Gli smemorati di Lotta Continua

Repubblica? Il giornale dell’orfano“. Così il professore Paolo Becchi, a lungo indicato come ideologo del Movimento 5 stelle (dal quale si è allontanato nel gennaio 2016), ha definito in diretta su Skytg24 la testata guidata da Mario Calabresi. Il riferimento è al padre del direttore di RepubblicaLuigi Calabresi, assassinato a Milano il 17 maggio 1972 da un commando di Lotta Continua, guidato da Adriano Sofri, così come il processo ha poi confermato. In studio era presente anche il giornalista e caporedattore della sezione Esteri del quotidiano romano, Daniele Bellasio, che una volta sentita la frase ha detto di non avere intenzione “di dialogare con quella persona”. Poi si è alzato e ha abbandonato lo studio.

Certo è un paradosso, che i più potrebbero considerare anche uno sberleffo mortale, che questo figlio “orfano” si ritrovi oggi a dirigere il giornale più ferocemente progressista, mendace e provocatorio che esista in Italia, a cui moltissimi ex-LC oggi si ispirano o per cui addirittura lavorano; fondato tra l’altro da un vecchio arnese, massone e intrallazzato con i servizi segreti, che fece la spia su un presunto golpe, condotto da un generale, molto amico degli americani e dell’allora Presidente della Repubblica Antonio Segni. Ci riferiamo ad Eugenio Scalfari, ovviamente: e fu la sua fortuna! E il cui proprietario è il più “chiacchierato” (in senso negativo) imprenditore d’Italia, comodamente scappato in Svizzera.

Per tutti coloro che non conoscono la storia del gruppo ideologico e militarista di Lotta Continua, o perché troppo giovani, o, comodamente dimentichi, sarà forse il caso di ricordare che costoro imperversarono, attivamente, dal 1969 (l’anno dell’attentato alla BNA di Milano) al 1976, quando morirono per consunzione di regime (cioè uscirono dalla clandestinità fasulla ed entrarono nelle stanze dei bottoni), ma culturalmente (attraverso il loro omonimo giornaletto), fino al 1982. I danni ne fecero ugualmente, e molti, a parte l’attentato al commissario Calabresi (ammazzato materialmente da Ovidio Bompressi e Leonardo Marino, su ordine di Sofri e Pietrostefani), in quanto si scissero, nel tempo, in altri gruppi criminali, da Potere Operaio, a Prima Linea, fino ai Nuclei Armati Proletari, tutti ugualmente concorrenti della Brigate Rosse (tranne che queste ebbero il battesimo presso i cattolico-comunisti dell’Università di Trento).

I militanti di LC, che si definivano comunisti, operaisti e rivoluzionari, in realtà rappresentarono l’ossatura di quel progressismo di sinistra, che sarebbe poi confluito nelle classi più privilegiate e lobbiste del Paese; a far capire che, anche in questo caso, l’ingerenza dei servizi segreti e della massoneria ne fecero uno strumento di passaggio dal potere democristiano a quello social-comunista, benedetto dalla Nato e dalla Cia, per scardinare il becero conservatorismo dei partiti comunisti occidentali, finanziati da Mosca.

Non è un caso, che oggi la maggior parte dei dirigenti di Lotta Continua siano tra noi quasi ogni giorno, mistificati e mascherati da benpensanti, addirittura, liberisti e reazionari, il che ci fa concludere che il trasformismo della sinistra è la matrice su cui si è costruita la nostra povera repubblica negli ultimi cinquant’anni. Cominciamo dai giornalisti, miracolosamente (e di sicuro, per merito!) finiti nelle Tv di regime: Enrico Deaglio (fratello di Mario Deaglio, marito di Elsa Fornero), Toni Capuozzo, Gad Lerner, Giampiero Mughini, Paolo Liguori, Erri De Luca, Giuliano Ferrara, Carlo Panella (fratello di Tiziana Panella), Mimmo Pinto, Guido Viale, Marco Rizzo. Aggiungiamo Luca Sofri, figlio di Adriano, nonché marito di Daria Bignardi. I politici, Gianfranco Miccichè (braccio destro di Berlusconi in Sicilia), Marco Boato (fondatore dei Verdi), Cesare Battisti (attualmente in Brasile, in attesa di rimpatrio?), Luigi Manconi (Partito dei Comunisti Italiani), Marco Donat-Cattin (figlio del deputato DC): Per i magistrati occorre fare un discorso a parte: alcuni di loro fondarono Magistratura Democratica, la corrente di estrema sinistra, che simpatizzò, prima che avvenissero gli attentati, sia per Lotta Continua che per Potere Operaio: Saraceni, Bevere, Ramat, Pesce, Borraccetti, Mancuso, Misiani, Marrone. E tanti altri che si sono “dispersi” come topi di fogna durante un’alluvione. Costoro non sono né più né meno come quei fascisti che, dopo la guerra, rientrarono nella democrazia, iscrivendosi al PCI, alla DC o al PSI. Ricordate bene, quando li vedete in TV, che tipo di personaggi sono: ma anche il motivo per cui, e questa volta non è un paradosso, era necessaria una seconda “Resistenza” che desse adito ad un Governo del cambiamento radicale del Paese, che spazzasse via questa indecenza. (M. De Robespierre)

 

Il reddito i cittadinanza: una vera rivoluzione sociale

Stanno ricominciando ad avvelenare i pozzi: questa volta le batterie caricate a lordume sono puntate sul reddito di cittadinanza, che è l’unica riforma radicale del lavoro, già attuata nel 99% dei Paesi occidentali, per integrare il reddito di chi ne ha troppo poco, e fornirlo a chi non ne ha affatto. Accompagnata a quella sulla riduzione dell’orario di lavoro a parità di stipendio, per far posto alle migliaia di dipendenti traditi dalle corbellerie di Calenda & Soci, dopo che l’Italia ha regalato metà della sue manifatture ai fondi speculativi e ai ladroni italiani e stranieri, che poi le sfruttano e le abbandonano come gusci vuoti!

Certo che costa, una riforma rivoluzionaria come questa, né ci si illuda che si farà in sette giorni: la macchina da mettere in moto è gigantesca!

Si dovrà cominciare da subito con una riforma radicale dei “centri per l’impiego”, cellule sgangherate e mantenute in piedi dal Ministero del Lavoro, divenute veri e propri “cimiteri degli elefanti” di ex- sindcalisti, porta borse, lacchè e scansafatiche; e che servono solo a gettare fumo negli occhi di migliaia di disoccupati illusi. In realtà, in questo Paese, marcio fino alle midolla, il lavoro non è oggetto di controllo pubblico, ma è in mano ai privati (lo Stato dovrebbe obbligatoriamente fare i concorsi, ma non nel mondo assurdo con cui li impronta –decine di migliaia di poveracci per duecento posti!-; e poi ci sono le raccomandazioni e le segnalazioni, e succede che le graduatorie, come per incanto, mutino!), con il cosiddetto “sistema a chiamata”, di cui avete l’esempio, ogni giorno con centinaia di annunci, sui giornali o sul web, perché la regola (non la legge) stabilisce che debba essere “pubblicizzato”. Poi, come al solito, le aziende per lo più si fanno gli affari propri convocando i candidati e concludendo contratti di lavoro “senza controllo” e a condizioni lesive per il lavoratore! Solo una minima parte delle richieste occupazionali transitano dai “centri”, e si riferiscono, per lo più, a occupazioni in agricoltura e nei servizi (le più desolate!). Allora? E’ necessario, anche qui procedere alla creazione di una “banca-dati del lavoro”, in cui si inseriscano, obbligatoriamente, offerte e domande di lavoro, consultabili on-line presso il “centro”, e che svisceri, secondo le caratteristiche del lavoratore, tutte quelle opportunità che gli si offrono (in Italia, ma anche all’estero), corredate da tutte le specifiche (durata, tipo di lavoro, stipendio, assistenza, ecc.).

