do you wanna dance?

GRAMMATICA VIOLENTATA


Il mio viaggio nella terra delle parole usate ed abusate prosegue, questa volta, esaminando un altro termine, oggigiorno utilizzato sovente a sproposito: l'aggettivo "sostenibile". Come si sa, la stragrande maggioranza degli aggettivi deriva da un sostantivo, di cui essi descrivono la qualifica (es., legno, legnoso). Non è il caso del "nostro", dato che, qui, all'origine c'è un verbo. Anzi, a dirla tutta, il vocabolario della lingua italiana classica neppure ne prevede l'esistenza; segno che trattasi, presumibilmente, di un neologismo (dei tanti di cui abbiamo preso a far uso per comodità e brevità di espressione, per lo più derivanti da idiomi stranieri, soprattutto l'inglese, o dall'imitazione del costume degli americani di coniare, da termini preesistenti, nuove parole dal contenuto figurato, allo scopo di focalizzare immediatamente l'attenzione di chi ascolta su un tema specifico). Comunque, in questo caso, il processo è addirittura inverso. E' il sostantivo, "sostenibilità", a generarsi dall'aggettivo. "Sostenere" significa "sorreggere, mantenere in piedi". Ma le accezioni secondarie, in italiano, sono svariate. Può voler dire "sopportare" (un impegno), "proteggere, incoraggiare" (un progetto, una compagine sportiva), "appoggiare, affermare" (una causa), o ancora "nutrire, alimentare" (l'organismo fisico umano o animale), e persino "resistere a, tollerare" (la fatica, la malattia, il dolore). Il passaggio al concetto di salvaguardia dell'ambiente è breve. Va in questa direzione, infatti, l'ulteriore specificità impressa all'aggettivo "sostenibile", attraverso l'aggiunta del prefisso "eco", che ne stigmatizza il riferimento preciso all'insieme delle condizioni climatiche del pianeta e di tutti quegli elementi, presenti sul pianeta, che per noi abitatori  rappresentano una risorsa. Ma, attenzione, abbiamo già assistito, con ribrezzo, all'uso improprio del termine "resilienza", per non sussultare ogni qual volta sentiamo sproloquiare di "agricoltura sostenibile", di "industria sostenibile", di "produzione sostenibile". Dato che l'intento di chi utilizza tali espressioni è  esclusivamente quello di riferirsi alla tutela dell'ambiente attraverso azioni che ne preservino equilibrio ed integrità, allora è il sostantivo ad entrare in gioco, qui, non l'aggettivo, se si ha a cuore la grammatica e non le si vuole usar violenza. In conclusione, "sostenibilità dell'ambiente" è corretto; "ambiente sostenibile" sbagliato. Peggio ancora se si parla di "finanza sostenibile" o di "debito sostenibile", laddove l'azione di tutela, espressa dall'aggettivo, lecita e sacrosanta in merito all'ambiente, in questo caso è addirittura deprecabile, in quanto suscettibile di famigerate manovre foriere di ristrettezze e di austerità, a danno dei cittadini, in tempi di crisi nell'eurozona, a causa di un debito pubblico smisurato o di finanze dissestate, relativi ad un determinato paese membro. Il debito di uno stato non lo si sostiene; lo si regolamenta attraverso opportune azioni conseguenti a formule matematiche precise (calcolo del rapporto tra P.I.L. e tasso d'interesse applicato all'indebitamento). Le scellerate regole del cosiddetto "Patto di stabilità", tanto care a certi europarlamentari rigoristi (come gli olandesi o gli austriaci, per esempio), dovrebbero espletarsi proprio attraverso il "sostegno" alla finanza, piuttosto che alla crescita ed al benessere delle persone, una volta passato il covid19 e non appena si profilino, in Europa, segnali di ripresa economica. Per quel che mi riguarda, biasimo con tutto me stesso questa linea d'azione mortificante e vessatoria nei confronti del popolo, e, rimanendo ligio al significato-base del termine "in oggetto", dichiaro che certe idee non sono affatto "sostenibili".