LIMONI

Sono un amante del tè ed un regolare consumatore di questa bevanda poco latina.
Chi se ne frega! – obietterà il mio lettore di passaggio.
No, wait a minute…, lasciate che spieghi. In verità, il mio rapporto col tè non è esattamente british style, se non per l’uso di un mug , ossia un tazzone cilindrico col manico, come contenitore; per il resto, non ho mai smesso bruscamente di fare quel che stavo facendo, in virtù del fatto che l’orologio suonava le 16.30, decretando lo scoccare del tea time quindi l’improcrastinabile approccio al rito quotidiano. Io, il tè lo prendo per colazione, al mattino, con qualche biscotto (rigorosamente integrale) e, soprattutto, non con il latte, bensì con mezzo limone spremuto.
E qui si arriva al dunque. Il limone… Una vera delizia nostrana…, una delle eccellenze del nostro sud (ma non dimentichiamo la costa ligure), ricchissima di sostanze benefiche per la salute.
Ebbene, l’altro giorno, per qualche ragione, ne ero sprovvisto; non avevo la possibilità di recarmi dal fornitore abituale; ho dovuto ripiegare sui supermercati di zona. Gira di qua, gira di là, ne ho passati in rassegna quattro. Uno aveva limoni argentini, uno limoni turchi, uno limoni spagnoli, uno perfino limoni del sud Africa. Nessuno di questi prodotti aveva scorza commestibile, essendo tutti incerati a dovere con quella caratteristica patina appiccicosa. Alquanto contrariato, ho lasciato perdere. Niente tè per un giorno.
Qui in questo paese, siamo stati sempre tanto esterofili…, ed io sono per il libero scambio, per l’economia che gira, per i movimenti di merci, incluse, ovviamente, le derrate alimentari.
Ma sono anche un convinto fautore del “chilometro-zero”: dicasi aziende, fattorie, campi dietro casa o… quasi.
M’immagino che cosa vi sia dietro quelle reticelle di agrumi d’importazione. Alcune migliaia di chilometri…, container accatastati su navi che solcano il mare per miglia e miglia sotto il sole…, tonnellate di petrolio nell’atmosfera (quando non nelle acque)….  e conservanti in gran copia, onde evitare il deteriorarsi anzitempo del prodotto… E non mi si dica che le mani che hanno colto quelle frutta sono meno screpolate, meno callose, meno artritiche, meno sporche, meno sanguinanti, meno nere di quelle che lavorano nella piana pugliese o in Calabria o in Sicilia. Diciamo che vorrei pagare il prezzo giusto per il mio limone italico, poterne grattugiare la buccia in decine di pietanze tipiche, visto che questa terra è in grado di produrne di squisiti e di farmeli giungere sulla tavola, senza che il mio apparato respiratorio abbia a risentirne troppo, causa eccessiva presenza nell’aria di sostanze, impiegate per il trasporto, nocive alla salute.
Bandire i limoni turchi o sudafricani? No…, ad ognuno è concesso di comportarsi qualunquisticamente, disattentamente, imprudentemente, o, più semplicemente, da individuo libero di acquistare ciò che vuole, almeno fino a che il suo stomaco non alza bandiera bianca…
Vorrei solo salvaguardare i miei polmoni. C’è già il covid, in agguato, ad attentare ad essi.

LIMONIultima modifica: 2020-10-11T11:59:19+02:00da alberto.gambineri

10 pensieri riguardo “LIMONI”

  1. M’inviti a nozze. Sono un fautore del cibo sano, e per sano intendo anche che non abbia costi ambientali o umani alle sue spalle. Mi viene in mente il caso degli avogado cileni. Per l coltivazione richiedono quantitativi industriali di acqua, in una nazione in cui migliaia di persone non hanno nemmeno la possibilità di bere un po’ d’acqua potabile. E non mi fido nemmeno di prezzi troppo bassi, che nascondono lo sfruttamento nelle campagne. Comunque, ho un ricco limone sul terrazzo che mi rifornisci di frutti sani e a costo zero. Ahr ahr ahr

    1. non c’è di peggio di qualcosa che diventi di moda; adesso è il turno degli avocado; sì, il punto è proprio questo: quanto sia utile e opportuno (oltre che salutare) consumare cibo proveniente da tanto lontano; goditi i frutti del tuo limone domestico e il clima temperato della Liguria che ne permette la vita. Ciao.

  2. Domanda secca, Alberto. Tu credi ancora al biologico?
    Perchè io nella mia fantasia visualizzo un bel terreno rigorosamente bio e mi compiaccio. Però sull’orticello bello e bio piovono polveri sottili e l’orticello bello e bio magari è a pochi Km. da una trafficatissima superstrada su cui sfrecciano camion carichi di prodotti importati anche di pesticidi.
    Quindi , oltre alle mani screpolate e sfruttate, esistono ancora i limoni, l’insalata, le mele, il pomodoro, il peperone tutto rigorosamente bio?

    1. incredibile! riesci ad essere perfino più cinica di me…; ah ah, non ti offendere per favore; la nostra visione disincantata del mondo viene spesso scambiata per cinismo; non sono un esperto agronomo; sono perplesso sul “biologico”, mi fido poco, anche perché ne constato un incremento di presenza esponenziale nei supermercati; a dir la verità credo poco anche alla veridicità delle informazioni sulle etichette; so, per esperienza su altri generi commerciali, quanto queste informazioni possano essere manipolate a beneficio di una migliore ricettività da parte del consumatore; le tue considerazioni fanno riflettere, però a qualcosa bisogna pur credere altrimenti non resta che spararsi; qualche altro commentatore di qs post nutre meno dubbi di noi, e non posso che simpatizzare con la sua posizione. Buona serata, Elena.

  3. Condivido il tuo disappunto. Ho constatato più volte la provenienza estera dei limoni presenti nei nostri supermercati. Buccia non edibile, prezzo stracciato che invoglia a preferirli a quelli nostrani e biologici , al triplo del prezzo (cosa che mi fa ancor più arrabbiare). Amo anch’io questi agrumi e ne faccio uso abbondante, sia del succo che della buccia. C’è da dire che i limoni nelle reticelle di plastica, per quanto ben conservati, dopo qualche giorno marciscono, mentre quelli bio durano ben di più. Val bene la pena spendere qualche euro in più ma assicurarsi un prodotto più sano e nostrano. Buona domenica

    1. circa il “biologico” nutro dubbi di autenticità; inoltre non posso non far mie le considerazioni di Elena (e.d.e.l.w.e.i.s.s.) di cui puoi prendere visione qui sopra; ciò detto, debbo convenire che, ad un certo punto, occorra anche togliersi dalla testa tante perplessità e fidarsi di qualcosa/qualcuno, con la consapevolezza che il cibo industriale, per quanto prodotto in ambienti rispettosi della natura, non sarà mai come quello che potremmo coltivarci nel nostro orticello privato. Buona serata a te.

    1. uh mamma, qui si aprirebbe un capitolo interminabile di considerazioni da fare; tè come banane come tanti altri frutti tropicali…; mi accontenterei di limoni e prodotti coltivabili da noi a chilometro-zero o… giù di lì. Ciao, buona serata

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