Aprile 2018: Chelsea Wolfe – ABYSS (2015)

Chelsea_Wolfe_Abyss_album_cover

 

Data di pubblicazione: 7 agosto 2015
Registrato a: Elwood Recording Studio (Dallas)
Produttore: John Cogleton
Formazione: Chelsea Wolfe (voce, chitarra, piano, basso), Ezra Buchla (viola, voce), Ben Chisholm (basso, chitarra, tastiere, piano), Dylan Fujioka (batteria), D.H. Phillips (lap steel guitar). Mike Sullivan (chitarra)

 

Tracklist

 

Carrion flowers
Iron moon
Dragged out
Maw
Grey days
After the fall
Crazy love
Simple death
Survive
Color of blood
The abyss

 

 

In ogni istante della nostra vita abbiamo un piede
nella favola e l’altro nell’abisso.
(Paulo Coelho)

 

 

L’abisso è solo la destinazione finale, prima c’è un tortuoso e irto cammino da intraprendere. Anzi più che irto, pare essere un viaggio dai connotati danteschi, in cui si sprofonda verso il buio più profondo, lì dove risiedono demoni e paure. Ci si lascia cadere in uno stato di stasi e di allarmante equilibrio. Sono queste le premesse con cui affrontare “Abyss” di Chelsea Wolfe, una cantautrice che oramai disegna con semplicità disarmante tratti della sua personalità cangiante in un percorso artistico privo di vere e proprie coordinate artistiche. C’è sempre una vena camaleontica che s’impossessa del suo songwriting e statene certi, fra questo e “Pain Is Beauty”, senza far riferimenti ai lavori precedenti, ci sono le giuste distanze e differenze. Un’evoluzione costante che non conosce freni. La buona Chelsea esplora Jung, gli stati di coscienza e di sonno, ma quello che ne esce è un affresco spettrale della sua musica. Una caduta che dolcemente culla in paesaggi oscuri e pare non voler finir mai, oscurando ogni raggio di luce.
La sensazione d’etereo è lì che batte come un martello grazie alla cadenza sospirata e soffusa con cui Chelsea esprime la sua personalità. Un quieto incidere che va ad almagarsi con una sinuosa ed affascinante capacità di dettar ritmo e tenore di ogni singola composizione con vigorosa potenza. In “Abyss” non troverete mai carta, carboncino e fotocopie, è come immergersi ogni volta in un nuovo scenario da esplorare. Si genera autonomamente appena scattono i rintocchi di un nuovo brano, svelando pezzo dopo pezzo l’anima malinconica di Chelsea. Questo non significa che ci si trovi di fronte a una linearità fatta d’atmosfere sinistre, bensì un continuo scoprire nuovi tratti, nuove influenze, nuove virate. Ci pensano prima le granitiche e rocciose chitarre dall’incidere marziale a mò d’industrial/doom a catapultarci nell’oblio, per poi delicatamente accompagnarci lungo synth dal pulsare che risuona glaciale, ma che conferisce un calore emozionale allo scheletro di “Abyss”. L’elettronica che confluisce in arpeggi di un folk apocalittico e che s’abbandona nel cantato magneticamente avvolgente di Chelsea. Un full length che si nutre di pathos e dove ogni pezzo del mosaico s’incastra alla perfezione. C’è qualità negli arrangiamenti, sempre pronti a cavalcare le insicurezze di beat minimali. Prendete “Simple Death” che rimane lì, chiusa nella sua forma così essenziale, ma tremendamente efficace. Questo è solo un piccolo esempio, perché da quando si scatenano i droni e le atmosfere di imminente pericolo di Carrion flowers dallo scrigno di Chelsea si schiude tutta la visceralità che la sua musica possiede.
“Abyss” accoglie nella sua maestosa decadenza spingendo Chelsea in lidi musicalmente heavy come non lo era mai stata. Il senso d’urgenza preme e il caos surreale lentamente trascina in baratri senza fondo, nei recessi remoti di ricordi e realtà parallele. Nel mentre avviene la caduta ci sono dei nostalgici archi e violini che risplendono davanti a degli occhi che oramai s’abbandonano nei profondi intrecci di un sogno. Chelsea fa rimanere intorpiditi, nell’accezione positiva del termine. È come rimanere incatenati nella sua morsa. Una morfina che man mano raggiunge il suo culmine nel finale di un pianoforte dissonante, con delle corde che si tirano sempre più, strappandosi verso gli antri più oscuri che la mente della Wolfe partorisce. Gli echi lontani rimbombano, il sopravvivere è motivato da improvvise scosse sonore dal sapore cinematografico. Un’elettricità dal sapore noise che sporca e va a far da contraltare alla sensazione d’eterno smarrimento dovuto agli scorci sepolcrali. Chelsea Wolfe è così. Misteriosa e riservata, non di tante parole, ma quando decide d’imbracciare la sei corde piuttosto che chiudersi in uno studio registrazione sa regalare momenti altissimi di cantautorato, andando a ritagliarsi un’entità tutta sua, che non ha eguali nella scena oderna. Distinguibile al primo secondo e che intrappola come un ragno con la sua tela. Il tessere di “Abyss” è di quelli di cui difficilmente ci si scorda, anzi ci si ferma ad ammirare il compimento finale perché sicuri di essere dinanzi a un grande album.

Aprile 2018: Chelsea Wolfe – ABYSS (2015)ultima modifica: 2018-04-09T10:16:19+02:00da pierrovox

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