Ottobre 2017: Elio e Le Storie Tese – EAT THE PHIKIS (1996)

Eat the phikis

 

Data di pubblicazione: 28 marzo 1996

Registrato a: Psycho Studios (Milano), Teatro Ariston (Sanremo)

Produttore: Otar Bolivecic

Formazione: Elio (voce, basso), Rocco Tanica (tastiere), Cesareo (chitarre), Faso (basso), Feiez (sassofono, chitarra ritmica, tastiera, voce), Millefinestre (batteria), Gennaro Oliveri, Guido Pancaldi (voci narranti), Giorgia (voce), Enrico Ruggeri (voce), Aldo Baglio (voce), James Taylor (voce), Edoardo Vianello (voce)

Tracklist

                                 Vincitori o campioni?

                                 La terra dei cachi

                                 Burattini senza fichi

                                 T.V.U.M.D.B.

                                 Lo stato A, lo stato B

                                 El pube

                                Omosessualità

                                Mio cuggino

                                First me, second me

                                Milza

                                Li mortacci

                               Tapparella

                               Neanche un minuto di non caco

Italia si, Italia no

Fenomeno di costume dove il nonsense, la satira e l’aspetto demenziale della vita sono gli elementi principali di una musica apparentemente stupida, ma per niente banale: questi sono Elio e Le Storie Tese, una delle band più originali e divertenti di tutta la scena pop italiana. Prendendo in prestito la bizzarria stilistica di Frank Zappa, il lato divertente e demenziale degli Skiantos o di Henri Salvador, hanno saputo imporsi al grande pubblico italiano come un fenomeno originale ed intelligente, nonostante testi grondanti di nonsense e condite volgarità.

Il loro percorso inizia all’alba degli anni ’80, con un gruppo di compagni di scuola appassionati di musica guidati da Stefano Belisari. Quest’ultimo studiava flauto traverso al conservatorio, e dal nome di una sua prima canzone decise di trovare il suo nome d’arte, mentre da Freak Antoni prese spunto per Le Storie Tese, ossia il nome del resto della sua band. Da allora il gruppo si esibì in una serie di concerti memorabili nell’interland milanese, dove il demenziale veniva elevato allo stato di arte adulta. Su testi pieni di “apparenti stupidaggini”, si articolava una musica caratterizzata da improvvisi cambi di tempi, registri diversi e motivetti catchy. Il tutto condito da aspetti esteriori bizzarri, quasi surreali. E in questa sede è opportuno ricordare una loro esibizione al concertone del Primo Maggio quando proposero Sabbiature, ossia un’improvvisazione in cui bastonavano a destra e a manca, politica ed imprenditoria corrotta, tanto da subire una censura da Mamma Rai.

Di gavetta comunque ne fanno parecchia, ma a fine anni ’80 giunge il momento di pubblicare il loro primo album, Elio Samaga Hukapan Karyana Turu, salutato da critica e pubblico con molto favore come esempio di un pop rock dove il divertimento la fa da padrone. A questo seguì The Los Sri Lanka Parakramabahu Brothers, che era ovviamente un album di transizione per il loro capolavoro, Italyan Rum Casusu Citki. L’album segnava la definitiva maturazione sia testuale che estetica del gruppo, che nel frattempo aveva condito il suo suono con elementi etnici provenienti dall’Est Europa, legandoli con gli evidenti riferimenti a Zappa, il loro grande punto di riferimento.

Ma in questa sede gli preferiamo il successivo Eat the phikis, proprio perché è grazie a questo se gli “Elii” sono diventati un fenomeno popolare apprezzati da tutti. L’album parte ovviamente dalla bizzarra partecipazione del gruppo al noto Festival nazionalpopolare di Sanremo, portando un pezzo sarcastico sullo stile di vita italiano. Il motivetto “Italia si, Italia no” divenne di pubblico dominio, ma nello stesso tempo, tra un riferimento a De Gregori, uno a Nilla Pizzi e un altro a Bobby Solo, si fa sarcasmo feroce verso la sanità corrotta, una politica inerme, e uno stile di vita mediocre, dove basta “una pizza in compagnia e una pizza da solo” per dimenticarsi di tutto il resto, anche della mafia che “chiede il pizzo”. L’Italia è questa qua.

