DISGIUNZIONI

In questo strano paese, tutti sanno, fin da subito, che il principale indiziato è il colpevole. Persino i suoi avvocati lo sanno.
Solo i magistrati predispongono indagini all’infinito, aspettandosi colpi di scena, come nei romanzi gialli.
In questo strano paese, la gente è perspicace, logica e deduttiva,
mentre i processi durano decine di anni e non viene, quasi mai, fatta giustizia.

QUELL’INCREDIBILE RISORSA CHIAMATA VIRUS

Non mi raccapezzo più in mezzo alle decine di rimedi contro il covid19, che, di giorno in giorno, il ricercatore di turno propaganda sulla rete.
Si è proposto di tutto, dagl’intrugli più improbabili ai farmaci, cosiddetti off label , che si usano normalmente per altre patologie.
Il mondo della medicina – almeno quella ufficiale – è, da sempre, diviso fra chi sostiene che l’incipiente stagione fredda provocherà il ritorno del virus in una forma ancora più violenta della passata versione, e chi, al contrario, propende per considerarlo ormai declassabile ad un comune disturbo delle vie respiratorie, quindi praticamente innocuo.
I capi di governo, atterriti all’idea di dover fronteggiare malcontento popolare e stampa avversa con nuove restrizioni alla libera circolazione  della gente e chiusure di scuole ed attività produttive, si affrettano a minimizzare la portata del problema con proposte, a dir poco, discutibili, come quella, francese, di ridurre la quarantena, per coloro che risultino positivi ai test, ad una sola settimana, come se la potenzialità di diffusione del contagio fosse qualcosa di opinabile o di programmabile “a tavolino”.
Trovo questa molteplicità di atteggiamenti, che spaziano dai conflitti di opinione alla più bieca ipocrisia, assolutamente irritante nei confronti del cittadino, meritevole, invece, di corretta informazione, nonchè di indicazioni certe su come comportarsi, onde evitare di contrarre il morbo e dover, eventualmente, affrontare sofferenze morali e materiali.
Forse, in seno all’EU, dovrebbe essere costituita un’autorità in grado di dettare un protocollo unico e di parlare con un’unica voce.
Questo per gli europei comunitari, almeno…
Nulla di tutto ciò. Ordine sparso, ancora una volta…, “guerra di frontiere”, nella migliore delle tradizioni…, “aiutati che Dio t’aiuta”…; anche perchè, parliamoci chiaro, il famoso destino comune europeo nessuno lo sente, e, d’altra parte, è difficile perfino da percepire, se sono le politiche stesse, da paese a paese, ad essere spesso in contrasto tra loro, quando non addirittura in aperta inimicizia.
Così, in quest’atmosfera d’inquietudine e di incertezza, è il cinismo a farsi strada, sempre più prepotentemente. Ed è qui che nasce il sospetto che qualcuno speculi sul disorientamento generale.
Le epidemie sono un modo che la natura ha di ripristinare il proprio equilibrio e la propria armonia, mandando nella fossa un buon surplus di gente che inutilmente affolla il pianeta. Vi piace come postulato?
Ma si può, comunque, provare a schivare il becchino affidandosi ad una delle pozioni raccomandate sul web. In fondo, non fareste un ciclo di gargarismi con la candeggina, se fosse il vostro medico di base a consigliarveli?
Niente. Nessuno ci dice niente. Nè medici, nè politici, nè dirigenti comunitari. Possiamo confidare solo sul buon senso e sul… fondoschiena.
E il cinismo continua ad avere una… strana, sinistra assonanza con Cina…, dove molti, forse non a torto, pensano il virus sia stato fabbricato per diffondere la pestilenza sulla terra, e su quei paesi, come l’America o i grandi stati europei, che sono ricchi di genialità creative ma non abbastanza attrezzati a fronteggiarla, vittime di sistemi sanitari deboli o di comitati scientifici e di “soloni” che parlano, probabilmente solo per il gusto di udire il suono della propria voce, oppure di astuti leaders che glissano sull’argomento e sviano il discorso.
Date retta a me, le pandemie dovrebbero essere quotate in borsa.
Mors tua, vita mea.

