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(in)sanabili. All’aperto. Lavoro. Vincenzo Pennacchi artista

Abbattendo  i limiti della pittura da cavalletto. La fuoriuscita dell’arte dal quadro attraverso l’utilizzo materico e soprattutto di nuove dimensioni spaziali.

Anticamente si immaginava che gli antipodi fossero abitati da una umanità leggendaria e difforme, e con ciò, assieme all’inesplorato,  prendeva corpo il concetto di estraneità. Quei luoghi erano raggiungibili attraverso un cordone ombelicale che vi scendeva. Caverne oscure e recondite, tunnel, pozzi, che  sboccavano in luoghi luminosi e fatati. Il Tartaro (per l’aldilà), il Pozzo di San Patrizio, la Crypta Neapolitana, la Tomba del Tuffatore.  (I contemporanei “Dark Brother”  o la caverna di Oona).  Un ampio corpus di leggende esoteriche, ognuna di esse,  porte per leggere in profondità e affrontare il futuro, le paure, le  incertezze.

Oggi gli artisti  possono rendere partecipi di una serie di eventi e avvenimenti inauditi, con spazi in cui intenzionalmente sfumano i confini tra  l’opera e il fruitore dell’opera; tra l’artista e l’osservatore.  In “(in)sanabili” giugno 2022, la terza e conclusiva tappa del ciclo Fairies di Vincenzo Pennacchi –  si dileguano i confini stessi dello studio d’artista che diventano stazioni e icone di un percorso esterno site-specific, in superficie e sotto la superficie, nell’approccio esperenziale di un ambiente iconografico.

Le “edicole” di Pennacchi  lambiscono  in controcanto  contemporaneo il Cloud Gate di Kapoor (Anish), le malaAktion di Nitsh (Hermann), le Tende e le Strutture ambientali di Accardi (Carla): sotto la mistica del decadimento naturale – tempo e il clima intervengono direttamente sulle opere – il nascondiglio  delle  “case” Domus aurea in cui raccogliersi;  le distorsioni riflesse dei metalli nel “giardino degli specchi” per l’indagine dello sguardo e la complessità del reale; gli imbratti color sangue dell’action painting (la spiabile  Domus hortus) . Ogni  telo nell’atelier Pennacchi è steso al pubblico, nei pressi del boschetto di bambù, o sul piccolo pianoro con le cataste. Lo scenario è consueto all’arte espansa,  intimamente legata all’uso e al gesto ambientale e la ricostruzione di spazi sacri . Oper – azioni e allestimenti di matrice pagana, e innovatrice; mondi mescolati. Accedere è stazionare in una realtà aumentata.

In (in)sanabili, l’artista non fissa l’attimo ma una procedura di viaggio con la sua risposta al termine. Essa alloggia direttamente nella  figura alata dell’ultima stazione, il Veggente, lo sciamano in possesso dell’oggetto curativo, lo scettro del vaticinio. Un piccolo uovo che spicca dall’antropomòrfo a simboleggiare l’alchemico n-uovo per riappropriarsi dei sensi in maniera potenziata. Dunque per l’artista occorre un crac, “un crash che spaventa”, come spiega Lorenzo Pennacchi figlio dell’artista stesso e curatore dell’esposizione: alla concezione decorativa e palliativa dell’arte si contrappone la bellezza del regno segreto di Tat’elen, segnato dal dolore, attanagliato dalla sofferenza ma in grado di sanare le ferite della complessità della vita.

Ma dov’è Tat’elen? Bisogna discendere dal Tempio, scultura monumentale permanente in ferro nell’atelier dell’artista, nella grotta naturale dove la manifestazione dei mesi travagliati, del dolore collettivo si mostra in drappi, frammenti di tele esposti alle intemperie, contenuti in bacheche di vetro trasparenti. Simboli della fragilità umana che si rapporta alla sofferenza, riconoscendola, accettandola, nella sua insanabilità e tentativo di sanarla.

Per gradi,  dunque bisogna prima riconoscere il Regno come luogo realmente esistente,  rendere visibili i vari personaggi che lo abitano, Mr. Tantritock la regina delle fate Oona,  i Fairies. Riportare testimonianze e reperti dal regno segreto. Così la narrazione di Lorenzo  introduce le opere estranee assieme al finalmente esplorato, alla comunanza con esse.

Il filosofo Byung Chul Han, le cui riflessioni sono portate all’interno del testo critico di Lorenzo,  porta alla luce l’estraneità che caratterizza l’aura dell’opera d’arte attraverso lo strappo, il dolore che mette in moto processi riflessivi, conferisce allo spirito “la chiarezza dialettica per eccellenza” e rende lo spirito veggente». Così l’arte pare ri-sanare. Riscattare la vita da circoli viziosi di positività apparente. L’artista”vede” e coglie risposte , rigenera le sue domande.

L’arte informale ed espansa di Pennacchi è anche germinativa, si sviluppa in segni e forme ricondotti su carte e lembi di tessuto manipolati, nella minuzia di sedimenti organici affioranti; l’emersione dei soggetti concreta la visione:  sgorga come dotata di vita propria tramite il lavorio alchemico dell’artista che sembra trasferirsi in trance  per riportarne in superficie gli atti.

Qualunque altra cosa si possa legittimamente aggiungere sotto il profilo dell’interesse collettivo  all’operato di un artista in grado di allestire opere in spazi complessi di pubblica fruizione o del riconoscimento necessario degli Enti culturali e degli Enti privati  dell’attività di artista, l’affaccio nella Domus Hortus di Vincenzo Pennacchi nel 2012 e contestualmente l’approccio a Hermann Nitsch  durante About Caravaggio 2012, una tra tre azioni in Italia, restano nella mia memoria come uno squarcio fondamentale da cui riosservare l’arte. Insanabile.

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25 scatti sitnewsfeel@AtelierPennacchi su Arte in Transito

 

(IN)SANABILI Il regno di Tat’elen | L’Atelier Pennacchiultima modifica: 2022-08-16T18:07:49+02:00da Dizzly