Solo nel caso che l’incrocio non trovi soluzione, scatta il rdc, che è legato, da subito e per una durata limitata, all’inserimento automatico del lavoratore in una serie di corsi e aggiornamenti (se il lavoratore vuole allagare la sua esperienza), ma anche in forme di occupazione sociale gratuita nel periodo della ricerca. Ricerca che, per lui, intanto, continua “automaticamente” all’interno della banca dati, fino a che l’input rivelerà il suo posto di lavoro. In tutti i Paesi civili, dagli Usa, alla Germania, fino all’Australia, ogni persona che abbia raggiunto il 18 anno di età è in possesso di un tesserino, rilasciato dal Ministero del Lavoro, contenente il curriculum lavorativo del portatore (da zero lavori, titoli di studio, nuove occupazioni, periodi di disoccupazione, ammortizzatori sociali percepiti, ecc.), da inserire nella banca–dati di cui sopra.

Il rdc diventa così uno stantuffo, non certo di tipo assistenzialista, per contribuire al mantenimento di chi viene licenziato, o si trova in mobilità, ma senza stipendio. Ovviamente il percepimento degli ammortizzatori sociali (finchè questo istituto non sarà modificato, perché è da ripensare da capo, in quanto divenuto la spalla su cui poggiano gli imprenditori disonesti e i sindacalisti collusi!), esclude il rdc; l’esclusione avviene, altresì, dopo che il lavoratore abbia rifiutato tre proposte, purchè tutte incentrate nel suo curriculum, oppure la frequentazione dei corsi.

Il secondo aspetto del rdc è relativo, poi, al vero assistenzialismo, ma non c’è da meravigliarsi, visto che dal 2011 ad oggi, la povertà in Italia ha raggiunto milioni di famiglie (in degrado o incapienti): le quali, in base a quanto designeranno gli assistenti sociali (altro istituto da rinnovare in pieno!), dopo accurate indagini, riceveranno il sussidio pro-capite, perché ormai privi, per età o condizioni di salute e sociali, ad assumere una occupazione. Anche in questo caso, la riscossione della pensione (anche di quella sociale) decurterà, tuttavia, il rdc, dell’importo pieno.

Come si vede, si tratta di una riforma strutturale che esporrà lo Stato ad un investimento di oltre 15 miliardi l’anno (10 da recepire dall’annullamento degli 80 €!), ma che aumenterà la domanda di beni e servizi, trasformandola in un volano di maggior occupazione. Non si capisce, infatti, come dovrebbero utilizzare il rdc coloro che si trovano sul serio in condizioni disagiate (che non hanno chi percepisce gli 80 €!), se non spendendolo! Il finanziamento del rdc sarà prerogativa della “banca pubblica di interesse economico-sociale”, da fondare in base al modello tedesco (BfW), che potrà usufruire delle garanzie di CDP o di un apposito fondo interbancario, e che utilizzerà i capitali per finanziare esclusivamente la pmi, a tassi agevolati e a condizioni di privilegio.

Accanto a questa riforma, è auspicabile che ne venga messa in cantiere un’altra, che si esprime negli art, 39-42-43-46 della Costituzione, e che riguarda sia la trasformazione del sindacato in effettivo rappresentante pubblico dei lavoratori, ma in libera emanazione e costituzione; sia, in taluni esempi (diventati frequenti, ormai!) di cattiva gestione o addirittura vacanza dell’imprenditore (come quando delocalizza, solo per profitto proprio!); in questi casi lo Stato espropria l’impresa e la affida alla gestione delle maestranze, in appositi consigli di gestione: nei quali i dipendenti possono (cogestione) o meno (autogestione) dirigere l’azienda, pienamente avallati dall’impegno solidale del Ministero.

Anche in questo caso, come già in effetti si sta verificando ricorrendo al modello cooperativo, le maestranze spotranno autofinanziarsi inizialmente con i propri TFR, e poi si rivolgeranno alla solita “banca pubblica di interesse economico-sociale”. Anche in questo caso è evidente che, piuttosto che escludere e far sparire dal mercato un’azienda “svaligiata” dall’incuria di imprenditori e avventurieri (che, ripetiamo sono stati avallati dal Ministero e dal sindacato!), e quindi un soggetto sociale e fiscale, è conveniente consegnarlo in mano alle maestranze, così come previsto dalla Costituzione. (D.S.)

 

I nostalgici della “strategia della tensione”

Chi ha avuto in sorte di vivere da adulto, e magari da studente, il periodo più buio della storia d’Italia, cioè quel decennio a cavallo tra gli Anni Sessanta e Settanta, non può che rabbrividire osservando come quella maledetta “nemesi”, orchestrata da tutta una serie di poteri forti e segreti, in cui lo Stato e la massoneria funzionarono da mosche cocchiere, si stia prepotentemente riaffacciando sulle nostre piazze da capo, con sfumature diverse, ma inequivocabili. Allora il sistema si opponeva al dilagare del “comunismo”, contro un modello occidentale che, pure, era granitico e sostenuto da un’etica di libertà e di spiritualità (anche religiosa), irripetibili; mentre dall’altra parte della “cortina di ferro” gli eredi dello stalinismo, abbarbicati alla folle politica imperialista in Ungheria, Cecoslovacchia e Afghanistan, facevano fronte comune, di guardia al lugubre e funereo muro di Berlino, e il Viet-Nam si preparava a diventare, come la crisi di Cuba, la prova generale per una nuova guerra mondiale.

In Italia, questa operazione sfociò prima in attentati sanguinosi, poi, nel rapimento Moro e nelle esecuzioni di magistrati, giornalisti e politici: e tutti i processi che ebbero luogo, e che durarono decine d’anni, dimostrarono, senza ombra di dubbio, che dietro i veri manovratori del terrorismo rosso e nero c’erano sempre i vari “servizi di intelligence”, che percorrevano la repubblica andreottiana, cossighiana, napolitaniana e scalfariana, in lungo e in largo, a volte ostacolando gli assassini, altre volte avallandoli, ma sempre in nome di quell’adagio “gattopardiano” che tutto dovesse cambiare purchè restasse come era prima.

In realtà entro le folle operaie e studentesche che si affrontavano, una contro l’altra, sulle piazze cosparse di decine di vittime, vigevano atteggiamenti di autentica, comune rivolta, contro un sistema che basava la sua sopravvivenza sulla corruzione e sulla mistificazione, e spesso questo sentimento di umana speranza nel cambiamento, veniva strumentalizzato, invece, proprio da chi stava preparando l’inserimento dei comunisti al potere, con mediazioni vergognose, che ”trasformasse gli ideali collettivisti e socialisti” in un approccio borghese e liberista. Lo si sarebbe compreso solo più tardi, nell’era dei grandi scandali finanziari e della P2, quando il “migliorismo” dei Napolitano osteggiò e sconfisse l’idealismo dei Berlinguer, e il compromesso storico passò di volata!