INUTILE E FUORI TEMPO

Che cosa ci si aspetta da questo referendum? Una riduzione nel numero di parlamentari?
E dall’eventuale riduzione?
A parte qualche soldo risparmiato (che, comunque, è cosa buona), non rilevo vistosi vantaggi. Forse doveva esser fatto prima, quando, parecchi anni fa, si cominciò a propugnare questa modifica, e quando la politica non aveva ancora preso la piega che ha assunto adesso. Oggi, mi sembra, come molti ripetono, lo squallido, quanto inutile, tentativo per ingraziarsi un pugno di elettori, che ai partiti supervotati della destra serve a poco, ed al m5s, che di elettori ne ha persi ormai troppi, ancora meno.
Non è con un numero ridotto di persone che si favorisce la governabilità, bensì con una legge elettorale in grado di decretare, da subito, chi stia, per cinque anni, alla guida delle istituzioni (posto che, da noi, coalizioni, alleanze e contratti non hanno portato se non il progressivo sfacelo del paese).
Dunque, mentre ci si propone un risparmio da là da venire, si sperpera denaro immediatamente.
A meno che l’election day, chiudendo alcuni istituti per far posto ai seggi, non sia un espediente per prendere tempo sui ritardi della scuola, che, come si sa, è iniziata solo “ufficialmente”.

SPORT NAZIONALI

La mania di protagonismo è sempre qualcosa di deprecabile.
Ma se il maniaco è un presidente di regione allora diventa una vera iattura per la comunità.
Personalmente, trovo che il cosiddetto decentramento dei poteri non aggiunga se non caos alla già disastrata gestione italica della cosa pubblica, già, da sempre, ammalata di burocrazia ed inefficienza.
Credo, altresì, che esso favorisca solo la nascita di ulteriori potentati, laddove poche teste, purchè pensanti, nell’ambito del governo centrale, basterebbero ed avanzerebbero.
Come ben s’intuisce, mi riferisco al caso dei governatori, piemontese e sardo, dei quali la cronaca si è occupata in questi ultimi giorni.
Non m’interessa chi ne sia uscito (per così dire) vincente; m’indigna che, in un frangente come quello che stiamo attualmente vivendo, si debba scomodare un tribunale speciale per mettere fine ad azioni, che nulla hanno a che fare con la salvaguardia degli interessi dei cittadini, e che, al contrario, sono animate da risentimento e da spirito di polemica verso l’operato del governo, tutt’altro che irreprensibile, sia chiaro…, ma che, ora come ora,  avrebbe forse bisogno di sostegno, anzichè di picconate.
Questa è gente che non capisce un’acca di democrazia e di buona amministrazione. Aspetta solo il momento buono per rompere i coglioni (chiedo venia per il linguaggio colorito, ma, come dicono a Roma, quanno ce vo’, ce vo’).
Sorvolo sulle ragioni del contendere. Le argomentazioni a sostegno della presa di posizione di entrambi i soggetti  sono tanto flebili e puerili da costituire un caso (ed una notizia) solo per dibattiti televisivi di quart’ordine, di quelli che echeggiano tutto il tempo dei “qua qua qua” starnazzanti di ministrucoli, scribacchini, spacciatori di opinione, e che, invece,  potrebbero essere sostituiti, nel palinsesto, da qualcosa di culturalmente più serio, tanto… il Campidoglio è già stato salvato (nessun riferimento alla Raggi, per l’amor di Dio!!!).
Eppure, si ricorre…!
Ricorso. Altro sport nazionale. Della serie: ho toppato alla grande, ma voglio aver ragione a tutti i costi. Hai visto mai che i tribunali mi danno soddisfazione…
Primedonne alla caccia disperata di prime pagine.
Durante i mesi scorsi della congiuntura sanitaria, mi pare che non ci siamo fatti mancar nulla, in tema di sbruffonate da presidenti di regione. Da nord a sud, la tragicommedia si è replicata con puntigliosità e perseveranza.
Oggi, qualcuno di questi amabili personaggi rischia di dover fare… gli scatoloni, e la lotta per quelle (inutili) poltrone è, come si vede, senza quartiere.
Vediamo se il “nuovo che avanza” dimostrerà più attitudine alle sorti delle persone o ai ricorsi al t.a.r.
Mai perdere le speranze.

