Agosto 2018: Area – ARBEIT MACHT FREI (1973)

Arbeit macht frei

 

Data di pubblicazione: 1973
Registrato a: Fono-Roma Sound Recordings (Roma)
Produttore: Area
Formazione: Demetrio Stratos (voce, organo hammond, steel drum), Giulio Capiozzo (batteria, percussioni), Patrick Djivas (basso, contrabbasso), Patrizio Fariselli (pianoforte, piano elettrico), Paolo Tofani (chitarra elettrica, EMS VCS3, flauto), Victor Edouard Busnello (sassofono, clarinetto basso)

 

Lato A

 

                        Luglio, agosto, settembre (nero)
                        Arbeit macht frei
                        Consapevolezza

 

Lato B

 

                        Le labbra del tempo
                        240 chilometri da Smirne
                        L’abbattimento dello Zeppelin

 

 

Con il suono delle dita si può fare una battaglia
che ci porta sulle strade della gente che sa amare
(da “Gioia e Rivoluzione”)

 

International POPoular Group, questo era il secondo “nome” degli Area, band progressiva italiana di inizi anni ’70, che voleva svolgere la sua “rivoluzione” soprattutto col potere della musica. Lo stesso Demetrio Stratos, nativo in Egitto da genitori greci, ma cresciuto in Italia, sosteneva che la musica doveva “coagulare diversi tipi di esperienze: fondere jazz, come il pop, la musica mediterranea e la musica contemporanea elettronica”. Tutto questo doveva portare ad “abolire le differenze che ci sono tra musica e vita”, prendendo gli stimoli più vitali dalla strada, dalla vita vissuta, dalla vita vera.
Purtroppo invece sappiamo come vivevano i fermenti culturali coloro che in Italia volevano fare la rivoluzione, e non di certo col suono della musica, ma con le roboanti esplosioni delle bombe delle stragi senza nome e delle mitragliette che uccidevano i nemici politici. Non è intenzione di chi scrive ampliare qui una polemica storica e politica, ma è bello sapere che il fermento della musica poteva contribuire (e di fatto contribuisce davvero) ad un cambiamento della cultura senza armi, ma con l’intelligenza dell’apertura, della contaminazione e della curiosità popolare, seppur la loro musica risenta comunque di quelle tensioni. Ecco perché gli Area erano davvero “internazionali”; non tanto per la loro popolarità, quanto per le dimensioni della loro curiosità creativa.
Agli inizi degli anni ’70 in Italia fermentava il progressive, e di gruppi che sperimentavano ambientazioni sonore, suite eleganti e incursioni che spaziavano dal jazz al rock ve ne erano diversi, tra i quali perlomeno in questa sede si possono citare la Premiata Forneria Marconi, Banco del Mutuo Soccorso, Le Orme, gli Osanna. Gli Area bazzicavano nelle zone del progressive, ma il loro non era un suono idealistico, semmai rappresentava tutta la tensione che premeva negli scontri di piazza, nella sovversione di strada e nell’acume letterario rivoluzionario delle lotte studentesche. Il loro progressive rock si rivolgeva soprattutto allo scenario di Canterbury, importando in Italia le lezioni impartite da gente come Soft Machine o Matching Mole, unendo agit-prop e jazz rock in una fusione di scoppiettante idealità.
In particolare si deve citare la straordinaria abilità vocale di Demetrio Stratos, sperimentatore della voce come pochi. Le sue performance canore comprendevano una vasta gamma di giochi e alambicchi straordinari che spaziavano dall’uso delle diplofonie e di varie armonie, nonché di un’impressionante estensione vocale, quasi inarrivabile per chiunque.
Primo passo della loro carriera fu l’indimenticabile disco d’esordio Arbeit macht frei, che prendeva il nome dal tetro motto dei campi di concentramento nazisti. Il disco si presentava come una specie di lunga riflessione filo-palestinese dotato di un immaginario oscuro e di testi a volte allusivi a volte ermetici. Apre le danze uno dei loro massimi capolavori, Luglio, agosto, settembre (nero), aperto da un incipit declamato in arabo, registrato furtivamente in Egitto e poi unito alla canzone, dove tra melodie arabeggianti, cambi di tempo repentini, progressioni armoniche e provocazioni liriche si fa riferimento esplicito al dramma politico e sociale del popolo palestinese, partendo dall’idea di una musica popolare macedone. Lo stesso Demetrio Stratos ricorda che “tutti si scandalizzavano perché abbiamo fatto un pezzo che si chiamava Settembre (nero)”. Segue la lunga title-track di matrice jazz-rock, piena di rumori e sussurri, languida e scontrosa. E chiude il primo lato Consapevolezza, con tanto di testo impegnato e ribelle, e un tessuto sonoro che parte dal progressive di stampo anglosassone per perdersi nella contaminazione etnica e orientale.
Le frenesie impazzite alla Frank Zappa di Le labbra del tempo aprono il secondo lato. Più di ogni altro elemento, in questo brano si avverte forte il senso dell’improvvisazione jazz, senza però far perdere al brano la sua sostanza d’insieme, che lo rende bellissimo. Il canto di Stratos è conturbante e possente. Dopo questo abbiamo lo strumentale jazz rock di 240 chilometri da Smirne, anche questo dotato di un’anima eclettica piuttosto marcata. E chiude L’abbattimento dello Zeppelin, brano sperimentale con notevoli digressioni jazz, caratterizzato dalla continue cacofonie e dall’uso della voce di Stratos, usata più come uno strumento che come elemento principale del canto. Il brano è diviso in due parti: la prima, sperimentale e rumorosa; la seconda, di matrice jazz rock fusion con un testo di forte ispirazione politica.
Arbeit macht frei è un disco assolutamente unico in Italia. Capolavoro intellettuale e di impegno sociale come pochi, denso di una rabbia poetica di incredibile impatto e di una divagazione sonora senza confini. Un’autentica pietra miliare che ha saputo influenzare il rock nel corso del tempo (da citare qui Padania degli Afterhours, in cui Manuel Agnelli ammetterà la decisa influenza di Stratos nel suo approccio alla composizione e agli arrangiamenti). Il resto della carriera degli Area si staglierà su questa curiosità musicale, pubblicando altri album di eccellente valore, come Crac, e progetti solistici particolari ed interessanti, come Cantare la voce di Demetrio Stratos, anche se la bellezza di Arbeit macht frei resterà per sempre irraggiungibile. La morte di quest’ultimo però, soggiunta a New York nel 1979, per collasso cardiaco arresterà l’attività della band, per poi riprendere per delle reunion successivamente. Quel che è certo è che gli Area si sono rivelati come uno dei fenomeni rock italiani più coraggiosi ed interessanti, abbattendo muri e incarnando la bellezza di una rivoluzione che non era odio, ma gioia per la vita!

 

Qui si collocano gli Area La loro musica è un atto consapevole di avanguardia, musicale ma anche politica. Il pensiero gramsciano di “egemonia culturale” sembra quanto mai adatto ad inserire l’opera in un preciso contesto e in un determinato progetto: la rivoluzione deve essere attuata in primo luogo in ambito culturale, facendo diventare egemoni nuovi valori, nuovi costumi, nuove ideologie, e solo a questo punto si potrà passare alla presa del potere”.
(Matteo Castello)

Agosto 2018: Area – ARBEIT MACHT FREI (1973)ultima modifica: 2018-08-16T09:12:28+02:00da pierrovox

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