A destra, accadde quasi lo stesso, quando, in un memorabile congresso missino, la bandiera con la fiamma tricolore, emblema di lotta e di costruttiva rimembranza, fu sostituita dall’”arazzo” della Destra Nazionale, un sogno almirantiano che durò lo spazio di un mattino, prima che diabolici intrecci clerico-massonici, la sfibrassero e la disintegrassero, per far posto all’era dei Fini e dei Berlusconi…

Ebbene oggi nelle piazze italiane si recita da capo “a soggetto”. Ben oliati “centri sociali”, eredi dei black-block, a suo tempo organizzati dal Ministero degli Interni e dai capi della Polizia, per confondere le idee ad un popolo sempre più sfruttato e impoverito dall’alta finanza e dalle banche massoniche, inventano, sul gesto carnascialesco di un omuncolo sbandato di una cittadina di provincia, indottrinato ad arte, un “revanscismo fascista”, che sarebbe rappresentato da gruppi politici extraparlamentari, che nulla hanno a che vedere né con un vetusto ed irreale nostalgismo, né con un ardimentoso ribellismo rivoluzionario, che mai potrebbe instaurarsi nel Paese, senza l’avallo di potentati anti-europeisti e anti-americani. Né si può argomentare che ci sia Putin dietro questo bailamme, vista la scarsa credibilità di certi leader, e di certi simbolismi! Sulla scorta di questo “allarme” si inserisce, poi, la protesta ipocrita della Chiesa, indottrinata dal peggior modernismo papalino del XXI° secolo, della sinagoga, che cerca sempre, ancora e dappertutto (ma solo in Italia, chissà perché), carne fresca per le sue vendette perdute, e dei poteri forti, oggi inseriti in entrambe le compagini liberiste di destra e sinistra, per impedire in tutti i modi che i nuovi “comunisti” si approprino del potere: il M5S. E che questo movimento se ne appropri più per responsabilità delle classi dirigenti, decadute, corrotte, fattisi mafiose per far concorrenza alla malavita originale, che per merito suo; ma divenuto, grazie all’appoggio popolare, e dopo lo scatafascio berlusconiano e renziano, il punto di riferimento per un cambiamento radicale del Paese.

Quindi, ecco da capo, gli opposti estremismi (o strategia della tensione), così idioti, nei loro cortei e manifestazioni, da non comprendere che mai, come in questi mesi , l’opposizione, che dir si voglia, dovrebbe marciare compatta (dopo che riuscì addirittura a vincere perfino un referendum epocale!), contro il regime plutocratico-massonico che è stato imposto in Italia, ma soprattutto contro il tentativo tedesco di ridurci a livello di “colonia”, ricalcando le “eroiche giornate nazionalsocialiste dell’organizzazione Todt. Una “destra” che non capisce questo, anzi se ne adorna, e una “sinistra” che avalla addirittura l’europeismo cannibalesco delle consorterie di Bruxelles e Francoforte, comprovano entrambe che la repubblica è giunta sull’orlo dell’abisso.

Solo questi “nuovi comunisti”, che tuttavia assomigliano più ai modelli libertari e sociali dell’anarchismo, e che ormai tutti chiamano “grillini”, hanno in mano le leve per cambiare il corso della storia. Ma senza mai dimenticare, però, le dure lezioni del passato… (D.S.)

 

A La7 Mentana mistifica la “rimborsopoli” grillina, allo stesso modo in cui mistifica le teorie di Kalergi: metodi razzisti?

C’era da aspettarselo: il Tg che agli occhi di tutti i benpensanti doveva rappresentare la moderazione fatta notizia, con il capataz Enrico Mentana, inattaccabile per tutta una serie di motivi: ultime sono state le sue panzane sul “kalergismo”, definito da lui una “buffonata”, perché ha voluto, a bella posta, confondere le teorie “paneuropee e cosmopolite” del conte Nicholaus Coudenhove-Kalergi – da alcuni prezzolati massoni definito il vero “anticipatore” dell’Unità Europea (peccato che il suo “europeismo” trasudi lobbismo e conservatorismo a tutto tondo, tanto da aver a suo tempo tentato di coinvolgervi Mussolini!); con l’altra faccia della medaglia, il suo incondizionato pacifismo, legato ad una visione dell’alta finanza internazionale, come mediatrice dei grandi conflitti (fu agevolato nel suo lavoro da Louis Rothschild, Max Warburg e Robert Bosch), e il suo spiccato filo-giudaismo. Il tema dell’ebraismo si interseca, del resto, con il discorso dominante della sua ideologia, ossia la costituzione di una nuova élite in grado di governare la futura nazione paneuropea. A questa tematica il conte dedicò un libello già nel 1922, cioè Adel (Aristocrazia), poi confluito nell’opera Praktischer Idealismus (1925) (che Mentana non ha citato, e si capisce il perchè). Le argomentazioni di Coudenhove-Kalergi sono qui caratterizzate da disinvoltura logicafantasiose semplificazioni storiografiche e, talvolta, anche da spunti interessanti. Egli parte dalla distinzione, da lui stesso teorizzata, tra campagna/endogamia/paganesimo/città/meticciato/cristianesimo. L’«uomo rustico» sarebbe il classico prodotto dell’endogamia (Inzucht); le sue qualità sarebbero prestanza fisica, aggressività, eroismo, forza di carattere e di volontà, mentre i suoi vizi sarebbero un’innata limitatezza di orizzonti e povertà di spirito. L’«uomo urbano», al contrario, è il frutto della mescolanza di sangue (Blutmischung) e si distinguerebbe per apertura mentale, cultura e ricchezza di spirito; come contraltare sarebbe sprovvisto di carattere e volontà, di coraggio fisico e di iniziativa. A partire da questi presupposti, Coudenhove-Kalergi formula la frase tanto incriminata, perché senza se e senza ma: converrà citarla per intero: «L’uomo del futuro remoto sarà meticcio(Mischling). Le razze e le caste di oggi saranno le vittime del superamento di spazio, tempo e pregiudizio. La razza eurasiatica-negroide del futuro (eurasisch-negroide Zukunftsrasse), simile nell’aspetto alla razza degli antichi Egizi, sostituirà la pluralità dei popoli con una molteplicità di personalità».

Per quanto effettivamente inquietante, la profezia di Coudenhove non riguarda specificamente l’Europa, bensì l’intera umanità. Però è pur vero che il conte si augura l’emergere di un’Europa in cui a essere maggioritaria sia una popolazione spiritualmente forte e caratterialmente debole, al fine di preservare la pace nel continente e nel mondo. Il conte vorrebbe fondare l’esattezza di questa analisi – con un volo pindarico a livello logico e storico – sul fatto che le nazioni europee (che lui non disconosce affatto) non sarebbero propriamente comunità di sangue (Blutgemeinschaft), bensì comunità di spirito (Geistesgemeinschaft). Esse condividerebbero, più che antenati comuni, comuni eroi.