LA TECNICA

“T’aspetto fuori”, anzi, lo voglio scrivere in aretino d.o.c., “T’espétto fora”, con la “o” di “fora” molto chiusa.
Era la comune minaccia del prepotente nei confronti di chi aveva osato sfidarlo a fatti o a parole.
Ovviamente, suonava come una promessa di sganassoni.
Ma…, a quei tempi (dicasi, i giorni della mia gioventù), si trattava quasi sempre di una disfida a due, proprio come nei duelli, a colpi di fioretto o a pistolettate, descritti in molta letteratura romantica. L’esito era del tutto incerto, anche se, in definitiva, era il gradasso ad avere più chances di riuscita.
Avete notato che, oggi, il malcapitato viene sempre pestato da un gruppo?
La tecnica punitiva si è affinata, attingendo anch’essa, come altre pratiche delinquenziali, al metodo mafioso.
Se vieni aggredito da un solo individuo, è probabile che questi possa venire denunciato e pagare per ciò che ha fatto, in quanto “unico” responsabile dell’aggressione e delle eventuali lesioni.
Se sono in molti a massacrarti, allora per le nostre istituzioni si apre un enorme dilemma, di cui gli aggressori sono perfettamente al corrente: chi è stato a vibrare il colpo fatale (che ti facciano fuori o ti mandino in pezzi all’ospedale…)??? E’ tutt’altro che scontato venirlo a scoprire, dal momento che, dall’arresto in poi, i componenti il branco cominceranno puntualmente ad accusarsi a vicenda. Gli avvocati difensori ci sguazzano in questa m… ateria. E per i giudici essa si farà tremendamente ardua da gestire…, con il risultato che, alla fine, nessuno sarà colpevole. O, quanto meno, nessuno sarà “tanto colpevole” da ricevere una punizione esemplare. Domiciliari…, condizionale…, buona condotta…, indulto…, amnistia…, revisione del processo…
Oblio…,
…perché, con i tempi nostrani della giustizia, si fa prima a dimenticare che a comminare una pena.
E’ così che i picchiatori assassini, frequentatori di pub e discoteche, come di periferie e borgate, gestiscono scientificamente il loro immondo operato. Nell’accusarsi gli uni con gli altri, in realtà, si coprono tutti, quel tanto che basta per cavarsela con il minimo dell’incomodo.

“Il capolavoro dell’ingiustizia è di sembrare giusto senza esserlo” – Platone

CHI MUORE GIACE

Pa qu’è tonte maldade nesse mundo
S’nò ta li so pà um segundo.
Pa que tonte inamizade
Pa gerà infelicidade

