Amen. Assistere, inerme, stremata, alla celebrazione baudiana della televisione sanremese e uscirne quasi sfatta. Se era questo l'intento di questa serata trascinata da lungaggini insulse, prive di potenza narrativa al contrario delle prime tre serata allora sì, questa quarta serata è riuscitissima. Nessuno è perfetto, nel grande marasma di un evento come il Festival di Sanremo e qualche involontaria necessità o compromesso (ascolti? esigenze di Rete?) devono pur risultare in una riflessione. Il Sanremo contiano è il Festival di tutti noi, affetti da una dipendenza cronica da un mezzo per quanto affascinante vecchio, a tratti sclerotizzante, ma di grande penetrazione il che ha imposto delle scelte difficili allo stesso gruppo autoriale che ha sbaragliato Auditel, share e critica, nelle prime tre nottate. Il Conti - tra palco e realtà - che ha sostenuto, voluto, auspicato l'inserimento di personaggi noti ma non celebri come il maestro Ezio Bosso o popolari, ma forse mai apprezzati vedi Nino Frassica e la sua struggente poesia canzone, denuncia contro lo stato di indifferenza nei riguardi dei migranti morti nel Mediterraneo. Nonostante Brignano (in quota Family day?), i dj giovanilistici, Gassman e Papaleo comparsi alle 00.49 e la dilatazione infinita della gara siamo arrivati in fondo alla quarta puntata con alcune certezze (meno male). Virginia Raffaele è l'unica, ad oggi, in grado di studiare Tina Cipollari e renderla come un personaggio specchio dei tempi. L'unica a sfidare, con una meta Belen, il palco - quello dell'Ariston - che l'ha consacrata icona mediatica prima che lo facessero i social. La Raffaele è talmente avanti che dona al personaggio una possibilità di redenzione che neanche lo stesso Conti - forse - sarebbe in grado di regalare.
Anche il Sanremo di Conti è infinito. Amen
Amen. Assistere, inerme, stremata, alla celebrazione baudiana della televisione sanremese e uscirne quasi sfatta. Se era questo l'intento di questa serata trascinata da lungaggini insulse, prive di potenza narrativa al contrario delle prime tre serata allora sì, questa quarta serata è riuscitissima. Nessuno è perfetto, nel grande marasma di un evento come il Festival di Sanremo e qualche involontaria necessità o compromesso (ascolti? esigenze di Rete?) devono pur risultare in una riflessione. Il Sanremo contiano è il Festival di tutti noi, affetti da una dipendenza cronica da un mezzo per quanto affascinante vecchio, a tratti sclerotizzante, ma di grande penetrazione il che ha imposto delle scelte difficili allo stesso gruppo autoriale che ha sbaragliato Auditel, share e critica, nelle prime tre nottate. Il Conti - tra palco e realtà - che ha sostenuto, voluto, auspicato l'inserimento di personaggi noti ma non celebri come il maestro Ezio Bosso o popolari, ma forse mai apprezzati vedi Nino Frassica e la sua struggente poesia canzone, denuncia contro lo stato di indifferenza nei riguardi dei migranti morti nel Mediterraneo. Nonostante Brignano (in quota Family day?), i dj giovanilistici, Gassman e Papaleo comparsi alle 00.49 e la dilatazione infinita della gara siamo arrivati in fondo alla quarta puntata con alcune certezze (meno male). Virginia Raffaele è l'unica, ad oggi, in grado di studiare Tina Cipollari e renderla come un personaggio specchio dei tempi. L'unica a sfidare, con una meta Belen, il palco - quello dell'Ariston - che l'ha consacrata icona mediatica prima che lo facessero i social. La Raffaele è talmente avanti che dona al personaggio una possibilità di redenzione che neanche lo stesso Conti - forse - sarebbe in grado di regalare.