Sanremo dalle buone intenzioni ma dalle cattive maniere. Quella di Blanco – la strage delle rose – la più eclatante. Ma è pollice verso senza possibilità di condono? «Il primo verdetto è severo – dice Samuele Briatore, presidente dell’Accademia del Galateo, benemerita istituzione che organizza corsi mirati per età e per diverse situazioni della vita di relazione, dalla socialità quotidiana al business.
Perché severo?
«Perché l’artista ha fatto male a non scusarsi sul momento. Ha detto “Mi volevo divertire e mi sono divertito”. Transeat. Ma non scusandosi subito dopo, ha peccato di egocentrismo».
Che avrebbe dovuto fare per chiedere scusa al pubblico inferocito?
«Avrebbe dovuto prendere lui la scopa per spazzare il palcoscenico anziché farla prendere a Morandi e agli inservienti del teatro, In questo caso ha anche peccato di classismo».
Classismo?
«Essere artista non vuol dire dare per scontato che gli altri facciano tutto per te. Ecco, più che il gesto sono state gravi le conseguenze del gesto».
Beh, anche il gesto però…
«A quel che so, sulla scia del video della canzone “L’isola delle rose” Blanco avrebbe dovuto gettarsi a terra su alcune rose, dunque già destinate al macero. Parte della scenografia era stata approntata per la performance. E invece…».
È giovane, si è detto come giustificazione.
«È una sciocchezza pensare che dal momento che si è giovani tutto ci sia concesso, Non è una giustificazione. Non scherziamo. Tanti cantanti su quel palco hanno la stessa età di Blanco e non hanno combinato alcun guaio».
Cosa le è piaciuto e cosa no, del festival, in fatto di galateo?
«Bisogna ricordare che il baciamano non è obbligatorio e soprattutto che è la donna, non l’uomo, che decide il baciamano. Se la donna pone il braccio in verticale, il baciamano non è richiesto. Farlo diventa dunque un gesto impositivo, Mi è piaciuto invece lo sdoganamento di genere dell’omaggio floreale agli uomini, un gesto molto contemporaneo».
Nelle forme, in che cosa difetta il festival?
«Nel tempo. Troppe ore, troppo lungo, una signora anziana o chi l’indomani va a lavorare hanno difficoltà a star dietro a tante ore di diretta fino a notte».
Il galateo nell’outfit degli artisti e degli spettatori all’Ariston.
«Agli artisti è concessa qualche eccentricità, altrimenti non sarebbero artisti. Per il pubblico c’è un’eleganza da occasione mondana quale il festival è. Quella che trovo orribile è un’altra cosa».
Quale?
«La mediazione del cellulare in sala. Se vai a vedere uno spettacolo del genere in presenza, che bisogno c’è di stare per cinque ore col telefonino in mano? Tanto valeva rimanere davanti alla tv a casa. E invece è tutto un allungare di braccia, di tentativi di selfie mentre il conduttore o un artista fendono la platea».
C’è stata un’idea vincente in queste sere?
«Ho trovato ottimo l’utilizzo di Chiara Ferragni degli abiti come comunicazione politica sul tema della violenza sulle donne».
La tv s’è trasformata in maestra delle cattive maniere?
«Purtroppo il linguaggio negativo dei talk e dei reality ha preso campo da anni, Ha sempre le caratteristiche dell’invettiva, dello scontro. Un sottosegretario alla Cultura come Sgarbi che ha avallato le torte in faccia e l’urlo “capra!” non mi sembra un buon esempio»,
Dottor Briatore, ci salveremo?
«Sono fiducioso, specialmente nelle nuove generazioni. Faccio incontri nelle scuole e vedo apertura verso la disabilità, la diversità, l’approccio al femminile è cauto. Sì, sono ottimista».