Così recita l’incipit del testo di “Apocalipse”, uno dei tanti brani, rigonfi di tristezza, interpretati dalla grande capoverdiana Cesaria Evora.
Del resto, in una ex-colonia portoghese, le tracce della cultura degli antichi padroni non possono non essere ancora vivissime; anche quelle legate alla musica, che, in questo caso, si sviluppa in forma di fado, il genere tipico delle genti lusitane.
Sebbene la purezza della lingua-madre appaia contaminata da idiomi locali africani, quindi, oggigiorno, un dialetto, più che il portoghese di Coimbra, è facile comprendere il significato letterale di questi semplici versi.
“Perché tanta cattiveria in questo mondo, se non vi sostiamo che un secondo; perché tanta inimicizia, che porta solo infelicità”.
Penso, ovviamente, al caso di Paliano e alla barbara fine di Willy Monteiro Duarte, figlio d’immigrati dalle isole di Capo Verde, partiti da una terra arida, povera d’acqua e di tante altre sostanze di prima necessità, presa d’assalto dal turismo becero occidentale, che arricchisce solo pochi, per venire in questo nostro paese, sempre più malato di insoddisfazione, d’isteria, di miseria morale.
Ne parlo con evidente e consapevole ritardo rispetto all’immediatezza dell’accaduto. Ma ciò è a ragion veduta. Volevo liberarmi dalla trappola delle reazioni “a caldo”, sempre un po’ fuorvianti, quando si è presi da animosità incontrollata. Oggi, quel corpo martoriato riposa sottoterra, sono trascorsi giorni, parole a fiumi son state dette e scritte, ipocriti palloncini son stati liberati verso il cielo (sempre più blu…) e, forse, si può tentare di vedere le cose con occhio critico e libero da improvvidi condizionamenti emotivi.
Innanzi tutto, voglio tirare in ballo il covid19. Sì, proprio il virus omicida, che, una volta tanto, poteva tornare utile nell’unico suo aspetto positivo, quello di tenere la gente debitamente separata, nello sforzo, da mesi in atto, di riuscire ad evitarlo. Allora, l’interrogativo è il seguente. Questi locali (per loro natura, non in grado di scongiurare assembramento) rimangono chiusi o no? C’è qualcuno che sorveglia che le ordinanze generali e locali vengano rispettate? Ci sono interventi concreti onde decretarne l’immediata chiusura, seguiti da sanzioni severissime a carico di proprietari e gestori inadempienti, oppure c’è il solito, infruttuoso (e un tantino paraculo da parte del governo, lasciatemelo dire…) richiamo alla responsabilità individuale, che, come qualunque idiota sa, non sortisce effetto alcuno??? Perché, durante il periodo di limitazione degli spostamenti, la gente è rimasta, buona buona, in casa? Non certo perché noi italiani siamo ligi e rispettosi della legge (quando mai?). Ma perché era scattato una specie di coprifuoco, con tanto di verbali e denunce, se qualcuno veniva beccato in giro senza motivi validi.
Willy è morto anche perché le istituzioni sono assenti. Forse incapaci, disorganizzate, scoordinate… Comunque, assenti. Io, se fossi il pdc, non mi sarei fatto vedere al funerale, a portare a spasso una faccia di bronzo di non scarsi peso ed entità, auspicando generiche misure giudiziarie, quando dovrebbe sapere benissimo che questo non è il paese né della certezza del diritto né della giustizia, né, tanto meno, di quella della pena, ancorché comminata.
E poi esiste il capitolo dell’ordine pubblico, una misura che scatta solo quando si tratta di manganellare qualche dimostrante licenziato, riunito in piazza o in corteo. I picchiatori tutti muscoli e zero cervello, tanto da essere sistematicamente utilizzati dalla malavita locale, che ne sfrutta abilmente, con tecnica mafiosa, l’indole eccitabile ed esagitata, erano ben noti a chi è pagato dallo stato (quindi dai contribuenti) per ovviare ad episodi, sempre più frequenti, di disordine sociale. Dunque…? Si aspetta sempre che i buoi siano scappati, per chiudere la porta? O ci piacciono le omelie funebri, fatte di banalità e sterili richiami alla dottrina cristiana, proferite ad uso e consumo di magliette stampate a tempo di record e lacrime di coccodrillo?
Willy è morto anche perché siamo capaci solo d’ipocrisia, di mania di protagonismo, di voglia di riflettori.
Dopo di che… chi muore giace. Con quel che ne consegue. Ci ritroveremo a bere del whisky al Roxy Bar, magari senza mascherina, e questo mondo (dove rimaniamo un solo secondo) continuerà a girare con tutto il brutto che sta nella natura umana.

