METAVERSO: cos’è e perché ci cambierà la vita (anche lavorativa).

La notizia è di pochi mesi fa: Mark Zuckerberg, patron di Facebook, ha cambiato nome alle sue piattaforme digitali riunendole semplicemente sotto il nome “Meta”, abbreviazione di “Metaverse”, il Metaverso.

In verità, questa denominazione non è proprio originalissima, essendo “Meta” un marchio già registrato da un’altra società, la Meta PCs, una compagnia americana dell’Arizona, ma, non ho dubbi, questo intoppo è stato subito superato a suon di bigliettoni verdi… il “ragazzo” ha investito in questo progetto oltre 10 miliardi di dollari… una pinzillacchera, direbbe Totò!!!

Il punto nodale è che siamo all’alba di una profonda rivoluzione tecnico-informatica che investirà tutti gli ambiti della nostra vita, privata e lavorativa, nel giro di pochi anni, così come è stata rivoluzionata dall’avvento stesso dei computers… anzi, molto di più. Allacciate le cinture: arriva il “Metaverso” !

Ma procediamo con ordine.

Il prefisso meta davanti alle parole avrebbe il semplice significato (dal greco) di “con, dopo, oltre”, ma grazie alla metafisica, intesa come “disciplina che trascende la natura”, ha acquisito il significato di “disciplina che trascende sé stessa”, e in particolare “che parla di sé dal di fuori”. Quindi si parla di meta-scienza (scienza che parla della scienza, dei suoi limiti, ecc, epistemologia in un’altra parola), di meta-teatro, meta-musica, e via fantasticando.

Il meta-universo, contratto appunto in Metaverso, è quindi un universo parallelo, virtuale, autonomo e indipendente.

“Metaverso”, a onor del vero, è un termine inventato da Neal Stephenson in “Snow Crash”, un romanzo visionario di fantascienza di trent’anni fa, che racconta di una realtà virtuale accessibile da chiunque via Web, dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar.

Come si accede oggi al Metaverso?

Innanzitutto, è necessario indossare un visore 3D e maneggiare un paio di dispositivi da “realtà aumentata”: ho regalato un set di questo tipo a mio figlio, il premio per aver conseguito il Diploma di Maturità.

Devo ammettere che lo consideravo semplicemente in sofisticato videogame, ma, una volta indossato a mia volta il visore, mi sono trovato proiettato in un’altra realtà, un altro “mondo”, con oggetti che potevo vedere e afferrare, in uno spazio 3D in cui potevo muovermi liberamente… davvero impressionante!

Essere proiettati in un Metaverso digitale-tridimensionale, anche dalla grafica approssimativa e stilizzata, è comunque un’esperienza particolare: ho “giocato” per alcuni minuti con un demo dove dei manichini senza volto (ma molto alti!) cercano, al rallentatore, di colpirti, e tu devi semplicemente schivare i colpi… vi assicuro che visti sullo schermo 2D del PC sono pupazzi banali e ridicoli, ma calati in una realtà 3D-full-immersion riescono ad incutere un certo timore!

Le potenzialità del Metaverso sono pressoché infinite, ma vediamo cosa succederà nei prossimi anni.

Diciamo innanzitutto che il Metaverso non è un progetto che ha richiamato a sé soltanto Meta (che, oltre a Facebook, WhatsApp, Instagram, include anche Oculus, una divisione specializzata proprio nella produzione dei suddetti visori 3D): sono molteplici le società che stanno attivamente investendo milioni di dollari per creare un ecosistema che possa essere visto come il primo Metaverso ufficiale e quindi rappresentare la base per il consolidamento tecnologico dello stesso. Al momento, ci stanno lavorando affermate realtà come Epic Games, produttore del celeberrimo videogioco “Fortnite”, Nvidia, leader per le schede grafiche per computers, e Roblox, piattaforma dove chiunque può creare esperienze virtuali per gli altri utenti, e altri ancora, meno noti al grande pubblico. Epic Games, finanziata da SONY e altri investitori per oltre 1 miliardo di dollari americani, ha acquisito ArtStation e Sketchfab, piattaforme dove i creatori di contenuti possono caricare le loro produzioni creative, come immagini 2D e 3D… una sorta di spazio virtuale da cui attingere idee utili allo sviluppo del Metaverso.

