Anima Fiammeggiante

Ottobre 2017: The Doors - THE DOORS (1967)


  Data di pubblicazione: 4 gennaio 1967 Registrato a: Sunset Sound Recording Studios (Los Angeles) Produttore: Paul A. Rothchild Formazione: Jim Morrison (voce), Ray Manzarek (organo e tastiere), Robby Krieger (chitarra), John Densmore (batteria) Lato A                                    Break on through (to the other side)                                    Soul kitchen                                    The crystal ship                                    Twentieth Century Fox                                    Alabama song (Whiskey Bar)                                    Light my fire Lato B                                    Back door man                                    I looked at you                                    End of the night                                   Take it as it comes                                   The end  

“La strada dell’eccesso conduce al palazzo della saggezza”

(William Blake)

3 luglio 1971, Parigi: Jim Morrison giace in una vasca piena d’acqua, la stessa forse che due anni prima proveniva dalla stessa fonte mistica che s’era portata via Brian Jones. E cammin facendo aveva coinvolto anche Jimi Hendrix e Janis Joplin. Tutti con una “J” nel loro nome, tutti ventisettenni, e tutti maledettamente “martiri” sull’altare del rock, dell’eccesso, della sregolatezza pura, della loro leggenda. Ed è stata appunto quella leggenda che li ha consegnati alla storia! Com’è quella leggenda che ha reso il Père Lachaise una delle attrazioni turistiche più gettonate di Parigi, assieme alla Tour Eiffel e il Louvre. Com’è quella leggenda che ha sollevato dubbi e costruito congetture fantasiose sulla veridicità della sua morte: c’è addirittura chi crede che Jim possa aver inscenato la propria morte per essere davvero libero. Quel che è certo è che son passati quarant’anni dalla morte di Jim Morrison, una delle icone generazionali del rock (non esiste al mondo una cameretta che nel tempo non abbia ospitato un suo poster, o cultore del rock che non abbia iniziato la sua cura musicale con gli album dei Doors), profeta dell’eccesso, e poeta. Si poeta! Non certo lo strampalato compositore di stralunati aforismi per Baci Perugina (quelle frasette che in genere si scrivevano sui diari o sui muri ai tempi della scuola per far colpo sulla ragazzina di turno, citando Morrison per darsi un tono), ma poeta vero! E la poesia vera nel rock non è materia di tutti i giorni! Quarant’anni son passati, ma la memoria di Jim Morrison è ancora viva! Vent’anni fa per celebrarlo, arrivò nelle sale il controverso film “The Doors” di Oliver Stone che, nonostante l’eccezionale interpretazione di Val Kilmer, col tempo dimostra ampiamente di essere stato un’occasione mancata; troppo romanzato, e troppo legato all’altrettanto discutibile, ma storico libro “Nessuno uscirà vivo di qui” di Jerry Hopkins e Danny Sugerman. Un film discutibile che aveva però il merito di aver riacceso la fiamma di quel mito. Oggi invece si ritorna nelle sale (21 giugno) per “When you’re strange” di Tom DiCillo, un film-documentario che finalmente fa giustizia, pieno zeppo di immagini di repertorio, ma anche di un filo conduttore forte che ruota attorno alla figura di Morrison. Nel frattempo chissà cos’altro si inventeranno i superstiti Doors per celebrare questo anniversario… Ma facciamo ora un passo indietro. Torniamo con la memoria a quel pomeriggio d’estate del 1965, sulla spiaggia di Venice. Vi troviamo James Douglas Morrison e Raymond Daniel Manzarek, entrambi studenti alla University Of California di Los Angeles. Jim all’epoca ha ventuno anni, originario della Florida, un padre brillante ufficiale della Marina americana. Ma lui con la famiglia ha deciso di rompere ogni legame. Ray ha invece quasi trent’anni, ha studiato legge ed economia, e nel tempo libero si dedica alla musica (il jazz è una delle sue passioni) con un complessino formato dai fratelli: Rick & The Ravens. Entrambi hanno una passione in comune: il cinema. Stanno lì, passeggiando sulla sabbia, parlando del più e del meno, quando ad un certo punto Ray chiede a Jim cosa stesse facendo in quel preciso periodo. “Scrivo”, è la lapidaria risposta di Jim. “Cosa?”, chiede Ray. “Oh, niente di speciale, amico! Scrivo