Gennaio 2019: Nico – THE MARBLE INDEX (1968)

The marble index

 

Data di pubblicazione: Novembre 1968
Registrato a: Elektra Sound Recorders (Los Angeles)
Produttore: Barry Friedman
Formazione: Nico (voce, harmonium), John Cale (viola elettrica, pianoforte, basso, chitarra elettrica, glockenspiel, campane, armonica, fiati)

 

Lato A

 

                        Prelude
                        Lawns of dawns
                        No one is there
                        Ari’s song
                        Facing the wind

 

Lato B

 

                        Julius Caesar (Memento Hodie)
                        Frozen warnings
                        Evening of light

 

Se mantenete il cuore aperto, questo batterà per sempre!
(John Cale)

 

Artista raffinata e sacerdotessa dark, musa ispiratrice e ispirata, oggetto del desiderio e sirena sfuggente, Christa Paffgen, in arte Nico, ha avuto l’onore e l’onere di essere stata una delle donne più importanti della storia del rock del ‘900. La sua storia, misteriosa e nello stesso tempo tormentata, è stata caratterizzata dall’incontro e dalla passione con grandissimi uomini, che non furono solo sostenitori, ma anche appassionati amanti e feroci traditori.
Cantante, attrice, poetessa, musicista, modella, Nico è quindi assolutamente uno dei personaggi di maggiore spicco nella cultura della seconda metà del Novecento, anche se la storia e la popolarità non sono stati particolarmente clementi con lei, relegandola in un desolato oblio dopo la sua morte, preferendole altri eroi, altri miti, altri personaggi da eternare sul sacro altare del rock. Ma nello stesso tempo ci rasserena il fatto che la grandezza non sempre ha bisogno del clamore, anzi forse esistono alcune forme d’arte che hanno bisogno di silenzio e stupore per poter essere appieno assimilate e amate in tutta la loro bellezza, e il fatto che Nico abbia scelto una forma d’arte che non si consuma in fretta, che ripiegasse nell’oscurità invece che cercare le luci della ribalta, ci porta alla convinzione che la vera grandezza non risiede tanto nel clamore, ma nell’anima. E l’anima (oscura) di questa magnifica donna ancora è fonte di carisma e insana passione!
Nico nasce nel 1938 a Colonia, in Germania. La sua infanzia sarà segnata dall’orrore nazista, avendo lei perso suo padre in un campo di concentramento. Da ragazza comincia subito a lavorare come modella a Berlino, e durante un soggiorno ad Ibiza, il fotografo Herbert Tobias, prendendo spunto dal nome del regista Nico Papatakis, le suggerirà il nome d’arte col quale è diventata famosa.
Dopo un’esperienza di lavoro a Parigi, agli inizi degli anni ’60 si trasferisce a New York, e qui inizia per lei un percorso artistico che, attraverso l’incontro con grandissimi uomini come Alain Delon (dal quale avrà un figlio, Ari) e Bob Dylan, la porterà direttamente alla corte del genio Warhol, la Factory. Andy Warhol, ammaliato dalla sua bellezza fiera e algida, e dal suo timbro gelido e sensuale, la proporrà ad un gruppo del suo giro, i Velvet Underground, per il loro primo album, quello con la famosa banana in copertina. Inutile ribadire il carisma algido e nello stesso tempo sensuale dell’apporto di Nico alle canzoni del disco (Femme fatale sarà per sempre l’eco di una sirena bellissima). Ma la trasbordante egolatria di Lou Reed porterà la band a darle in benservito. Non a caso lei stessa anni più tardi pronuncerà queste parole: “I Velvet Underground avevano alcuni problemi di identità, e volevano sbarazzarsi di me perché ricevevo più attenzioni di loro da parte della stampa”.
Chiuso il capitolo Velvet Underground, Nico avvia la sua carriera da solista, anche se la sua prima mossa la portò a dare alle stampe Chelsea girl, colonna sonora dell’omonimo film di Andy Warhol, contenente alcune canzoni di Lou Reed, John Cale e Jackson Browne. Un album che col tempo sarà quasi del tutto ripudiato dall’artista stessa, tanto che nel 1981 sostenne di non riuscire più ad ascoltarlo.