IL POZZO

Quando, molti anni fa, cominciai a frequentare gli americani (in Toscana, ne abbiamo sempre visti molti), mi accorsi, ben presto, della disparità di comportamento , che essi tengono a seconda delle circostanze. Mi spiego. Sono estremamente formali, nei modi e nel linguaggio, quando si tratta di occasioni ufficiali d’incontro, mentre assai parchi di convenevoli (ai limiti della cafoneria) nei rapporti di tutti i giorni.
La cosa mi colpì, perché da noi le abitudini erano ben diverse. Noi eravamo molto più coerenti in fatto di cortesia e di galateo. Utilizzavamo pressoché la medesima condotta tanto ad un convegno d’alto bordo quanto alla fermata dell’autobus o dal droghiere.
Conclusi che fossimo più antiquati, o, forse, solo più “latini”, quindi più zuccherosi e cerimoniosi.
Ora, non so se abbiamo adottato anche questo dagli americani, insieme a centomila stili di vita importati da oltre-Atlantico, ma sta di fatto che rozzezza e pessime maniere cominciano ad imperversare, sempre di più, anche qui, con una caduta di stile vertiginosa, a quanto pare, irreversibile.
La gente ti spinge senza chiedere “permesso”; i negozianti ti squadrano muti senza augurarti il buongiorno o la buonasera, spesso non ti si rivolgono nemmeno con il classico “dica”, ma solo con un movimento del collo da giù a su come gli asini. Non parliamo di ringraziare, quando te ne vai dopo aver pagato…, quello sembra veramente un termine in disuso.
La cafoneria alla guida è un capitolo a sé. Ti lampeggiano/strombazzano da dietro se non sei abbastanza veloce per i loro standard; ti sfiorano al momento del sorpasso, mostrando facce truci e diti medi. La freccia, poi, dev’esser considerata roba da sfigati, visto che non la mette più nessuno.
Siamo all’abbrutimento sistematico, e pochi se ne danno pena, visto che il fenomeno dilaga a macchia d’olio e, anzi, sembra trovare sempre nuovi adepti.
Mi corre l’obbligo, quindi, di tornare sull’argomento-scuola (mi verrebbe da dire “questa sconosciuta”…).
Ebbene, dov’è finita questa nobile istituzione, che suppliva finanche alle carenze educative famigliari con insegnamenti, precetti, regole (prima ancora d’inculcare l’abc o le nozioni)? Dove sono i buoni maestri che ti soffiavano il naso, ma adoperavano la bacchetta, se necessario? Perché non si re-introduce l’educazione civica tra le materie, con tanto di prove scritte ed orali? Perché non si cacciano genitori e parenti dagli edifici scolastici, ripristinando la piena autorità dei docenti? Perché non si creano dei college,  dove i ragazzi stanno lontani da casa, fin dalla tenera età, e trascorrono le giornate tra lezioni, studio, esami, sport, concerti ed economia domestica (questo sì che dovremmo copiare dagli americani…).
Se non sapessi di venir accusato di sparare banalità, direi “ma dove andremo a finire”. Tranquilli, non lo dirò.
Il pozzo è senza fondo.

DOPO MESI DI SPROLOQUIO

La televisione, e, con essa, tutti gli altri media, è notoriamente un tritacarne dove viene riversato ogni cosa, ad uso e consumo di una popolazione plagiata e resa sempre più avida di notizie (perché non dedicare qualche serata alla lettura di un buon libro? ma, io sono di parte ed, evidentemente, non attendibile…).
Dalla sua comparsa nei notiziari nostrani, il covid19 ha fagocitato più ore di trasmissioni che qualunque altro avvenimento, in questi ultimi dieci anni. Molto di questo tempo dedicato alle opinioni, ai suggerimenti, alle raccomandazioni di (più o meno) illustri clinici, di stanza in (più o meno) celebrate strutture ospedaliere, disseminate sul territorio della nazione.
Epidemiologi, infettivologi, pneumologi, intensivologi, alcuni dei quali ubicati all’estero, titolari di cattedre universitarie, si sono succeduti, a cadenza bi-giornaliera, per diffondere il “verbo” sulle cause e sugli effetti del contagio, più di quanto il virus stesso non stesse disseminando le sue cellule intrusive sui malcapitati, incontrati sulla sua strada.
Io (ma c’è da dire che sono uno scettico di natura…) ho sempre riguardato tutta questa fiumana di dottrina con perplessità e diffidenza.
Primo, perché la sensazione è che fosse in atto una vera e propria corsa, da parte di ciascun canale, di ciascun format, di ciascun giornale, ad accaparrarsi il clinico tal-dei-tali (spesso dei signor nessuno), quale esperto, in esclusiva, per il proprio programma o la propria rubrica; il che ha, inevitabilmente, generato una competizione senza quartiere tra gli “esperti” a chi la sparasse più grossa.
Secondo, perché si è aperto un (neppure troppo velato) antagonismo, in ambito diagnostico-terapeutico, tale da disorientare gli ascoltatori, con il solo risultato di sminuire il coefficiente di pericolosità del morbo.
Terzo, perché alcuni di questi luminari sentenziavano assurdità talmente evidenti, persino al profano, da indurre il nauseato teleutente a cambiare stazione e sciropparsi, piuttosto, l’ennesima replica del commissario Montalbano… (chiunque ricorda di aver udito, a più riprese, che la mascherina è utile solo a chi è già contagiato…).
Quarto, perché, alla fine, l’impressione è che, dopo essersi “sdraiati” su tutti i talkshow possibili immaginabili, andati in onda, qualcuno di lorsignori non si aspetti che di essere candidato da qualche compagine politica alla presidenza della regione, oppure nominato direttore di rete, in qualche network. Non mi meraviglierei se ciò avvenisse.
Il punto è che, dopo mesi e mesi di sproloquio, ne sappiamo quanto prima.
Il virus non è stato smascherato. Se ne va a spasso, zitto zitto quatto quatto, e, soprattutto, indisturbato, alla faccia di chi si fida degli “ippocrati” da prima serata (…e da milioni di dollari), ed annaspa fra protocolli e ordinanze, scritti riscritti trascritti e circoscritti, perdendo di credibilità ed esponendo la gente a rischio di severa congiuntura sanitaria.

