Anima Fiammeggiante

Gennaio 2019: Alan Sorrenti - ARIA (1972)


  Data di pubblicazione: 1972 Registrato a: Sonic Studios (Roma), Europa Sonor (Parigi), S.E.E.D. (Vallaruis) Produttore: Michelangelo Roman Formazione: Alan Sorrenti (voce, chitarra acustica), Tony Esposito (batteria, percussioni), Vittorio Nazzaro (basso, chitarra acustica), Albert Prince (pianoforte, organo), Tony Bonfils (contrabbasso), Jean Costa (trombone), Andrè Lajdli (tromba), Martin Paratore (chitarra acustica), Luciano Cilio (pianoforte), Jean-Luc Ponty (violino)   Lato A                           Aria   Lato B                           Vorrei incontrarti                         La mia mente                         Un fiume tranquillo    

La mia stanza era piena di silenzio per te

 

A sentire il bolso intrattenitore di masse di fine anni '70, con successi pop radiofonici di basso livello quali Siamo figli delle stelle o Tu sei l'unica donna per me (da cui poi è stata tratta una pellicola biografica di Carlo Vanzina, una sorta di musicarello fuori tempo massimo di prevedibile e proverbiale celebrazione, oltre che di raro non spessore), si fa fatica ad associare il nome di Alan Sorrenti ad una delle correnti creative italiane più importanti in ambito rock, e cioè quella del progressive. Si perché se nei brani che lo hanno portato al successo, il tocco della “disco music” più sdoganata e di facile presa era comunque lampante, nei primi passi mossi dal cantautore napoletano le influenze provenivano soprattutto da Tim Buckley e Peter Hammill, e da un filone tutto importante che proveniva dalla scena di Canterbury, che aveva dato i natali a gente come Robert Wyatt con i suoi Soft Machine e Matching Mole. Alan Sorrenti aveva portato questo filone qui in terra italiana, e purtroppo il grande pubblico, come spesso accade, se ne accorgerà col tempo, quando terminata la sbornia di successo, cerca di dare peso alle cose veramente importanti. Ed è qui che si scopre che “il figlio delle stelle” era uno scrittore di eccezionale talento e di visionaria creatività. I primi tre album rappresentano qualcosa di veramente unico nel panorama rock italiano, ed in particolare il primo disco, Aria, portava verso territori sonori che erano congeniali al già citato Tim Buckley di Starsailor. Era il periodo appunto che in Italia questo filone artistico prendeva piede, anche grazie al contributo importantissimo di band come Premiata Forneria Marconi, Area, Balletto di Bronzo, Banco del Mutuo Soccorso, Osanna e altri artisti considerati “minori” più per la notorietà che per il talento. Alan Sorrenti vi contribuiva con un'arte che si nutriva di un folk onirico, sperimentale, svisato, quasi lisergico, e ammiccando al progressive che tanto si stava facendo strada in Europa e fuori, grazie soprattutto ai Genesis, i Van Der Graft Generatori, gli Yes, i King Crimson... Per il suo primo disco l'artista napoletano si affida ad un'ispirazione che prende corpo da un immaginario fiabesco, incantato, cercando la formula che possa portare le sue canzoni al di là del tempo, eternandole in un empireo sonoro assolutamente formidabile. Ed è così che Aria si compone di sole quattro canzoni, una delle quali copre un'intera facciata, la title-track, che si esprime come una eterea danza di parole, fluttuando tanto su un cantato pieno di spasimo e prolungato, quanto su un tappeto sonoro fatto di cambi d ritmo, arpeggi e accordi frenentici. Il secondo lato è aperto dalla trasognante Vorrei incontrarti, che non fatichiamo a definire come uno dei pezzi italiani più belli mai scritti. Il testo vaga tra connotazioni mistiche e immaginazione pura, su una struttura folk di arcana bellezza. La mia mente invece sposa un afflato jazz, e chiude la piccola suite di Un fiume tranquillo, con le sue aperture strumentali. Aria ebbe il “difetto” di vendere poco, e quindi di restare nell'ombra per molto tempo. Alan Sorrenti gli diede due soli seguiti prima della svolta pop commerciale: Come un vecchio incensiere all'alba di un villaggio deserto del 1973, non molto lontano dai territori sonori di Aria, e un omonimo album del 1974 che tra le altre cose conteneva una bellissima rivisitazione dissacratoria del tradizionale Dicintacillo vuje. Dopo questo sappiamo come sono andate le cose. Ma questa, come si dice, è tutta un'altra storia. Noi ci fermiamo qui!