Febbraio 2020: Soundgarden – SUPERUNKNOWN (1994)

Superunknonw

 

Data di pubblicazione: 8 marzo 1994
Registrato a: Bad Animals Studio (Seattle)
Produttore: Michael Beinhorn & Soundgarden
Formazione: Chris Cornell (voce, chitarra), Kim Thayl (chitarra), Ben Shepherd (basso), Matt Cameron (batteria, percussioni), April Acevez (viola), Justine Foy (violoncello), Gregg Keplinger (percussioni), Natasha Shneider (clarinetto), Artis The Spoonman (cucchiai)

 

Tracklist

 

                        Let me drown
                        My wave
                        Fell on black days
                        Mailman
                        Superunknown
                        Head down
                        Black hole sun
                        Spoonman
                        Limo wreck
                        The day I tried to live
                        Kickstand
                        Fresh tendrills
                        4th of July
                        Half
                        Like suicide

 

Sono le personalità che contano
(Chris Cornell)

 

È vero quello che sosteneva Chris Cornell: oggi il rock non ha più molto da dire dal punto di vista strettamente strumentale. Sono le grandi personalità che fanno la differenza. Sono le personalità forti e capaci di portare un messaggio deciso che sanno segnare la storia del rock. Ed è quella personalità che ha saputo introdurre nel mondo del rock uno scenario del tutto nuovo, roboante e nichilista come il grunge. Seattle fu lo scenario ideale dove questo “sottogenere” trovò i suoi natali a metà anni ’80: diversi gruppi si cimentavano a miscelare diversi generi tra di loro, principalmente heavy e punk rock, ottenendo un suono sporco, cattivo.
Come personalità importante e determinante nell’affermazione del genere, tutti sono concordi nell’accreditare Kurt Cobain e i Nirvana, ma il grunge ha avuto altri gruppi di certo non inferiori, e del tutto importanti nella sua formulazione e nella sua affermazione, e i Soundgarden di Chris Cornell sono uno di questi: pionieri sporchi e cattivi del genere, sposando sonorità che provenivano direttamente dall’heavy metal e dall’hard rock, ottenendo un impatto pestone e classicheggiante, e nello stesso tempo così accattivante da risultare del tutto nuovo.
Loro si formano nella prima metà degli anni ’80, più esattamente nel 1982, con Chris Cornell e un giovane bassista, Hiro Yamamoto, che mettono su gli Shemps. Yamamoto abbandonerà presto la band, per essere rimpiazzato da un giovane dj proveniente dall’Illnois: Kim Thayl. Tutta una serie di situazioni portano questa prima band allo scioglimento, e al riavvicinamento di Yamamoto. Prendono un batterista, e scelgono come nome Soundgarden, prendendo spunto da un’installazione artistica di Douglas Hollis a Seattle, chiamata appunto A sound garden.
Da qui inizia tutto un percorso fatto di prime incisioni, ep, partecipazioni a complilation, che ben presto li renderanno una delle novità del rock alternativo più interessanti, accanto a nomi come Green River, Melvins Skin Yard. Le loro canzoni sono influenzate dall’hard rock dei Led Zeppelin e dei Black Sabbath, ma hanno anche tendenza ad un’ossatura blues che li allontana dai consueti canoni dell’heavy metal che spopolava negli anni ’80, rendendoli pertanto più interessanti. E non a caso il loro primo vero album, Ultramega Ok, apre le strade ad un genere che si stava formando e sviluppando, guardando ad un lato se possibile ancora più selvaggio e urticante dell’hard rock. Questo proietta i Soundgarden in una dimensione nuova, dove il rock sta trovando linguaggi diversi e vesti differenti. Chris Cornell poi è dotato di un’intelligenza compositiva dominante e imponente. Doti che emergeranno prepotentemente nel secondo album, Louder than love, e anche nell’unico disco dei Temple of The Dog, registrato con Gossard, Ament e McCready dei Mother Love Bone (poi ben presto nei Pearl Jam) e Matt Cameron (che seguirà più tardi nei Pearl Jam). Dischi che segnano un’epoca, e che coniano un linguaggio nuovo differente. Se i Nirvana erano l’ala più radicale del grunge punk, i Soundgarden ne erano l’aspetto più hard.
