L’INFERMERIA

Ricordi quando ti dissi che ero stato alla mia vecchia scuola elementare?
Un anno e mezzo fa, circa, mi pare…
Esatto. Non ci rimettevo piede dal 1961.
Sì, mi ricordo. Me lo accennasti in quell’occasione. Dicesti anche che ti eri emozionato a ripercorrere quei corridoi.
Eh già… Mi rividi bambino con il grembiule nero e il fioccone blu. Quei corridoi non sono cambiati: stessi pavimenti, stesse grandi finestre… Perfino lo sgabuzzino della signorina Buffa è ancora lì!
Ah! E che cos’è?
Era l’infermeria. Avevano ritagliato un ambiente, lungo un corridoio in corrispondenza di una delle finestre, delimitandolo con pareti di vetro opaco. Il regno della signorina Buffa…
Ah però…! Così tanti anni fa… Una scuola organizzata, direi! E questa signorina… Come hai detto che si chiama…? Che faceva?
Era l’infermiera fissa della scuola. Una donnina minuta e ossuta. Ti dava un cachet se avevi mal di denti… Ti disinfettava e ti metteva un cerotto se ti sbucciavi un ginocchio durante la ricreazione in cortile… Ma, soprattutto, controllava che i bambini che contraevano malattie infettive fossero mandati a casa e non rimanessero in classe. Sai…, c’erano il morbillo, gli orecchioni, la difterite, la tosse cattiva…
La tosse cattiva…!?
Eh sì…, lei la chiamava così. Era la pertosse. Ci fu un’epidemia in quegli anni. Diceva: “Non puoi stare a scuola con la tosse cattiva. Domani non tornare. Devi restare a casa quattro settimane, e poi portarmi il certificato di guarigione, altrimenti non sarai riammesso in classe”.
Accidenti! Un tipo inflessibile.
Assolutamente! Mandava a chiamare i genitori attraverso il bidello, che si venissero a riprendere il figlio immediatamente… Erano pochissimi i telefoni nelle case, allora… Talvolta spettava ai bidelli accompagnare i ragazzi a casa.
Capisco. E come si accorgevano se qualcuno era ammalato?
Suppongo che i maestri fossero messi a conoscenza dei sintomi, e che, quindi, nel sospetto di contagio, facessero intervenire subito la signorina Buffa.
Uhm, ma lei non era un medico.
No, non lo era, ma sapeva lo stesso quel che c’è da sapere. Sai, a quei tempi, tutti i sanitari erano in grado di riconoscere i segnali di una patologia; non si facevano esami ed analisi per ogni nonnulla; il tuo dottore poteva effettuare un’ingessatura nel proprio ambulatorio o venirti ad asportare le tonsille a casa… Un universo molto diverso da oggi…
Un mondo arcaico…
Può darsi. Ma molto efficiente, te lo assicuro.
Eppure le epidemie erano frequenti.
La tubercolosi era appena stata debellata. C’erano moltissimi casi di poliomielite tra i bambini. Il vaccino Sabin stava arrivando. Io ne ricevetti tre somministrazioni, la prima un’iniezione, le altre due col famoso zuccherino.
E immagino che la signorina Buffa fosse pienamente coinvolta in tutto questo!
Cavolo! Era una macchina da guerra. Solerte ed efficiente come una Florence Nightingale !
Ah ah…, nel suo sgabuzzino con le vetrate opache…
E’ ancora lì quella struttura. Non so che cosa ci tengano adesso… La scuola è un istituto d’arte, oggi.
Eh…, tutto cambia…
Già, proprio tutto.

L’INFERMERIAultima modifica: 2021-01-11T11:40:57+01:00da alberto.gambineri

19 pensieri riguardo “L’INFERMERIA”

  1. E già quando andavo alle elementari io, non ce n’era traccia. O almeno, non me ne ricordo. Quindi, al massimo mi limito a dire che avevo un pediatra a cui bastava un’occhiata per fare una perfetta diagnosi e trovare la cura. E difficilmente lo fregavi (fra l’altro lavorava anche al Gaslini)

    1. beh non credo vi fosse una struttura del genere in ogni scuola della penisola; ma ciò non cambia l’approccio, diverso da oggi, e assai più “missionario”, del personale medico nei confronti della popolazione.

