Guilty. E l'America rimasta per tutto il giorno come paralizzata in attesa della lettura della sentenza, respira. Breathe, un verbo diventato simbolo dopo quegli interminanili 8 minuti e 46 secondi con quel ginocchio sul collo di George Floyd (foto sotto, a sinistra), e quella frase sua frase sussurrata fino alla fine, «I can't breathe», poi urlata nelle proteste dell'America nera. Alle 15 e 08 ora di Minneapolis, le 23 e 08 in Italia, la giuria popolare vissuta per giorni separata e nascosta al mondo per paura di ritorsioni, ha pronunciato all'unanimità il verdetto contro l'imputato, l'agente Derek Chauvin (foto sotto, a destra), che puntò quel ginocchio sul collo di Floyd, indifferente al lamento, ai passanti che lo pregavano di lasciarlo respirare, ai telefonini che lo riprendevano da tutti i lati.
Floyd, sentenza storica: «Agente tre volte colpevole». Rischia 40 anni di carcere. La folla esulta
Guilty. E l'America rimasta per tutto il giorno come paralizzata in attesa della lettura della sentenza, respira. Breathe, un verbo diventato simbolo dopo quegli interminanili 8 minuti e 46 secondi con quel ginocchio sul collo di George Floyd (foto sotto, a sinistra), e quella frase sua frase sussurrata fino alla fine, «I can't breathe», poi urlata nelle proteste dell'America nera. Alle 15 e 08 ora di Minneapolis, le 23 e 08 in Italia, la giuria popolare vissuta per giorni separata e nascosta al mondo per paura di ritorsioni, ha pronunciato all'unanimità il verdetto contro l'imputato, l'agente Derek Chauvin (foto sotto, a destra), che puntò quel ginocchio sul collo di Floyd, indifferente al lamento, ai passanti che lo pregavano di lasciarlo respirare, ai telefonini che lo riprendevano da tutti i lati.