SUSSIDIO

Un paese serio, civile, moderno, al passo con i tempi non ha timore di istituire sussidi per i cittadini.
Solamente un paese pieno di assurdità e d’isteria demonizza i sussidi, bollandoli come inutili e nocivi.
Innanzi tutto, va detto che un sussidio non è, ad alcun titolo, un salario, né un bonus transitorio.
Come chiarisce il vocabolario, esso è un “sostegno”.
Rivolto a chi?
A coloro che non percepiscono un salario, ovvero che non hanno un’occupazione ufficiale, perché non ne trovano, non ne possono avere (per svariate ragioni) o non ne vogliono avere.
D’altra parte un sostegno, in quanto aiuto, deve essere tale, quindi avere un tetto massimo e non raggiungere mai l’entità di un salario, anche minimo; né riguardare soggetti il cui stato di famiglia prevede già persone con un reddito oltre un certo limite.
Pertanto, si giustifica anche per chi non volesse cercarsi un lavoro, dato che appare scontato che la prospettiva di un salario invogli l’individuo a cercarsi un’occupazione, piuttosto che vivere nelle ristrettezze, cui sarebbe destinato usufruendo del solo sussidio.
Però, intanto, esso garantisce quello che possiamo definire il “minimo”, indispensabile per sfamarsi, pagarsi un modesto alloggio, spese di pura sussistenza, e, magari, permettersi qualche cosuccia extra: il che può sintetizzarsi in “vivere dignitosamente”.
Tutto ciò a beneficio della tenuta sociale e dello stesso ordine  pubblico, che sono valori ai quali i governanti di un paese dovrebbero tenere sommamente.
Imprescindibile,  una lotta senza quartiere a   1) lavoro nero, 2) evasione fiscale, 3) sprechi. Il tutto attraverso misure, che non sto ad esporre adesso, in quanto farebbero parte di un altro articolo, ma che non sono di così ardua attuazione – se parliamo di un paese lungimirante ed organizzato.
Quali le coperture? Ma, certamente, le tasse. Lo ripeto: le tasse! Quelle raccolte da tutti i cittadini, nessuno escluso, dalla vecchietta pensionata…   all’impiegato… all’industriale… al possidente…, compresi i beneficiari stessi del sussidio, secondo un’equazione assai semplice.
Tutti pagano, tutti ricevono.
Nulla di nuovo, nulla d’insormontabile.
Va da sé che lo Stato assuma il controllo – il più severo e stringente possibile – su salari minimi, affitti, mutui e quant’altro, che piaccia o non piaccia a sindacati, confindustrie e banche; nonché incentivi la creazione di posti di lavoro.
Basterebbe una classe dirigente forte, solida, che avesse a cuore il bene pubblico, seria, onesta, competente.
Basterebbe volerlo.

 

MODESTIA DECET PUELLAM

Qualche settimana fa, mi trovavo sul marciapiedi di una piccola stazione ferroviaria. Ad un certo punto, ecco che giungono tre ragazzine in bicicletta. Sostano anch’esse sulla piattaforma. Suppongo stessero aspettando qualcuno in arrivo con il treno che avrei preso io. Vestivano, chi una specie di bolerino trasparente senza null’altro sotto, chi il solo top fasciaseno: tutte e tre erano in shorts succintissimi e sgambatissimi. Restando ferme a cavalcioni della bicicletta, tenevano, come è ovvio, un piede per terra e l’altro appoggiato su uno dei pedali, con la conseguenza di stare a gambe spalancate davanti a tutti, mentre il tessuto in tensione dei pantaloncini aderiva al pube evidenziandone l’anatomia. Un paio di “marocchini” le guardavano ridacchiando; un’anziana si è girata verso me con la bocca a salvadanaio, scuotendo la testa; io, che osservavo la scena, mi sono incontrato con la sguardo fisso e provocatorio di una di esse, al punto da dover distogliere il mio, non per imbarazzo, ma per commiserazione mista a schifo (poteva essere mia nipote).
Ieri, per una strada della mia città, una voce concitata femminile ha attirato la mia e l’altrui attenzione. Ho notato una donna sulla trentina che urlava ad un uomo di andarsene, di lasciarla stare, di smettere di trattenerla. Il tizio, anch’egli presumibilmente un trentenne, non faceva niente di coercitivo o di violento; rimaneva fermo, controllato, cercando di dirle qualcosa con un tono di voce del tutto normale, ma veniva investito da un tornado di parole sguaiate, tale da impedirgli d’inserirsi, in qualche modo, e provare ad imbastire un dialogo. Nell’allontanarmi, udivo ancora la gracchiante voce di lei.
Non più di qualche giorno fa, mi è toccato di assistere ad un battibecco fra due donne, in collera, l’una con l’altra, per una questione di presunto scavalcamento di posto, nell’ambito della coda fuori dell’ufficio postale – come è noto, adesso si fa la fila all’aperto, per poi munirsi di numero, una volta entrati nello stabile. Ebbene, pur tacendo del baccano, che, comunque, non costituiva alcunché di edificante né di appropriato a quello che dovrebbe essere un contegno muliebre comunemente riconosciuto, non posso esimermi dal riportare quante volte le due forzennate pronunciassero, nel corso del loro scambio di accuse reciproche, il termine “cazzo”. Un intercalare continuo! Ogni tre parole…, quella!
Allora…, la donna emancipata è questo?
Un soggetto discinto, ancorché giovanissimo, arrogante, villano e incline al turpiloquio?
Forse comincio ad essere troppo vecchio. Sicuramente sono un po’ “antico”, come è tanto di moda dire oggi…
Ma, per me, la femmina dovrebbe essere ciò che la natura le ha assegnato di peculiare: dolce, garbata, gentile, composta, ritrosa… Il che non significa affatto relegarla alla sottomissione, all’asservimento, ad un supino subire.
Però, certamente, non è prendendo il peggio dei modi maschili che ella può pensare di essere considerata alla pari, da quel genere, poi, che ancora stenta a collocarla sul suo stesso piano.
Credo che in molti dei delitti, che, oggigiorno, coinvolgono le donne come vittime – i famosi “femminicidi” (che orribile termine!) – ci sia, all’origine, una piega sbagliata, assunta da quest’ultime, tanto esasperata, a volte, da sovvertire l’armonia della coppia, suscitando nel maschio una sorta di complesso d’inferiorità e  provocandone, quindi, reazioni estreme e spesso fatali.
Gli antichi – e loro sì che lo erano…, ma li si cita proprio quali testimoni di saggezza – asserivano che la modestia si conviene alla ragazza. Siamo sicuri di volerli guardare con sussiego?

