Aprile 2018: Rino Gaetano – AIDA (1977)

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Data di pubblicazione: 1977
Registrato a: RCA Studio (Roma)
Produttore: Rino Gaetano & Ruggero Cini
Formazione: Rino Gaetano (voce, chitarra, pianoforte), Michael Brill (basso), Toto Torquati (tastiere), Piero Ricci (basso), Luciano Ciccaglioni (chitarra), Arturo Stalteri (tastiere), Douglas Meakin (chitarra), Mike Fraser (tastiere), Rodolfo Bianchi (sassofono, flauto), Guido Podestà (fisarmonica), Pandemonium (cori), Baba Yaga (cori), Marina Arcangeli (voce in Sei ottavi)

 

Lato A

 

                                   Aida
                                   Fontana chiara
                                   Spendi spandi effendi
                                   Sei ottavi

 

Lato B

 

                                   Escluso il cane
                                   La festa di Maria
                                   Rare tracce
                                   Standard
                                   Ok papà

 

Viene fuori la storia di questi anni italiani
(Rino Gaetano)

 

Nell’epoca medievale c’erano i menestrelli di corte, ossia giullari che scrivevano poesie, storie e le musicavano. Il suo ruolo era quello di allietare la corte con storie a volte leggere, a volte dolci, a volte ironiche, ma nella sostanza il menestrello era un cantastorie, e le storie che cantava erano spesso sberleffi verso il potere.
Si dice che ogni epoca abbia il suo menestrello, il suo giullare, il suo cantastorie. E si dice pure che ogni Paese ne abbia uno per ogni epoca. E se negli anni ’60 il menestrello per eccellenza della protest song in America era Bob Dylan, agli inizi degli anni ’70 in Italia lo era un certo giovanotto calabrese, originario di Crotone, cresciuto in una famiglia operaia. Tale ragazzo si chiamava Salvatore Antonio Gaetano, più comunemente conosciuto col suo diminutivo Rino.
Quando aveva ancora dieci anni, la sua famiglia si trasferì a Roma, dove i suoi genitori trovarono un impiego da portieri in uno stabile di Via Nomentana. Nel frattempo Rino cominciò il percorso scolastico, e per un certo periodo di tempo pensò addirittura alla vita religiosa studiando nel seminario della Piccola Opera del Sacro Cuore a Narni.
Rientrato a Roma verso il 1967, Rino pensò bene che la sua vocazione più che religiosa era artistica, e di usare di quest’ultima per dar voce alle varie rivendicazioni sociali che all’epoca infiammavano l’animo del Paese. Fu così che mise su un gruppetto chiamato Krounks, con i quali suonava cover di grandi artisti italiani e stranieri, spaziando da Enzi Jannacci a Fabrizio De André, da Ricky Gianco a Bob Dylan e ai Beatles. Ma nello stesso tempo Rino cominciò ad affinare una certa arte nella scrittura, tanto che verso la fine degli anni ’60 cominciò a frequentare gli ambienti del Folkstudio, dove peraltro si esibivano altri artisti romani come Francesco De Gregori e Antonello Venditti. Fu particolarmente in questo ambiente che Rino si distinse per uno stile di scrittura particolarmente intriso di feroce ironia, tanto che ricorda Ernesto Bassignano: “Adottava uno stile atipico, buffonesco, ma non faceva cabaret. Dissacrava continuamente il pop”. Questo permise pure di fargli prendere parte in alcune rappresentazioni teatrali, tra le quali Aspettando Godot di Samuel Beckett e Pinocchio di Carmelo Bene.
Diplomatosi in ragioneria, e rifiutando gli inviti della famiglia a cercare un lavoro stabile e rimunerativo, Rino Gaetano scelse decisamente la strada della carriera musicale, entrando in contatto con Vincenzo Micocci, proprietario della It. Da qui iniziò un percorso piuttosto celere che lo portò a pubblicare alcuni singoli, e poi finalmente il primo album, uscito nel 1974, Ingresso libero. Il disco non ottenne un grande successo, nonostante fosse permeato da sagacissima ironia, e uno stile particolarmente inusuale per il cantautorato italiano degli anni ’70.