Questo discorso ha certamente un senso, se il fine è una nazione europea avvenire. Più complicato e poco conseguente è invece il fatto che, ad una uniformazione planetaria della tecnica, debba seguire una omogeneizzazione etnica e culturale mondiale (che peraltro contraddirebbe la specificità europea asserita da Coudenhove). Ad ogni modo, c’è anche un altro aspetto della teoria del conte che ha inquietato sia complottisti che accademici. Nell’individuare la nuova aristocrazia del domani, Coudenhove la intravede nell’ebraismo, che, tempratosi attraverso secoli di persecuzioni, ora sarebbe divenuto la vera «razza spirituale padrona dell’Europa (geistige Führerrasse Europas)». Così ha chiosato Ulrich Wyrwa: «Le sue affermazioni, che vorrebbero essere filosemite, presentano un’inquietante vicinanza alla semantica antisemita e razzista». Dall’unione tra i migliori elementi della «nazione ebraica» e quelli dell’antica nobiltà feudale sorgerà dunque l’«aristocrazia del futuro». Non stupirà a questo punto che Adolf Hitler abbia bollato Coudenhove-Kalergi come «Allerweltsbastard», termine che potremmo tradurre come «bastardo di tutte le razze». L’ostilità nazionalsocialista nei confronti del conte, poi, costringerà quest’ultimo a emigrare negli Stati Uniti in seguito allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Ad ogni modo, l’offesa di Hitler nei confronti di Coudenhove, pur nella sua volgarità e nei suoi scopi, centra probabilmente il punto della questione. Il conte viene infatti descritto dalla critica storiografica come una personalità estremamente arrogante e affetta da manie di grandezza, che non smetterà mai di autopromuoversi a rappresentante ideale di questa “aristocrazia del futuro” della Paneuropa. Tutto il suo discorso sul meticciato e la fusione tra ebraismo e vecchia nobiltà potrebbe quindi essere una diretta conseguenza della sua storia personale: meticcio austro-giapponese, cosmopolita errante, sposato a un’ebrea. Più che di una teoria storicamente fondata, si potrebbe quindi trattare di una semplice (e goffa) autopromozione politica.

Ma quanto pesa oggi l’esempio di Coudenhove-Kalergi nel dibattito sull’integrazione europea? Effettivamente ben poco. Lo si cita tutt’al più a mo’ di icona come il primo ad aver parlato di Stati Uniti d’Europa e di una unione delle nazioni del Vecchio continente. La sua influenza politica (pur sempre relativa) viene circoscritta unicamente agli anni Venti e all’inizio degli anni Trenta. Inoltre, il movimento paneuropeo è oggi un piccolo raggruppamento europeista conservatore dal peso specifico assai limitato. Le sue teorie sono state peraltro duramente criticate dagli ambienti accademici. Il suo elitismo e antidemocratismo, insieme al suo discorso sul diritto di Paneuropa allo sfruttamento dello colonie africane, senza contare la sua fascinazione per personalità come Mussolini e Dollfuss, non piacciono affatto all’establishment demo-liberale dell’Unione Europea e ai circoli universitari. Così si esprime infatti Ulrich Wyrwa: «Paneuropa dev’essere quindi considerato un capitolo storicamente chiuso, comprensibile solo alla luce del contesto intellettuale del periodo tra le due guerre, e che non permette alcun collegamento con l’attuale dibattito intellettuale e politico sul presente e sul futuro dell’Europa» (16). Insomma, è troppo comodo che i progetti di “grande sostituzione” e di annientamento etno-culturale dei popoli europei siano delegati ad un “negazionismo” di parte. Essi invece hanno ben precise basi filosofiche e sono attuati da altrettanto precisi soggetti politici e intellettuali, che oggi, dallo Stato ebraico, ma anche dalle grandi assiste segrete globaliste, diffondono un nazionalismo acceso nei confronti del mondo arabo e mussulmano, e poi si fingono, “moderati e pacifisti”, ma pronti scatenare guerre religiose, che nulla hanno da invidiare a quelle cristiane e islamiche.

Mentana in questi giorni, ad esempio, è la “mosca cocchiera” a caccia della controprova che i grillini siano onesti, ma fino al punto di dimenticarsi, in certi casi, di versare la quota parte di stipendio per impiegarlo a favore del popolo, come da sempre asserito. In realtà si tratta della stessa “operazione culturale mistificatoria” che l’infido giornalista, porta avanti quando, determinati personaggi storici, “verba volant scripta manent” gli danno la zappa sui piedi, come Kalergi. Lo stesso “vizio” che i suoi correligionari utilizzano per imporre al mondo il ricordo “sacrosanto” dell’Olocausto, ma strumentalizzandolo poi barbaramente, ad ogni piè sospinto: per interporre, dietro le quinte, il dogma della assoluta superiorità della razza ebraica. E ci dispiace per Enrico Mentana: che il conte Nicholaus Coudenhove Kalergi, almeno, non si nascose mai dietro un paravento mediatico, come lui fa per compiacere i padroni del vapore! (D.S.)

 

Un ministro dell’Economia che mistifica il futuro

Mentre il popolo italiano (1/100, perché è questa lo share medio dei talk-show!), ascoltava il programma mistificatorio della Gruber, dedicato al più inetto e inaffidabile dei ministri dell’Economia mai giunti ad un Governo della Repubblica, che ovviamente ci raccontava il finale della favoletta di Pinocchio, relegato com’è ad una funzione pari allo zero, sia dalla politica letale del suo partito, sia dalle strozzature imposte dai suoi emuli di Bruxelles; le borse mondiali subivano un tracollo allucinante, degno dei giorni temibili del “too big to fall”, soprattutto quella americana, seguita, ovviamente da quelle asiatiche che ne sono figliastre , e da quelle europee che ne sono vittime consapevoli.

Gli osservatori, che fanno finta di osservare, ma poi mentono spudoratamente, hanno dato la colpa agli algoritmi cibernetici che, secondo loro ormai dettano le regole della domanda e dell’offerta: una specie di Skynet , in cui i “terminator” sono pronto a ridurre l’umanità sul lastrico! Infatti, se i grandi patrimoni mondiali hanno perduto ieri si e no tra lo 0,3 e l’1% in una sola botta, che dire dei redditi dei tre miliardi di famiglie che continuano ad esser erosi dal capitalismo creativo e dalle speculazioni bancarie?

La verità sta da tutt’altra parte, ed è insita sulla guerra globale che la Cina, affiancata dalla Russia, sta conducendo contro il potere finanziario occidentale, al posto di un conflitto armato che ci ridurrebbe in cenere in una settimana. E’ ovvio che i danni collaterali siano gravissimi, ma non tali da estirpare la razza umana, che, tutto sommato, tuttavia, comincia a meritarselo. Tutto è basato su tre o quattro monete, che da tempo hanno perduto il significato stesso di “mezzo di scambio di beni e servizi”, e che sono state trasformate, dai poteri dell’alta finanza e dalle massonerie, in grimaldelli per derubare i popoli e ingrassare le lobby: in vista di un mondo che, rapidamente, sta disintegrando il suo equilibrio umanitario, tra ricchi e poveri, e lo accentra in un pugno, si fa per dire, di onnipotenti famiglie (circa l’1%) a scapito del 50% delle altre. Vale a dire sul nostro pianeta, 10 milioni di persone detengono la somma reddituale di 3 miliardi! Ma non è finita: costoro, a parte sbalzi come quello di questi giorni, divengono sempre più ricchi, e gli altri sempre più poveri.