Quindi Nico si trasferisce in California, e qui vi trascorre gran parte del tempo in compagnia di Jim Morrison, vivendo alla velocità dell’eccesso più conclamato, andando avanti a pane e droghe. Ma nello stesso tempo Jim Morrison sarà per lei un ottimo ispiratore, a tal punto che lei lo considererà una specie di “fratello dell’anima”, e questo la porterà ad incidere The marble index, il suo primo album autografo, The marble index.
A differenza dell’intonatura pop del disco precedente, The marble index è un disco spiazzante, complesso e spettrale. Una specie di rituale, con tanto di prologo, fatto di oscure discese negli inferi del proprio animo, dei propri ricordi, della propria storia, vissuta non in maniera pacificate, ma tormentata. Dal punto di vista musicale, l’album vede la partecipazione del solo amico John Cale, che si addossa la responsabilità del suono di quasi tutti gli strumenti, mentre l’utilizzo del solo harmonium (che tra l’altro le fu regalato da Caje) resta nelle mani della titolare.
Le atmosfere sono oscure, dense di inquietudini e senso d’angoscia, mentre gli accompagnamenti di John Cale tendono al languore disperato. In questo contesto si concentrano le varie anime dell’album, pur emergendo particolarmente quella teutonica, cadenzando un’avanguardia che prenderà maggiore corpo col tempo, forte della sua eredità, soprattutto per il dark a venire.
Dopo un breve prologo quindi, l’album si apre con la cantilenante Lawns of dawns, con un tappeto sonoro liquido e fluttuante, e la base di harmonium ossessiva e cadenzante umori spettrali. Gli archi che aprono No one is there, lapidari e giustapposti, riverberano un lamento funebre dal tono grave. I toni cambiano leggermente con la dissonante armonia espressa nella dolcezza amara di Ari’s song, dedicata da Nico a suo figlio. Facing in the wind incede invece con un tappeto di harmonium dissonante e una ritmica impazzita proveniente dal pianoforte cacofonico di John Cale. Quasi a voler tornare sulle orme dei Velvet Underground, Nico procede a tentoni nel buoi, brancola, e il rumorismo che ne emerge è sintomo di un malessere mai sopito.
Il secondo lato B si apre con i toni bretoni di Julius Caesar, sulla quale svetta un’austera vocalità teutonica, seppur il testo sia cantato in inglese. Frozen warnings gronda esistenzialismo e metafisica, in una sospensione sonora figlia dell’incertezza e dell’ossessione, ma nello stesso tempo nella ricerca della quiete e della pace interiore. Evening of light invece disegna distanze siderali, facendo trapelare un po’ di luce in fondo al tunnel.
A questo capolavoro dark, alla cui fonte nel tempo potranno abbeverarsi artisti come Siouxsie, Scott Walker (quello di Tilt soprattutto) e Robert Smith, seguiranno altri due grandissimi dischi come Desertshore e The end (quest’ultimo si avvale anche della collaborazione di Brian Eno, e tra le altre cose proporrà una tenebrosa rivisitazione sia dell’inno tedesco che di The end dei Doors, talmente oscura da far apparire paradossalmente l’originale un pezzo pop), e negli anni ’80 diventerà una sorta di costante punto di riferimento per la scena punk e dark.
Nico morirà in circostante decisamente bizzarre ad Ibiza: caduta dalla bicicletta, fu ricoverata all’ospedale. Pensavano fosse solo insolazione, ma si trattava di emorragia cerebrale. Era il 17 luglio del 1988.

 

Nico era una creatura unica. Non ha mai prestato attenzione ad alcuno, ma era guidata solamente dai suoi angeli e dai suoi demoni. E’ stata una bohemien nel senso europeo del termine: non le importava né il mondo materiale, né alcuna luce, né alcune preoccupazione tipica delle trappole borghesi
Helen Donlon)

Gennaio 2019: Nico – THE MARBLE INDEX (1968)ultima modifica: 2019-01-24T12:35:03+01:00da pierrovox

Potrebbero interessarti anche...