PARLAMENTO CERCASI

Qual è il compito del presidente del consiglio?
Chiariamo (…o forse sarebbe meglio dire “ribadiamo”) che in questo paese è in vigore una democrazia “parlamentare”.
In Italia non è come in Francia o negli Stati Uniti, dove vige una democrazia “presidenziale”.
Il nostro presidente del consiglio, infatti, è erroneamente definito premier (se tale appellativo viene usato, ciò si giustifica solo per ragioni di brevità); egli è, infatti, solamente il presidente dell’assemblea dei ministri, quindi un primus inter pares tenuto a rispondere al Parlamento di tutto ciò che fa.
E’ il Parlamento (Camera dei deputati e Senato della repubblica), nominato dai cittadini attraverso il voto, a deliberare su qualunque questione riguardante il governo del paese. Tanto è vero che persino il Presidente della Repubblica è scelto e nominato dal Parlamento; ed, a sua volta, designa il presidente del consiglio dei ministri, in base al programma (di governo) che questi presenta, unitamente alla lista dei potenziali titolari dei vari ministeri, cioè i ministri.
Come si vede, la nomina del presidente del consiglio passa attraverso il vaglio del Parlamento, nonchè del presidente della repubblica.
E’ il Parlamento che gli accorda la cosiddetta “fiducia”.
Il suo compito istituzionale è dunque quello di “coordinare” l’azione di governo; non già di prendere, egli da solo, le decisioni, che spettano, invece, al Parlamento, quindi ai rappresentanti dei partiti, maggioranza e opposizione, che, in proporzione, del Parlamento fanno parte.
Ultimamente, si è assistito ad un vero e proprio capovolgimento di ruoli, laddove il presidente del consiglio (sia pure circondatosi di personaggi esterni presumibilmente dotati di competenze specifiche) si è arrogato il diritto di decidere in autonomia, quindi, di fatto, legiferare (ricordo al lettore che un dpcm è legge a tutti gli effetti); mentre al Parlamento non è restato che attendere passivamente che, col tempo e con comodo, gli venisse illustrato ciò che, frattanto, era stato deliberato.
La contingenza e l’urgenza di una realtà emergenziale, come quella dell’epidemia in atto, avallava tutto questo? Io dico di no.
Non c’è alcun giustificato motivo, che si tratti di un attacco nemico, di un disastro naturale, di una pestilenza, per scavalcare il Parlamento, quindi il cittadino, che da esso è rappresentato.
Ma allora (si obietterà) il dpcm che cosa ci sta a fare?
Esso è un decreto ministeriale, previsto dalla legge (ma di rango inferiore rispetto ad una legge), emanabile da un ministro, da più ministri, o dal presidente del consiglio per sole questioni “tecniche” di rilevanza relativa, come la nomina di un dirigente, per la quale può non essere opportuno tenere impegnato, magari in più sedute, il Parlamento.
Non se ne può fare un uso indiscriminato e disinvolto.
Nel caso di misure drastiche, fortemente incidenti sulla vita dei cittadini, in primis , e, successivamente, sull’economia, esiste l’istituto del “decreto legge”, che può anche avere applicazione urgente, ma che mantiene, tuttavia, il dialogo parlamentare, indispensabile al corretto svolgersi del cammino democratico. Tanto più, allorchè, nello specifico, sia a gennaio che durante l’estate di quest’anno, c’era tutto il tempo per prendere decisioni ed assumere misure concordate con l’intero collegio parlamentare, coinvolgendo, pertanto, in automatico, anche l’opposizione.
Evidentemente, la prosopopea e la boria (nonchè la velleità di assomigliare ai vari Macron sparsi per il mondo, pur con la frustrazione di non esserlo), che caratterizzano l’indole di questo “premier non-premier”, ha consegnato al popolo italiano una sequela di misure unilaterali improvvide, i cui veri effetti nefasti arriveranno quando, forse, costui ed il governo che presiede saranno ormai un ricordo.

