Salvatore Lioniello e l’arte della pizza napoletana

Salvatore Lioniello4Salvatore Lioniello ha quell’aria un po’ jazz e raffinata da enfant terrible, ma che resta concentrato sul proprio obiettivo. Vive e lavora ad Orta di Atella, un paese che è a metà strada tra Napoli e Caserta, molto più famoso prima che poi. Qui nacquero le maschere atellane e l’omonimo teatro. E pure Salvatore è nato e cresciuto qui, anche se all’inizio, di stare al bancone, non ne voleva sapere.  Fino a quando non inizia a macinare premi nelle competizioni internazionali. È tra i primi, in Italia, a preparare una pizza completamente vegana, con una ricerca tutta sua degli ingredienti: dalle radici di topinambur che sostituiscono le componenti di carne, fino ai ‘formaggi’ vegetali. Ora è un personaggio pubblico posta video, provocazioni, suggerimenti per pizza e altre golosità fatte di carboidrati. “Ma sono prima un professionista, poi un personaggio pubblico”. Il posto è difficile, ma solo chi non fa, si scoraggia. Salvatore fa corsi gratuiti in pizzeria laddove scuole decantate si fanno pagare badilate di euro, e questo paga molto agli occhi del pubblico. Sta per inaugurare un punto di asporto ‘alla Lioniello’ poco distante dalla sede principale, dove ci sarà anche la pizza in teglia. Sul lungo termine, prevista una sede ‘gourmet’, con una quindicina di posti a sedere e tutti su prenotazione. Ogni giorno disponibili tre impasti differenti, tra zucca, multifibre, canapa, paprika, zenzero, curcuma, integrale. Gli impasti sono ottenuti da una ricerca attenta delle farine, che se non sono a km0 quasi lo sfiorano: farro integrale, segale, Saragolla, San Carlo (proveniente dalla vicina Baia Domizia), Tumminia, Carosella del Cilento (una varietà quasi perduta), il grano Gentilrosso, il Solina. L’impasto classico è ottenuto da un blend di farine di tipo 0 e tipo 1, utilizzando il grano duro per migliorare la digeribilità del disco. Le pizze di Salvatore sono piacione, beffarde. “Ma tu, sei proprio sicuro di volermi sfidare?” Se potessero parlare direbbero questo. Questa l’impressione che si ha con i due cavalli di battaglia del suo menu: la Mortadella, con crema di pistacchi, mozzarella di bufala, granella di nocciole, mortadella e basilico, e la Mondiale, con parmigiana di melanzane. “Quella che fa mia nonna”, ci tiene a precisare. Pasta che ha la consistenza di una nuvoletta, cavernosa nelle alveolature, maneggiata con cura dall’ammaccatura fino all’impiattamento. Il morso è cedevole in bocca, il condimento è abbondante e nei sapori decisamente barocco, di pancia. Stupendamente dolce è la Marinara delicata: pomodoro San Marzano, olive nere di Gaeta e infiorescenza d’aglio. E voi, siete sicuri di voler sfidare il pizzaiolo con il panama?

Salvatore Lioniello e l’arte della pizza napoletanaultima modifica: 2016-12-05T22:38:37+01:00da