#testdrive : arriva dal nuovo film di #Spiderman e ora vediamo com’è nella neve

La Hyundai Tucson da 230 CV trasmette sicurezza anche sul fondo gelato

Un’escursione fino in fondo in una delle valli più fredde

Abbiamo visto che la nuova Tucson della Hyundai guarda al futuro. Non a caso compare nel nuovo film Spiderman divenendo così un’auto simbolo per i giovani fan dell’Uomoragno. Il nuovo design mira a evidenziare il suo carattere deciso anche se non del tutto appariscente bensì quasi sotto profilo. In effetti 230 CV, anche se camuffati in parte dalle performance del motore elettrico da 45V che compensa quelle già brillanti del 1600 a benzina, non sono pochi. Così, come abbiamo fatto altre volte, non ci resta che andare a provarla laddove la tenuta di strada si può rivelare più critica. Ovvero, tra le montagne innevate. Per sicurezza, anche se è ancora inverno, ci andremo a infilare in una delle vallate più fredde del nostro arco alpino

che è la Valsaisera, nel Tarvisiano.

È una chicca per gli appassionati della montagna e del mondo della natura, il Paradiso dei fondisti per antonomasia, perché è percorsa da una pista che scorre tra il bosco, il torrente innevato, la malga, un’ex polveriera, e risale, o discende l’intera vallata, da Valbruna alle pendici del Jof Fuart. Proprio in quell’angolo sperduto e isolato da creste altissime si registrano le temperature più fredde del nordest. Anche a me è capitato di arrivarci, quando ancora lo sci nordico, o da fondo, si praticava esclusivamente spingendosi con il passo alternato, e non ancora con la tecnica più veloce e performante, meno faticosa, del passo pattinato, in una delle giornate trabocchetto. Il clima era splendido, sole lucente, l’aria tersa ancorché gelida, la temperatura fresca ma, sciando, sopportabile. Arrivato al nono km del primo di due giri, quindi già quasi al giro di boa, all’epoca i 40 km alla volta erano la prassi, ho deviato verso il fondo della vallata e seguendo la pista così com’era tracciata sono finito nella zona in ombra: quasi d’improvviso ho avuto una sensazione di gelo scendere fin dentro i polmoni, e mi si sono perfino congelate le lacrime accanto agli occhi, dove non erano riparati dagli occhiali. Preso alla sprovvista ho accelerato, ed è stata una fortuna perché aumentando la prestazione mi sono riscaldato per arrivare indenne alla malga e al punto di ristoro, un paio di km più a valle, sul tracciato di ritorno. L’oste, prudentemente al riparo all’interno del locale, mi ha confidato che due ore prima, gli Alpini che avevano un presidio oltre la Piana dell’Angelo, così chiamata perché gelida e un po’ più in alto, avevano registrato la temperatura di -27°!

Questa volta non andrà così, anche se è piuttosto fresco, innanzitutto perché fa meno freddo, poi perché sarò al riparo della Tucson, che assieme a un confortevole impianto di intrattenimento dispone di un ottimo sistema di riscaldamento, anche dei sedili e del volante. Imbocchiamo la strada che sale in mezzo al bosco e provo ad affondare sul pedale dell’acceleratore. Schiaccio a fondo e in breve chiedo all’auto di scaricare i CV custoditi tra il cofano e la trasmissione, nel modello in prova anteriore.

Ma la Tucson parte in progressione come se fossimo sull’asfalto asciutto

e accelera senza disperdere energia, e carburante, con lo slittamento delle ruote. Facile, direte voi, sul dritto e in salita… Per fortuna la strada prosegue in falsopiano permettendoci di apprezzare lo scenario da fiaba con gli alberi innevati fin verso il Santuario del Monte Lussari, che si trova qualche centinaio di metri più in alto raggiungibile con la cabinovia.

Ammiriamo tutto questo grazie al tettuccio quasi interamente finestrato.

Quindi, non mi resta che togliere improvvisamente il piede dall’acceleratore. Ma ‘la musica non cambia di molto’: la Tucson mantiene la direzione che le ho imposto e anche frenando si ferma senza bloccare le ruote, nonostante in questa zona di nel sottobosco il fondo passi spesso dall’innevato al ghiacciato. Ed ecco un tratto misto. Anche in questo caso la situazione non cambia e la Hyundai trasmette la sicurezza che è capace di assicurare. Ecco la Baita del Tedesco, il ristoro con i parcheggi, ma decidiamo di andare fino in cima, alla Piana dell’Angelo, oltre il torrente Saisera, fino ai piedi dei sentieri che portano al Rifugio Marinelli e su altri splendidi sentieri per le escursioni. Siamo arrivati a destinazione. Quindi, non ci resta che parcheggiare per goderci una bella passeggiata nella neve, ovviamente nei punti dove batte il sole.