VERGOGNA

Ooooh…, il nuovo dpcm è con noi! Come vedo  mister ordinario-di-diritto-privato apparire sul video, mi viene una voglia irrefrenabile di togliermi una ciabatta e scagliarla contro il televisore (poi, realizzo quasi subito che non riuscirei a spaccarlo; questi apparecchi di nuova generazione si rompono solo quando lo decidono loro).
A me non frega nulla se chiudono le pasticcerie alle 6 del pomeriggio; a quell’ora non hanno che quattro avanzi su quegli squallidi vassoietti, lo so per esperienza, essendo molto goloso di dolci, quindi un loro frequentatore; sono estremamente amareggiato perché questa manica d’insensibili, ignoranti, oltre che incapaci e ipocriti se la prendono con i teatri, ovvero con la prosa,  la musica,  il cinema.
Dovrebbero vergognarsi.
Ma, è ovvio, ci si vergogna solo se si possiede un minimo di dignità.
Io, per esempio, mi vergogno per una come l’Azzolina, che solamente per quel timbro di voce stridulo che ha, dovrebbe essere bandita da ogni trasmissione, perché incompatibile con la qualità-audio, anziché continuamente intervistata, per ripetere, fino all’inverosimile, che lei ha fatto, e fa, tutto bene, ma che certamente si può sempre migliorare (‘azz, se si può, piccina…! e manco poco!).
Mi vergogno altresì di chi approfitta del frangente in cui ci ritroviamo per dissotterrare l’ascia di guerra delle frustrazioni, che nulla hanno a che fare con i disagi delle restrizioni, per sfogare contro i beni dello Stato e la proprietà altrui il malessere che lo rode dentro e gl’istinti belluini che famiglia ed ambiente gli hanno inculcato e che non è mai riuscito a reprimere del tutto.
Me ne vergogno perché, malgrado tutto il mio cinismo, non sono così freddo ed indifferente, e sogno, da sempre (forse invano…), un paese onorabile, decoroso e degno di rispetto. Perfino in tempi di pandemia.
Ci si vergogna se si possiede un barlume di dignità…
…ed il senso della vergogna.

GOCCIOLINE

Un vecchio detto recita: “Aiutati che Dio t’aiuta”. E’ verissimo, persino supponendo che Dio, per una volta tanto, sia impersonato dallo Stato o dal governo.
Così, nel tentativo (sempre più arduo) di schivare l’immondo virus, sarà opportuno che ciascuno tenga bene a mente che la trasmissibilità avviene soprattutto per via aerea, attraverso bocca, naso ed occhi.
Le istituzioni, fiancheggiate da esperti virologi ed epidemiologi, ormai ce lo ripetono da mesi. Ma io vorrei aggiungere due altre raccomandazioni.
1) evitare di parlare in pubblico/trattenersi vicino a chi parla;
2) evitare la permanenza in luoghi con scarsa areazione, specialmente adesso che la temperatura scende e gli ambienti sono spesso ermeticamente chiusi, affidando la climatizzazione alla sola aria condizionata – sale d’attesa, treni, bus, ascensori, negozi…
Impossibile dirsi al riparo del contagio, pur adottando tutte queste misure; il virus è subdolo ed assai aggressivo. Ma occorre ricordare che sono le gocce acquee che fuoriescono dalla bocca degli individui affetti a diffondere la malattia a chi ancora non l’ha contratta. E le mascherine, fossero anche le più appropriate, non ci preservano del tutto; così come non ci salvaguarda il distanziamento. Inutile stare, con metà viso tappato, ad un metro l’uno dall’altro, se si parla forte e si ride. Lo “sputacchiare” , conseguente a ciò, manda in giro migliaia di goccioline in rischio di vincere la barriera dei dispositivi indossati. L’effetto potrebbe essere fatale.
Ma come…? – già sento qualcuno mugugnare – Ora bisogna anche stare zitti…?
C’è un altro detto, anch’esso vecchio, ma molto saggio.
“Il silenzio è d’oro”.