Consegnato anche l’eccellente album Badmotorfinger, i Soundgarden pensano al loro “Nevermind”, ossia un album che sappia legare il suono di Seattle con le dinamiche più aperte della pop music. E nel 1994 arriva Superunknown, da molti eletto a loro disco migliore, oltre che pietra miliare del grunge. Un album più “accessibile”, e anche più aperto alla contaminazione con altri generi che non rientrino nell’alveo dell’hard rock. I Soundgarden qui si riscoprono adulti, e vogliosi di fare passi ancora più importanti, senza denigrare la melodia, ma facendone uno degli elementi portanti.
Apre le danze la cavernosa Let me drown, col suo fascino oscuro e misterioso, fatto di riferimenti al suicidio e alla depressione, al consumo delle droghe e all’abuso dei farmaci, tematiche dominanti di tutto il disco. My wave si erge con i suoi riff micidiali e immediati, e una propensione alla melodia pop, piuttosto vicina ad alcune cose dei Pearl Jam. Dopo un inizio così roboante, il disco si concede un momento di dolce melodia nella sostenuta verve di Fell on black days, con alcuni latrati psichedelici, soprattutto nel suono delle chitarre. Mailman presenta un riff roboante e distorto, opprimente, e una cadenza blues che lo assimila a certe cose dei Led Zeppelin, come anche il canto di Cornell molto affine a quello di Robert Plant. Segue una title-track tirata e aggressiva, per poi fare spazio al raga-rock pervaso di umori psichedelici di Head down. Black hole sun è uno dei capolavori del disco: lenta, progressiva, psichedelica, affascinante e acida. Un pezzo destinato a fare storia, arricchito da un videoclip surreale e apocalittico. Spoonman invece riguarda indietro tra i Mother Love Bone e i Green River, proprio per non dimenticarsi delle radici che hanno generato il loro sound. Limo wreck invece ribadisce i profondi legami del gruppo col bluesaccio acido dei Led Zeppelin, tanto che non pochi ravvisano familiarità spiccate con Dazed and confused. In The day I tried to live abbiamo un progressivo ergersi del muro di chitarre che sostiene l’intero pezzo. Kickstand è un pezzo hard rock con determinate familiarità col punk, un po’ come Spin the black circle dei Pearl Jam. E Fresh tendrils presenta nuovamente il solito muro granitico di chitarre e distorsioni. Riff cavernosi e ammantati di fascinazione new wave aprono la decadente 4th of July, dove regna una cupa atmosfera negativa, drammatica e terribilmente opprimente. Half invece presenta dal canto suo delle velleità orientaleggianti, con tanto di viola e violino ad arricchirne la coloritura stilistica. Il disco si chiude con la lunga e claustrofobica Like suicide, andando su un finale pestone e deviato.
Superunknown fu appunto il punto più alto della poetica decadente dei Soundgarden, oltre che un album di straordinario impatto. Come i Nirvana avevano il loro Nevermind, i Pearl Jam il loro Ten, i Soundgarden potevano vantare il loro Superunknown. A questo seguì uno sbiadito e irrisolto Down on the upside, pubblicato nel 1996, che in certo senso voleva proseguire il discorso iniziato col disco precedente, ma che, diversamente da quello, spesso si perdeva per strada. Questo fu l’ultimo punto di una carriera fino a lì in costante crescita. Diverbi interni e divergente portarono allo scioglimento nel 1997. Dopodiché ciascun membro si dedicò a carriere da solista (Chris Cornell pubblicò tre album, tra i quali si annovera l’indifendibile Scream del 2009, sciagurato album di pop da bieca classifica, talmente irriconoscibile da faticare che l’autore sia lo stesso di Superunknown), progetti interessanti come quello degli Audioslave. Nel 2010 il gruppo si riunisce, e una serie di concerti anticipa il nuovo album, pubblicato nel 2012, King animal. Si apprezza il tentativo di suonare duri come un tempo, ma il risultato non poteva non essere che un tentativo di sentirsi ancora giovani senza rendersi conto che il tempo passa per tutti. Resta comunque un fatto, e cioè che i Soundgarden sono stati una band determinante nella formazione di un genere, coniando uno stile inconfondibile che che va incontro alle esigenze di un hard rock di forte impatto e vibrante. E di questo non si può che esserne riconoscenti!

 

In mezzo ad un panorama musicale ormai frammentato in un mare di sottogeneri, Superunknown rimane un perfetto esempio di non classificazione rock, e pietra tombale per un’estetica una volta dominante, inamovibile, che ci mette in condizione di capire quanto tutto sia cambiato
(Stuart Berman)

Febbraio 2020: Soundgarden – SUPERUNKNOWN (1994)ultima modifica: 2020-02-20T10:05:52+01:00da pierrovox

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