Anima Fiammeggiante

Gennaio 2020: Pino Daniele - NERO A METÀ (1980)


  Data di pubblicazione: 1980 Registrato a: Stone Castle Studio (Carimate) Produttore: Willy David Formazione: Pino Daniele (voce, chitarra acustica, chitarra elettrica), Ernesto Vitolo (pianoforte, tastiere), Gigi De Rienzo (basso), Agostino Marangolo (batteria), James Senese (sax tenore), Rosario Jermano (percussioni), Tony Cercola Astà (percussioni), Karl Potter (congas), Vito Mercurio (basso), Mauro Spina (batteria), Bruno De Filippi (armonica), Enzo Avitabile (cori)   Lato A                           I say I' sto ccà                         Musica musica                         Quanno chiove                         Puozze passà nu guaio                         Voglio di più                         Appocundria   Lato B                            A me me piace 'o blues                         E so cuntento 'e sta'                         Nun me scoccià                         Alleria                         A testa in giù                         Sotto 'o sole  

Je so' pazzo, e oggi voglio parlare!

Napoli ha da sempre rappresentato un qualcosa a sé stante per cultura, bellezza naturale e artistica, e anche culto popolare. Soprattutto quest'ultimo è una delle caratteristiche fondanti dell'animo partenopeo, tanto esuberante quanto colmo di romanticismo popolare che non può non esprimersi nelle varie forme artistiche. Dal teatro alle arti figurative, dalla poesia alla letteratura, dalla religione alla filosofia, fino alla musica. “La canzone napoletana” è uno stato a sé stante, qualcosa di ben definito, vuoi anche perché il dialetto napoletano contiene una musicalità tutta speciale, che il solo suono delle parole induce ad un'armonia tutta particolare che ben si presta alla melodia. Non stiamo qui ovviamente a fare tutta la disamina della sua evoluzione storia (e in questa prego chiunque di escludere tutta quell'immondizia neomelodica spacciata per musica, quando invece non si tratta di veri e propri inni alla camorra), ma ci occuperemo di uno dei suoi rappresentanti più importanti e innovativi: Pino Daniele. Nella sua musica si possono ravvisare tradizione partenopea, nel senso più ampio e nobile, e innovazione, incontro con altre culture, tanto da arricchire, senza snaturare, le sue origini. La sua appartenenza alla radici si esprime in un canto dialettale mai sopra le righe, ma invece ben denso di sentimenti genuini legati alla propria terra, alla propria gente, alle proprie tradizioni, che solo una lingua popolare può ben esprimere, e non l'aulico distacco intellettualoide da quattro soldi, non la posa da strapazzo. Ma nello stesso tempo l'avvicinare queste tradizioni al jazz, al blues, al rock, rende il folk partenopeo denso di un respiro più internazionale, tanto da fare di Napoli una sorta di capitale del mondo per bellezza e incrocio di culture. Una volta diplomato ragioniere, Pino Daniele si dedica interamente alla sua più grande passione di sempre: la musica. Sono tante le collaborazioni prestate, gli interessi, e le passioni, ma quella più importante resta il suo contributo da bassista nella jazz band Napoli Centrale. Nello stesso tempo incontra Claudio Poggi, produttore per la Emi Italiana, e comincia a lavorare su delle sue idee originali, a tal punto da giungere nel 1977 col suo esordio, Terra mia, bellissimo attestato d'amore verso Napoli (si ascolti Napule è) e la sua gente, combinando la tarantella con la musica leggera, il blues. A questo seguirà un omonimo secondo album altrettanto straordinario, per poi giungere con la sua prova più matura, e definitiva: Nero a metà. Questo disco si avvale addirittura di un lavoro sulle sonorità molto più incentrato sulle attitudini europee, avvalendosi della produzione di Willy David (un po' come Lucio Battisti nel suo periodo londinese). Non vengono snaturate le idee brillanti dei due album precedenti, ma