Il mondo, in realtà, sta rapidamente rientrando in quei secoli bui che si credeva irripetibili, dove la fame, la sete, la carenza abitativa, le malattie endemiche, le stragi di bambini, la crisi letale delle nascite, i salari e le pensioni ormai legati al precariato, le guerre e il terrorismo; in una sola parola la miseria, contro l’abominio delle autocrazie, ormai domina incontrastata.

La leva di dominio scelta dalle caste al potere, è dunque la moneta, e quindi la predazione che questa effettua sugli scambi, allentando o stringendo costi e prezzi, in proporzione diretta dell’accaparramento finanziario delle élite; gli strumenti sono quelli che abbiamo imparato a inghiottire come bocconi di arsenico: bad bank, spread, obbligazioni senza garanzia di rimborso, titoli tossici. Si tratta di prodotti che, badate bene, non esisterebbero, se il tradizionale rapporto economico e finanziario non fosse gestito in modo perverso e criminale, teso alla speculazione e quindi ai ricavi a scapito delle truffe.

E quando si tenta, come fa un personaggetto come Padoan, che ha iniziato a fare economia negli ammezzati delle logge massoniche, dove si vende al miglior offerente tutto e il contrario di tutto, di dare soluzioni (e lui ci prova, dice, da cinque anni con successo!), in realtà aggrava la situazione, la imbroglia con trucchi da fiera paesana, si abbarbica su statistiche e parametri fasulli, come il Pil, l’inflazione, la deflazione, il quantitative easing, i panieri monetari; ma i risultati sono sempre vicini allo zero virgola, che è sufficiente per abbindolare i popoli, specie quello italiano.

Perciò, vista la situazione internazionale ormai ai limiti di una nuova, terrificante crisi, probabilmente derivata dalle paranoie finanziarie di Donald Trump, basate esclusivamente su continui esborsi di “carta moneta” ormai senza alcun valore, se non quello che sono costretti a riconoscerle i principali depositari, come, ad esempio, Cina e Giappone; ma che sono assolutamente contrari a che questa “emissione continua” a loro carico finisca nelle capienti saccocce di Mr. Soros, Mr. Buffett, Mr. Zuckemberg o Mr. Murdoch, saggia decisione sarebbe quella di uscire dal “club” di questa “Onorata Società”, e seguire le orme della Gran Bretagna, che ha deciso che conviene stare per conto proprio, senza legami o subalternità, che costa molto meno, e il futuro del suo popolo è garantito dalla libertà economica…

L’Italia, invece, ha deciso, grazie ai vari Padoan e ai loro sponsor, di precipitare nel baratro, seguendo la frana mortale che incombe sul pianeta; a meno che, questo 4 marzo, si cambi regime.

I tempi dei compromessi sono finiti, così come quelli delle politiche ipocrite e fasulle. Le monete dovranno riassumere la loro veste originale, ed essere emanazione diretta degli Stati sovrani; così come le banche, dovranno decidere se fare speculazione o impieghi commerciali. E l’Unione Europea scegliere una strada difforme da quella che si è assegnata: dove il rispetto e la salvaguardia dei popoli sia la regola: così come il ludibrio e la cacciata dei loro sfruttatori! (D.S.)

DEDICATO AGLI SMEMORATI DI LEGA E FDI

Per gli smemorati, quelli cronici, soprattutto militanti nella cosiddetta costola destra dell’accozzaglia, cioè Lega e FdI, sarà il caso di ricomporre il puzzle che in definitiva ha portato il nostro Paese a soffrire, in modo massiccio, dell’immigrazione. Visto che costoro ignorano non solo la storia, ma fanno finta di non sapere cos’è la “nemesi storica”, cioè il colpo di coda che gli avvenimenti restituiscono a chi li ha promossi, e poi tentano di mistificarlo!

Ia puntata

Regolamento UE n. 604/2013 oppure Regolamento di Dublino III.

E’ un regolamento dell’Unione Europea, che stabilisce “i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide” nell’ambito della Convenzione relativa allo status dei rifugiati del 1951 e la relativa direttiva UE. E’ stato firmato il 15 giugno 1990, e promulgato il 1 settembre 1997, senza che alcuno dei Paesi dell’UE, tranne la Danimarca, lo impugnasse. In poche parole, “il regolamento di Dublino mira a determinare con rapidità lo Stato membro competente per una domanda di asilo e prevede il trasferimento di un richiedente asilo in tale Stato membro. Lo Stato membro competente all’esame della domanda d’asilo sarà lo Stato in cui il richiedente asilo ha fatto il proprio ingresso nell’Unione europea. Per la cronaca, questo regolamento fu approvato nel 2003 dal governo Berlusconi, ministro della Giustizia Castelli (Lega Nord), ministro degli Interni Pisanu (F.I.), ministro degli esteri Frattini (F.I.)

IIa Puntata

Accordo di amicizia italo-libico tra Berlusconi e Gheddafi, il 10 giugno 2009. Viene siglato con la famosa e fastosa visita di Gheddafi in Italia (il settimo incontro ufficiale, il quinto con Berlusconi): le accoglienze sono trionfali, agli impiegati romani viene data una franchigia di tre ore per acclamare il dittatore. Il quale fa innalzare una tenda di 100 mq. A Villa Pamphili, che elegge a sua dimora. Resta famoso il baciamano con cui il cavaliere omaggia l’ospite. Dietro la facciata, c’è il versamento di 5 miliardi di dollari per danni di guerra da parte dell’Italia alla Libia, in cambio del blocco dell’immigrazione (accordo con il ministro Maroni), e tutta una serie di contratti economici, sul gas e sul petrolio (quasi un monopolio italiano per lo sfruttamento), in cambio di autostrade e ferrovie. Una svolta per l’Italia dal punto di vista economico-finanziario, ma che non è affatto condiviso da tre letali convitati di pietra: Francia, Gran Bretagna e Usa.

IIIa Puntata

La guerra civile libica e l’intervento delle N.U (febbraio-ottobre 2011)

(ministro della Difesa La Russa)