Questo pezzo da il via a Eat the phikis, ritratto da una copertina demenziale, con uno squalo con l’apparecchio ai denti che un tantino ricorda quella di Nevermind dei Nirvana. Si parte con un campionamento, Vincitori o campioni?, che unisce il programma tv Giochi senza frontiere e l’annuncio della band da parte di Pippo Baudo e Sabrina Ferilli al Festival di Sanremo. Ma nel disco le perle si sprecano, dall’elogio all’autoerotismo di Burattino senza fichi, dove si citano i Beatles e si fa parodia di Edoardo Bennato, alla rappresentazione ironica di Omosessualità, che viene aperta da un riferimento a Fausto Leali e si attraversano tutti i pregiudizi sui gay. Nel pezzo si fa il verso a Stanlio e Ollio e ad Amanda Lear, e l’arrangiamento è un hardcore spinto. T.V.U.M.D.B. è quasi un riadattamento di After the love as gone degli Earth, Wind & Fire, e si arricchisce dei virtuosismi vocali di Giorgia in duetto con Elio. Lo stato A, lo stato B invece viene aperto da delle pulsazioni sintetiche, una chitarra psichedelica, e ospita Enrico Ruggeri. In un certo senso si può dire che ispira Moskavalza dieci anni più tardi a Vinicio Capossela. El pube invece viene rivestita di un arrangiamento esotico.

Mio cuggino invece è un gustosa filastrocca demenziale carica di luoghi comuni e miti adolescenziali. L’arrangiamento è un delizioso jazz pop con citazioni dei Kraftwerk e Frank Zappa. First me, second me è un remake di The peak of the moutain, uno dei primi pezzi del gruppo. Il testo viene tradotto parola per parola risultando così stupidamente incomprensibile. Milza invece incede nel rock progressivo, citando tanto i Genesis quanto i Dream Theater. Li mortacci è una pseudo filastrocca cantata in romanesco cantata ancora una volta da Giorgia e da Edoardo Vianello, dove si fa riferimento ai miti del rock, da Jimi Hendrix a Brian Jones, da Jim Morrison a John Lennon, e altri ancora… Tapparella è uno dei loro pezzi forti dal vivo, soprattutto per un meraviglioso crescendo, che cita Little wing di Jimi Hendrix nelle chitarre, Madre dolcissima di Zucchero nelle strofe, e addirittura gli Area e la Premiata Forneria Marconi. Il testo è un divertente racconto delle tragiche feste delle medie, con tanto di limonate, giochi della bottoglia, e amarissime aranciate. Il coro da stadio finale, Forza Panino, è attraversato da nonsense a pacchi, per poi essere chiusa da una voce elettronica. Si chiude con un velocissimo divertissment che riprende il tema de La terra dei cachi, concentrata in nemmeno un minuto, e poi due ghost track.

Si tranquillamente sostenere che Eat the phikis è stato l’ultimo vero grande album di Elio e Le Storie Tese. Dopo la formula ha cominciato a mostrare un po’ troppo la corda, cedendo in ripetitivi tentativi di unire satira e rock, nonostante qualche ottimo spunto. Comunque la si veda però, Elio e Le Storie Tese sono stati l’esempio brillante e geniale di un rock demenziale e nello stesso tempo intelligente, dove si ride di gusto e si viene travolti da una musica suonata da Dio. Servi della gleba supergiovani!

Dopo i Beatles, i Pink Floyd e Orietta Berti vennero gli Elio e le Storie Tese: fenomeno di successo, fenomeno di cesso, ma sempre fenomeno era

(Federico Guglielmi)

Ottobre 2017: Elio e Le Storie Tese – EAT THE PHIKIS (1996)ultima modifica: 2017-10-19T09:28:42+02:00da pierrovox

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