PAROLE E PECORE

Peggio delle pecore! Anche nel parlare.
Ma le pecore belano… Ecco, loro sono più coerenti di noi con la loro natura.
Alludo alle parole che, tutto d’un tratto, diventano di moda; qualcuno comincia a metterle in circolo, ed esse si diffondono a macchia d’olio, rimbalzando di bocca in bocca. La gente le tira in ballo, vogliosa di ostentazione, perché le sente dire da altra gente, e non vuol rinunciare a sentirsi “aggiornata” o, peggio, ad entrare nel novero di chi utilizza il linguaggio più di tendenza , anche se con scarsa consapevolezza del perché lo fa.
“Resilienza” è un termine abusato, ultimamente. Una parola che non dovrebbe trovare spazio sulla stampa e sugli altri mezzi di comunicazione, perché non esiste nella nostra lingua. Deriva dal latino, ma è l’inglese ad essersene impossessato. Nessuna meraviglia che degli esterofili come gli italiani ne abbiano fatto la loro versione “all’amatriciana”.
La pochezza culturale, che imperversa tra conduttori televisivi, politici e opinionisti da strapazzo, si espleta, da un po’ di tempo in qua, anche nel condire ogni discorso con questo intrusivo sostantivo, perfino quando non ce n’è affatto bisogno. La rete lo riprende…; il popolo gli fa eco…
Si può benissimo usare il termine “resistenza” oppure la locuzione “capacità di reagire” ed ecco che l’idea è resa al meglio, con quel che abbiamo già di disponibile e, soprattutto, di lessicalmente autoctono.
Perché mai, quando qualcuno comincia a ripetere stramberie, tutti gli vanno dietro come fa il gregge, allorché una sola pecora decide di cambiar direzione?

PAROLE E PECOREultima modifica: 2020-11-10T16:45:44+01:00da alberto.gambineri

12 pensieri riguardo “PAROLE E PECORE”

  1. Infatti … un popolo di pecoroni. Anche a me da parecchio fastidio questa cosa. Di pecore. Di linguaggio. Ti perdi un TG dove usano una “nuova parola” e sei fregato. Perchè tutti poi usano quella e tu non capisci più nulla. Per non parlare poi degli inglesismi, che fastidio! E amo l’inglese eh ma ritengo che la nostra lingua abbia talmente tante belle parole che possiamo usarle. Non inglesizzarci!!! Ci prendono in giro per questa cosa, gli inglesi. Serena giornata

    1. Già. Il lato sconcertante di questa faccenda è che, oltre ad “abdicare” ad inglesismi ed americanismi, si è poi sbeffeggiati dagli stessi madrelingua. E’ semplicemente disgustoso sentir utilizzare ormai da tutti termini come “lockdown” o “task force”, senza che la maggioranza sappia veramente il significato di essi. Per non parlare della pronuncia, a dir poco risibile, dei mezzobusti televisivi… Però, il peggio del peggio, è rappresentato da parole di altre lingue, italianizzate per ignoranza o presunta agevolezza d’uso, quando non si è in grado di conoscere neppure il corrispondente nella nostra lingua. Serena giornata a te Ely

      1. Concordo con te. Io penso che l’italiano sia una lingua bellissima, da imparare e continuare a voler imparare. Poi amo l’inlgese ma imparo prima la mia lingua anzichè quelle degli altri 😉 serena giornata

  2. Può darsi che mi sbagli, ma credo che il termine “resilienza” derivi dalla metallurgia. Poi venne attribuito un significato psicologico. Oggi è diventato di gregge : lo usano in troppi e troppe volte a vanvera.
    Buon pomeriggio, Alberto

    1. in latino, il verbo significa “saltare all’indietro”, quindi, come significato traslato, “ritirarsi, rinunciare”; l’inglese ne fa derivare il sostantivo “resilience” che vuol dire “capacità di resistenza, di recupero” e, come si vede, le due accezioni sembrano addirittura l’una il contrario dell’altra; ciò detto, a me preme ribadire che questa parola, assente nella lingua italiana classica, è oggi entrata nel linguaggio comune della gente solo perché qualcuno l’ha importata ed italianizzata dall’inglese, come centomila altri termini; il che mi sembra assolutamente idiota. Ciao Elena.

  3. E’ vero certe parole sembrano diventare un tormentone per certi periodi. Un’altra di questa è citata dai politici e dai VIP in riferimento al covid: “subdolo”.

    1. sai, “subdolo” è un aggettivo italianissimo, non la “maccheronizzazione” di un termine inglese; pertanto, ben venga il suo utilizzo, purchè non a sproposito; purtroppo, il covid è definito a ragione subdolo, in quanto infido, strisciante e ingannevole.

  4. Ho l’impressione che ci troviamo in un tale linguaggio, che non si riconosce più come Italiano, dovuto al vecchio concetto di “integrazione”. Integriamo tutti e tutti poi parlano maccheronico. Manca la struttura la struttura scolastica di educazione civica (una volta a scuola c’era!!!) nella quale i bimbi imparavano il rispetto umano e linguistico. Dove siamo andati a finire per voler diventare una europa ma perdere anche la dignità “nazionale” che in primis si riconosce nella lingua italiana? Dove sono i veri italiani? Oh non certo la stampa che scrive in quanto venduta e che attacca il “carro” dove girano i”buoi”. Esiste il gregge di pecore solo quando non ci riconosciamo più italiani. Un saluto.

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