do you wanna dance?

MODESTIA DECET PUELLAM


Qualche settimana fa, mi trovavo sul marciapiedi di una piccola stazione ferroviaria. Ad un certo punto, ecco che giungono tre ragazzine in bicicletta. Sostano anch'esse sulla piattaforma. Suppongo stessero aspettando qualcuno in arrivo con il treno che avrei preso io. Vestivano, chi una specie di bolerino trasparente senza null'altro sotto, chi il solo top fasciaseno: tutte e tre erano in shorts succintissimi e sgambatissimi. Restando ferme a cavalcioni della bicicletta, tenevano, come è ovvio, un piede per terra e l'altro appoggiato su uno dei pedali, con la conseguenza di stare a gambe spalancate davanti a tutti, mentre il tessuto in tensione dei pantaloncini aderiva al pube evidenziandone l'anatomia. Un paio di "marocchini" le guardavano ridacchiando; un'anziana si è girata verso me con la bocca a salvadanaio, scuotendo la testa; io, che osservavo la scena, mi sono incontrato con la sguardo fisso e provocatorio di una di esse, al punto da dover distogliere il mio, non per imbarazzo, ma per commiserazione mista a schifo (poteva essere mia nipote). Ieri, per una strada della mia città, una voce concitata femminile ha attirato la mia e l'altrui attenzione. Ho notato una donna sulla trentina che urlava ad un uomo di andarsene, di lasciarla stare, di smettere di trattenerla. Il tizio, anch'egli presumibilmente un trentenne, non faceva niente di coercitivo o di violento; rimaneva fermo, controllato, cercando di dirle qualcosa con un tono di voce del tutto normale, ma veniva investito da un tornado di parole sguaiate, tale da impedirgli d'inserirsi, in qualche modo, e provare ad imbastire un dialogo. Nell'allontanarmi, udivo ancora la gracchiante voce di lei. Non più di qualche giorno fa, mi è toccato di assistere ad un battibecco fra due donne, in collera, l'una con l'altra, per una questione di presunto scavalcamento di posto, nell'ambito della coda fuori dell'ufficio postale - come è noto, adesso si fa la fila all'aperto, per poi munirsi di numero, una volta entrati nello stabile. Ebbene, pur tacendo del baccano, che, comunque, non costituiva alcunché di edificante né di appropriato a quello che dovrebbe essere un contegno muliebre comunemente riconosciuto, non posso esimermi dal riportare quante volte le due forzennate pronunciassero, nel corso del loro scambio di accuse reciproche, il termine "cazzo". Un intercalare continuo! Ogni tre parole…, quella! Allora…, la donna emancipata è questo? Un soggetto discinto, ancorché giovanissimo, arrogante, villano e incline al turpiloquio? Forse comincio ad essere troppo vecchio. Sicuramente sono un po' "antico", come è tanto di moda dire oggi... Ma, per me, la femmina dovrebbe essere ciò che la natura le ha assegnato di peculiare: dolce, garbata, gentile, composta, ritrosa… Il che non significa affatto relegarla alla sottomissione, all'asservimento, ad un supino subire. Però, certamente, non è prendendo il peggio dei modi maschili che ella può pensare di essere considerata alla pari, da quel genere, poi, che ancora stenta a collocarla sul suo stesso piano. Credo che in molti dei delitti, che, oggigiorno, coinvolgono le donne come vittime - i famosi "femminicidi" (che orribile termine!) - ci sia, all'origine, una piega sbagliata, assunta da quest'ultime, tanto esasperata, a volte, da sovvertire l'armonia della coppia, suscitando nel maschio una sorta di complesso d'inferiorità e  provocandone, quindi, reazioni estreme e spesso fatali. Gli antichi - e loro sì che lo erano…, ma li si cita proprio quali testimoni di saggezza - asserivano che la modestia si conviene alla ragazza. Siamo sicuri di volerli guardare con sussiego?