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IL SEME

Elio abitava al secondo piano di un prefabbricato cubico di un vasto complesso edilizio edificato a metà degli anni ottanta per accogliere gli sfollati del terremoto. Visto da lontano l’agglomerato urbano infondeva una tristezza infinita. Era un ghetto che all’approssimarsi delle elezioni si trasformava in ambita riserva di caccia per i politici locali che vi si recavano in pompa magna col loro seguito di ruffiani e guardaspalle, sfoggiando dentature ingiallite e mal curate, pance prominenti, sigari puzzolenti tra le labbra. Lasciandosi dietro un’intensa scia di profumo da quattro soldi con cui ammortizzavano il proprio disgusto per quel degrado urbano frutto dei loro maneggi di potere.

Sfacciatamente, con un finto sorriso stampato sulle labbra, si recavano casa per casa, fingendosi interessati alle problematiche della povera gente, barattando un “semplice ” voto in cambio del pagamento di un’utenza o di una spesa.

Sebbene gli abitanti del quartiere fossero consapevoli vittime di quella commedia che si replicava puntualmente a ogni tornata elettorale, accoglievano sempre calorosamente il teatrante di turno e, offrendogli una tazza di caffe o un bicchiere di vino con i taralli, gli esternavano le proprie preoccupazioni e speranze per una vita migliore. […]

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