INTERVISTA AL MAESTRO ZEN VINCENZO CROSIO

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Di seguito la versione integrale dell’intervista a Vincenzo Crosio pubblicata su comunicaresenzafrontiere.it; a margine la successiva puntualizzazione di Vincenzo in un commento su Facebook

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Pozzuoli. Sabato 12 gennaio, per la rassegna “Quattro Chiacchiere Con L’Autore”, presso Lux In Fabula si è svolto l’incontro con il maestro zen Vincenzo Crosio che, presentando il  suo libro IL KOAN DEL RAMO SPEZZATO edito da Aletti Editore dove si affronta il tema dell’ikebana, l’arte giapponese di disporre in un vaso i fiori spezzati, ha discusso in maniera diffusa della filosofia zen e del concetto secondo cui nell’universo nulla è perfetto ma perfettibile, ossia migliorabile.

Per essere più chiaro Vincenzo ha mostrato ai presenti prima una composizione di fiori e foglie colti e disposti da lui stesso nel vaso in modo da formare con le loro estremità una spirale tendente verso l’alto, simbolo della vita in eterna evoluzione; quindi una tazza  di ceramica  giapponese: mostrandone il fondo grezzo, ha spiegato che non si trattava di un errore dell’artigiano bensì di una caratteristica voluta apposta per testimoniare che nell’universo nulla di perfetto; che si parte dal grezzo per ottenere, dopo un lungo processo di raffinazione mediante il lavoro, la tazza e le sue delicate decorazioni.

Poiché tale procedimento di purificazione, secondo lo zen, sarebbe infinito, ecco il motivo della presenza di un piccolo errore in qualsiasi opera si rifaccia a tale filosofia. Ciò ricalca il concetto, sempre cinese, dello yin e dello yang, il nero e il bianco, dove nel nero vi è una goccia di bianco e viceversa a testimonianza che gli opposti non sono mai separati l’uno dall’altro.

A fine serata abbiamo posto alcune domanda al maestro Crosio.

E’ un’anomalia che un occidentale rivesta il ruolo di maestro zen o rientra nella norma?

Rientra nella norma perché l’incontro tra Oriente e Occidente è destinato a verificarsi. In fondo si tratta di capirsi: due più due fa quattro sia in Oriente che in Occidente, come diceva Newton.

Enzo come ti sei avvicinato a questa realtà?

Da giovane ho avuto un’esperienza molto dura, la mia generazione negli anni settanta si è impattata con gli anni di piombo. Mi trovai a Parma e fui letteralmente ospitato, curato ed educato dal monastero zen di Fudenji in quanto ero un samurai sconfitto.

In che senso eri un samurai sconfitto?…

Sono stato un guerriero del movimento del settantasette. Alla fine tutto questo cozzava contro le imperizie, una non conoscenza che lo Zen invece ha formato.

Oggi che attività svolgi?

Sono pensionato. La mia attività era quella di insegnante e sono stato anche rettore e direttore del seminario teologico avendo l’attitudine a quella che definisco la teologia della grazia: io sono un teologo della grazia, spero che gli uomini siano felici!

Quindi il tuo ruolo di maestro zen ti sarà stato di aiuto nel rapporto con gli studenti…

Moltissimo! Non lo dico per vanteria ma capire tutte le dinamiche di una ragazzo, soprattutto quelle di chi viveva nei rioni a rischio, ha significato letteralmente salvare dalla criminalità, dalla droga e dall’alcol tanti giovani. A scuola avevamo una “scuola del samurai” che era molto disciplinata ma nello stesso tempo molto aperta alle affettività. Tutto ciò l’ho sempre considerato come un compito affidatomi da Dio di cui non ne ero consapevole: di fronte al dolore estremo di alcune persone è come se mi fossi gettato nel fuoco insieme a loro per salvarle.

Suggeriresti a chiunque di avvicinarsi all’ikebana?

Si! Ordinare i fiori nel vaso, che sembrerebbe una sciocchezza, introduce a un fatto pratico, ossia le mani devono comporre un vaso di fiori seguendo dei criteri personali ma che ubbidiscono a un gusto che alla fine fa sì che questo gesto semplice produca la bellezza in un salotto, in una cucina, perfino in un bagno. Attraverso l’ikebana possiamo rendere vivibili anche gli spazi più imbarazzanti, a conferma che gli opposti, in questo caso bello e brutto, si compenetrano l’uno nell’altro. Proprio come indicano i simboli dello yin e dello yang!

Secondo alcuni, noi occidentali in virtù del nostro vivere caotico non saremmo portati per le dottrine meditative di tipo orientale. Tu che da occidentale sei assurto al grado di maestro zen ovviamente sconfessi questa teoria…

Assolutamente sì! Ogni popolo ha dentro di sé un cuore zen, ossia generoso, e una delle città occidentali dove si attua in maniera inconsapevole la filosofia zen è Napoli, essendo per natura disposta all’accoglienza e alla generosità verso il prossimo. In qualche modo l’incontro tra Oriente e Occidente è esattamente l’incontro che descrive il mio maestro il quale chiese a un monaco tibetano “scusi ma l’occidente non le ha insegnato niente?”.

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Commento all’articolo di Vincenzo Crosio apparso su Facebook: “Grazie a Vincenzo Giarritiello, una persona colta e molto disponibile…anche se chiamarmi maestro e poi maestro zen è un po’ eccessivo. Ho raggiunto nella ordinazione laica – ripeto laica- il grado di Maestro assistente I, che non è poi così oneroso, anzi. L’unico maestro per me è uno solo, il principio creatore, l’infinita misteriosa genesi ed evoluzione del tutto. Sono solo un praticante e nemmeno così bravo! Come spiego nell’intervista la ‘regola morale’ ,la ‘paramita’ , mi ha forgiato all’attenzione degli altri, questo sì e lo devo ai miei maestri del Monastero Zen di Salsomaggiore che ho avuto l’onore di servire per oltre 20 anni con dedizione. In cambio ne ho ricevuto educazione, nutrimento e sapienza. Mi ha forgiato come uomo, consapevole che esistono delle pratiche e dei doveri, in cui tutti siamo chiamati ad agire. Agire oggi significa aver cura di sé e degli altri, dell’uno e dei molti, con una felice espressione di un famosissimo Sutra , il ‘Sandokai’, la via dell’uno e dei molti. Ecco la via di mezzo è esattamente la via dell’uno e di molti.”

INTERVISTA AL MAESTRO ZEN VINCENZO CROSIOultima modifica: 2019-01-16T14:10:54+01:00da kayfakayfa