  2. Eh sì purtroppo peggiora tutto. Penso anche io che se si facessero le cose “alla vecchia” sarebbe meglio. Per moltissime cose … che bello il progresso eh? 😉 serena giornata

    1. penso che, oggi come oggi, una signorina Buffa in ogni scuola avrebbe rassicurato parenti, insegnanti e perfino la ministra Azzolina, garantendo il prosieguo delle lezioni senza interruzione

      1. Infatti concordo con te. Rimpiango i bei vecchi tempi quando se facevi qualcosa a scuola, tornavi a casa e te le buscavi dai tuoi 🙂 … quando invece che prendersela coi prof perchè hanno sgridato un ragazzo … ti sentivi dire “come ti ho fatto ti disfo” 😀 ahahaha cmq sia è vero, era meglio. Serena giornata

  3. La mia vecchia scuola elementare invece è diventata un residenza protetta per anziani! Non mi ci ritroverei a riandarci nemmeno tra alcuni anni “a viverci”. Troppo rumore dei ricordi.
    ciao, gi

    1. il rumore dei miei ricordi, invece, mi fa “sentire” quanto il paese (almeno in certe zone) fosse molto più civile e disciplinato di adesso, pur con molti meno mezzi a disposizione; ciao

  4. Sono una persona di intelligenza modesta, o almeno così mi reputo, ma credo di poter dire di me stessa che amo andare a fondo e cercare di capire le cose. Perciò ho scorso a ritroso per cercare l’ultimo post sul quale hai pubblicato i commenti (questo), per riuscire a capire cosa abbia fatto scattare in te la decisione di censurali, da qui in poi. Non ho trovato granché, a dire il vero, pertanto intuisco ci sia qualcosa nei commenti non pubblicati che, per l’appunto , ha determinato la tua decisione. So che anche questo commento non sarà pubblicato per cui mi sento libera di scriverti qui, tanto so che leggerai. E’ vero, certi commenti talvolta sanno essere irritanti: superficiali, talvolta totalmente fuori contesto. Per non parlare di quelli che ignorano totalmente il contenuto del post per mandarti link a improbabili gif con saluti glitterati (un po’ vecchia scuola). Il fatto di impostare i tuoi articoli come dei dialoghi tra te ed un interlocutore immaginario rende interessante e godibile il contenuto. Forse si tratta di un tentativo di indirizzare i lettori verso il tipo di confronto che gradiresti? O magari ho preso l’ennesima cantonata e non ho capito niente? Ad ogni modo, spero con questo mio di non averti arrecato fastidio od offesa. Continuerò a seguirti qualunque sia la tua decisione. Saluti

  5. hai perfettamente messo a fuoco il problema (che,per altro, io stesso ti avevo accennato); al di là di ciò che uno scrive e di come lo fa, un blog presuppone l’intervento di commentatori, contro o a favore delle opinioni espresse poco importa; e non è neppure richiesto un italiano letterario o grammaticalmente ineccepibile; sono il primo ad avere dei limiti, pertanto tollero quelli altrui apprezzando piuttosto la buona volontà del mettersi a confronto con l’esporre il proprio pensiero; ciò che mi irrita è l’atteggiamento diffuso di chi butta giù quattro frasi, il più delle volte poco pertinenti con il tema trattato, quasi fosse questo un obbligo dovuto al fatto che fa parte del tuo gruppetto di amici virtuali e perchè il sistema gli ha notificato che hai pubblicato un nuovo post; o magari perchè gli sembra indelicato non sdebitarsi se tu sei passato dal suo blog; la conseguenza è che devi constatare, con una certa amarezza, che il testo non è stato letto affatto; si sono lette probabilmente le ultime battute soltanto, il che porta a fraintendere il tuo intento ed a scrivere sciocchezze; in tutta franchezza non fa piacere ricevere un così misero responso all’impegno che hai profuso nel tuo lavoro; intendiamoci, non prendo questo come fosse un onere istituzionale; è più un divertimento e un passatempo da pensionato; però lo porto avanti con impegno;amo scrivere e sottoporre temi all’attenzione delle persone; sono cosciente di essere alquanto prolisso, quantunque mi sforzi di concentrare il massimo dei concetti in poche parole; comprendo che un testo lungo scoraggi il lettore e che la comunicazione sui social preveda maggiore concisione; però gradirei un confronto, uno scambio di vedute, non un debito pagato all’essere amici su una piattaforma virtuale o, peggio che mai, un impersonale invito a farti vivo nello spazio di qualcuno in cambio di quattro corbellerie raffazzonate sul tuo; così ho deciso di sollevare chiunque dal sentirsi obbligato a lasciare commenti di qualsivoglia natura; purtroppo, come si dice, paga il giusto per il peccatore, e tu ne sei il chiaro esempio; per altro, sei stata l’unica a chiedermi spiegazioni, segno evidente che gli intervenuti non si curano neppure di verificare se sia stato loro risposto; pertanto, a questo punto, in mancanza di dibattito, preferisco “pontificare”, pur con la trovata del dialogo tra due presunti interlocutori (che sicuramente rende la lettura più leggera e scorrevole), sapendo per certo che, com unque, vengo letto da molta gente, dentro e fuori Libero, cosa che mi lusinga, controbilanciando il rammarico per la penuria di confronto. Grazie ancora una volta per la tua premura e per la considerazione nei miei confronti. Ciao, Alberto.

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