I primi ad accedere massicciamente al Metaverso saranno, nell’arco dell’anno in corso, proprio i videogiocatori, come mio figlio e molti suoi coetanei (o ragazzi più giovani): come detto, l’esperienza ludica immersi in una realtà 3D, è di tutt’altro tenore; i videogiochi “classici” sono praticamente già obsoleti.

In parallelo, saranno attratti dal Metaverso i trend-setter, che, a loro volta, veicoleranno in questo “universo” eventi e spettacoli: tra qualche anno sarà normale assistere ad un concerto o a un evento come una sfilata di moda, tranquillamente seduti sul divano di casa, con un visore 3D calato sugli occhi.

Organizzare e gestire un evento in uno spazio virtuale presenta vantaggi enormi, e non solo economici: pensate ai problemi di sicurezza, al comfort degli utenti, ai limiti delle locations fisiche: man mano che la realtà virtuale diventerà via via più realistica e convincente, verranno meno i motivi per organizzare questi eventi in modo tradizionale.

Si svilupperanno rapidamente nuove professioni: la più gettonata sarà quella di “architetto” per spazi virtuali, eh si… perché qualcuno dovrà pur progettarli e disegnarli gli spazi del Metaverso, e chi meglio di un architetto? Anche gli avatar, vale a dire la proiezione digitale del nostro IO, andranno progettati e “vestiti” con cura: ci penseranno gli stilisti, che troveranno il modo di vendervi il loro capo firmato in versione digitale. Follia, dite? Nemmeno un po’.

Entro il 2024 si svilupperanno con eccezionale rapidità nel Metaverso gli spazi ludici: le attuali “piazze virtuali”, costituite dai cosiddetti “social network”, si saranno trasferite da subito in questi universi virtuali, e avranno preso la “consistenza” di veri e propri “ritrovi” di avatar: ci saranno dai semplici bar, alle feste private più esclusive, accessibili sono a pochi eletti.

Già… ma come si pagheranno i servizi nel Metaverso? E come si certificherà la proprietà di un oggetto virtuale? E’ semplice: in cripto-token. Le attuali “monete virtuali”, come Bitcoin, Ethereum, Litecoin, Ripple, ecc, supportate dalle blockchain, hanno aperto la strada maestra: prevedo che entro il 2025 faranno scomparire le banche (almeno così come le conosciamo oggi), perché anch’esse entreranno nel Metaverso e si fonderanno con le borse ed altri mercati dove si comprano e vendono valute, che si evolveranno rapidamente nei cripto-token (chiamati NFT, vale a dire ‘Non Fungible Token’), gettoni “a tema”, non minabili e non duplicabili, atti a garantire il possesso di un bene (virtuale), protetti nelle blockchain.

Sono proprio le BlockChain (letteralmente “catene a blocchi”) a garantire decentralizzazione, disintermediazione, tracciabilità dei trasferimenti, trasparenza/verificabilità, immutabilità dei registri e programmabilità dei trasferimenti. Per chi non lo sa, la blockchain è una struttura dati condivisa e immutabile. Si può pensare ad essa come ad un registro digitale condiviso, distribuito appunto su innumerevoli “blocchi” concatenati, la cui integrità è garantita della crittografia. E’ immutabile perché il suo contenuto, una volta scritto tramite un processo normato, non è più né modificabile né eliminabile, a meno di non invalidare l’intero processo.

Sul piano fisico, l’informazione (p.e. il saldo del Vs conto in criptovaluta) è “spezzettata” in n blocchi, a loro volta connessi e “memorizzati” su n supporti fisici (memorie di computers collegati in rete).

Fantascienza? Nemmeno un po’: tutto questo esiste già.