INCONTENTABILI

Ha parlato Conte.
Vi sentite in una botte di ferro, adesso?
No…?
La “giungla” di scadenze orarie, per bar, pizzerie, ristoranti con tavoli, senza tavoli, con servizio di asporto o meno, vi ha confuso le idee? Il tono di grande apprensione, che avete registrato ascoltando quelle parole perché “non possiamo permetterci di perdere tempo”, trasmette altrettanta apprensione dentro di voi, che v’illudevate di avere un governo previdente, che non aveva sottovalutato, durante l’estate, il potenziale del morbo di ripresentarsi? La questione-scuola, la cui gestione è bellamente lasciata ai singoli dirigenti, istituto per istituto…, territorio per territorio… non chiarisce i vostri pensieri e non risolve le vostre preoccupazioni circa le sorti dell’istruzione dei vostri figli? Le decisioni unilaterali, senza consultare il parlamento (ossia i cittadini), rassicurando i giornalisti di recarsi, appena possibile…, in aula ad illustrare ciò che nessuno potrà controbattere, vi pone dubbi circa l’utilizzo (come dire?) alquanto disinvolto della carta costituzionale? L’atteggiamento paternalistico, ma anche trionfalistico, perché siamo più bravi degli altri (?!), e perfino un tantino contrito, dovendosi annunciare provvedimenti restrittivi lesivi della vostra libertà di movimento, vi ha definitivamente stuccato?

Che devo dirvi?

Siete davvero incontentabili!

A CHI LA TOCCA, LA TOCCA

Apprendo dai media che il ministro della salute aveva inizialmente sollecitato il contributo dei cittadini a segnalare possibili assembramenti, all’interno di abitazioni ad essi prossime. Ciò, in seguito, ad uno dei punti del nuovo decreto, secondo cui sono vietate le riunioni in casa, tra parenti ed amici, in numero superiore a 6 unità.
Di fronte all’unanime condanna per un’iniziativa del genere, pare si sia fatto marcia-indietro.
Ecco. Vorrei solo soffermarmi su questo aspetto.
Che la situazione sia grave, questo è sotto gli occhi di tutti; che le prospettive di mantenerla entro limiti di gestibilità concreta perdano, sempre più, consistenza, alla luce di un aumento, di giorno in giorno maggiore, di contagi,  è una triste realtà con la quale un governo deve confrontarsi.
Ma il comportamento “dilettantistico”…, il pressappochismo…, l’ipocrisia del dare l’impressione (solo l’impressione…) di attenzione al problema e di efficienza, mentre non si ha il fegato di parlare con onestà e lealtà alla gente, questo lo trovo assolutamente disgustoso.
Non c’è bisogno di esperti, comitati scientifici o geni incompresi di sorta per stabilire che, in un frangente come quello di una pandemia galoppante, non si può salvare “capra e cavoli”; né, per mantenersi nell’ambito dei detti popolari, è lecito che le istituzioni di un paese, con una tradizione millenaria di cultura, pensino di sfangarsela facendo le “nozze coi fichi secchi”, sfornando decretucci fiacchi e controversi.
Parliamoci chiaro! Qual è l’intento di lor signori? Preservare la salute delle persone? Prolungare la vita di ottuagenari fino a cent’anni? Non pigliamoci in giro…, l’intento (quantunque mai ammesso chiaramente) è solo quello di salvaguardare l’economia, nonché di non portare (di nuovo) le strutture ospedaliere al collasso. Finalità, per altro, assolutamente condivisibili, per non dire sacrosante!
E allora, basta con le raccomandazioni da precettori da “libro cuore”, della serie “se non ti comporti bene, ti faccio le to-to”…!
Non serve a nulla, chiudere i locali anzitempo; né bloccare la socializzazione al di fuori o al di dentro degli edifici; né, tanto meno, indurre la gente alla delazione, ai danni di presunti contravventori a regole demenziali, che pretendono di risolvere i problemi con disposizioni qualunquistiche e generalizzate.
Una pandemia è una sciagura di entità fuori di ogni proporzione e controllo.
Nessuno possiede la formula (naturale o sovrannaturale) per abbatterla in tempi brevi e a basso costo, a parte la scoperta di un vaccino, che non provochi effetti collaterali disastrosi quanto la malattia che dovrebbe scongiurare.
Chi vive, vive; chi muore, muore.
Il governo spieghi solo questo.
Stigmatizzi l’aspetto della prevenzione e della responsabilità individuale.
Metta in chiaro, senza lasciar spazio a dubbi o false speranze, che, oltre un certo numero di ricoveri, non ci sarebbe più spazio nelle strutture sanitarie.
Dopo di che, lasci a ciascuno la libertà di fare ciò che vuole, in casa e fuori.
Ma si astenga dall’ impersonare il ruolo della “balia” nei confronti dei cittadini:
E’ un ruolo che non gli si addice.

