C'è un partito appena costituitosi di tendenti al
colpevolismo. Realisti della giustizia sportiva educati al convincimento del -2, stando all'avvocato
Edoardo Chiacchio, legale di
Matteo Gianello, secondo cui i precedenti più recenti e le richieste del procuratore federale
Stefano Palazzi fissate da quella memorabile giornata in cui si è avviata la celebrazione del processo a carico del
Napoli, del suo ex portiere, di
Paolo Cannavaro e Gianluca Grava indicano l'esito del primo grado annunciato a mezzo stampa da una settimana. E i sei mesi di squalifica per omessa denuncia dei giocatori partenopei. Qualunque sia la decisione della Commissione Disciplinare, il
Napoli - deferito per responsabilità oggettiva - presenterà ricorso nell'auspicio di vedersi ridotta l'eventuale penalizzazione.
Perché l'istituto della responsabilità oggettiva, ritenuto obsoleto o perlomeno rivedibile dal gotha del calcio pulito,
Gianni Petrucci e Giancarlo Abete implica che una società sia parte attiva o meno nella questione va deferita per questo articolo del
CdG ora sotto accusa per la vicenda Napoli, sommando a una pigrizia alienante nelle indagini questioni che esulano dai processi correnti. I ritardi nella gestione del caso
Gianello hanno trascinato a tempi inenarrabili la valutazione di nuovi filoni d'inchiesta, dei moniti lanciati dal capo della polizia Antonio Manganelli, latitanti, zingari, pentiti.
Per quasi un anno il pool
reati da stadio coordinato da Giovanni Melillo della Procura di Napoli ha mantenuto stretto riserbo sulle ammissioni - parcellizzate - di
Gianello in merito al tentativo di concordare il risultato di Sampdoria-Napoli (1-0) del 16 maggio 2010 che svela la
Gazza in un pezzo del 17 aprile 2012. Una combine, le cui ammissioni da parte del Gianello sarebbero arrivate dopo cinque ore di interrogatorio da parte dei magistrati (i pm Melillo, i sostituti Antonello Ardituro, Danilo De Simone e Vincenzo Ranieri) intenzionati a verificare la posizione del giocatore su alcune partite costringendolo ad ascoltare delle intercettazioni che riguardano anche Lecce-Napoli (2-1) dell'8 maggio 2011.
Una sequenza ininterrotta di conferme, smentite, correzioni, ripensamenti all'ascolto delle conversazioni con Silvio Giusti, interlocutore ed ex compagno di squadra di Gianello. In queste telefonate si chiede di
Dentino, cioè Giuseppe Mascara, per scommettere su
Brescia-Catania e anche su Bologna-Parma.
Il caso Gianello, però, esplode con quel tentativo di combine in cui vengono coinvolti
Paolo Cannavaro e Gianluca Grava di cui fa i nomi davanti ai pm quando svela l'intenzione di Giusti di ricompensare quanti avessere collaborato. La proposta indecente cada nello spogliatoio davanti al riuto dei due e alla ferma opposizione a manipolare il risultato dell'incontro. Da qui l'omessa denuncia per i due partenopei.
Le audizioni si celebrano in concomitanza con l'esplosione del nome di Conte, delle rivelazioni di
Carobbio e Gervasoni - i grandi pentiti del calcioscommesse - che oscurano prima il rinvio dell'audizione di Gianello negli uffici di via Po e poi la difesa dei grandi accusati dall'ex portiere azzurro il quale continua a professare una sorta di ingenuità rispetto a queste intricate vicende. Un processo che prende forma solo quando il campionato si è ben avviato.
Processo sui generis, storia a sé, contesto imparagonabile: espressioni eleganti per fornire un
manuale illustrato dell'unicità, della loro eccezionalità come se con ciò si volesse sfuggire alla giurisprudenza che al contrario vorrebbe indirizzare e colmare le lacune del codice e che di volta in volta assume fattezze diverse. Intanto si gioca, con tempi e modi diversificati, in attesa di giudizio.