NON SI SA MAI

Conserva lo scontrino. Non si sa mai.
Hai con te passaporto, tessera sanitaria, patente? Pòrtati dietro anche la carta d’identità. Non si sa mai.
15 minuti per la coincidenza? Parti prima anche se ti toccherà aspettare due ore. Non si sa mai.
Hai il volo alle 10.00? Va’ in aeroporto alle 7.00. Non si sa mai.
Il biglietto è sullo smartphone? Fatti una stampa. Non si sa mai.
L’ufficio postale è aperto tutto il giorno? Vai di mattina, dammi retta. Non si sa mai.
Al casello autostradale fatti dare la ricevuta. Non si sa mai.
Non fare nomi in pubblico. Non si sa mai.
Puoi procedere all’infinito. La casistica è illimitata.
Infatti, nel paese più assurdo del mondo, non sai davvero mai che cosa potrebbe succederti,
per quanta prudenza e previdenza si vogliano profondere nelle nostre azioni quotidiane.

L’ANTIFONA

Riprendo un argomento già accennato di striscio nel post precedente.
Figli difesi a spada tratta dai genitori, qualunque cosa essi facciano.
Ai miei tempi – alquanto lontani, lo so, e assai diversi da oggi – mio padre tuonava che, se noi ragazzi ci fossimo messi seriamente nei guai, lui e mia madre sarebbero stati chiamati a rispondere, avendo, in qualità di genitori, la tutela dei figli e la responsabilità civile e penale sul loro operato.
Non ho mai chiarito se ciò corrispondesse al vero; così come non ho la minima idea se quello fosse solo uno stratagemma per far leva sul nostro amore figliare e, quindi, un modo per farci desistere dal compiere azioni rischiose e pericolose.
So solo che papà e mamma riuscivano ad essere molto convincenti, pur senza mai ricorrere a misure estreme. E noi, che eravamo bambini dall’intelligenza media, capimmo l’antifona subito, condividendone l’essenza al punto da adottare, a nostra volta, con i nostri rampolli, identico insegnamento; il che ci ha dispensati tutti dal ritrovarci in circostanze spiacevoli.
I figli sono figli, per carità, non fraintendetemi…, ma, proprio perché li amiamo è nostro dovere di genitori educare, insegnare, guidare, responsabilizzare, sorvegliare…, spiegando, dimostrando, correggendo e reprimendo se serve.
Non sarà, poveri cocchi, un attentato alla loro autostima…
I ragazzi normali hanno tutti un minimo di cervello per intendere.
Se, poi, dimostrassero di essere dei genii, li manderemo alla Normale di Pisa.
Ma, per favore, aspettiamo di esserne veramente sicuri! E, soprattutto, facciamone prima dei buoni cittadini.

