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MIO PADRE, L’ANTESIGNANO DEI 10.000 PASSI AL GIORNO E DEGLI ESERCIZI CON LA SEDIA

Nella prefazione alla seconda edizione de L’INTERPRETAZIONE DEI SOGNI, quasi alla fine, Freud scrive: […] Questo libro ha infatti per me anche un altro significato soggettivo, che mi è riuscito chiaro solo dopo averlo portato a termine. Esso mi è apparso come un brano della mia autobiografia, come la reazione alla morte di mio padre, dunque all’avvenimento più importante, alla perdita più straziante nella vita di un uomo. Dopo aver riconosciuto questo fatto, mi sono sentito incapace di cancellarne le tracce […].

La frese mi ha particolarmente scosso non fosse altro perché alla tragedia che vivemmo quando papà si ammalò di Alzheimer, su suggerimento di un amico che si interessa di psicologia, dedicai un libro (UN UOMO BUONO – MIO PADRE MALATO DI ALZHEIMER).

Non so se averlo scritto abbia effettivamente sortito in me una funzione catartica, come sosteneva invece con convinzione il mio amico che mi spinse a scriverlo. Di sicuro mi è servito a conoscere un aspetto di me stesso che, diversamente, mi sarebbe rimasto ignoto.

È superfluo dire che quotidianamente volgo il mio pensiero a papà. Spero che davvero, dopo le tante sofferenze patite nel corso della malattia, la sua anima possa aver finalmente trovato la giusta pace.

Di tanto in tanto mi capita di sognarlo. Quando accade, ho la sensazione che voglia rassicurarmi di essermi vicino, che veglia su di me.

Come ho raccontato nel libro, papà era uno sportivo convinto.

Da quand’era ragazzo fino alla soglia dei sessant’anni, ossia fino a quando non iniziarono a manifestarsi i primi sintomi della malattia, ha sempre giocato a calcio, fatto ginnastica da camera la mattina non appena si svegliava. Ma soprattutto amava fare lunghe passeggiate e quando era a casa, dopo pranzo, se non aveva modo di scendere per fare una camminata, per almeno mezz’ora andava avanti e indietro per casa per smaltire quanto aveva mangiato.

Ed è proprio a seguito del valore che papà attribuiva alla camminata che ultimamente penso spesso a lui.

Le festività natalizie, si sa, sono emozionanti soprattutto perché ci si raduna con la famiglia per stare tutti insieme, dando vita a estenuanti maratone pappatorie seduti intorno alla tavola, in casa o a ristorante.

Tra Natale e capodanno, siamo capaci di mettere su in pochi giorni un bel po’ di chili. Preoccupandoci solo dopo le feste come fare per smaltirli.

È questo il periodo dell’anno in cui le palestre vedono levitare in maniera esponenziale il numero di iscrizioni e migliaia sono coloro che cliccano sui siti di medicina sportiva per informarsi su come fare per dimagrire senza spendere tanti soldi.

Negli ultimi tempi si stanno affermando le teorie secondo cui basterebbero 150 minuti alla settimana di attività sportiva o che bisognerebbe camminare per almeno 10.000 passi al giorno per tenersi in forma. Aggiungendo l’ultima novità, gli esercizi con la sedia da fare comodamente in casa.

Sia la camminata lunga sia gli esercizi con la sedia entrambi papà li praticava da che era giovane per tenersi in forma. A riguardo mamma non si stancava mai di raccontare divertita un aneddoto di quando andarono a Roma in viaggio di nozze.

Dopo aver dormito per la prima volta insieme, la mattina, quando si svegliò, mamma non trovò papà al proprio fianco nel letto. Sentendo dei sospiri provenire dal pavimento e vedendo le gambe di papà agitarsi in aria, temendo che lui si stesse sentendo male, si alzò di scatto per vedere cosa stesse accadendo. Quale non fu la sua sorpresa quando, nell’affacciarsi dal talamo, posò lo sguardo su papà disteso sul pavimento che pedalava con le gambe in aria facendo la bicicletta.

