“La musica diventa davvero la colonna sonora dei principali eventi della tua vita” (Sheryl Crow)
Sheryl Crow è stata a lungo una delle sensazioni più sconcertanti della metà degli anni '90. Se si è nati in quel periodo e non se ne ha memoria, una cosa è socuira assicuro: come Jagged little pill di Alanis Morissette, la sua musica era praticamente ovunque. Il suo primo album Thuesday night music club è noioso e banale all'estremo, fino a quel titolo insipido e alla sua copertina generica. Un album in cui la Nostra bella signora si presenta come una normale moglie di periferia che cerca di essere divertente e spigolosa. Tre anni più tardi però il seguente omonimo fa qualcosa di inaspettato e sorprendente: migliora drasticamente la sua formula e offre canzoni di qualità superiore. Everyday is a winding road è indiscutibilmente Dylan al femminile in una canzone innegabilmente piacevole. A change would do you good è ancora meglio e Maybe angels non è uno squallido aperitivo, come quelli che contornavano il disco precedente (e torneranno poi a contornare i dischi successivi). If it makes you happy è una progressione di accordi tremendamente solida (qualsiasi cantante rock classico sarebbe stato felice di averla composta), seguita da una straordinaria Redemption day, soulful, un po' spettrale, un po' radicato, e pieno di belle idee musicali, tanto da venir poi interpretata niente meno che da Johnny Cash (pubblicata nel disco postumo American VI: Ain't no grave). Bellezza e carisma della cantante alimenteranno il fascino di un disco veramente buono, che per un attimo potrà essere accostata alle grandi della canzone d'autore americana, da Joni Mitchell a Rickie Lee Jones. Poi, un po' come è accaduto per Alanis Morissette, il tutto ripiegherà su una formula piuttosto convenzionale, che seppur non abbia mancato i suoi fasti commerciali, non ha più riprodotto quella magia qui contenuta.