canzoni! E’ come se avessi un intero concerto in testa!”, è la risposta di Jim, che si noti bene, non sapeva suonare alcun strumento, e fino ad allora non aveva mostrato particolare interesse per la musica. “Fammene sentire una!”, ribatte Manzarek, che deve vincere un certo imbarazzo di Morrison che, inginocchiatosi, e stringendo pugni di sabbia tra le mani intona Moonlight drive. Per Ray quello è uno dei pezzi più grandiosi che abbia mai sentito in vita sua, e seduta stante invita Jim a fondare un gruppo rock. Presto si aggregheranno alla band di Ray il batterista John Densmore, un’anonima bassista di cui non si hanno più tracce, e più tardi il fantasioso chitarrista Robby Krieger, che sostituirà i fratelli di Ray, non troppo convinti del progetto. Gli spettacoli prima al Sunset Strip e poi al Whiskey a Go Go di Los Angeles saranno il trampolino di lancio per i Doors, dove Jim, calzato in neri pantaloni di pelle, man mano esprime tutta la propria personalità obliqua, oscura e sensuale in performance che molti ritengono incredibili, tant’è vero che spesso i locali si riempivano per loro, gruppo di spalla, e si svuotavano quando c’erano le vere celebrità della serata, e correva in giro la voce: “Venite a vedere questo gruppo: il cantante è un pazzo!”. Ed è qui che prenderanno corpo moltissime delle loro canzoni, che cresceranno e si trasformeranno in qualcosa di immortale, tant’è che quando saranno all’apice del successo, Jim spesso rimpiangerà la libertà creativa di quei tempi. Ed è qui che li incontra Jac Holzman, patron dell’Elektra Recording, che propone loro un contratto, e li mette subito alle cure del talentuoso produttore Paul A. Rothchild, e del giovane tecnico del suono Bruce Botnick. Nel settembre del 1966 i quattro entrano così nel Sound Recording Studios in West Sunset Boulevard per registrare il loro primo 33 giri, The Doors, che avrà anche uno dei lanci pubblicitari più grandi per un gruppo rock emergente (scelta piuttosto attempata quella della casa discografica all’epoca). Grazie ad alcune scelte tecniche rivelatesi azzeccate, come l’uso del wah-wah, il suono del disco sarà eternato nei secoli, perché pur conservando perfettamente le caratteristiche di un album inciso negli anni ’60, quella particolare cura rende quel suono sempre attuale, e mai fuori moda. Primo singolo Break on through (to the other side), brano travolgente e graffiante, che apre l’album, ma il resto è un susseguirsi di autentiche perle lucentissime in una collana che inanella il post-blues di Soul kitcken, una sospesa e misterica The crystal ship, l’esuberante Twentieth Century Fox, la brechtiana Alabama song (Whiskey Bar), e la celeberrima Light my fire, nata da un’idea di Robby Krieger, sensuale e lisergica con quell’assolo di tastiera di Ray, in una veste dall’alto rimando erotico, sul quale dal vivo spesso Jim improvviserà frammenti delle sue poesie. Il lato B invece si apre con la tagliente rilettura del classico blues di Dixon Back door man, a cui Jim darà un obliquo significato sessuale, le scanzonate I looked at you e Take it as it comes, la tenebrosa End of the night (dedicata a Louis Ferdinand Celine), e The end, sinuoso e dilatato poema di chiusura, che riflette sulla fine, attraversando Nietzsche, il complesso di Edipo e la perdita di ogni speranza. Suggellando un disco che è rimasto negli annali della musica rock. Molti forse oggi sottovalutano e rendono scontata l’importanza di una band come quella dei Doors, che dopo la morte di Jim ha fatto fatica a rinnovarsi (si contano solo due album postumi, per altro trascurabili), o a proseguire in un percorso diverso, ma la leggenda interpreta il proprio tempo, anzi, lo eterna, lo inganna. Ed è ciò che Morrison con i Doors han fatto.

L’importanza di Jim Morrison e dei Doors non dovrebbe essere sottovalutata: se si considera nella giusta luce il contesto che il gruppo screditò con la sua violenza, se si pensa ai gruppi e agli artisti entrati nell’immaginario collettivo dopo di loro, si deve concludere che Jim Morrison fu uno dei padri del rock’n’roll così come lo conosciamo. Gli Stones erano sporchi, ma i Doors erano veramente spaventosi, e la differenza è rilevante poiché elemento sostanziale della nostra epoca è proprio la paura

(Lester Bangs)