LIMONI

Sono un amante del tè ed un regolare consumatore di questa bevanda poco latina.
Chi se ne frega! – obietterà il mio lettore di passaggio.
No, wait a minute…, lasciate che spieghi. In verità, il mio rapporto col tè non è esattamente british style, se non per l’uso di un mug , ossia un tazzone cilindrico col manico, come contenitore; per il resto, non ho mai smesso bruscamente di fare quel che stavo facendo, in virtù del fatto che l’orologio suonava le 16.30, decretando lo scoccare del tea time quindi l’improcrastinabile approccio al rito quotidiano. Io, il tè lo prendo per colazione, al mattino, con qualche biscotto (rigorosamente integrale) e, soprattutto, non con il latte, bensì con mezzo limone spremuto.
E qui si arriva al dunque. Il limone… Una vera delizia nostrana…, una delle eccellenze del nostro sud (ma non dimentichiamo la costa ligure), ricchissima di sostanze benefiche per la salute.
Ebbene, l’altro giorno, per qualche ragione, ne ero sprovvisto; non avevo la possibilità di recarmi dal fornitore abituale; ho dovuto ripiegare sui supermercati di zona. Gira di qua, gira di là, ne ho passati in rassegna quattro. Uno aveva limoni argentini, uno limoni turchi, uno limoni spagnoli, uno perfino limoni del sud Africa. Nessuno di questi prodotti aveva scorza commestibile, essendo tutti incerati a dovere con quella caratteristica patina appiccicosa. Alquanto contrariato, ho lasciato perdere. Niente tè per un giorno.
Qui in questo paese, siamo stati sempre tanto esterofili…, ed io sono per il libero scambio, per l’economia che gira, per i movimenti di merci, incluse, ovviamente, le derrate alimentari.
Ma sono anche un convinto fautore del “chilometro-zero”: dicasi aziende, fattorie, campi dietro casa o… quasi.
M’immagino che cosa vi sia dietro quelle reticelle di agrumi d’importazione. Alcune migliaia di chilometri…, container accatastati su navi che solcano il mare per miglia e miglia sotto il sole…, tonnellate di petrolio nell’atmosfera (quando non nelle acque)….  e conservanti in gran copia, onde evitare il deteriorarsi anzitempo del prodotto… E non mi si dica che le mani che hanno colto quelle frutta sono meno screpolate, meno callose, meno artritiche, meno sporche, meno sanguinanti, meno nere di quelle che lavorano nella piana pugliese o in Calabria o in Sicilia. Diciamo che vorrei pagare il prezzo giusto per il mio limone italico, poterne grattugiare la buccia in decine di pietanze tipiche, visto che questa terra è in grado di produrne di squisiti e di farmeli giungere sulla tavola, senza che il mio apparato respiratorio abbia a risentirne troppo, causa eccessiva presenza nell’aria di sostanze, impiegate per il trasporto, nocive alla salute.
Bandire i limoni turchi o sudafricani? No…, ad ognuno è concesso di comportarsi qualunquisticamente, disattentamente, imprudentemente, o, più semplicemente, da individuo libero di acquistare ciò che vuole, almeno fino a che il suo stomaco non alza bandiera bianca…
Vorrei solo salvaguardare i miei polmoni. C’è già il covid, in agguato, ad attentare ad essi.