Coi soliti sistemi made in Cia, la Libia è l’ultimo paese del Megreb a sollevarsi contro l’autocrazia (oggi rimpianta dai più!): le motivazioni sono, naturalmente, umanitarie, invece nascondono mire economiche sui pozzi petroliferi dell’ex- “scatolone di sabbia”, da parte di Parigi e Londra, con l’autorizzazione di Washington (che ha già fatto indigestione di petrolio in Iraq!). Le rivoluzioni africane si assomigliano tutte: scoppiano incidenti, poi arrivano le armi dall’estero (specie l’Italia), e gli insorti diventano, in breve milizie, supportate e addestrate dai contractor americani. Nello stesso tempo l’ONU, emette i suoi decreti contro “lo Stato canaglia di turno”, e i paesi occidentali iniziano a “sanzionare” e quindi a strangolare la Libia. Segue il blocco delle risorse bancarie all’estero. Poi, senza colpo ferire, e senza una pezza giustificativa dal punto di vista del diritto internazionale (che si chiama dichiarazione di guerra), puntuali arrivano la “no-fly zone”, in cui vengono abbattuti gli aerei di casa che osino bombardare i ribelli, e poi i bombardamenti diretti: la Francia avvia l’operazione Harmattan con le ricognizioni aeree dello spazio aereo libico da parte dei caccia RafaleMirage 2000-D e Mirage 2000 che eseguono attacchi incondizionati contro le forze lealiste al regime di Mu’ammar Gheddafi colpendo mezzi corazzati dell’esercito libico nelle zone attorno alla città di Bengasi. L’attacco è seguito, qualche ora più tardi, dal lancio di 112 missili da crociera tipo Tomahawk da parte di 25 unità navali e sommergibili statunitensi e britannici, dispiegatesi per l’operazione Odyssey Dawn. Nella notte tra il 19 e il 20 marzo la RAF impiega i missili del tipo SCALP (Storm Shadow) su obiettivi militari libici, lanciati da aerei Tornado GR4, decollati dalla base RAF di Norfolk (operazione Ellamy). L’Italia partecipa inizialmente con la messa a disposizione al Regno Unito e agli Stati Uniti d’America, e alla Danimarca, delle basi aeree di Sigonella (CT) e Gioia del Colle, e con l’impiego di cacciabombardieri Tornado ECR per la soppressione delle difese aeree nemiche. In seguito, dal 25 aprile 2011 in avanti, mette a disposizione della coalizione, e, dal 28 aprile, utilizza, i propri cacciabombardieri Tornado IDS per colpire “bersagli selezionati” di superficie delle forze armate libiche. A tale scopo, sono stati utilizzati in seguito anche 4 cacciabombardieri AV8 Harrier II Plus, dalla portaerei Giuseppe Garibaldi, ed un’aliquota imprecisata di cacciabombardieri AMX.

Il tragico giro di valtzer dell’ormai “morituro” Governo Berlusconi (già travolto dagli scandali!), è testimoniato dal diario dell’ambasciatore libico in Italia, passato poi direttamente dalla parte degli insorti, e che ha scritto pagine di fuoco sul tradimento italiano, ma soprattutto sulla viltà dei ministri direttamente coinvolti nell’attacco agli ex-amici libici, nel farsi negare o nel non rispondere (a tutte le ore), per fare opera di mediazione. Esattamente come il vecchio amico Silvio, che diede ordine al suo staff di ignorare qualsiasi opzione che riguardasse l’eventuale rifugio di Gheddafi in Italia.

Questi sarebbero i personaggi da portare ad esempio di coerenza e correttezza, per non dire di codardia, per il futuro dell’Italia! (D.S.)

 

A Tel Aviv si sono dimenticati chi ha le colpe dell’Olocausto

Come sanno ormai anche i sassi, lo sterminio degli ebrei (o Olocausto) si deve principalmente al III° Reich, cioè alla Germania nazista: la intelligentia ebraica, tuttavia, negli ultimi anni, ha preferito accreditare la morte di quasi 6 milioni di israeliti, più che altro a regimi cosiddetti “fascisti”, come, ad esempio, quello italiano che nel 1938, ad imitazione di quello germanico, in modo assai inopportuno e suicida, volle ornarsi di questo triste orpello. Così, dal 1943, in poi, cioè dall’invasione dell’Italia da parte del Reich dopo l’8 settembre, il regime fascista fu ritenuto colpevole diretto della morte di circa 7.000 ebrei. Un nonnulla, anche se il paragone tra “olocausti” non è certo opportuno, rispetto a quel che combinarono Himmler, Rosemberg. Bormann e Heidricht! E le responsabilità, concretizzatesi spesso nel silenzio e nella indifferenza, addebitate al Vaticano, alle autorità neutrali, agli ebrei americani, e per fino al leader del futuro Stato Ebraico, Ben Gurion.

Invece le colpe furono tutte ed esclusivamente dei tedeschi, i quali non solo a livello di gerarchi, ma anche di gente comune, ottemperarono a questa strage terrificante.

Poi è avvenuto una specie di miracolo: per motivazioni da ascrivere alle strategie internazionali, che furono subito pronte ad utilizzare l’ex-regime nazista come “blocco granitico” contro l’espansionismo comunista (che tra l’altro era stato già stabilito a Yalta!), non solo a Bonn fu concessa una franchigia del valore di migliaia di miliardi di dollari al posto del pagamento dei debiti di guerra (e questo fece sì che il paese rifiorisse in brevissimo tempo, e le sue malvagità finissero nel dimenticatoio!), ma i vari leader germanici, da Herart, ad Adenaurer, da Brandt, a Schimdt, fino a Khol, iniziarono una fattiva collaborazione con lo Stato d’Israele, tanto da diventare il primo paese per scambi commerciali al mondo; in particolare la Germania fornì Tel Aviv di ogni tipo possibile di tecnologia nucleare. Dai reattori atomici alle ogive per circa 150 testate nucleari, su input della Casabianca.

Cosicchè oggi Berlino, e quindi la nostra affezionatissima “cancelliera di ferro” viene risparmiata dalla pesante polemica d’Israele contro la Polonia, perché il Governo polacco si è permesso di rifiutare, a livello costituzionale, ogni accenno di coinvolgimento di quel paese nelle stragi naziste di Auschwitz e degli altri campi di sterminio, che furono sì ospitati in Polonia, ma per favorire la vicinanza con i progrom effettati dalle SS. Perché Mr. Netanyau non agisce, invece, contro la Germania, rammentando, anche ai più disattenti, che in quei luoghi chi “gasava” gli ebrei erano gli aguzzini della svastica, e cioè i gendarmi tedeschi con la testa di morto cucita sopra le loro uniformi? Cos’è questa improvvisa dimenticanza storica, tale da far pesare l’Olocausto, magari sugli italiani, “imitatori squallidi”, ma certo meno colpevoli di Hitler?

Non è un paradosso, più che altro una drammatica constatazione, che questa “ulteriore franchigia” che viene rilasciata ai tedeschi, anche all’interno di un’Unione Europea che è nata soltanto allo scopo di renderli ancora più ricchi e spregevoli, nei confronti di nazioni, come ad esempio la Grecia (che pure meriterebbe tutti i 300 miliardi di danni di guerra sempre chiesti, ma mai ottenuti), si ripercuota su quel tratto di storia “horribilis”, e siano proprio gli ebrei a “sorvolare” su queste eterne responsabilità, per ragioni esclusivamente economiche e politiche.

D’altra parte le notizie che giungono dalle tre massime fabbriche automobilistiche di questo IV° e rinnovato Reich, sui metodi utilizzati per soppesare lo smog causato da motori inquinanti (poi lasciati tali!), “gasando” letteralmente delle cavie, scimmie e uomini, facendo inquietare perfino le autorità americane, che pure hanno sempre difeso la Germania, favorendola da settant’anni; non fa altro che dimostrare che la signora Merkel e il suo apparato economico-finanziario hanno perso il pelo, e non il vizio, e che è senz’altro ora di recarsi in forze ai tavoli di quell’Unione schiava di Berlino, e pretendere di cambiare da subito le carte in tavola! Se questi “aguzzini di ieri e di oggi” intendono continuare a fare i loro sporchi giochetti, è indispensabile fermarli. Anche se lo Stato d’Israele non è d’accordo… (D.S.)