Quindi eccoci, più o meno nel 2026, immersi mani e piedi nel Metaverso, per incontrare gli amici (con il nostro Avatar alla moda), assistere a spettacoli e concerti, ma anche per visitare una mostra o un museo, oltre che ovviamente per giocare e divertirci. Ecco, su quest’ultimo punto sorgeranno dei veri e propri parchi a tema: siccome il Metaverso risponde a regole che imitano gli spazi fisici reali, perché non rivoluzionare queste regole e creare degli spazi ludici “impossibili”? Che ne dite per esempio di visitare un settore del Metaverso dove la gravità si inverte ogni 10 minuti?  Oppure entrare fisicamente nella simulazione di un Tesseract multidimensionale, dove anche il tempo viene rappresentato dimensionalmente (come nel film “Interstellar”) ?

E chi non vorrebbe sperimentare l’utilizzo di un oggetto dall’entropia invertita, capace cioè di muoversi a ritroso nel tempo, anziché in avanti, ma solo limitatamente a se stesso, come nel recente e visionario film di fantascienza  “Tenet” ?

Questi parchi-giochi saranno facilmente realizzabili nel Metaverso, e rappresenteranno ben presto lo stato dell’arte del divertimento.

In questo scenario, quanto tempo ci metteranno le aziende “normali” a capire come fare business nel Metaverso? Sarà un passaggio normale e molto rapido, entro e non oltre il 2027. Non solo cambierà l’organizzazione fisica di queste nuove aziende (le riunioni si terranno nel Metaverso…), ma nasceranno beni e servizi appositamente studiati per essere commercializzati nel Metaverso, e, di conseguenza, ci saranno aziende che sosterranno tutto questo. Ma anche le società “tradizionali” dovranno entrare in questa nuova dimensione: ne andrà della loro stessa sopravvivenza! Anche le tecniche di vendita si dovranno inesorabilmente aggiornare ai nuovi paradigmi: e così, spariti i piccoli negozi di paese per fare posto ai centri commerciali, questi ultimi cederanno il passo a nuove strutture di “esposizione e vendita” virtuali; faremo la spesa con un visore in testa, saltellando sul tappeto di casa, spingendo un carrello fatto di pura energia!

Vaneggiamenti? Nemmeno in po’. Leggete questo (preso dal web in questi giorni…):

“I quattro principali mondi virtuali, ovvero: The Sandbox, Decentraland, CryptoVoxels e Somnium Space hanno attirato un traffico combinato di oltre 6000 trader solamente nel corso dell’ultima settimana. Tra questi The Sandbox è in testa al gruppo con il maggior numero di trader e vendite con oltre 86 milioni Dollari spesi in sette giorni. Decentraland segue al secondo posto con più di 15 milioni scambiati per NFT di terreni.”

Capito di cosa si tratta? Gente che acquista terreni virtuali in mondi virtuali!!!

Ma diamo uno sguardo oltre il 2030, quando tutto questo subirà un’ulteriore accelerazione dall’avvento dei Computers Quantistici.

Di cosa si tratta? Gli attuali computers sono basati su circuiti elettronici nei quali la corrente elettrica passa (e allora abbiamo uno stato che chiamiamo 1) oppure non passa (stato 0). Questa informazione minima memorizzabile, che rappresenta un “sì” o “no”, si chiama “BIT”, contrazione di “Binary digIT” (cifra binaria).

Il computer quantistico mantiene invece una sovrapposizione di stati e, come nel caso del gatto di Schrödinger *, è possibile avere 0 e 1 contemporaneamente, come se avessimo corrente che passa e non passa simultaneamente ed effettuare, così, più calcoli in parallelo! In questo caso si parla di “QUBIT”, vale a dire BIT Quantistici.

(*) Il paradosso del gatto di Schrödinger è un esperimento mentale ideato nel 1935 da Erwin Schrödinger, con lo scopo di illustrare come la meccanica quantistica fornisca risultati paradossali se applicata a un sistema fisico macroscopico (per saperne di più, continua a leggere su WIKIPEDIA).

Anche se già ci sono i primi prototipi, non sarà possibile vedere concretamente all’opera un Computer Quantistico per altri 6-8 anni. Per far funzionare stabilmente sistemi così sofisticati è necessario garantire fisicamente inalterata la sovrapposizione di stati, tanto che anche solo l’interazione con una singola molecola d’aria può danneggiare il comportamento quantistico del computer: la funzione d’onda collassa, come dicono i fisici, e addio qubit… interviene la cosiddetta “decoerenza” e il nostro computer quantistico smette completamente di funzionare!