FIGLIO AMOROSO GIGLIO

C’è chi sostiene che non esista peggior dolore per un genitore della perdita del proprio figlio. Probabilmente, questo corrisponde a verità.
Così come non c’è niente di più odioso dello schierarsi, da parte dei genitori, sempre e comunque in difesa dei figli: che si tratti di contestare il giudizio di un docente o il provvedimento di un organo di giustizia.
Ma il primato dei comportamenti-voltastomaco lo detengono coloro che, dalla morte del proprio figlio, vogliono imbastire uno show, sia esso mediatico o di strada. Mi riferisco tanto a chi allestisce altari (pieni di ogni sorta di paccottiglia) sul luogo di sinistri, quanto a chi, non pago di frequentare tutti (nessuno escluso) i canali televisivi e i rotocalchi, accetta pure l’offerta di editori per pubblicare libri, possibilmente con foto cimiteriale del defunto in copertina.
Non finirò mai di stupirmi di quanta mancanza di dignità ci sia in giro.

 

CHIUSO L’OCCHIO, CHIUSO IL LOCALE

I contagi da covid19 sembrano di nuovo dilagare, qui e altrove.
Sul banco degl’imputati – con qualche ragione – i locali dove assembramento e schiamazzi (leggasi, altresì, sputazzi…) ne sono la ragion d’essere, dato che, in questi luoghi, il ballo, in sé, mi pare un’attività secondaria.
Il ministro alza la paletta rossa e ordina chiusure.
Lo si poteva immaginare.
Ciò che non reputo, invece, così “automatico”, e neppure doveroso, è l’affrettarsi, da parte del governo, a promettere indennizzi ai gestori per le perdite derivanti dalla brusca interruzione del loro business.
Ma insomma…, è tanto essenziale, fondamentale, vitale,  andare in discoteca? O trattasi di uno svago, di un passatempo come un altro, pertanto vi si può benissimo rinunciare?
E non è forse vero che si è chiuso più di un occhio riguardo alle misure di contenimento del contagio, proprio da parte di chi, adesso, si lamenta dei provvedimenti assunti?
Non mi risulta che il governo abbia mosso paglia per arginare la chiusura (a catena) di negozi di dischi e librerie, negli anni scorsi, quando di epidemie si parlava solo nei testi di medicina.
Eppure…, voluttuario per voluttuario, mi parrebbe più importante un libro o un disco, piuttosto che uno sballo a forza di decibel alcool e danze sfrenate, per l’anima e la cultura delle giovani generazioni.

FERIA D’AGOSTO

Gli antichi (romani) si prendevano un breve periodo (concesso dall’imperatore) per riposarsi dalle fatiche estive, soprattutto quelle dei campi; gl’italiani (del ventennio) usufruivano di tariffe ferroviarie occasionalmente basse (per gentile concessione del regime) onde permettersi, a poco prezzo, viaggetti-lampo alla scoperta di città, monumenti, o, finanche, del mare, che, altrimenti, non avrebbero mai visto.
Il popolo è sempre stato, in un modo o nell’altro, manipolato ad uso del consenso politico.
Solo a questo governo la sfiga del riaffacciarsi del covid riserva, invece, di inimicarsi la gente con nuove restrizioni.
Così, bachate, pitaliti mambi salentini subiranno probabilmente un altolà, soprattutto nei locali al chiuso, dove il distanziamento sociale è un vero e proprio oltraggio all’entità stessa di tali ambienti. 
Che fare, allora, nelle notti torride e stellate di questo infausto 2020, dove, neppure per strada, nessuno sembra preoccuparsi di assembramenti o assenza di mascherina?
Forse lasciarsi manipolare un po’ meno da chi cerca di convincere, giovani e “diversamente giovani”, che cocktails, intemperanza e sregolatezza sono gli unici ingredienti per procurarsi svago e divertimento…?
Forse che un uso, più assiduo, del pensare… del valutare… del discernere…, insomma, della sostanza cellulare cerebrale, anziché l’obbedienza passiva a quanto ci viene, tacitamente e subdolamente, inculcato dal persuasore di turno, potrebbe magari assicurarci quella libertà, che troppo spesso viene confusa con la trasgressione?

 

BONUS A… NIENTE

Arrivano i nostri…?
No, no. Arrivano i BONUS ! Bonus a tutto spiano !
“Bonus-assunzioni”, “Bonus-dipendenti”, perfino “Bonus-plexiglas”…
E si sommano a tutti quelli che ci sono già, ovviamente.
Già vedo schiere di questuanti riversarsi all’I.N.P.S. a battere cassa. Ciascuno speranzoso in qualche elargizione. Poco importa quale. Basta sia! Basta arraffare.
Oggi regalo tutto! Il governo, come l’ambulante al mercato.
Debito in deficit…, Cassa Depositi e Prestiti…
Venghino, venghino.
Paga Pantalone.

IMBECILLITA’

Ce ne rendiamo conto?
Questo è l’unico paese al mondo in cui si fanno leggi e poi ci si lamenta se qualcuno ne beneficia.
Schizofrenia allo stato puro?
No. Imbecillità, bella gente, solo imbecillità.
(eeh, lo so che nasce dalla frustrazione, ma un pochino di contegno, almeno una volta tanto, non guasterebbe!)