Se dopo il 4 marzo Mattarella tentasse il II° golpe, il popolo di ogni colore dovrà scendere in piazza

Secondo il candidato alla PdC dopo le elezioni (a larghe intese), Paolo Gentiloni, M5S e Lega sono “populismi”, Forza Italia invece no. Ed è ovvio, dopo che la massoneria, che opera dentro casa di Berlusconi, gli ha suggerito di fare questa trasferta ridicola, ma speciosa (per chi abbocca), nei palazzi dell’UE, a dire il contrario di quello che poi “predica” in Italia, quando è in compagnia dei populisti. Una bandierina al vento, che si muove in base a come la spingono le tempeste che questo ciarlatano e pregiudicato ha sollevato in Italia in venti anni, obbedendo solo ai dettami delle sue imprese, vinte alla lotterie truccate della P2, di Craxi, Mammì e Gasparri.

A questo punto, a poco più di un mese dalle elezioni, non sappiamo quanta gente la mummia di Arcore riuscirà ad allontanare dai seggi, visto che quello a cui puntano lui e Renzi, è proprio questo traguardo immorale e ipocrita, dopo che si è dimostrata tutta la vacuità di questa legge elettorale truffa!

Solo con un astensionismo attorno al 35-40%, infatti, Lega e M5S (ma anche chi corre sul serio a sinistra o a destra!), si vedranno condizionati con almeno un 10% in meno di consensi, e quindi agevoleranno il “dormiente” Mattarella nel dare l’incarico a chi riuscirà, come in Sicilia, a concordare un’accozzaglia degenere, ma con i numeri. Infatti alla fine saranno i seggi ottenuti a fare Governo, e non i singoli partiti: il M5S potrà pure essere il primo partito, ma lo fu anche nel 2013, e tuttavia Napolitano fece buon gioco spalmando una coalizione sui generis con Monti a capo. L’unica speranza, aldilà che i grillini possano vincere (con il 37-38%, minimo), è l’ingovernabilità del futuro Governo di larghe intese. Si presume che la Lega e FdI non accetteranno mai un nuovo Nazareno, così come L&U, e forse qualche altro pischello piddino, giunto al massimo dello schifo: la somma di tutte queste opposizioni sarà basilare per rendere instabile l’accozzaglia, e quindi per costringere il paese a nuove elezioni in autunno.

Certo, le campane europee, vaticane e quirinalizie suoneranno a morto, per la nuova ingovernabilità italiana, e non mancheranno tentativi di mettere in crisi la già critica situazione economica, facendo leva sui meccanismi finanziari più letali, come lo spread. Ma questa volta non si potrà transigere. E nel caso Mattarella volesse imitare il suo predecessore, con un nuovo golpe, il popolo, non importa di che colore sia (nero, rosso o a stelline) dovrà scendere nelle piazze e reclamare il potere! (D.S.)

 

 

Due “compagni di merende” all’assalto del popolo italiano

Uno fonda società, le indebito fino all’osso, poi allarga le braccia e spiega che quei soldi non li può restituire e le società le mette in vendita. Non le compra nessuno? E allora se le prendano le banche che avevano prestato quei soldi. Certo, gli spiace che una di quelle rischi di andare gambe all’aria con quei debiti. Ma non è più affar suo. Aggiungiamo che il fisco italiano e Equitalia (che massacrano di solito chi non ha soldi con cui pagare le tasse esose e usuraie di questo Stato), neppure ci provano a infastidirlo, perché lui è cittadino svizzero; però vive in Italia, nelle sue ville e maison, o negli Usa, dove frequenta gli ambienti dell’alta finanza e della massoneria, tanto da costituire il “consulente in pectore” di tutti i Governi della “sinistra”, cioè del neo-capitalismo catto-socialista più becero.

L’altro, stessa origine, americana e massonica, viene introdotto nella maggiore azienda automobilistica italiana che ha l’acqua alla gola, grazie alla nuova proprietà finanziaria, che frequenta, guarda caso, le stesse logge e le sedute al Bilderberg del primo; si mette d’accordo con molteplici ministri, faccendieri, sindacalisti, mafiosi, caccia via in venti anni circa 100.000 operai, la maggior parte coccolati con miliardi di ore di cassa integrazione, dopo che per altri trent’anni questa azienda ha inghiottito 150.000 miliardi (di vecchie lire) di aiuti di Stato; poi, sul più bello, trasferisce la sede fiscale all’estero, senza colpo ferire; e in seguito la stessa azienda negli Usa, dove va a inghiottire, con i soldi ricevuti in premio dalla DC, il PCI e Forza Italia, la Chrysler, approfittando delle leggi che la Gran Loggia di Washington ha messo in mano al Presidente nero, e che prevedono un intervento di 500 miliardi di dollari (altro enorme aiuto di Stato), che lui intercetta.

Il primo, non solo ha ridotto a zero la seconda banca italiana, il MPS, grazie ai fidi concessi senza garanzia dalla cupola che la controllava, tutta di marca massonica e social-comunista; ma poi, esauritisi i tesoretti bancari (che sfrutta dal 1981, dai tempi in cui disintegrò il Banco Ambrosiano, ma chi pagò con la vita non fu certo lui!), i Governi di “sinistra” gli hanno dato accesso alla Cassa Depositi e Prestiti, con le cui risorse (i risparmi delle poste che specie i pensionati depositano con tutt’altra finalità!), ha salvato l’ultima azienda che detiene (giusto per non andare in pensione anche lui), che smercia energia sporca, derivata dal carbone, che il ministro dell’ambiente, però, non considera un rischio!

Il secondo, che ogni tanto fa cucù in Italia, giusto per seguire le sue Ferrari, ridotte a catorci, capaci di imbrattare perfino un marchio di grande levatura (fin da quando il re della Fiat se ne appropriò, approfittando del “grande vecchio del cavallino”, privato di eredi capaci, dalla sfortuna); ma non si interessa minimamente di ciò che accade nelle sue ex-aziende, sparse per lo Stivale, da nord, centro e sud, ormai ridotte a pesante palla al piede dei vari ministri dello Sviluppo Economico, ma anche dei soliti faccendieri, sindacalisti, mafiosi, che continuano a privare del lavoro altre migliaia di persone, ormai tutte a carico degli italiani!

Carlo De Benedetti, veniamo a sapere (per ultimi), che grazie ad un sostanziale insider-trading con il Presidente del Consiglio nonché segretario del PD, sulla legge sulle banche popolari, ha guadagnato circa 10 milioni di € (non 600.000, perché mancano all’appello i milioni che sono stati guadagnati dai suoi uomini all’estero!), ma non ha sollevato neppure un dubbio su questi magistrati “cristallini”, che invece sono massoni sul serio, e che preferiscono indagare su “spelacchio”!

Sergio Marchionne, invece, regala 2.000 dollari ai suoi operai americani come bonus, mentre si è dimenticato di quelli italiani che gli hanno permesso la sua fuga dallo zio Sam, e i suoi giri di valtzer con la Casa Bianca; e che, fino a che la BCE e l’UE faranno finta di non vedere, consumeranno altri miliardi di fondi dell’INPS, alle spalle delle pensioni minime, ma alla fine resteranno tutti a casa!

Qualcuno potrebbe obiettare: ma il popolo italiano cosa fa?

E qualcun altro risponderebbe: sta a guardare, e prega… (D.S.)