La buona notizia è che c’è molto fermento e grandi investimenti attorno a questo argomento, con USA e CINA in testa a tutti.  Tra i più fortemente impegnati nel calcolo quantistico c’è Google, che, di recente, ha persino inaugurato un campus a Santa Barbara (in California) dove lavorano tecnici e ricercatori impegnati a sviluppare soluzioni a dir poco avveniristiche.

La superiore capacità di calcolo dei computers quantistici, applicata al Metaverso, alle Blockchain e all’Intelligenza Artificiale, nel giro di un ulteriore decennio dopo il 2030 ci consentirà un balzo in avanti dalle implicazioni oggi impensabili.

“Che vuol dire reale? Dammi una definizione di ‘reale’. Se ti riferisci a quello che percepiamo, a quello che possiamo odorare, toccare e vedere, quel reale sono semplici segnali elettrici interpretati dal cervello.” E’ il discorso che Morpheus fa al protagonista, Neo (interpretato da Keanu Reeves), per spiegare che cosa è “Matrix”, nell’omonimo film di fantascienza del 1999.

Certo, costruire e poter accedere con tutti i sensi ad un Metaverso talmente perfetto da renderlo indistinguibile dalla realtà fisica, come succede nel film “The Matrix”, implica non solo un imponente passo avanti nelle discipline informatiche, ma anche in quelle medico-biologiche, considerando l’esigenza di interfacciare a basso livello l’Uomo ai Sistemi. Ma anche su questo versante, Scienza & Tecnologia sono già in movimento, trainate proprio dalla pandemia degli ultimi due anni e dall’esigenza di controllare, sempre più intimamente, ogni singolo essere umano.

Biohax International è un’emergente azienda svedese, leader nei chip sottocutanei: il loro progetto punta (per ora) solo a racchiudere in un unico device tutte le carte che oggi abbiamo, dalle carte di credito alla carta sconto del supermercato, dalla patente alla tessera sanitaria.

A tutt’oggi, il sistema informatico che permette di gestire le informazioni contenute nel chip e di farlo interagire con gli smartphone e i sistemi di riconoscimento esterni è già funzionante in Svezia e Norvegia. L’Italia, anche se pochi lo sanno, ha già formalmente aderito a questi protocolli di sperimentazione: tra l’altro questo sistema è stato sviluppato proprio da un’azienda italiana, la IG Solutions. Nei prossimi due anni la Biohax (ma anche altre startup del settore, che nascono quasi ogni giorno) sarà concentrata su due fronti: da un lato, sviluppare partnership per poter far crescere il numero di servizi collegati al chip, dall’altro lato ottenere le certificazioni necessarie per poter commercializzare il chip su vasta scala. La strada si spianerà tra pochi mesi, quando si renderanno conto che questi dispositivi, che vengono appunto impiantati sotto pelle, sono legalmente equiparabili a dispositivi medici più che a semplici tecnologie; ecco che Big Pharma entrerà pesantemente in gioco, eliminando tutti gli ostacoli alle varie certificazioni di sicurezza necessarie, e nel giro di pochissimo, forse già all’alba nel 2023, potranno ricevere l’approvazione definitiva dai Ministeri della Salute e dalla European Medicine Agency; da li in poi il percorso sarà tutto in discesa.

State pur certi, queste tematiche comporteranno un acceso dibattito in tutto il mondo e gli oppositori all’avanzare di queste tecnologie non mancheranno, spinti dalle più diverse motivazioni, da quelle afferenti alla sfera religiosa, alle teorie complottiste. Già da qualche tempo si sente parlare di transumanesimo, ossia di fusione, in senso negativo, tra Uomo e Macchina, un processo che potrà potenziare le nostre capacità e migliorare, secondo alcuni, la nostra vita, o minacciarla secondo altri. In verità si tratta, anche in questo caso, di una normale transizione del progresso, inevitabile e inesorabile come fu l’introduzione delle macchine nelle fabbriche nel ‘700, fenomeno che, all’epoca, provocò perplessità e accesi dibattiti tra i sostenitori di un concreto pericolo per lo sviluppo dell’umanità.