Ciò nonostante Rino non si da per vinto, e nel 1976 esce il suo primo capolavoro, Mio fratello è figlio unico, album in bilico tra affetti familiari e denunce sociali. Questo disco aprirà a Rino Gaetano la strada del successo, ma non solo si proporrà come modello del tutto nuovo di un cantautorato incentrato sul sarcasmo feroce e sulla dissacrazione, mantenendo uno stile in bilico tra teatralità comica e presagi inquietanti, con una sottile vena malinconica.
Gli fa seguito Aida, pubblicato nel 1977, a detta di molti il suo testamento vero e proprio. Un atto d’amore e nello stesso tempo di denuncia per l’Italia. Aida è un album che parla d’amore e dell’Italia, ma concentra le sue invettive e le sue scomode carezze in una densa title-track, direttamente ispirata dall’opera di Giuseppe Verdi. In questo pezzo Rino Gaetano fa una specie di cronaca degli ultimi settant’anni di storia dell’Italia, dalla sua unità alla prima guerra mondiale, dal fascismo al dopoguerra. Un pezzo di una bellezza struggente, un canto d’amore per l’Italia, e un pianto per le sue miserie. Assieme a Mio fratello è figlio unico, Aida è forse il pezzo più bello di Rino Gaetano. Segue l’improvvisazione barocca di Fontana chiara (“Fontana chiara, un poco dolce un poco amara”, l’unico verso cantato), a detta di molti una specie di sberleffo verso la censura, lasciando interdetto l’ascoltatore che viene accolto da una sorta di piccola suite di suoni orchestrali, chitarre e batteria. Nella seguente Spendi spandi effendi (resa celebre da una famosa esibizione per la Rai, in cui Rino Gaetano, presentato da Gino Paoli, si esibisce in tenuta coloniale e con una pompa da benzina), in cui si fa gioco delle dinamiche economiche degli anni ’70, dove il petrolio era il vero e proprio oro nero, soprattutto facendo riferimento alla famosa recessione del 1973, causato dalla famigerata crisi petrolifera. Il brano si presenta ritmato e tagliente nella denuncia. Chiude il madrigale di Sei ottavi, cantata con Marina Arcangeli. Un dolcissimo pezzo denso di romanticismo che tanto fa pensare ad alcuni canti biblici del Cantico dei Cantici.
Il lato B si apre con la dolente Escluso il cane, esprimendo con voce rauca e graffiante la propria solitudine, e attaccando l’ipocrisia borghese che fa merce dei sentimenti più nobili. Alla fine l’unica certezza è la compagnia del cane, poiché tutto il resto è un misto di ipocrisia e cattiveria. Segue la spagnoleggiante La festa di Maria, con un’interpretazione che fa pensare ad un certo De Gregori, con un significato recondito che forse fa pensare al rapporto degli italiani con la mafia. Rare tracce invece si presenta con una musicalità funky e uno schiaffo verso il logorio della vita moderna. Standard è un breve blues che fa da cerniera con l’invettiva di Nuntereggae più che arriverà da lì a poco. Chiude Ok papà, che riparte proprio dal tema di Aida, per poi aprirsi in una melodia leggera e scanzonata, e un testo anticonformista e dissacrante, e forse con qualche sberleffo persino alla sua di famiglia.
Aida è un disco straordinario! Va giù come l’acqua fresca, dura meno di mezzora, ma è denso di emozione e ironia. A questo seguì il successo stratosferico di Nuntereggae più, la sua partecipazione al Festival di San Remo nel 1978 con Gianna, e l’interlocutorio E io ci sto. Ma poi ci fu anche quel 2 giugno del 1981, alle 3.55 di notte, sulla Via Nomentana… La macchina che invade l’altra corsia, forse un malore, e un camion che passa e non riesce ad evitare l’impatto… “A te che ascolti il mio disco forse sorridendo, giuro che la stessa rabbia in fondo sto vivendo”.

 

Rino Gaetano aveva un’idea non polverosa e addirittura rock di cantautorato: troppo eclettico per piacere ai dogmatici, grande iattura della canzone d’autore
(Andrea Scanzi)

Aprile 2018: Rino Gaetano – AIDA (1977)ultima modifica: 2018-04-12T13:02:22+02:00da pierrovox

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