GENIALI PENSATE

Un governo di incapaci vara un decreto che impone l’obbligo della mascherina, all’aperto, a tutti, in ogni angolo del paese.
Siccome non si riesce ad organizzare controlli e relative sanzioni nei luoghi dove realmente il pericolo di contagio sussiste e siccome non si vuol assumersi la responsabilità di intervenire pesantemente sui gestori di locali pubblici che, per loro natura, provocano assembramenti anche al di fuori del locale stesso, ecco che si opta per la decisione più comoda, quella tout court del penalizzare tutti indiscriminatamente, in qualunque situazione.
Dove stanno poliziotti, carabinieri, finanzieri, vigili urbani, il cui compito è, guarda caso, proprio quello di sorveglianza e mantenimento dell’ordine tra i cittadini? Perché non li si impiega massicciamente sul territorio, là dove è veramente necessario?
Forse che i sindacati di categoria pretendono che venga loro corrisposto un lauto straordinario per il surplus di lavoro?
Un decreto è legge. E la legge non sempre comporta l’uso del buon senso da parte di chi è chiamato a farla rispettare.
Così, per esempio, succederà che, per eccesso di zelo e pedissequa interpretazione della norma, il viandante, che percorre solitario un sentiero di campagna, venga multato, se sorpreso senza la mascherina indosso, mentre frotte di studenti, privi di qualunque dispositivo di sicurezza, si ritrovino in gruppo, indisturbati, all’uscita da scuola, senza neppure rispettare la distanza regolamentare, gli uni dagli altri,
…decretando, ancora una volta, l’assurdità e l’inutilità di certe “genialate”.

LA ZAPPA SUI PIEDI

Non apprezzo il personaggio-Salvini.
Ancor meno apprezzo l’operato di certa magistratura, che, malgrado sia oberata di lavoro arretrato, sembra andare a cercarsene di ulteriore col lume in mano.
E per formulare un’accusa, a mezzo querela seguita da iscrizione sul registro degli indagati, di “sequestro di persona”, per la vicenda della nave dei clandestini, occorre veramente la torcia degli speleologi.
E’ evidente anche ai ciechi che trattasi delle conseguenze di un tentativo politico, per altro ormai tardivo, di disarcionare il capo della Lega e impedirgli di continuare ad influire sulle decisioni governative.
Se non che Salvini, come è noto, si è disarcionato da solo.
Adesso, ho la sensazione che un g.i.p. un tantino più serio di qualche procuratore della repubblica abbia voglia di verificare se mai non sussistano responsabilità di altri membri del precedente governo in questo procedimento, per esempio l’attuale pdc.
Per ironia della sorte, l’infelice presa di posizione a carico del leghista  potrebbe servire proprio a questo, e ritorcersi magari contro chi, nell’ombra, l’ha ordita e scatenata.
Quanto al reato, è roba da ridere. Nessuno ha limitato la libertà di nessuno, né dei clandestini né dell’equipaggio. Quella nave (che, tra l’altro, dovrebbe svolgere il ruolo di polizia marittima e di controllo dell’immigrazione) poteva benissimo andare da qualche altra parte. Chi gliel’ha impedito?

