Anima Fiammeggiante

Agosto 2019: Isaac Hayes - HOT BUTTURED SOUL (1969)


  Data di pubblicazione: Settembre 1969 Registrato a: Ardent Studios (Memphis), Tera Shirma Studios (Detroit) Produttore: Al Bell, Marvell Thomas & Allen Jones Formazione: Isaac Hayes (voce, tastiere), Marvell Thomas (tastiere), Willie Hall (batteria), James Alexander (basso), Michael Toles (chitarra)   Lato A                           Walk on by                         Hyperbolicsyllabicsesquedalymistic   Lato B                           One woman                         By the time I get to Phoenix  

Ho sentito i ritmi di batteria africane, e i loro canti al cinema. Poi ho avuto l'opportunità di andare in Africa e di visitare i villaggi, e ho sentito il loro vero, crudo, ritmo, e ho realizzato le origini del vero spiritual nero in cui sono cresciuto” (Isaac Hayes)

 

Isaac Hayes giunge alla realizzazione del suo disco più importante, Hot buttered soul, avendo alle spalle solo l'omonimo debutto di appena un anno prima, ma vantando già diverse collaborazioni in ambito soul con personaggi del calibro di David Porter, Booker T.Jones e Sam & Dave. Discreto pianista, e ottimo sassofonista, riesce nell'arte di saper rimescolare le carte del soul, ibridandolo con inserzioni di funk e jazz, e giungendo alla realizzazione di un album composto da soli quattro brani ampliati oltremisura quasi a formare altrettante mini suite, quando all'epoca la musica dell'anima si cibava principalmente di quarantacinque giri. Si parte con l'iniziale Walk on by, conosciuta da molti nella canonica versione di Dionne Warwick, musa ispiratrice degli autori Bacharach e David. Ma qui si fatica non poco a credere che sia l'evoluzione, in chiave sinfonica, di un motivetto pop dilatato fino a dodici minuti con tanto di chitarre intrise di acid jazz, persino di chiara provenienza hendrixiana, abbinate a coretti femminili di matrice Stax. Hyperbolicsyllabsesquedalymistic è affidato alla calda voce semi-baritonale, fra il cantato e lo spoken-word del grande Black Moses, prima della lunga fuga strumentale caratterizzata da una spiccata linea di piano sostenuta a dovere dalla sezione ritmica affidata ai Bar-Kays. One woman, unica canzone tout-court del lotto, contenuta in poco più di cinque minuti, ci consegna un Isaac Hayes in veste di gran cerimoniere abbigliato in smoking che rimanda a un Frank Sinatra virato soul. Mentre i diciotto ipnotici minuti finali di By the time I get to Phoenix ci catapultano in una notte fumosa e avvolgente, fatta di passi felpati che colano pathos metropolitano. Praticamente divisa in due parti, dove la lunga introduzione parlata si scioglie e confluisce nel maestoso crescendo della chiusa finale, affrescata da cascate di archi e fiati per donarle un tono di sinuosa epicità. Questo disco ci consegna l'immagine di un soul decisamente rinnovato, che si prende la briga di sperimentare e dilungarsi oltre ogni limite consentito dai consumati canoni della pop song. Isaac Hayes era un genio, che seppe rompere i confini di genere, cercando di far crescere ulteriormente il concetto stesso di musica popolare.

 

Un classico rivoluzionario della soul music” (Nate Patrin)