Giugno 2018: Lush – SPLIT (1994)

Lush - Split

 

Data di pubblicazione: 13 giugno 1994
Registrato a: Rockfield Studios (Wales), Berry House (Sussex), Abbey Road Studios (Londra)
Produttore: Mike Hedges & Lush
Formazione: Miki Berenyi (voce, chitarra), Emma Anderson (chitarre, voce), Chris Acland (batteria), Phil King (basso)

 

Tracklist

 

                        Light from a dead star
                        Kiss chase
                        Blackout
                        Hypocrite
                        Lovelife
                        Desire lines
                        The invisible man
                        Undertow
                        Never-never
                        Lit up
                        Starlust
                        When I die

 

 

Un ponte tra il dream pop dei Cocteau Twins
e lo shoegazing dei My Bloody Valentine
(Piero Scaruffi)

 

L’età dello shoegaze conobbe nei londinesi Lush una nuova esplorazione e una nuova frontiera musicale destinata a diventare punto di riferimento del panorama del rock alternativo. Siamo in un periodo in cui tutto viene messo in discussione, e la furia del grunge sta ormai mostrando a tutti le ceneri di un fuoco devastante e devastatore, e quindi si preferisce poggiare l’attenzione su sonorità più stranianti, sognanti. I Lush riuscirono in questo particolare intento: unire la melodia pop alle esplorazioni dello shoegaze, cercando di combinare i Cocteau Twins ai My Bloody Valentine. Questo portò ad importanti innovazioni anche nel campo del cosiddetto brit pop, e ad una serie di interessanti esplorazioni.
Split è il loro secondo album, e si concentra particolarmente su scenari sonori surreali ed estatici. Si apre col carillon straniante di Light from a dead star, e una melodia celtica sospesa in un’atmosfera celestiale. Segue una più accessibile Kiss chase, che in diversi passaggi fa venire in mente gli irlandesi Cranberries, tanto per le melodie celtiche, quanto per il fascino ammaliante della cantante del gruppo, vera e propria eroina di una band che purtroppo però non riceverà le attenzioni del gruppo irlandese. Blackout è shoegazing che incrocia le Bangles per un rock’n’roll drogato di suoni distorti. Segue Hypocrite che ha attitudini più pop, tanto per una melodia leggera, quanto per il sostegno di un basso pulsante e una scorribanda chitarristica. Lovelife invece riecheggia gli Smiths di The queen is dead, e nello stesso tempo li converte ai My Bloody Valentine di Loveless. La lunga Desire lines è una struggente introspezione echeggiata e celestiale, ammantata da un fascino decisamente fuori dal tempo.
The invisible man è un pezzo straniante e sostenuto da un tempo di quattro quarti, mentre Undertow si concede qualche cacofonia sonora ad alimentare le atmosfere spettrali del pezzo. Never-never è un’altra lunga introspezione sperimentale, dove si torna ad atmosfere sospese e sulfuree. Lit it up brilla di luce propria nella sua distensione pop, mentre Starlust ha velleità hard, e la chiusura del disco viene lasciata alla riflessione decadente e spaesata di When I die.
A quest’album i Lush faranno seguire un più convenzionale album brit pop come Lovelife, che gli ottenne maggior successo rispetto al più seminale Split. Purtroppo però nell’ottobre del 1996 il batterista Chris Acland si toglierà la vita, e questo tragico evento porterà la band allo scioglimento. Sono durati poco (nonostante una recente reunion), ma hanno lasciato importanti segnali i Lush! Ed è quello che conta!

 

Giugno 2018: Lush – SPLIT (1994)ultima modifica: 2018-06-28T08:32:33+02:00da pierrovox

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