 

POVERE CREATURE IN ETA’ SCOLARE

Tempo fa, ho scritto di quanto ridicolo e inopportuno sia il comportamento di certi genitori nel difendere l’operato dei figli, qualunque cosa essi facciano, fosse anche la più nefanda.
Oggi, ritorno sull’argomento genitori/figli per evidenziare quanto  quel comportamento si estenda alla protezione, spesso ossessiva e paranoica, dei primi sui secondi, con manifestazioni che rasentano il surreale.
Adesso che la faccenda-scuola è diventata motivo di scambio per qualunque tipo di amenità verbale, c’è addirittura chi vorrebbe locali ed aule trasformati in camere iperbariche, in grado di distruggere germi, batteri, sbarrando la porta anche al perfido virus E, nella migliore delle tradizioni censorie e piagnucolose, così tipiche di questo paese, si punta il dito contro sindaci, assessori, provveditori, presidi, direttori didattici, e forse perfino i bidelli, ritenuti incapaci di preservare tutte quelle povere creature in età scolare dall’agguato del covid19, il quale potrebbe annidarsi, minaccioso, chissà…? tra rampe di scale e corridoi, tra cimose e lavagne, tra armadietti e mappamondi…
Ebbene, non esiste alcuno su questa terra in grado di salvarci da questa diavoleria di malanno. Se lo ficcassero in mente mamme e babbi tanto inclini all’apprensione e allo sdegno. Lo spettro del contagio ci accompagna ovunque, e, forse, sarebbe il caso che ce ne facessimo una ragione.
Pertanto, riterrei serio, da parte di insegnanti più o meno cinquantacinquenni, presentarsi in classe, all’inizio dell’anno scolastico, così come, da parte dei parenti, mandare i ragazzi regolarmente alle lezioni.
Non saranno banchi monoposto (a proposito: fine dell’era della copiatura? che tristezza!), con o senza rotelle, distanziati di uno o due metri, dispenser di gel antisettico e neppure mascherine di fogge varie a garantire l’immunità. Tutte misure utili. Tutte misure non risolutive.
Né esistono mezzi di trasporto pubblici, per quanto riconvertiti alla bisogna, esenti da condizioni di potenziale diffusione del virus.
La scuola odierna è già alquanto buffonesca. Non facciamola diventare un optional da praticare come un passatempo, a seconda dell’umore del momento.
Siamo tra i più ignoranti in Europa. Importa nulla a qualcuno???

COME I LORO PEGGIORI STUDENTI

Leggo dell’eventualità che molti insegnanti disertino la riapertura dell’anno scolastico…
…e inorridisco.
Non c’è niente che giustifichi per un docente l’esimersi dal compiere il proprio dovere, attraverso una professione per la quale si presume abbia studiato, sostenuto esami, concorsi e, al momento opportuno, probabilmente cercato “aiutini extra”.
Che fanno? Si danno malati? Come i peggiori dei loro studenti quando non sanno la lezione…?
Un insegnante la prima cosa che è chiamato a mostrare ai propri studenti è l’esempio: di contegno, di applicazione, di sacrificio, di serietà. In un secondo tempo, sciorinerà tutto il proprio sapere per trasmetterlo ad essi  (se ne è in grado).
L’impressione è che, invece, i primi sintomi di sbracamento, che caratterizzano la scuola italica da qualche anno a questa parte, vengano dal corpo docente. Ciò mi rattrista, perché la letteratura è piena di figure di maestri e professori, imbacuccati e sofferenti, nelle gelide aule del passato, eroici nel portare avanti la propria missione, in qualunque condizione. Io stesso ne ricordo alcuni.
Ma forse erano altri tempi, e morale e senso del dovere non erano ancora caduti così in basso.