NUOVI AMICI, VECCHI RANCORI

Poche settimane fa, lo stato d’Israele ha stretto un’alleanza con alcuni paesi musulmani del golfo Persico, i quali si sono affrettati a riconoscerne e a legittimarne l’esistenza.
Sponsor dell’operazione il biondone yankee Donald Trump.
Il fatto è stato giudicato di portata storica, e, in effetti, è semplicemente clamoroso, se si pensa a quanto odiati siano stati, in seno al mondo arabo, gl’israeliani, fin dalla fondazione del loro stato nel ’48 (credo).
Oggi, dopo questo avvenimento, lo sono di meno? Credo proprio di no.
Se hai odiato qualcuno per una vita intera, non saranno interessi comuni a fartelo improvvisamente amare. Ma questa è un’altra storia.
Vediamo, piuttosto, quali sono questi sopraggiunti “interessi”, che, tutto d’un tratto, spingono le due parti ad essere tanto concilianti l’una nei confronti dell’altra.
Primo, un nemico comune, che risponde al nome di Iran, paese che ha giurato di distruggere Israele e che è inviso, perchè seguace della corrente sciita, all’universo sunnita, capeggiato dall’Arabia Saudita, cui fanno capo anche gli altri stati del golfo (oltre che la maggior parte di quelli nordafricani e delle ex-repubbliche sovietiche). Ovviamente, la questione religiosa appare per lo più un pretesto, essendo una forte rivalità economica, legata al petrolio, la vera causa di tensione tra i due blocchi.
Secondo, una presenza scomoda: i palestinesi. Questi ultimi in perenne contrasto con Israele, che considerano (a ragione, secondo me…) un usurpatore, e che continuamente  reclama, a loro spese, territori da destinare alla fondazione di nuove colonie per i sempre più numerosi arrivi di ebrei da tutto il mondo, ma detestati anche dal mondo arabo circostante, che li ha sempre bollati come degli scalmanati senzaterra, dediti al terrorismo, pur costituendo, per essi, un potenziale ricovero, se mai Israele riuscisse a cacciarne un buon numero.
Così la “pace” appena sancita porta con sé nuovi venti di guerra, anche se, per ora, a regime di refolo.
Mettendo gli uni contro gli altri, ma mascherando abilmente l’operazione da trattato di pace, gli USA ritornano al ruolo che è loro più congeniale: quello di suscitare focolai bellici utili alla loro economia guerrafondaia, e, sotto sotto, sobillare gli animi di improbabili alleati contro il suo nemico di sempre, l’Iran.
Quanto alla fondazione ufficiale di uno stato palestinese, ora che Trump ha perfino deciso che Gerusalemme deve essere capitale di Israele, essa è messa, ancora una volta, in stand-by.

REALE VIRTUALE VIRTUOSO

“Privacy” in italiano non ha neppure una parola corrispondente.
Privatezza…? Mah, se davvero qualcosa del genere esiste nel vocabolario, è comunque un termine orribile per quanto è cacofonico.
Bisogna, dunque, ricorrere ad una circonlocuzione per spiegarne il significato. Ma è fatica inutile, perchè il concetto rimane una formalità lessicale, in quanto assolutamente inattuabile. Nella pratica e nel mondo reale, nessuno può dirsi libero da interferenze di vario genere, in ogni momento della giornata. Chiunque, a vario titolo, è autorizzato e legittimato a sapere qualcosa di noi.
L’universo virtuale non fa eccezione. Anzi, da esso è perfino più difficile sfuggire, poichè la digitalizzazione, per altro istituzionalmente incentivata, porta ad accettare regole imposte, spesso solo per necessità di procedere con la navigazione. C’è chi parla di “capitalismo della sorveglianza”.
Tanto vale, quindi, che ci mettiamo l’animo in pace ed allontaniamo ogni paranoico  allarmismo dalla nostra mente. Ci basti riflettere sul fatto che siamo noi i primi ad esporci al rischio di violazione del nostro privato con il solo, irrinunciabile bisogno umano di comunicare coi nostri simili.
Inoltre, abbiamo mai pensato al risvolto positivo del finire sotto l’occhio altrui? Migliorare nell’atteggiamento…, scrollarsi di dosso brutte abitudini…, eliminare ciò per cui potremmo diventare per la gente oggetto di biasimo…, diventare un po’ più accorti e prudenti con parole ed azioni…
Vi pare poco?
Diceva Seneca: “Agisci sempre come se gli altri ti stiano osservando”.
Una delle vie della virtù potrebbe essere proprio questa.