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Heysel, la strage senza memoria


Nutro una diffidenza incontrollata nei riguardi dei cori e nei confronti di striscioni che oltre a esplicitare la violenza aggregativa di subculture da stadio alimentano il pregiudizio. Coincidono con la paura, aderiscono all'inciviltà. Quel -39 comparso sul divisorio tra sezioni allo Juventus Stadium (e documentata dal sito calcionews24.com), ieri sera, mi ha indignata. E spossata. Pur essendo pubblica l'assoluta assenza di rispetto delle basilari normative relative a sicurezza e organizzazione che causarono l'orrore dell'Heysel e che dovrebbe essere una ferita aperta per il nostro Paese, quei 39 caduti - per una partita di calcio - vengono vilipesi infangando la loro memoria. Senza alcuna remora etica, senza alcun scrupolo morale per 32 italiani, 4 belgi, 2 francesi e un irlandesi che non erano neanche accomunati dall'appartenere alla tifoseria juventina. Al gesto di Viviano, invece, non intendo dedicare nulla più di una mera cronaca: gettare la maglia di Pirlo per non indispettire la curva e scusarsi sul sito istituzionale della società si commenta da sé. Straziante, invece, constatare l'arretratezza culturale che celano questi atti di vigliaccheria. Trentanove italiani sacrificati all'incompetenza e alla superficialità belga e della Uefa che declinarono responsabilità, vigliaccamente, come un'inchiesta egregia di Giovanni Minoli e della sua redazione ha ricostruito per restituirci una verità svilente, deprimente. Quanto di più sconcertante è che per loro, per le 39 vittime dell'Heysel, per le loro famiglie nel presente degli stadi e dei loro animatori non vige il silenzio dovuto, ma l'abuso incondizionato della parola. Della storia. E quanto si è letto su uno striscione comparso durante l'invasione di campo a conclusione della Coppa Italia, tra Juventus e Napoli, riassume lo stato di deprecabile inciviltà che tuttora, nell'era della tessera del tifoso e della linea dura a cui il Giudice Sportivo Gianpaolo Tosel dovrebbe richiamarsi anche in questa circostanza, si è costretti a subire. Da quanto pubblicato, e denunciato allora, dal sito dei piccoli azionisti della Juventus giulemanidellajuve.com e ripreso sul blog del giornalista di Repubblica Fabrizio Bocca, un tifoso a conclusione della finale aveva esposto una bandiera bianconera con in evidenza quel -39 che alludeva alle vittime dell'Heysel. E qui, ancora una volta si denuncia l'insensibilità, il silenzio su quanto esposto o sentito (di cori se ne potrebbero citare fin troppi), come accaduto ai tempi dell'altrettanto sgradevole allusione all'acciaio scadente dello Stadium o di quel gruppo di viola con la medesima scritta sulle spalle, immortalati in uno scatto postato su Facebook e segnalami a suo tempo da Nicola Negro via Twitter. La sollevazione della questione a livello tecnico ancor prima che morale evidenzia come, da quel 29 maggio 1985, più che una indignazione comune provocata da simili accadimenti derivanti da incongruenze, scelte errate e tentativi di scaricare responsabilità da parte di istituzioni abbiano prodotto un reiterato motivo di offesa nei riguardi di quanti attendevano di assistere alla finale di Champions League e, invece, sono stati ordinati sotto un lenzuolo davanti a uno stadio o in ospedale. Tifosi non solo juventini, ricordiamo. Più che valutare quale male oscuro alberghi in costoro o fino a che punto le norme vigenti e annesse pene siano deterrenti, c'è chi si è interrogato sulla autenticità della foto dello sciagurato sostenitore partenopeo come se la questione fosse pregnante. Su Twitter, sono visibili a chiunque le immagini in fotosequenza che dimostrano la veridicità di quanto riportato e dell'immagine in questione. In particolare, sul profilo di Barza Inter sono state caricate le quattro foto che mostrano il tifoso napoletano in campo correre con quell'orribile striscione. Accennavo a quel lenzuolo vergognoso. "Acciaio scadente nostalgia dell'Heysel", per coloro i quali avessero rimosso l'episodio. Quello striscione disturbante campeggiava il 29 novembre 2011 nella curva Nord nerazzurra. La memoria infangata, stuprata da striscioni e cori di inqualificabile imbecillità collettiva: Inter-Juventus comprende anche questa coda squallida. E non basta la rivalità, il livore post Calciopoli per tentare di azzardare spiegazioni plausibili. Quei presunti tifosi toccarono un picco di bestialità, di stupidità. Fu una partita disgustosa, quella per come si comportarono dall'una e dall'altra parte. Alla sinistra della tribuna, nel primo anello è comparso invece l'altrettanto eloquente "Delta 39", allusione infame a una delle pagine più nere della storia del calcio. Abbondarono quegli aberranti buu razzisti dei tifosi della Juventus rivolti al brasiliano Maicon. O gli insulti gratuiti e francamente macabri all'indirizzo del defunto Giacinto Facchetti. "Facchetti uomo di merda" e "Facchetti non parla più". "Morto Peppino, morto Facchetti, anche Moratti presto morirà. Canteremo solo se, anche Guido Rossi morirà". Negli impianti sportivi con sistematica disinvoltura e in numero assai più elevato di quelli richiamati in questo breve excursus si consumano gesti di ordinaria inciviltà in un secondo livello di realtà, in cui le regole non vigono e le istituzioni del calcio cercano di demandare alle autorità la risoluzione in ultima analisi del problema. Una questione di civiltà e di degrado, che è pur sempre espressioni di una minoranza rispetto alla stragrande maggioranza dei tifosi che le società dovrebbero isolare, definitivamente.