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#testdrive maneggevole con la coppia giusta per salire lungo la Valsaisera

Dacia Sandero Steepway il modello del rilancio della Casa boema

Confort affidabilità prestazioni adeguate : SUV adatto a gite in montagna

Andar per monti, in auto, significa potersi godere il paesaggio, l’ambiente, un ecosistema che se fosse lasciato a se stesso, sarebbe, almeno in parte, sostenibile. Ma anche potersi divertire al volante dell’auto lungo strade che presentano, per la morfologia del territorio, caratteristiche spesso complesse, ma proprio per questo più suggestive. Così, stavolta, per farvi conoscere un sito che è l’icona della montagna friulana, e per percorrere strade che rilasciano suggestione, curva dopo curva, andiamo nella Valcanale,

nel Tarvisiano, da Camporosso a Valbruna, fino dentro la Valsaisera.

C’andiamo d’estate, per gustare un’area che è imperdibile anche quando è completamente ammantata dal biancore della neve. È in quel periodo che si possono infilare gli sci da fondo, per risalire l’intera vallata da Camporosso fino alla malga del Tedesco, un ristoro esposto al sole dove riprendere fiato per risalire fino alla polveriera, e al cuore della valle, ai piedi del maestoso Jof Fuart. Un anno, qualche anno fa, partito dal fondovalle ero risalito fin nella parte alta della vallata, spingendo sugli sci, allora si correva a passo alternato, non era ancora stato introdotto il passo pattinato, in tratti tra il bosco e il torrente, quasi sempre irrorati dalla luce solare. Finché mi sono infilato nell’ultimo tratto, meno di un km, in ombra. Non è che fin lì il clima fosse stato temperato,

si andava dai – 8 a fondovalle, fino ai – 15 in malga.

Allora lo spirito agonistico era prevalente, e si era passati da poco dagli sci con il fondo liscio da sciolinare, con paste di cera di colore diverso a seconda del grip che potevano assicurare nei diversi tratti del percorso, che si stendevano con il fornello a gas e la fiamma puntata sulla soletta dello sci. Spalmandole nella sequenza che, con il consumo progressivo dovuto all’attrito sulla neve, poteva permetterci di arrivare con quella più appiccicosa dove il fondo era più ghiacciato e scivoloso, più scorrevole dove era necessario spingere sui cristalli di ghiaccio ma anche scivolare più velocemente. Così, dopo una pausa corroborato da un piatto di goulash suppe, ho insistito verso la base della montagna. Risultato che finito improvvisamente all’ombra mi sono sentito entrare il freddo fin dentro i polmoni, e subito formare il ghiaccio ai lati della bocca e all’estremità degli occhi. Niente paura, ho accelerato il passo e sono ripartito ritornando alla malga, per darmi una riscaldata prima di ridiscendere a valle. Lì dentro il gestore mi ha avvisato di non salire fino in cima (da dov’ero appena arrivato), perché due ore prima

i militari avevano registrato la temperatura di -27…

Troppo tardi, o comunque, niente paura, shock superato. Così sono ripartito per scendere verso Valbruna e intraprendere il secondo giro (allora percorrevo la Saisera per due volte, circa 40 Km), che però ho tagliato alla Malga per rientrare a valle. Lo stesso scenario, gli stesi paesaggi delle Alpi Giulie, dominati dal Santuario del Lussari, in versione verde, non perdono la loro suggestione. Ah già, dimenticavo, la strada? Con la Dacia Sandero Steepway ci siamo divertiti a risalirla. Ha confermato la maneggevolezza ma anche l’affidabilità.

Di supporto a prestazioni inaspettate per un 1000 tre cilindri da 101 CV,

ci sono la stabilità e la tenuta di strada assicurata dalle ruote da 18′. Assieme a un ottimo rapporto tra la curva di coppia del motore, il peso non eccessivo di un SUV comunque robusto e capace di affrontare un fuoristrada impegnativo, la potenza sufficiente e i 6 rapporti del cambio manuale ottimamente calibrati. Un impianto frenante rassicurante ci permette infine di affrontare velocemente anche la discesa della Saisera. ma non va dimenticata la sostenibilità garantita dalla doppia alimentazione bi-fuel. Due serbatoi, uno da 40 lt per la benzina, e uno 50 lt per il gas GPL portano l’autonomia della Sandero a 1300 km. Ma soprattutto, ci permettono, utilizzando il gas, di andare in gita anche su distanze impegnative come in questa occasione, quasi 240 km andata e ritorno, spendendo meno 10 euro di combustibile. Missione completata dunque, e test drive, assieme al test road, con esito positivo.

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