qui Pino Daniele vuole fare un passo un po' meno legato solo alla sua terra, anche per evitare derive provinciali, e concedendosi l'opportunità di cantare canzoni in italiano, e non solo in dialetto, come l'ammiccante etno-disco dance Musica musica, o nella dolente Voglio di più, o nell'esplicativa A testa in giù. Qui Pino Daniele dimostra di non essere il sempliciotto menestrello napoletano, bravo solo a cantare nel suo vernacolo, ma intelligente e ben curato anche nell'aprire la sua arte a qualcosa di più ampio. Ma nello stesso tempo l'animo napoletano è sempre protagonista nell'espressività della sua arte, ed è così che l'apertura folkeggiante, con tanto di commento con l'armonica, di I say I' sto ccà, mette in comune Napoli e l'America, aprendo la canzone napoletana alla musica folk d'oltre oceano, con un testo che alterna parti cantate in dialetto con quelle cantate in italiano. Uno dei punti più alti del disco, oltre che della carriera tutta di Pino Daniele è l'intimista, spledida, Quanno chiove, indiscutibilmente una delle canzoni più belle mai pubblicate in Italia. Forte di un testo carico di sensazioni e sentimenti, il brano mostra un Pino Daniele in grandissimo spolvero come musicista, mantenendo quell'aura magica, fatta di brezza e nuvole. Puozze passà nu guaio lo riaggancio con le tematiche tanto care ai primi due album, con un'andatura blues piuttosto evidente. Il primo lato si chiude con il bellissimo schizzo popolare Appocundria, dove Pino Daniele rimette a nudo la sua terra, tanto tormentata, quanto carica di bellezza e amore vero. La funkeggiante A me me piace o blues apre il secondo lato, divertente e svisata, allargando gli orizzonti musicali del Nostro. Passa E so cuntento e sta, e si lega all'invettiva Nun me scuccià, una specie di versione partenopea di Non mi rompete del Banco del Mutuo Soccorso. Alleria è un altro bellissimo schizzo di arte popolare, si chiude con l'etnica Sotto 'o sole, suonando come Al Jarreau, incrociando quasi i Talking Heads. Nero a metà fu un successo epocale per Pino Daniele, il vero e proprio disco della consacrazione, che seguiva due album bellissimi e straordinari, dove faceva respirare l'atmosfera bellissima di Napoli, dal profumo del mare alla voce del popolo, delle vie, delle piazze. Da menzionare anche il fatto che il disco fosse stato dedicato al cantante e musicista napoletano Mario Musella, deceduto nel 1979. Il suo punto più alto, che dopo vide un lento e inevitabile declino, dove Vai mo' e Bella 'mbriana riuscivano a tenere ancora botta, senza però rinverdire la bellezza dei primi tre album, e il Live Sciò chiudeva quel periodo, essendoci state la colonna sonora per Ricomincio da tre di Massimo Troisi (musicherà per il grande attore e regista napoletano anche Le vie del Signore sono finite e Pensavo fosse amore, invece era un calesse). Dopo poi il declino ha cominciato a farsi rovinoso, tra scarrafoni, i fuori calpestati nel deserto, e un filone pop da classifica buono per il Festivalbar e alcuni testi oggettivamente imbarazzati (si pensi a quello di Che Dio ti benedica, ma anche a Come un gelato all'equatore). Pino Daniele diventerà quindi l'artista dotato di grande creatività, spaziando tra i diversi generi e culture, ma con risultati non sempre convincenti pur ottenendo una più grande popolarità, un po' come era successo con Alan Sorrenti ed Edoardo Bennato. Fino a quando un infame infarto ce lo ha portato via, in una triste sera, lontano dalla sua Napoli, 4 gennaio 2015. Ma tutto questo non deve farci dimenticare quanto nell'oro di Napoli brillino le canzoni di questo grandissimo cantautore, malinconico e innamorato, nei primi passi della sua carriera. La voce di un canto libero, un canto pieno di libertà!

 

Pino Daniele è cresciuto imparando la musica napoletana, sia classica che tradizionale, ma fondendola sia col rock britannico che americano” (Marisa Brown)