A quello spettacolo, mamma si rinfilò sotto le lenzuola e iniziò a ridere a più non posso. Da allora, per quasi quarant’anni, papà non smise mai di fare ginnastica da camera tutti i santi giorni.

Papà lavorava a Piazza Mercato. Nonostante il negozio aprisse alle 9, scendeva di casa prima delle 7. Prendeva la metropolitana a Cavalleggeri e scendeva a Mergellina per poi farsela a piedi fino a Piazza Mercato, percorrendo Via Caracciolo, Via Partenope e Via Marina o Corso Garibaldi per un totale di almeno 4/5 km al giorno.

Tutto ciò papà lo attuava senza essersi consultato con alcun esperto di sport o aver effettuato una ricerca approfondita in rete, all’epoca internet non esisteva. Era semplicemente convinto che l’attività sportiva facesse bene e la praticava per ricavarne benefici fisici e mentali.

Per quanto riguarda le diete, non gli si addicevano. Papà era un’ottima forchetta. Sia a cena, quando rientrava da lavoro, sia la domenica, quando mamma cucinava qualcosa di speciale e di superfluo per celebrare il giorno di festa, onorava la tavola non disdegnando di fare il bis.

Fermo restando che a lavoro per pranzo aveva sempre con sé la marenna – lo sfilatino o il cozzetiello di pane con il companatico – che mamma gli preparava tutte le mattine prima che scendesse di casa.

Tuttavia, nonostante amasse mangiare senza preoccuparsi delle eccessive quantità nel piatto, grazie alla sua tenacia di sportivo convinto, papà ha sempre avuto un fisico prestante e atletico, suscitando l’ammirazione e l’invidia di tanti che alla sua stessa età o addirittura molto più giovani di lui erano imbolsiti se non addirittura obesi.

A distanza di tanti anni, oggi che leggo o ascolto esaltare i benefici salutari della camminata lunga e degli esercizi casalinghi, non posso fare a meno di sorridere pensando a papà.

Senza possedere alcuna nozione scientifica, in tempi non sospetti, posso ben dire che è stato un antesignano di quella che oggi sta diventando una vera e propria moda.

Non so se, come afferma Freud, davvero la morte di un padre rappresenti la perdita più straziante per un uomo.

Di certo in queste ultime settimane non passa giorno che non pensi a papà e a quelle sue passioni che mi sembravano delle manie esagerate. In realtà erano un sano stile di vita che però non è bastato ad arginare e sconfiggere quel mostro di nome Alzheimer che se l’è portato via tra atroci sofferenze fisiche e mentali!

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DISCORSO DI FINE ANNO: PAROLE, PAROLE, PAROLE…

 

 Il 31 maggio dell’anno appena trascorso ho compiuto sessant’anni e di discorsi di fine anno dei Presidenti della Repubblica ne ho sentiti un bel po’.Partendo da Pertini fino a quello di ieri sera, il decimo di Mattarella che segna un record. Napolitano si fermò a nove: dopo aver detto più volte no a una sua eventuale rielezione sia per motivi di età sia perché la riteneva un’anomalia costituzionale – sarebbe stato il primo Presidente della Repubblica a ricoprire un doppio mandato cosa, sembra, non prevista dalla Costituzione -, cedette alle pressioni dei parlamentari della “vecchia” politica per evitare che al Colle salisse Stefano Rodotà sostenuto dal M5S.

Mattarella è il secondo Presidente con doppio mandato e probabilmente non sarà l’ultimo a conferma che, quando fa comodo, anche la Costituzione può essere interpretata a proprio uso e consumo.

