L’assoluta indifferenza, o al massimo amara ironia, con cui l’opinione pubblica sta reagendo alla notizia dell’inchiesta dei concorsi truccati per diventare professori universitari avviata dalla Procura di Firenze e che ha portato finora all’arresto di 7 professori e alla sospensione dall’attività di altri 22, in cui è coinvolto anche l’ex Ministro della Repubblica Fantozzi, è la naturale reazione allo svelamento di una realtà che molti sarcasticamente hanno ribattezzato come “la scoperta dell’acqua calda!”.
Ascoltando i racconti di quanti frequentano l’università, in primis studenti e diversi professori, si ha la netta sensazione che molto spesso le valutazioni avvengano non per meriti di studio o professionali bensì per appartenenza a un determinato ambiente – per lo più politico -, a un legame di parentela, di amicizia o professionale tra il candidato e il professore, o per essere riuscite – è il caso di diverse studentesse o professoresse associate alla ricerca di una cattedra sicura, senza scrupoli – ad assicurarsi le “simpatie” del professore o rettore di turno, presentandosi alla lezione o nel suo studio vestite in maniera succinta, mostrandosi “molto” disponibili verso lui, accettando di incontrarlo fuori dall’ambiente universitario per prendere un caffè, cenare insieme o accompagnarlo a un convegno di alcuni giorni fuori sede…
Aneddoti noti a tanti ma che tuttavia, trattandosi solo di “aneddoti”, o al massimo di voci di corridoio, mancando chi ha il coraggio di confermarne la veridicità, probabilmente per timore di compromettere il proprio percorso universitario o la propria carriera professionale, si dissolvono nel vento senza lasciare traccia se non nell’animo di chi ha subito il torto ma è costretto ad ingoiare il rospo per timore di farsi del “male” da solo.
Già in passato l’ambiente universitario fu scosso da inchieste che mettevano in forse il regolare corso degli esami, in alcuni casi si parlò addirittura di sesso consenziente da parte delle studentesse in cambio della promozione.
Un’indecenza che fece storcere ipocritamente il naso a molti settori dell’ambiente universitario, seppure sembra che l’indecenza fosse, e presumibilmente lo è ancora, prassi consolidata non solo a Bari.
In un paese in cui i politici, in maniera trasversale, si riempiono la bocca invocando la meritocrazia quale elemento di valutazione e selezione del personale non solo a livello universitario, ma in qualunque settore della pubblica amministrazione. E magari anche nel privato. Evitando che nel paese si sviluppi un ambiente professionale sempre meno “professionale”, dove emergono i figli di papà o i raccomandati laureatosi a pieni voti, magari con lode e bacio accademico, ma incapaci di distinguere un raffreddore da un’influenza o di gestire al meglio un’azienda.
Costringendo chi davvero vale a espatriare nella speranza di vedersi riconosciuti all’estero i propri meriti. Subendo oltre al danno anche la beffa di sentiirsi offeso dal Ministro del Lavoro il quale auspica che resti dov’è.
A subire i pessimi effetti di questo cancro dilagante è l’utenza la quale, costretta a rivolgersi a un ambiente professionale decadente perché strutturatosi per lo più sulle conoscenze, sulla corruzione o sulla “prostituzione” ion cambio di un voto alto a un esame o con un lavoro di prestigioso, all’atto della prestazione lavorativa non sarà in grado di garantirne la perfetta riuscita.
Da qui il dramma di chi, costretto a ricorrere alle cure mediche di molti medici d’oggi, alla fine sta peggio di quanto non stesse prima di consultarli per una visita.
Questa potrebbe essere una spiegazione dei crescenti casi di malasanità in cui spesso i pazienti periscono durante una banale operazione o subiscono menomazioni che ne condizioneranno il resto della vita. Ma anche del perché l’Italia in molti settori sia il fanalino di coda d’Europa. La mancanza di una classe dirigente di alta qualità, capace di governare al meglio il paese, potrebbe essere una delle spiegazioni di questo pessimo record europeo di cui dovremmo vergognarci!