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Gli interventi psicologici con in Migranti dei C.A.S.

Implicazioni psicologiche sulla condizione di “Migrante”

Gli interventi di sostegno psicologico all’interno dei Centri di Accoglienza Straordinaria risultano essere azioni complesse che vanno inserite in un contesto ampio entro il quale inserire variabili come le difficoltà linguistiche, le culture di origine completamente differenti da quella “occidentale”, la religione e il contrasto al pregiudizio culturale e razziale.

Emigrare è prima di tutto un cambiamento.
Da un punto di vista psicologico, questo cambiamento può avere impatti diversi a seconda dell’individuo che lo affronta, generando vissuti psicologici differenti che possono anche portare a problematiche emotive gravi, aventi come trigger proprio il trasferimento in un altro paese.

Maturare la scelta di partire per un altro paese significa scontrarsi con il concetto e con il vissuto di separazione. Ci si separa dal contesto familiare, affettivo, sociale e culturale originario e questa scelta provoca una rottura dell’equilibrio preesistente nella vita della persona che decide di emigrare.
Questa fase costituisce un momento contraddittorio di sofferenza, unita ad aspettative più o meno fantasiose, rivolte verso il nuovo Paese e la nuova vita.

La partenza e la separazione provocano la necessità di elaborare queste esperienze proprio come un lutto: il lutto della separazione dal gruppo originario, dai legami costruiti durante l’infanzia, dalla famiglia, dagli amici, dalle abitudini, ma anche dalla lingua e dalla cultura di appartenenza. Non esistono storie di migrazione uguali le une alle altre, questo perché ogni individuo affronta, elabora ed integra la propria storia di vita all’interno della propria storia di migrazione, andando a creare vissuti univoci.

La partenza è anche il momento che segna il passaggio dal “prima” al “dopo”. Nel momento in cui si parte, si lascia una parte di sé per acquisirne una nuova, ancora sconosciuta. Questo aspetto del cambiamento psicologico non è sempre chiaro nel migrante e può portare, in un secondo momento, a vissuti ambivalenti ed estranianti.
Ciò che ero, in condizioni diverse, muta e si trasforma acquisendo competenze nuove, affrontando sfide non previste, sopravvivendo a condizioni impervie. Questo cambiamento può talvolta risultare estraniante e portare a vissuti dissociativi, stati ansiosi e vere e proprie crisi esistenziali.

In terapia l’aspetto della partenza va indagato con grande attenzione. Approfondire le cause che hanno spinto la persona a emigrare, insieme alle aspettative di cambiamento sia pratico che psicologico, forniscono un buon modo per inquadrare dove può essere scaturita la dissonanza psicologica che ha portato l’individuo a richiedere aiuto psicologico.
Come gestire i sintomi portati dai pazienti? Il primo passo verso la gestione dei sintomi portati dai pazienti consiste nel differenziare i vissuti e le emozioni derivanti dall’esperienza migratoria dai vissuti derivanti dalla propria storia personale. Questo non è sempre facile o possibile e deve configurarsi come un primo passaggio di scissione emotiva, che ha come obiettivo, in un secondo momento, l’integrazione.

La fase di scissione emotiva – ovvero il senso di smarrimento derivante dal sentimento di lontananza ed estraniamento verso i propri vissuti emotivi – implica un forte processo di normalizzazione emotiva rispetto ai vissuti specifici del cambiamento. Aiutare il paziente a comprendere che è normale sentirsi soli, sentirsi in ansia, sentirsi estraniati nel non comprendere la lingua è un primo passo verso la comprensione e la normalizzazione dei vissuti.

Il compito del terapeuta, però, è anche quello di valutare attentamente dove si trova la linea di confine tra un disturbo passeggero di adattamento a una nuova situazione e l’esordio di un disturbo clinicamente rilevante.
In questi casi l’uso di testistica, unito a un monitoraggio dell’andamento del paziente nel tempo, aiuta molto nell’indirizzare la valutazione.

La raccolta della storia di vita personale del paziente è importantissima per valutare i vissuti personali passati che possono entrare in risonanza con quelli esacerbati dal cambiamento di Paese.
Pazienti con tematiche di controllo, timore dell’incertezza, forte dipendenza dal contesto sociale, possono facilmente sviluppare disturbi di natura ansiosa, mentre pazienti con storie di vissuti di abbandono, traumi e perdite possono evolvere in disturbi di natura depressiva.

 

Dott. Antonio Vigliotti – Centri “Damasco 1 – 3 – 7 – 13”)
(psicologo-psicoterapeuta)

Rif. www.humantrainer.com

  • Fondazione Migrantes: “Rapporto italiani nel mondo“, ottobre 2016
    www.chiesacattolica.it/pls/cci_new_v3/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=84393&rifi=guest&rifp=guest
  • Il Fatto Quotidiano: “Rapporto Migrantes 2015, oltre 4,6 milioni di italiani all’estero. Germania e Regno Unito le mete principali“, 6 ottobre 2015
    www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/06/rapporto-migrantes-2015-oltre-46-milioni-di-italiani-allestero-germania-e-regno-unito-le-mete-principali/2099060/
  • Dati statistici sugli italiani nel mondo, Ricerca del Dossier Statistico Immigrazione della Caritas, emigrati.it, 2000
    www.emigrati.it/Emigrazione/DatiStatItalMondo.asp
  • Goussot A., “Disagio psichico e immigrazione“, progetto regione istituti penitenziari, Emilia Romagna
    sociale.regione.emilia-romagna.it/documentazione/pubblicazioni/altro/disagio-psichico-e-immigrazione
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