Luglio 2018: Depeche Mode – VIOLATOR (1990)

Violator

 

Data di pubblicazione: 19 marzo 1990
Registrato a: Logic Studios (Milano), Puk Studios (Danimarca), Church Studios, Master Rock Studios (Londra), Axis (New York)
Produttore: Flood & Depeche Mode
Formazione: Dave Gahan (voce), Martin Lee Gore (chitarre, tastiere, sintetizzatori, cori), Andrew Fletcher (tastiere, basso, sintetizzatori), Alan Wilder (tastiere)

 

Tracklist

 

                        World in my eyes
                        Sweetness perfection
                        Personal Jesus
                        Halo
                        Waiting for the night
                        Enjoy the silence
                        Policy of truth
                        Blue dress
                        Clean

 

 

 

Reach out and touch faith!

 

Si narra da qualche parte che, mentre era a lavoro del suo quarto American recordings, Rick Rubin propose a Johnny Cash diverse canzoni che il Reverendo avrebbe potuto coverizzare, e tra le tante proposte fu letteralmente catturato da Personal Jesus. Cash non conosceva molto degli autori che Rubin gli proponeva, ma riteneva quel pezzo di un’anima gospel e di una carica evangelica scostante che lo conquistò letteralmente. Così chiese a Rubin di mostrargli una fotografia dell’autore di quel pezzo. E Rubin gli mostrò l’immagine di un uomo bardato di borche, abiti femminili in pelle, capelli cotonati… Pare che Cash non riuscisse a capacitarsi come un uomo conciato in quella maniera fosse stato l’autore di un pezzo religioso così profondo e denso di spiritualità. L’immagine di quell’uomo era di Martin Lee Gore!
Questa situazione paradossale può essere presa ad esempio iconico di cosa i Depeche Mode hanno rappresentato all’interno del mondo del pop e del rock. A tratti pesantemente sottovalutati dallo snob pensiero di alcuni puristi del rock, algido e fiero della sua inamovibile sicurezza e della superiorità morale di chitarra, basso e batteria, la band inglese ha saputo col tempo guadagnarsi stima e considerazione, oltre a contribuire fattivamente alla formazione di un pop colto e mai banale, e all’incontro con la cultura rock di ampio respiro. I Depeche Mode hanno saputo spiazzare chiunque, e questa è una particolare peculiarità, che li ha resi speciali e in un certo modo “unici”.
Nati a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80, nell’Essex, vicino Londra, grazie all’incontro di tre fieri giovanotti: Andrew Fletcher, Vince Clark (costui abbonderà presto la nave, nel 1981, per dedicarsi interamente con gli Yazoo) e Martin Lee Gore, che mettono insieme un gruppetto dal nome Composition of Sound. I primi due avevano avuto una loro esperienza musicale in una band che si chiamava No Romance in China, mentre Gore era leader dei Norman & The Worms. Si unisce presto al gruppo un altro talentuoso giovanotto: David Gahan (chiamato da tutti Dave). Vince Clark ne resterà colpito da una sua interpretazione di Heroes di David Bowie, a tal punto da offrirgli di entrare a far parte del gruppo. Il primo importante contributo che il nuovo cantante porterà alla compagine sarà quello di cambiare il nome della band, proponendo quello di una famosa rivista di moda francese: Depeche Mode.
Affascinati dalle sonorità elettroniche del tempo, soprattutto dalle sonorità algide dei Kraftwerk, e rimpiazzando il dimissionario Clark con Alan Wilder (anch’egli abbandonerà la band nel 1995), i quattro ragazzi iniziano un percorso artistico interessante, impegnandosi tanto nella ricerca sonora del new romantic e del synth-pop, quanto nell’individuare motivi e melodie capaci di imporsi all’attenzione del grande pubblico. Dopo l’acerbo esordio di Speak and spell (che comunque potrà vantare la presenza di un pezzo come Just can’t get enough), e con le prove generali di A broken frame (uno degli album simbolo dell’epopea del synth-pop anni ’80), seguiti da altri due album di eccellente valore, testi cupi, malinconici e scostanti (attitudine particolare per una band che invece stilisticamente era proiettata su un successo simile a quelli dei Duran Duran, degli Erasure o degli Spandau Ballet), arriveranno le prove adulte e mature di Black celebration, registrato