 

 

Gaffe, sproloqui e provocazioni

E’ stata una gaffe quella di Patty Pravo di fronte a migliaia di fan, e con un Amadeus sbiancato in volto, con il suo “Buon 1918”? E’ stata una gaffe, quella di Mattarella, l’aver paragonato i “ragazzi del ‘99” quelli che diedero l’impulso alla vittoria dell’Italia, cento anni fa, dopo che i “generalissini “ (che nonostante tutto ancora si aggirano, sempre più privilegiati ed incapaci, nei nostri Stati Maggiori!), erano piombati dentro Caporetto; a quelli del 1999, che il 4 marzo, per la prima volta, andranno a votare? Non lo sappiamo, né lo sapremo mai: pur tuttavia ci piace fare un’ipotesi e soprattutto un’antitesi su quel che potrebbe nascondersi dietro due facce di questa italica medaglia…

Conoscendo da sempre le idee di Patty Pravo, questa inequivocabile e intramontabile icona dei ragazzi di destra del ’68, unitamente al grande Lucio Battisti, in tempi in cui essere di quella parte politica significava non solo l’isolamento e la deprecazione, ma anche il rischio di venire malmenati ed uccisi dalle “camice rosse”, che “difendevano” la democrazia con metodi assembleari, salvo poi accomodarsi, a rivoluzione completata, nelle stanze del potere, a goderne i frutti; non ci vorrebbe molto a fare uno+uno: si tratta, forse, di una provocazione di questa “giovane” settantenne, “ragazza del Piper”, che amava ammaliare, nel rischio quotidiano cui si sottoponevano, allora, quei rari giovani “volontari nazionalisti”, con la sua “Bambola”, il suo “Ragazzo Triste”, e la sua epica “Tripoli!”. Patty ha voluto fare un augurio, a sé e agli altri, della sua generazione di intramontabili romantici e combattenti per degli ideali, qualsiasi essi possano essere, purchè servano a mantenere in vita quel che allora ci premeva tutti, amici ed avversari, nel bene e nel male: l’ala della giovinezza, schierata contro un mondo di mummie in sfacelo, che preparava un abisso per la nostra patria? “Che, quindi”, il 2018 assomigli veramente a quel lontano 1918, quando la gioventù più povera e disperata del mondo, dimostrò, nel fango delle ultime trincee e tra i flutti di quel fiume limaccioso, che mai permise allo straniero di essere attraversato, la valenza di una consapevolezza, quella del futuro di una nazione e di un popolo, trascinato in una guerra paradossale, che da lì a vent’anni, uomini già maturi, avrebbe poi, purtroppo, definitivamente travolti, in un maledetto sogno dell’impossibile?

Una data, un mezzo sorrisetto, e Patty ha detto la sua, come sempre, mentre era una dea dello spettacolo, seconda solo a Mina: e fin da adolescente, nella sua giovane esperienza di vita, grazie al padre gondoliere, quando ebbe la fortuna di conoscere due grandi della storia, che conversavano con lui come vecchi amici: Angelo Roncalli ed Ezra Pound…

Sembrano passati millenni, da quel fatale “1968”, che si chiuse sulla gioventù italiana, come un catafalco. Tutti, qualsiasi colore si indossasse, purchè in buona fede, ci illudemmo di cambiare il nostro destino; ma la prevaricazione, la corruzione, la mistificazione e il trasformismo rifecero a pezzi le nostre certezze, e l’Italia riprese il suo corso ignobile, fino a ieri…

Dalle stanze ombrose e fredde del Quirinale, dove gran parte di questa “eterna illusione” ha trovato spazio e incoraggiamento, è arrivata così un’altra provocazione, una gaffe: quella che ha sfiorato il significato dell’altra, ma poi si è incenerita sull’amara realtà. Anche il Presidente, è chiaro, fu un ammiratore di quei diciottenni che, sul Piave, armati di pugnale e bomba a mano, rintuzzarono le ultime velleità di antichi imperi ormai inappropriati e superati: l’ultima speranza dell’Italia, la classe 1899, che non si fece rimpiangere, di fronte all’orgoglio plutocratico degli americani appena giunti da Oltreoceano, a salvare il salvabile. Ma è stato il paragone, che si è perso nel contraddittorio, quando “l’uomo dei silenzi-assensi”, ha voluto forzare la mano, paragonando la trincea al voto: nobile intento, è ovvio, perché niente in “democrazia” è più indecoroso e ignobile, di lasciare agli altri l’espressione della propria volontà politica, visto che la stessa, antica formula greca non appartiene, in nessun senso, all’ignavia di chi si sente “popolo” solo per convenienza! Perché si è trattato di pura ipocrisia: quale dovrebbe essere, infatti, lo sprone a questa generazione del ’99, per ottimizzare una vasta partecipazione al sistema? Il funzionamento dello Stato e di tutte le sue branche? La considerazione verso l’etica, il lavoro, il risparmio, l’ambiente, la salute, la sicurezza, la famiglia? Un particolare accento al futuro dei giovani, con la qualità dell’istruzione a tutti i livelli? Un braccio tecnologico, pronto a sorreggerli nelle nuove professioni? Un richiamo all’orgoglio di appartenere ad una tradizione secolare di grandi geni e grandi capacità, in continua concorrenza con paesi più ricchi e fortunati, ma vuoti di personalità e idee? Un esempio immarcescibile di onestà, doti morali, serietà e capacità; altruismo verso la povertà, gli anziani, le donne, i bambini, da parte delle classi al potere? Una morigeratezza nei costumi, che restituisca alla gente il senso della misura e del decoro, contro i modelli più decadenti dell’Occidente, ormai ombra di se stesso, travolto dall’edonismo e dalla speculazione finanziaria? Niente di tutto questo…

Com’è mai possibile, allora, che, di fronte ad un’ipotetica “macchina del tempo” si possa solo rapportare la semplice e coraggiosa volontà di quei ragazzi, poveri e ricchi che fossero, a sacrificarsi per una patria che, in ogni caso aveva tanto bisogno di loro, perché era loro madre, non matrigna; con un dovere elementare, offerto a questa generazione di “esseri perduti”, che cercano, nelle loro vacue e sterili forzature fatte di sogni impastati d’artificio, una via, una qualsiasi, per essere se stessi, e cercare, come giustamente ci ha trasmesso un altro “vecchio settantenne” l’altra sera via streaming, “il lavoro qualunque sia”, che diventa, poi schiavitù, perchè orchestrato da una società che ama sfruttare senza mai restituire nulla? Giovani che non sanno che cos’è la felicità, l’amore, l’idea di crescere con gli altri e per gli altri, la pacatezza, la natura; che vedono nel colore della pelle e in culture diverse, un ostacolo insormontabile, ma sono costretti ad aggrapparsi al denaro, molto o poco che sia, perché la società a questo li ha imprigionati? Insomma la materialità dell’esistenza, di fronte alla responsabilità delle idee e alla dignità dei comportamenti?

Eccola, Presidente, la generazione di questo ’99: e lei ne è uno degli artefici, e adesso chiede che essa si desti, e fissi un’immagine diversa del mondo, magari per tenere in piedi l’accozzaglia vergognosa che la peggiore politica abbia mai veduto, ai piedi di questo meraviglioso Paese.

Sappia, tuttavia, che è bastata una piccola provocazione di una vecchia cantante, a irrorare d’orgoglio il nostro animo assopito dalle nenie dell’anno che è passato; perché della sua “gaffe” non sappiamo che farne. Tanto, è una delle tante… (D.S.)