Quale saranno i passi successivi? Andiamo oltre il 2050.

L’interfaccia Uomo-Macchina progredirà, trainata dalle crescenti esigenze di interazione tra le persone nel Metaverso. I progressi della biologia molecolare ci permetteranno di decodificare le emozioni: non solo sarà possibile interagire in maniera sempre più realistica con cose e persone nel Metaverso, ma, ad un certo punto, sarà possibile provare sentimenti e stati d’animo, gioie e dolori, sensazioni fisiche e tattili perfettamente realistiche, grazie proprio ad impianti fisico-cerebrali sempre più evoluti. Alcune “emozioni forti” verranno rese illegali e, come sempre quando una cosa viene proibita, nascerà un mercato sotterraneo e parallelo di queste “sensazioni”, un po’ come nel film “Strange Days” del 1995, che racconta la storia di uno “spacciatore di emozioni forti”, registrate da altri esseri umani su un supporto digitale ed accessibili con semplici sensori applicati sul cranio.

Negli anni che vanno dal 2050 al 2060 sarà normale vivere e lavorare in un Metaverso digitale, così realisitico da essere perfettamente assimilabile alla realtà che viviamo oggi. Naturalmente, anche i rapporti sessuali tra le persone saranno “digitalizzati”, per così dire: ma questo non costituirà il problema che tutti credono, in quanto, già da anni, le nascite saranno rigidamente regolamentate ed i progressi della scienza medica con riferimento alla capacità di manipolare il DNA, permetteranno letteralmente la costruzione di essere umani sempre più potenziati, ma non sul piano fisico, bensì su quello emotivo e intellettuale, concepiti, per così dire, per essere un tutt’uno con il Metaverso.

E ancora oltre? Finalmente conquisteremo lo Spazio, anche se faticosamente e su scale temporali lunghissime. Infatti, così come è successo dopo il primo allunaggio, perderemo rapidamente interesse anche per Marte, considerando le molte implicazioni a sfavore nell’affrontare i costi, in termini economici e di vite umane, per la rapida colonizzazione di un nuovo pianeta, se privo di vita. Sarà allora necessario allargare la visuale e cercare, seriamente, altri pianeti da colonizzare, ma con già le caratteristiche adatte a sostenere la vita, così come la conosciamo. Mi spiace, ma nemmeno nel 2100 avremo trovato il modo di aggirare le equazioni di Einstein (sempre che sia possibile, in questo Universo) e resteremo confinati dentro i limiti della velocità della luce per muoverci nello Spazio. Cosa ci aiuterà? Proprio il Metaverso! All’alba del nuovo secolo sarà possibile costruire una flotta di astronavi gigantesche, grandi come piccoli pianeti, dove gli esseri umani potranno viaggiare per decenni e raggiungere altri pianeti abitabili, chiusi in crio-capsule in animazione sospesa, ma attivissimi mentalmente nel Metaverso, esattamente come se fossero in vita sulla Terra.

Siamo arrivati al limite delle mie capacità di previsione del futuro dell’umanità e mi fermo qui. Naturalmente ho cercato di mettere l’accento solo sulle implicazioni positive collegate al Metaverso, oggetto della mia dissertazione, ma l’Uomo dovrà superare nel frattempo tante terribili prove: più volte la sopravvivenza della nostra Specie sarà messa a dura prova, nei decenni e nei secoli che verranno, minacciata da cambiamenti ambientali, inquinamento, virus di nuova generazione, asteroidi “killer di pianeti” e, chi lo sa, forse anche da alieni ostili, ma sono ottimista sulla nostra ostinata capacità di sopravvivere e di allontanarci dal ciglio del precipizio un attimo prima di caderci dentro, dopo averne scrutato il fondo, scuro e minaccioso.

Buon Futuro a tutti e… arrivederci nel Metaverso!