negli Hansa Studios di Berlino, dove il suono diventa ancora più cupo, i testi ancora più tenebrosi, e Music for the masses, che proietterà la band nei territori sonori vicini a certi New Order, incastonando nei loro testi i contrasti evidenti dei Joy Division. I Depeche Mode si riveleranno una band particolarmente contrastante, con un cantante carismatico e sensuale, vero e proprio animale da palcoscenico, e Martin Gore, autore di tutte le loro canzoni (solo più tardi si unirà alla scrittura Dave Gahan), personaggio diviso da densi dualismi, come quelli tra candore e passione, sacro e profano, innocenza e peccato, vita e morte… Ed è questo scenario che si impadronirà realmente della vita componenti della band in un spirito drammaticamente “maudit”: non dimentichiamoci i profondi problemi con la droga di Dave Gahan, che in più di un’occasione lo porteranno sulla soglia della morte (sfiorata per un pelo nel 1996, quando in seguito ad un’overdose verrà dichiarato clinicamente morto per tre minuti, poi miracolosamente rianimato e salvato), di quelli con l’alcool di Martin Gore, di quelli con la depressione di Fletcher. Tutto questo “malessere” confluirà in Violator, il disco della loro consacrazione totale!
Pur proseguendo sullo stesso stile sonoro dei due album precedenti, soprattutto grazie all’opera del produttore Flood, quest’album apre ai Depeche Mode contaminazioni interessanti, e approcci stilistici decisamente sorprendenti, proprio come il blues che fornisce lo scheletro e l’anima alla già citata Personal Jesus. A detta dello stesso Martin Gore “è una canzone riguardo all’essere un Gesù per qualcun altro, qualcuno che ti dia speranza e importanza. Riguarda il fatto che Elvis era il suo uomo e mentore e quanto spesso ciò accade in una relazione amorosa; come il cuore di tutti sia come un Dio in qualche modo, e questa non è una visione molto bilanciata di qualcuno”. Sicuramente un tema delicato per chi aveva già in qualche modo dato adito ai “rumori blasfemi” a inizio carriera. Ma il disco presenta altri veri e propri cavalli di battaglia, inni cantati a squarciagola da milioni di anime, canzoni che hanno marchiato a fuoco il nome dei Nostri negli annali della storia del pop e del rock: come dimenticare l’elegia struggente di Enjoy the silence, sorretta da un semplice riff di chitarra e un’apertura melodica sontuosa? Come non pensare alla battente e graffiante Policy of truth?  Sono canzoni che hanno segnato in qualche modo la vita di generazioni intere, oltre ad aver permesso a Martin Gore di imbracciare la chitarra e ai Depeche Mode di incontrare definitivamente il rock, senza snaturare la loro vera natura elettropop!
Ma sarebbe ingiusto considerare l’importanza di Violator solo per questi inni generazionali. Il disco verrà profondamente segnato anche dal gelido incedere dell’iniziale Word in my eyes e la sua natura new wave, o dalle atmosfere tenebrose di Sweetness perfection, riportandoli sui terrotori teutonici di Black celebration. Vi è spazio per le fascinazioni ambient della dolcissima Waiting for the night, gli archi avvolgenti di Halo, la torbida sensualità di Blue dress, e il compendio sonoro di Clean a chiudere un album magistrale e importante, che permetterà ai Depeche Mode di aprire una nuova fase della loro carriera, fatta di incroci con i suoni moderni e cupi dei Jane’s Addiction, innamoramento per il gospel e il soul, la maledizione del blues, l’anima rock, la scoperta techno, facendoli diventare una delle band grandi e importanti al livello di popolarità  degli U2!
Vi sarà dunque spazio per album eccellenti quali Songs of faith and devotion e Ultra, e altri esperimenti interessanti, oltre a delle prove in piena autonomia di Gahan e Gore. Ma è qui che i Depeche Mode forgeranno definitivamente la loro arte popolare e nello stesso tempo colta! Sarà qui che che fede e devozione saranno benedette in eterno!

 

Penso che in qualche modo siamo stati in prima linea nella formazione della nuova musica, intaccando i format statii delle convenzioni del rock”
(Martin Lee Gore)

 

Luglio 2018: Depeche Mode – VIOLATOR (1990)ultima modifica: 2018-07-23T13:26:15+02:00da pierrovox

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