possiamo godere lo spettacolo del panorama da bivio Castaldia verso la pianura, gettando lo sguardo fino al cividalese, all’Isontino, alla Riviera friulana e dall’altro lato, verso ovest, in direzione del litorale veneto, sul quale, all’orizzonte, si staglia il riflesso tenue del mare.

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#testdrive Mini sempre mini ed ecco la Cabrio John Cooper Works

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Da 0 a 100 km/h in 6,1” lasciando fare al cambio Sport Steptronic

Ruote da 18 e tetto apribile ma è il look che non la fa passare inosservata

Ti dicono Mini e tu pensi subito alla Minor, alla Morris, alla Cooper. Quanta acqua è passata sotto ai ponti? Pardon… Quanti km sotto le ruote? Sotto le mie, ormai diversi milioni. Ma siccome non sono un ‘divoratore’ di strade, ciò significa che è trascorso del tempo da quando il compagno di studi della ‘città bene’ mi trasportava nei luoghi dell’hinterland, soprattutto collinare, con la Mini di sua madre, per trascorrere serate in buona compagnia alla ricerca dei gusti più genuini del territorio. Salvo poi lasciarmi il volante nel viaggio di ritorno se la compagnia si allargava, o qualora avessimo assaggiato un Tocai in più. Così, la mia fidelizzazione a questa citycar, che non è mai stata semplicemente tale, risale agli anni ’70, quando

il volante ti arrivava tra le mani dal piantone conficcato al centro

del sotto plancia, disassato per poter essere installato sia verso sinistra che verso destra, ed essere rivolto, all’occorrenza, ai mercati dove il senso di marcia dell’auto tiene la destra, come il nostro, o la sinistra, come accade in Gran Bretagna, dove il marchio Mini ha avuto origine. Acquistata dalla BMW qualche decennio fa, Mini ha subito un’evoluzione tale da farla divenire eclettica, pur mantenendo il tratto iconico che sa attrarre grandi e piccini, ragazze gentili o modaiole come i giovani sportivi del volante. Già negli anni ’70, il figlio del concessionario della città era un amico, e ci consentiva di provare le diverse vocazioni della Mini. La Cooper, ancor oggi più sportiva e grintosa, sempre di dimensioni minime ma sufficienti per trasportare, strette, quattro persone, era la più scattante, con un motore che consentiva i sorpassi e una guida veloce anche nel misto come in montagna. All’epoca era già uno strumento per lo sport, e la trazione anteriore permetteva di affrontare in sicurezza anche le strade difficili, innevate o fangose. Achille Minen, nostro maestro del volante, guida dell’automobilismo friulano per decenni, nelle salite, come il fratello Mario, Fabio Del Zotto, mio cugino, nei rallies, e tanti altri avevano individuato nella city car inglese uno strumento micidiale per correre. Che vinse, all’epoca, anche il Rally di Montecarlo nella bufera di neve. Era a trazione anteriore e io, da anteriorista, non potevo che amare questa piccola e veloce vettura vestita da città che

si destreggiava imperiosamente anche sulle speciali dell’Alpi Orientali,

del San Martino di Castrozza e su altri Altari del rallysmo italiano e internazionale. Abbiamo già detto che ha vinto, nella versione evoluta della Countryman John Cooper Works già provata su #charlieinauto, ovviamente nella versione rafforzata, la Parigi Dakar. Quindi, la curiosità che ci ha saputo stimolare Alice, del Parco stampa BMW Italia, nell’assegnarcela, era in crescendo. Anche perché, mentre in un primo tempo mi era stato proposto di testare la Mini elettrica, che ancora non ho provato, all’ultim’ora mi è stato chiesto se poteva essere sostituita da una Mini Cabrio. Vabbè, ho pensato. Qualche testata televisiva nazionale avrà avuto un’urgenza maggiore: non avevo ancora inteso il senso del cambio di vettura per il test drive. Nonostante la stagione invernale, ho comunque accettato subito e con entusiasmo la proposta, perché di provare auto decapottabili, d’inverno, mi era già capitato altre volte. D’altro canto, anche d’estate, se possedete un’auto con il tetto apribile, per quanto tempo la usate ‘a cielo aperto’? Così, ecco il gran giorno ed entriamo, io e il ‘naviga’ green-passati, negli uffici della BMW Italia di San Donato Milanese per le procedure burocratiche. L’incaricato ci prega di attendere all’esterno del grande e luccicante palazzo di cristallo, e poco dopo arriva davanti all’ingresso con la piccola auto rosso fiammante, il tettuccio nero come i passaruota e due fascioni neri con bordo bianco sul cofano. I fari grandi e aggressivi, probabilmente costruiti in Carnia come altre parti destinate alla Casa bavarese e quindi oggi anche a Mini.

Chiedo quanti CV ha e, ma aveva fretta, mi dice ‘170’.

Io, con una rapida equazione sul rapporto peso-potenza, gli rispondo di getto: “Allora tira…”. Ma lui aveva interpretato male la mia domanda, perché noi ragazzi degli anni ‘70 siamo stati abituati a ragionare in CV, ovvero Cavalli. Saliamo: due porte, bagagliaio a bauletto come le prime Mini, sedili avvolgenti, regolabili elettronicamente e tipo racing, volante in pelle con funzioni e comandi analoghi a quelli della Countryman, che però era si di 2000 cc, ma era diesel da 190 CV. Gli strumenti sono uguali, così i comandi, con il cambio automatico a otto marce del tipo Steptronic Turbo, e manuale, comandabile sia con le palette al volante che con il joystick situato sull’alto tunnel centrale a prova di fidanzata. Quindi, riepilogando, si tratta dell’allestimento John Cooper Works, quello sportivo della Mini, il motore

è a benzina di 2000 cc, turbocompresso con il Mini TwinPower Turbo.

Non resta che schiacciare, pardon abbassare la leva dell’accensione al centro del cruscotto e partire. Il rumore ci insospettisce da subito: sarà il nuovo scarico sportivo. Ma?! Tira davvero! Vuoi vedere che… Infatti: l’addetto intendeva 170 KW, ovvero 231 CV, una potenza  che si riflette in una coppia massima di 320 Nm… Ovvero, un bolide per intenditori. Ma siamo ancora alla periferia di Milano. Quindi, il resto lo vedremo meglio la prossima settimana, perché non avevamo ancora attivato la funzione Sport…

#charlieinauto3/262