In quarantadue anni di discorsi di fine anno, ossia da quando compii diciott’anni, alcuni davvero belli – soprattutto quelli di Pertini, ex partigiano che il fascismo lo aveva combattuto per davvero, rischiando la vita, il quale non si stancava mai di ripetere “Il fascismo per me non può essere considerato una fede politica… il fascismo è l’antitesi di tutte le fedi politiche […], perché opprime le fedi altrui” -, se un quinto di questi discorsi si fossero tradotti in fatti oggi l’Italia sarebbe uno dei paesi politicamente e socialmente più vivibili al mondo.

Se invece il nostro paese non brilla né per sviluppo economico né per democrazia, e ogni anno va sempre peggio, checché ne dica chi ci governa col sostegno della stampa “amica”, significa che le belle parole spese nei tanti discorsi di fine anno, non appena si spegne il televisore per iniziare il cenone, si volatilizzano nei fumi del vino che tracanniamo a tavola aspettando la mezzanotte, nei fuochi d’artificio sparati per salutare il nuovo anno, nei veglioni tra karaoke, balli, trenini e facendo quattro salti in dolce compagnia sul letto o sul ribaltabile di un auto per tenere fede all’auspicio che “chi lo fa a capodanno lo fa tutto l’anno”!

All’indomani di ogni discorso, ascoltando le reazioni politiche, nessun leader politico si mostra in contrasto con quanto asserito dal Capo dello Stato. Finanche quelli della maggioranza di governo plaudano alle parole del Presidente, seppure da esse trasparisse un monito all’esecutivo a occuparsi seriamente dei problemi della povera gente, a non attuare politiche razziste bensì di accoglienza nei confronti degli stranieri, a ripudiare la guerra impegnandosi per la pace, a investire più soldi per la sanità, la ricerca e l’istruzione e meno per gli armamenti.

È quanto, mi pare, abbia affermato ieri sera Mattarella nel suo discorso. Eppure la Meloni lo ha condiviso in pieno, seppure le politiche del suo governo, sia per quanto riguardo il sociale sia l’immigrazione sia il sostegno alla guerra in Ucraina e al genocidio perpetrato da Israele a Gaza contro i palestinesi, le contraddicano.

Senza contare i vari ministri, rappresentanti dell’esecutivo e deputati, in maniera trasverrsale da destra a sinistra passando per il centro, con guai giudiziari o che non brillano per capacità né per lucidità mentale, ma che siedono comunque negli scranni del governo e del Parlamento: SantanchéLollobrigida e l’ex ministro della Cultura San Giuliano che fu costretto a dimettersi a seguito della liaison con l’imprenditrice pompeiana Maria Rosaria Boccia, vicenda che tuttora potrebbe mettere in ulteriore imbarazzo la Meloni, solo per citarne alcuni!

È vero, il discorso di fine anno del Capo dello Stato ha lo scopo di fare il bilancio dell’anno che sta per concludersi e tracciare il cammino da seguire nel nuovo anno per migliorare il paese e la vita dei cittadini.

Ma, visto che ogni anno in Italia va sempre peggio – aumento dei femminicidi, delle morti sul lavoro, della disoccupazione, della violenza nelle città, aumento delle tariffe delle varie utenze, adeguamento consistente degli emolumenti dei ministri non eletti ma non degli stipendi dei lavoratori comuni e delle pensioni se non per pochi spiccioli, senza contare i vaneggiamenti di Salvini sulla realizzazione del Ponte sullo Stretto mentre in Italia i trasporti ferroviari, soprattutto al sud, sono allo sfascio, – c’è da chiedersi se il discorso di fine anno del Capo dello Stato abbia ancora un senso.

Non sarebbe bello se un anno che verrà il Presidente dello Repubblica, chiuque egli fosse, si rifiutasse di tenerlo motivando la decisione come protesta nei confronti di una politica, a prescindere da chi governa, incapace di occuparsi per davvero del paese e degli italiani?

Sarebbe certamente bello ma irrealizzabile in quanto creerebbe un’insanabile spaccatura tra i poteri dello Stato con ripercussioni pericolose per la già traballante stabilità del nostro paese.

Che anche quest’anno appena iniziato Dio ce la mandi buona.

Buon anno a tutti!